Hogwarts: Harry Potter Gioco di Ruolo

Posts written by Auburn

view post Posted: 27/4/2024, 19:51 La Locanda delle incertezze - Testa di Porco

Mentre lei cercava di schiarirsi la gola dai veleni gassosi che stava respirando, anche l'Arbitro si avvicinò al bancone e prese le ordinazioni dispensando a tutti battute piuttosto garbate per i suoi standard: Auburn pensò che l'uomo dovesse essere di buon umore e sorrise quando venne il suo turno. Se il tentativo era stato quello di pungerla, doveva essersi dimenticato di quando aveva chiamato il suo nome per la consegna della Scopa d’Oro e lei, lì presente, non si era mossa per ritirare il premio, mentre aveva applaudito alle altre premiazioni. Ma che le avesse fatto quella battuta per infastidirla o con innocenza (per quanto di innocenza si potesse parlare, nel caso di Eustass Hawkins), ciò che suscitò nell’ex-Capitana fu un breve esame di quanto era cambiato dai tempi in cui i due si frequentavano. Come le accadeva quando rivedeva una persona dopo tanto tempo, la sua mente in qualche modo ripescò in blocco il pacchetto di ricordi che lo riguardava e, portandolo alla luce del contesto attuale, inevitabilmente lo modificò un poco, in favore delle memorie più gradevoli. Erano sempre stati molto diversi, eppure era innegabile che per varie ragioni il Professore avesse esercitato una notevole influenza su di lei, per un periodo non breve durante i suoi anni formativi. Poi però, siccome al mondo esistevano frutti più potenti di alcune briciole di fiore, tante cose che aveva accumulato crescendo le aveva infine lasciate indietro durante il suo esodo di pulizia: cosa di Eustass le era rimasto, e cosa invece aveva ritenuto di dover abbandonare? Osservandolo armeggiare con i suoi semplici attrezzi, non poté reprimere la sensazione di provare anche per lui un certo tipo di affetto, ma al contempo si trovò a riflettere sulle diversità dei loro vissuti. Si chiese se l'Arbitro avesse mai veramente compreso il valore di una Squadra che gioca unita nonostante la consapevolezza di non avere chance di vincere; se avesse mai avuto l'occasione di sperimentarlo sulla sua pelle. Vedendolo sempre e solo insistere sull’aspetto più spettacolare, ma sostanzialmente meno importante di quel gioco, meno le veniva da interpretarlo come un atteggiamento scherzoso e più iniziava a temere che davvero non ne avesse capito il senso. O almeno, il senso che gli attribuiva lei. Quando aveva tentato di riempire la fascia di Phoenix e Ririchiyo, una Auburn ancora adolescente aveva dovuto rivedere parecchio la sua posizione rispetto al Quidditch, e quel primo incontro con la responsabilità le aveva insegnato in pratica ciò che il cav. Gold le aveva spiegato in teoria: che la competizione è utile in quanto permette di tirare fuori il meglio da ogni partecipante, e che solo ai principianti era concesso di confondere il mezzo con il fine. Ma capiva anche che a quella massima, in partenza puramente economica, si fosse agganciato un giudizio di valore, modellato sulla persona che era lei e basato sulle sue preferenze, chiaramente molto distanti da quelle che mostravano Eustass e chi la pensava come lui. Ancora una volta, per quanto all'apparenza le fosse antipatica, si trovava a dover riconoscere l'importanza della diversità: forse, senza persone così, la competizione non sarebbe stata abbastanza accesa, e si doveva riconoscere all'Hawkins una costanza e un impegno senza eguali nel tenere viva quella fiamma. Senza una competizione lei non avrebbe potuto perseguire i suoi scopi, per quanto diversi dai loro: il testimone che sperava di aver lasciato alla Squadra aveva infatti poco a che fare con qualche medaglia nella vetrina di un castello e la sua qualità era determinata tutta dallo spessore educativo, che invece i suoi compagni avrebbero potuto portare con sé ovunque ora fossero nel mondo. E più in generale, Auburn non avrebbe proprio saputo che farsene del titolo di regina di uno specifico reame: a lei bastava che la facessero entrare, però in quanti più regni possibile. Solo se poi non era chiedere troppo, con un braccialetto per il privé… e magari un bisbiglio a svelarle dove si sarebbe tenuto l’after.
   « Se questo è il prezzo da pagare, pagherò »
Un ghigno soddisfatto le si allungò sul volto mentre si toglieva i guanti e le venivano date le code di ratto, che afferrò per portarsene subito una alle labbra e scottarsi piacevolmente nel morderla: in quei locali a nessuno importava dell’etichetta, nemmeno a lei. Del resto, durante il piacere della carne e del sale sulla lingua, quale preoccupazione poteva resistere?
Cercò e pose sul bancone le monetine dovute con una mano, mentre teneva il cartoccio con l’altra e boccheggiava per spingere fuori l’aria calda, che nell'ambiente gelido e maleodorante formava nuvolette più gradevoli. Poi, voltatasi, si appoggiò per un momento con la schiena allo spigolo per guardare verso i due altri avventori, che erano rimasti piuttosto silenziosi, e infine spostare lo sguardo davanti a sé. Mordicchiando un'altra coda sovrappensiero, si chiese che figata sarebbe stata se da quella porta fosse davvero entrata Sesy Riddle e si fosse colta l'occasione per una sorta di “rimpatriata dei Capitani” all’insegna della sportività (che poi, sempre per come la vedeva lei, era lo scopo principale del Quidditch come di qualsiasi altro gioco). La situazione sarebbe stata certo assurda, ma immaginava che proprio per quello tutti avrebbero fatto ritorno a casa con un ricordo memorabile in più, di cui (almeno in un futuro lontano dall'imbarazzo) avrebbero poi potuto ridere.
Invece non era andata così, e l'aria che si respirava le parve anche più pesante dei fumi tossici che esalavano dalla trovata odierna degli habitué del pub. Vero, qualcuno sosteneva che con i "se" e con i "ma" non si faceva la storia, che l'unica strategia sensata era quella di vedere le cose per come erano anziché per come si sarebbero volute, e anche lei talvolta era più pratica che sognatrice. Ma proprio per questo si scontrava col difetto di quel modo di pensare: come poteva essere "più utile" l’esame dello stato concreto, se era solo l’ideale che avrebbe potuto cambiare le cose? Senza, si sarebbe sempre rimasti fermi, e lei ferma non ci sapeva restare. Probabilmente si è già detto: si diventa strega quando si capisce che è la mente a descrivere la realtà, e infatti tutte le streghe e tutti i maghi letteralmente modellavano col proprio pensiero non solo il presente, ma anche il passato e il futuro. Era solo questione di imparare a usarlo consapevolmente.
In quel caso, poteva pensare che quel comportamento avesse a che fare con lei, trovarne la causa in voci sussurrate alle sue spalle, speculare sulla qualità di tali voci, convincersi perfino di sapere esattamente da chi provenissero. Poteva rimanerci male, come quando ci si mette d'accordo per fare qualcosa e poi non si fa.
Oppure poteva pensare che non era al centro del mondo, che ognuno ha le sue inimmaginabili ragioni, che, se fosse stata disposta a dare un'ennesima chance, la prossima volta sarebbe stato diverso. E chissà l'una o l'altra scelta quali conseguenze avrebbero potuto smuovere. Bivi come questo, quando gli altri coinvolti non immaginavano nemmeno che li stavi prendendo, potevano talvolta determinare la sorte di una relazione.
Aveva senso, in questi casi, cercare la verità, o era meglio costruire qualcos'altro?
Certo, non poteva pretendere che, anche semplificando e restando nell'ottica di una semplice competizione, ci si mettesse finalmente d'accordo su quale valore assegnarle; ma era convinta che più spesso che no la ragione potesse conciliare ideali diversi, se si guardava all'interesse comune: dando un'occhiata attraverso la lente economica, si poteva almeno dire che ad allontanare tutte le persone che non ci piacciono, a isolarsi in "un'élite" su misura, si rischia che il resto si scocci e se ne vada proprio; e rimanendo in pochi il valore dei primi posti si avvicina pericolosamente a quello del fumo di quei bidoni là all'angolo. Ragionandoci in questi termini, le pareva evidente che se alla competizione ci si teneva, sebbene per i più disparati motivi, qualcosa da fare c'era, e forse si riduceva tutto a quanto fosse difficile comprendere l'impatto delle proprie azioni individuali sulla comunità globale. Tanto difficile che spesso alle società non bastava trovarsi sull'orlo di un baratro per capirlo: che sarà mai una singola mela comprata dal venditore sbagliato? La "vera colpa" sarà certo di qualcun altro...
Insomma, per quanto le chiedesse non poca forza di volontà, era preferibile per Auburn impegnarsi a non tenere fuori nessuno, neanche chi la sua immaginazione era tentata di interpretare in modo ostile. Fortuna che i guanti che le aveva dato Luna fossero color Fiducia, e che fosse tutto molto più facile quando si aveva tra i denti uno snack così gustoso e croccante: la chimica, anche se era cosa babbana, la masticava bene, perché c'era una voce di cui si fidava ciecamente sempre pronta a spiegargliela come se avesse avuto cinque anni. Aveva quindi un'idea almeno generale dei meccanismi con cui il suo cibo preferito accendeva le scintille nel suo cervello, ma a ben vedere, quello stato di fisiologica serenità non era più illusorio di tutte le sue precedenti impressioni.
   « Grazie, salute, e buon proseguimento »
Si congedò con un sorriso, varcando la porta del pub e augurandosi almeno che, rimasti soli, i due avventori potessero spiccicare qualche parola amichevole. Ma comunque fosse andata, un'altra fortuna era che non stava scritto da nessuna parte che lei dovesse migliorare il mondo: grazie al Fato era nata strega, e poteva cambiarlo anche solo per togliersi qualche sfizio. Tutta concentrata sulle deliziose codine fritte, che non avrebbero fatto in tempo a vedere l'uscio del numero 9, aveva ridotto a una vaga ombra quelle che erano state grevi preoccupazioni, anche quelle relative allo schifo che le faceva la maniglia di una bettola. Dopo essersi portata le dita alle labbra per leccarne via anche le briciole, inclinò leggermente la testa verso la spalla e indirizzò un pensiero al suo demone più opprimente, l'unico a cui avesse dato un nome:
   "I don't care"
view post Posted: 13/4/2024, 21:08 Has the Universe ever winked at you? - La Stamberga Strillante

Per quanto cercasse di variare il più possibile il contenuto delle sue giornate, evitando routine settimanali e aiutata in questo dalla natura dinamica delle sue mansioni, Auburn si sforzava al contempo di mantenere un ordine rigoroso per gli orari dei pasti e del sonno, anche quando viaggiava. Il che la portava a dedicare le ultime ore della giornata, dopo una cena leggera, ad attività in qualche modo concilianti: quella sera si era trattato dell’ennesimo approccio all’Amaldi, un libro che diversi anni prima si era fatta procurare dalla professoressa Maranta. Una di quelle letture che le davano l’impressione di stare bevendo, sebbene procedesse tra quelle pagine al ritmo più lento in assoluto tra tutti gli studi che aveva provato ad affrontare. Quei concetti così lontani da ogni aspetto della sua preparazione le erano ostici e ostili, doveva tornare sulle stesse parole più e più volte per iniziare a masticarli, capendone poco e niente, mentre ai numeri e ai simboli aveva ormai del tutto rinunciato e faceva direttamente finta di non vederli. In quella disciplina che i babbani chiamavano “fisica” venivano infatti trattati in una maniera che a lei sembrava assurda a dire poco, completamente diversa da quelle che aveva studiato per tutta la vita: li si spogliava di ogni cosa, considerandoli per il semplice valore di cifre o di sintassi, e fin qui niente di troppo incomprensibile se guardava alla sua amata contabilità. La cosa che la mandava ai matti era che non si rinunciasse, però, all’idea che anche così se ne potesse fare un linguaggio, e quindi ricerca, andando ben oltre la semplice misura: prima della moltitudine in sé dei segni cui faticava a dare un significato, era da principio impossibile per come era stata costruita la sua mente concepire quel modo di pensare. Talvolta però le pareva di risvegliarsi e doveva ricordarsi di stare leggendo un libro di fantasticherie, perché qualcosina della pretesa che fosse possibile spiegare “manualmente” le leggi dell’Universo stava filtrando anche dentro di lei. E ci vedeva qualcosa di profondamente malvagio. Tutta la sua esistenza era stata segnata dallo scontro tra i due rami della sua famiglia, che l’avrebbero voluta l’uno l’opposto dell’altra, eppure non mancavano occasioni in cui Auburn li costringeva all’accordo: ficcando il naso in quelle diavolerie babbane riusciva a farli incazzare entrambi. Per una strega del suo tipo, quel testo era paragonabile a un oggetto arcano, inzuppato di Magia Nera ignota e soprattutto indesiderabile. Ovviamente, dunque, esercitava su di lei un ascendente irresistibile, che a intervalli irregolari la portava a ritentarne l’esplorazione. Nella sua testa, formulazioni e teorie non potevano che riflettersi in quelle nozioni alchemiche già presenti, le analogie con le quali erano quanto di più vicino a un senso riuscisse a trovare in quella tentennante analisi. E proprio questa unione accresceva in lei un insito senso di colpa, un sospiro sinistro che insisteva a suggerirle che fare certe mescolanze fosse radicalmente sbagliato, mentre però altre luci si accendevano come torce su un sentiero buio via via che quel pattern prendeva forma. Non senza orrore, vedeva sfumarsi il confine tra la metafora e ciò che metafora non era, per cui non aveva neanche un nome, perché che importanza poteva avere? Streghe come lei si guardavano bene dal formulare quel concetto, una robaccia che non esiste. Come sempre baldanzosamente in bilico tra intuizione e squilibrio mentale, quando aveva chiuso il libro era rimasta diversi minuti a riflettere, spingendosi contro lo schienale della poltrona nel suo studio al numero 9. Aveva cercato senza successo di mettere in ordine quella gran varietà di pensieri, che sotto tutti quei capelli si aggrovigliavano e finivano intrappolati dalle strutture preesistenti, che li deformavano, lasciandola bloccata: dopo un po’ aveva dunque convenuto con MiniAub che fosse necessario liberarli e per questo aveva preparato una pipa ad hoc. A volte per capire qualcosa le era proprio necessario distruggere tutto ciò a cui era arrivata nei tentativi precedenti, mescolare bene le carte per ricominciare da capo. Spogliarsi del proprio corredo ideologico: né più né meno, era per questo che si drogava. La maggior parte delle volte non serviva niente di speciale, bastavan poche briciole di un fiore davvero comune e facilmente reperibile, un diciannovesimo della dose che era stata solita assumere a scopi ludici. Ed ecco che tutto assumeva una nuova prospettiva: i pensieri correvano inarrestati, parevano moltiplicarsi, e incontrandoli nelle vesti di sconosciuti poteva succedere di sentirsi piuttosto spaesati. Da qui la comune inquietudine, che in alcuni soggetti poteva degenerare e persino diventare permanente. Questi “strappi” alla regola tendevano infatti a lasciare delle cicatrici anche in chi meglio sapeva domarli, solitamente qualche tendenza alla paranoia o altre piccole disfunzioni. Ben consapevole di ciò, Auburn avrebbe sempre strenuamente scoraggiato il consumo di quel tipo di sostanze, anche se sotto la preoccupazione per la salute altrui covava un sentimento più intimo: la convinzione che la maggior parte delle persone non se le meritassero.
Per un po’ aveva girato irrequieta per casa, compiendo azioni completamente random poiché del tutto assorbita da quanto avveniva nella sua mente: aveva dato un po’ d’acqua ad alcune piante ma non aveva finito; passato almeno un quarto d’ora a disporre in modi diversi i tre oggetti sulla mensola del camino, che non la convincevano più, spostandoli a volte di pochi centimetri; ripreso tra le dita un particolare vinile, sporcandosele come quelle della strega in copertina per via della polvere degli anni in cui non era stato toccato… tutto figurativamente parlando, chiaro: Rosario Inés Consuelo Yolanda Salazar non avrebbe permesso di sostare in quell’abitazione a un solo granello che non fosse appositamente sigillato in qualche ampolla. Ma l'idea di farsi le mani nere era più concreta che mai. Da sempre aveva un rapporto di amore/odio con i libri: animale curioso, le piaceva assorbirne le informazioni ed espandere anche così la sua visione del mondo, ma spesso li aveva anche denigrati in favore dell'esperienza pratica, e soprattutto quelli che le si presentavano come "capisaldi imprescindibili" trovavano in lei diffidenza e antipatia: colpa (o merito) di quelli che li osannavano senza saper leggere, ormai sapeva bene che i libri erano come le persone. Potevano mentire, e bisognava stare attenti all'influenza che sapevano esercitare, evitando di dare loro una fiducia che fosse cieca, altrimenti ne si poteva finire ostaggi: una volta fatta entrare un'idea c'era sempre il rischio di incamminarsi su un sentiero da cui non si sarebbe più saputo tornare indietro, troppo convinti per prestare ascolto ai passanti che indicavano direzioni diverse. Ma anche con tutte le accortezze che riusciva a prendere, era sicura di saper discernere cosa valesse la pena trattenere, e soprattutto di sapersi difendere da quello che avrebbe potuto inquinarle la mente? Alla fine, cosa c'era dentro di lei che potesse guidarla se non fondamenta costruite sulle prime ideologie che aveva incontrato? Se fosse nata da un'altra parte del mondo, o semplicemente in un'altra famiglia, se avesse avuto un altro nome, probabilmente avrebbe fatto scelte diverse. Cosa le garantiva che le sue visioni fossero quelle giuste, e che non avesse ragione un libro folle dove tutto era il contrario di quanto aveva sempre pensato? Questo dilemma la disorientava molto, dandole l'impressione di stare perdendo il contatto con la realtà, e quella sera dilagò in lei la paura di stare facendo entrare proprio ciò da cui l'avevano messa in guardia i suoi nonni (anche con lei apertamente contrari a come l'avevano fatta crescere i genitori, in questa esatta previsione). Era corsa in bagno a lavarsi le mani. Così preoccupata, si era sentita particolarmente soffocare dalle mura — un sentimento frequente nonostante avesse trasformato il più possibile la sua abitazione in una casa di cristallo — e non le era bastato spalancare tutte le finestre per liberarsene. Perciò infine si era rivestita ed era uscita, sebbene fosse tardi, per approfittare del favore della notte.
Su strade silenziose e poco illuminate, ma soprattutto con le stelle sopra la testa, ritrovava la calma: era come se il fatto che fossero sempre piene di voci e di luce, di giorno, desse loro un potere d'arresto quando quel che le riempiva veniva a mancare... sollevando lo sguardo al cielo, pensò a uno specchio d'acqua, dove si può vedere chiaramente solo quando le onde si siano disperse. C'era un concetto che aveva iniziato ad angustiarla dal momento in cui l'aveva incontrato, poco dopo l'infanzia: se lo ricordava bene, era stato quando il suo maestro di pittura le aveva fatto una lezione sulla composizione, parlandole degli spazi vuoti e di come questi fossero anche più importanti di quelli pieni. Ricordava in particolare la stretta al cuore che le aveva dato quell'idea, che per la prima volta l'aveva fatta sentire tanto piccola da capire come fosse letteralmente impossibile per lei gestire l'arte. Accostare colori e forme era difficile, ma come si poteva tenere conto di qualcosa che non si vede e non si sente? Eppure era vero, era quello a governare la vita anche più di ciò che si vede e si tocca. Sembrava una cosa che "non c'è", ma in qualche modo modellava la controparte in ogni aspetto. Banalmente, si ha paura perché c'è qualcosa che non si conosce, o di qualcosa che non è ancora avvenuto, o al contrario si compiono certe azioni solo perché se ne ignorano le conseguenze: una Cacciatrice entrerebbe in campo se sapesse che in quella partita verrà colpita fatalmente da un Bolide? Ci si comporterebbe ugualmente con i propri cari se si sapesse quanto tempo gli resta? Si lavora per qualcosa che non si ha; si progetta in previsione di cosa potrebbe accadere; si ama o si odia sulla base di un patrimonio di ricordi, ovvero rappresentazioni sempre più distorte di cose che non ci sono più (a volte, che non ci sono mai state); si apprezza al massimo qualcuno o qualcosa solo se non se ne incontra una versione migliore; si colgono significati inesistenti nelle intenzioni degli interlocutori; si pensa in un certo modo perché non si è venuti a conoscenza di un'altra idea, o per dogmi tanto lontani nel tempo da esistere solo nel mito; si diventa leggenda solo quando si muore; si va avanti nel mondo a forza di piccole illusioni disseminate qua e là... si può mordere una mela con spensieratezza solo senza sapere che è avvelenata, e non sempre da una strega cattiva: magari dal fatto che è stata coltivata sulla pelle di uno schiavo, nella faccia oscura della Terra. Auburn soffriva, e soffriva nel concreto, per quello che le mancava, anche se era qualcosa che non aveva mai avuto o davvero conosciuto. E seppure percepiva che quel concetto andasse molto oltre, non riusciva a concepirlo se non come l'assenza apparente di qualcosa che, almeno a qualche livello, "ci doveva essere".
Passeggiando quieta per i vicoli di Hogsmeade, si rese conto che tutta la sua ricerca non era che una corsa contro quel tipo di vuoto: provare ad ascoltare tutte le voci, esplorare luoghi sempre nuovi, sperimentare più stati possibile... forse, inconsciamente, pensava che solo così avrebbe potuto vedere la vera se stessa, quella che sarebbe rimasta tale in tutti i diversi contesti. Auburn non era mai stata convinta dalla relatività della verità, e credeva che, anche quando le cose sembravano incoerenti e inconciliabili, fosse solo questione di trovare i tasselli mancanti di un puzzle molto complicato. Ma se già capire una singola persona, l'unica che si potesse conoscere dal di dentro, era così difficile e laborioso, come si poteva pretendere di comprendere quello che ne stava fuori? Aveva senso sperare di decifrare quel disegno? Quando si spegneva la luce e calava il silenzio, poteva avvertire una vibrazione più tenue provenire dall'Universo intorno a lei. Le bisbigliava all'orecchio di potersi fidare ciecamente, questa volta, e che bastasse credere che un senso ci fosse.
Così assorta, le gambe l'avevano portata nei pressi della Stamberga Strillante, che non visitava dalla festa di Capodanno. La mancanza di tutte quelle persone era inconfutabile, e il confronto con la musica che l'aveva riempita rendeva quel silenzio quasi assordante. Ma tra le memorie un po' annebbiate di quella serata, ricordò che era successo qualcosa, anche se non ricordava cosa, che le aveva fatto salire un gradino di quella immensa scalata. Adesso le sarebbe piaciuto fare un passo in più, così anche se era quasi mezzanotte, non si fermò a dormire. E continuando la passeggiata, tra le piante che respiravano intorno a lei trovò una rassicurazione anche nel pensiero di essere troppo minuscola per cogliere l'interezza della questione: stava racchiusa in quel "noi ce ne andiamo, ma la nostra assenza resterà per sempre".
Superato l'albero che le aveva fatto da letto qualche mese prima, un pizzico attirò la sua attenzione, portandola su una zanzara che succhiava dal dorso della sua mano.
   « Bevi sangue prezioso »
Commentò avvicinandosela al volto in modo da non disturbarla, visto che ormai il danno era fatto e sarebbe stato uno spreco non farle terminare il pasto.
   « Spero almeno che non mi ripagherai con una malattia.»
Grazie a quel minuscolo insetto, invece, si destò e pensò che forse tutti quelli erano solo vaneggi privi di significato. Si poteva in fondo vivere senza interrogarsi così tanto, e accontentarsi delle facciate: anche quelle erano bellissime.

“If the path before you is clear,
you’re probably on someone else’s...”

view post Posted: 31/3/2024, 18:00 Play date - Abitazioni

C’era qualcosa, in quel piccolo mago, che aveva subito fatto scattare un “click” da qualche parte dentro Auburn, che però se ne accorse solo quando lo sentì pronunciare il suo nome. Aveva apprezzato molto la scelta di Lily di lasciare che fosse lui a presentarsi, senza mai anticiparle come si chiamasse, perché denotava un certo rispetto per la sua autonomia individuale: un tratto che sfortunatamente non si poteva dare per scontato, nei genitori e non solo. Ma nel momento in cui le tre parole del bambino le raggiunsero le orecchie, le sue pupille si espansero come quelle di Atlantide quando vedeva il Filo Incantato. Possibile mai? Il suo nome cominciava con il numero undici. Come spesso accadeva, scoprire una peculiarità del genere generò in lei un misto di sorpresa e conferma di qualcosa di ovvio, e ci pensò il carattere gradevole di Aaron a fare il resto. Alla strega di Montrose, per ovvie ragioni, piacevano le persone intraprendenti, in più vederlo nascondere dietro gli stivali della madre una punta di necessaria timidezza le suscitò il primo di quelli che, fu certa, sarebbero stati tanti sorrisi: aveva davanti un animo allegro e sensibile.
   « È un nome bellissimo!»
Si rivolse a entrambi i Pike con quest’affermazione, ma dopodiché fu il piccolo dei due ad accaparrarsi la totalità delle sue attenzioni: dovette concludersi tutto il purrito prima che se ne rendesse conto, grazie all’intervento entusiasta di Luna. Chi è pratico di illusionismo comprende che il “farsi osservare” è strumentale allo studio, più che alla manipolazione, della mente altrui, e Auburn neanche per un istante era riuscita a distogliere l’occhio dalla piccola creatura, non meno di quanto essa sembrasse interessata a ciò che stava facendo lei.
   « Eh, temo di dover ammettere che sono più i ricordi che mi vedono a terra »
Rise in risposta alla domanda di Lily, rievocando le occasioni — non troppe, a dir la verità — in cui aveva provato a pattinare, e dove la confidenza che aveva col suo corpo e il movimento in generale le si era ritorta contro: anche su ghiaccio non si poteva dire che fosse sgraziata, ma la troppa spigliatezza la portava a tentare mosse al di fuori della sua portata, e specialmente ad accelerare troppo; così per lei quell'attività aveva assunto una forma tutta alterata dove lo scopo era divertirsi al massimo per pochi secondi, prima di inciampare e tentare di cadere nel modo meno doloroso possibile. Ma le piaceva tantissimo assistere al pattinaggio di figura e chi riusciva a padroneggiare quell’arte aveva la sua più sincera ammirazione.
   «“Datemi una scopa e farò girare il mondo intero sotto i miei piedi”» Citò una celebre affermazione di Violante Diaz, la Capitana delle Montrose Magpies e sua giocatrice preferita «...ma costringetemi a tenerli attaccati al suolo e ci finirà anche il resto del mio corpo — aggiungo io, lol. Tu invece te la cavavi bene?»
Chiese curiosa, senza pensare che la parola che le aveva contagiato Stanley col suo internet poisoning sarebbe stata difficilmente interpretabile da una strega cresciuta tra le streghe. Normalmente avrebbe fatto attenzione a un dettaglio del genere, ma forse in quel momento si sentiva più rilassata del solto, come per il suo accento naturale, e poi era distratta da altro: mentre conservava i mocassini scamosciati nella borsa, il suo sguardo continuava a spostarsi di soppiatto sul bambino. Quella furtività quasi imbarazzata si doveva a un senso di dovuto distacco: aveva sentito per tutta la vita che i bambini non si toccano, e non avendoci mai avuto a che fare non aveva alcun tipo di confidenza con loro, da cui si era sempre tenuta a debita distanza. Una repulsione che aveva più facilmente liquidato come relativa al fatto che fossero chiassosi (qualcosa che la urtava nel profondo) e appiccicosi (sia per i loro atteggiamenti fisici, sia per la loro incurante dispersione di fluidi corporei di ogni genere), ma che in realtà aveva radici ben più profonde. Caratteristica dei Gold era elaborare prima di tutto il prezzo delle cose in cui si imbattevano, e un bambino, beh veniva molto più naturale associarlo al costo di produzione piuttosto che a quello della relazione che ci si poteva avere, a differenza degli adulti. Il che, avendo un’immaginazione piuttosto fervida, ad Auburn faceva contorcere le viscere. Un sentimento che aveva proiettato sulle sue coetanee, quando per la prima volta le aveva viste incinte, comportandosi probabilmente in maniera parecchio sgradevole con loro. Ma fortuna vuole che una delle grazie a lei concesse fosse quella di poter cambiare.
Ora provava nei confronti di Lily un sentimento di gratitudine e ammirazione che aveva qualcosa di primordiale, e per estensione il frutto del suo grembo acquisiva un valore inestimabile. Da proteggere a tutti i costi. Lo osservava con interesse quasi antropologico: era un suo pregio personale, quello di essere tanto attento e riconoscente rispetto a ciò che accadeva intorno a lui, o era prerogativa dei bimbi in generale? Auburn non poteva saperlo, ma era innegabile che l’aura che percepiva da quella creatura, così aliena e così familiare allo stesso tempo, emanasse qualcosa di sacro. Finì insomma di liberarsi anche in lei la vera concezione del futuro, quell’idea che a livello di società era relativamente nuovissima, la preoccupazione per “il prossimo” inteso soprattutto come le successive generazioni, anche se con te non hanno un legame diretto.
Fu quindi lieta che a guidare il gruppo fosse Aaron, che sembrava sprizzare gioia da tutti i pori. Anche Atlantide mostrava la sua contentezza ondeggiando con la testa, visto che la coda era protetta all’interno del tessuto, e la sua priorità quel pomeriggio sarebbe stata mantenere alto l'entusiasmo dei due.
   « Allora, siamo pronti a cadere?»
Esclamò poco dopo aver varcato la recinzione della pista. Lo disse con un largo sorriso e sguardo dardeggiante, come se fosse quella la parte più divertente. Non aveva motivo di pensare che alcuno dei presenti fosse preoccupato da ciò che andavano a fare, ma l'impostazione da allenatrice di Quidditch le aveva lasciato una certa attitudine ad assicurarsi che tutti si sentissero a proprio agio, e questo passava per non prendere mai sottogamba una manovra solo perché lei la considerava semplice. Così si lanciò per prima verso una parte vuota, volteggiando anche elegantemente per alcuni secondi, prima di perdere completamente il controllo dei pattini che sfortunatamente non avevano i freni. Lo sapeva bene, ma a diciannove anni e nel mondo della magia non ti preoccupi mica dei dolori alle articolazioni o di quanto ci metterà una storta a sistemarsi.
   « Waaaaaaa!»
Esclamò sulla cresta del brivido di stare per finire a terra, stringendo Atlantide in un abbraccio che gli trasmise l'eccitazione e coprendogli la testa con entrambe le mani, anche se già ammortizzata dagli strati di tessuto e comunque Auburn sapeva come cadere per evitare che il micio potesse davvero urtare il suolo. La scivolata davvero poco dignitosa la vide finire a gambe all'aria e poi ridere a crepapelle, mentre la bestiola si agitava come a dire "Ancora! Ancora!" per incitarla a rimettersi in piedi il prima possibile.
view post Posted: 17/3/2024, 19:08 Bacheca Iscrizioni Club delle Gobbiglie - Settimo Livello


Nome: Auburn
Soprannome: Tourmaline
Richiesta: Iscrizione al Club Ufficiale di Gobbiglie
Importo: 10 Galeoni
Camera blindata: 3364


ঌAuburn



view post Posted: 17/3/2024, 19:03 Inaugurazione Club Ufficiale di Gobbiglie - Settimo Livello

Nonostante si impegnasse per tenerle sempre libere da impegni lavorativi (o forse proprio per questo) le domeniche per Auburn potevano avere due facce: quella del relax assoluto o quella della sofferenza come pegno per le cattive decisioni della notte che dava loro inizio. Anche se proprio di notte non si poteva parlare, considerando che ormai aveva capito essere più efficiente svegliarsi molto presto anziché tirare fino a tardi per dare luogo alle sue scorribande: quel mattino, dunque, aveva raggiunto le amiche in un club alle solite 4:20 e dopo l’after si erano concesse insieme un lungo brunch. Fortunatamente erano poi bastate un paio di pastiglie di caffeina a ridarle un aspetto tonico e adeguato all’evento più importante che aveva in programma quel giorno: l’avvio del Club Ufficiale di Gobbiglie era qualcosa che teneva d’occhio da diverso tempo, e non era estranea a tutti i problemi che potevano insorgere durante dei lavori del genere. Problemi cui aveva contribuito anche il club privato di cui suo padre faceva parte, cercando di mettersi di traverso: anche per quello, se non già per il piacere di complimentarsi con Luna e tutti quelli che avevano contribuito all’opera, non sarebbe potuta mancare all’inaugurazione nemmeno se per stare in piedi avesse dovuto ingerire un’intera dispensa di Pozioni. Così, lasciato il cerchio di streghe, era tornata a casa per rimettersi a nuovo e recuperare Atlantide, che aveva lasciato alle cure di Rosario perché gli facesse il bagno. A lui aveva messo un papillon della stessa tonalità che i loro occhi condividevano, mentre per sé aveva scelto un lungo abito da strega color cipria, bordato d’oro, un collier di cristalli e il bellissimo cappello magenta che Lily le aveva regalato a Capodanno, indossandolo per la prima volta.
Giunta al Settimo Livello e varcata la soglia della sala del Club, fu piacevolmente colpita — ma non sorpresa, visto che ad occuparsene era stata la stilista di Diagon Alley — dall’allestimento e si diresse subito verso il banchetto per le iscrizioni, dove versò la sua quota e con inchiostro magenta depositò una firma per l’occasione un po’ diversa dal solito: Tourmaline. In realtà doveva ammettere di non essere affatto portata per quel tipo di giochi, in cui non bastavano l’uso del corpo e dell’agilità come nel Quidditch o l’abilità gestionale come in quelli di simulazione dove si diventava sindaci o tycoon, ma avrebbe fatto del suo meglio almeno per evitare delle misere figure.
Quella vaga preoccupazione si disciolse presto, tuttavia, perché individuò tre volti piacevolmente familiari tra i primi arrivati:
   « Buon pomeriggio! Che piacere poter finalmente assistere a questa inaugurazione. Complimenti davvero per aver portato a termine il progetto  »
Si rivolse alla Capa del Club e al Ministro con un sorriso sereno e tanta ammirazione negli occhi.
   «  Bonjour Monsieur!»
Aggiunse poi spostando le sue attenzioni verso Aaron, contenta di trovarlo poiché aveva portato Atlantide nella prospettiva che ci sarebbe stato anche lui: il gatto gli era subito trotterellato incontro con espressione furba e curiosa.
view post Posted: 13/3/2024, 06:17 Sportello Comunicazioni e Avvisi - Settimo Livello

  Buon giorno!
Con molto piacere anticipo la mia partecipazione all’evento.

ঌAuburn

view post Posted: 29/2/2024, 00:01 BOLLETTINO - Febbraio 2024 - Bollettini

Segnalo di aver agito qui (mangiare le Gelatine Tutti i Gusti +1 a mezzanotte) rispetto alla seguente notizia:

6-VOCI DI CORRIDOIO
"Anno bisesto, anno funesto": si vocifera che per scampare alla sfortuna di un febbraio con ventinove giorni sia necessario mangiare un intero pacchetto di "Gelatine Tutti i Gusti + 1" allo scoccare della mezzanotte dell'ultimo giorno fausto del mese, ovvero il ventotto febbraio, sfidando brutalmente la sorte con i loro sapori sgradevoli e assicurandosi così la benedizione della Dea Bendata per il resto dell'anno.




ঌAuburn
view post Posted: 29/2/2024, 00:00 Let me sugarcoat it for you - Mielandia

A leggere il Cavillo, ascoltare RadioStrega Network e frequentare i circoli magici più cupi si finiva per raccogliere tante storie, alcune più peculiari di altre. Quella dell'anno bisestile funesto era davvero tra le più note, al punto che persino il suo amico babbano ne era a conoscenza e — pungolandola apposta, sapendo delle sue scaramanzie — le aveva chiesto come intendesse correre ai ripari, ma Auburn, che veniva appena fuori da un periodo di paranoie e non era particolarmente propensa a ricaderci a breve, l'aveva gentilmente mandato a quel paese. E così fortunatamente, quel febbraio, aveva colto una voce di corridoio da sfruttare ad hoc per mettersi l'animo in pace.
Di credenze assurde ce n'erano tante, ma una cosa che forse era davvero meglio non fare quando si aveva il ciclo c'era, ed era entrare da Mielandia. O era solo l'ennesima diceria? Be' Auburn non sembrava esserne troppo preoccupata, varcando la soglia del negozio di dolciumi con un largo sorriso stranamente serafico sulla faccia. Quel posto era un angolo di paradiso per lei: nuove creazioni dagli incarti lucidi e accattivanti a ogni visita che vi faceva, persone di tutte le età che giravano felici tra le caramelle, aromi di capricci... passò per gli scaffali afferrando semplicemente ogni singola cosa stuzzicasse la sua acquolina, che in quel momento era inarrestabile: un po' per le voglie cui era meglio dare ascolto, se non si voleva un demonio malefico in giro per il Ministero; un po' per gli effetti secondari degli analgesici che, pur di togliersi i crampi di mezzo, aveva assunto senza parsimonia. Ma furono i colori accesi e i profumi intensi e zuccherini che la avvolgevano la vera terapia, come sempre ogni volta che andava ad assecondare la sua occasionale ingordigia di dolci.
   « Buon pomeriggio! Ecco qui i miei acquisti. »
Una volta che fu relativamente soddisfatta della piccola razzia, avvicinatasi al bancone, salutò con un ghigno chi trovò ad accoglierla e vi dispose ordinatamente tutti i prodotti che aveva selezionato:
Un album con quattro Cioccorane,
una barretta di cioccolato fondente (che in realtà, in un certo senso, aveva già mangiato),
una confezione di Asticelli Danzanti,
un Occhio Matto,
un Lecca-lecca Giravolta,
una piuma di zucchero rosa al lampone,
un Rospo alla menta,
una Girella Sapientina di cultura generale magica,
e naturalmente una confezione di Gelatine Tutti i Gusti +1.
Pagato il dovuto, si sarebbe lasciata Mielandia alle spalle pregustando il momento in cui avrebbe spazzolato una a una tutte le gelatine, un enorme sacrificio che tuttavia era proprio costretta a fare, per assicurarsi buona sorte nell'anno che veniva. Con una ragione del genere, neanche Rosario avrebbe potuto rimproverarla quando il giorno dopo si sarebbe lamentata degli incubi e del mal di pancia doppio, no?
Come da istruzioni, avrebbe mangiato ogni singola caramella della confezione allo scoccare della mezzanotte a cavallo tra il 28 e il 29 febbraio: la regola che seguiva ormai da diversi anni, da quando aveva perfezionato il suo ciclo del sonno in modo da ottimizzare i tempi il più possibile, era che entro quell'ora dovesse essere a letto con gli occhi chiusi, ma teoricamente nulla le vietava di indulgere in vari modi che non violassero tali condizioni. Asparagi lessi, candela alla citronella, fiori di zucca fritti, sabbia e acqua di mare furono solo alcuni dei nuovi gusti che riuscì a identificare, ma quelli che sperò di non dimenticare una volta sveglia furono pelle d'angelo e lacrime di gioia.
view post Posted: 28/2/2024, 18:04 Yours in partnership ‘23 - Ufficio Postale

Una cosa che faceva bene Auburn era osservare. Nei gesti, negli sguardi, nelle variazioni che si sviluppavano: erano bastate poche battute per far suonare una campanella nella sua mente, ad avvertirla che quello che aveva davanti non era più solo il compagno di Squadra esuberante e testardo che tanto le ricordava se stessa. Forse per tutti gli incarichi che si era assunto, forse per la lunga strada che aveva fatto da quel bivio che li aveva visti separarsi, Tom le pareva ora arricchito di molto: era sempre un piacere vedere le gemme raffinarsi e svelare il loro potenziale anche oltre l'immaginazione delle visionarie. Inoltre, nonostante tutto, restava quella persona disponibile e alla mano che le aveva dato un vero bentornata quando tanti altri sembravano essersi dimenticati di lei (o volerla evitare, per motivi che non le sfuggivano), e in lui ritrovava oggi la stessa sensazione di confort e sicurezza di quel pomeriggio profumato di castagne e cioccolata. Lo guardò aggirare il bancone, ben vestito come sempre, rallegrata di non essere poi così tremenda per tutti e soprattutto lieta di sentire che stesse bene.
   « Eh, c'è sicuramente della nostalgia.»
Ammise, guardandosi intorno.
   « Più che "mio", l'ho sempre considerato un regno nostro, e ho cercato al massimo delle mie capacità di comunicare questa visione anche a tutta l'utenza dell'ufficio. Abbiamo vissuto dei bei momenti  »
Le venne un sorriso agrodolce, ripensando al mondo vivo e brioso che aveva visto fluire in quei locali ma anche a tutto ciò che era avvenuto dietro le loro quinte, quando erano popolate da Addette come Nora e Beatriz, o Sheldon e Angus: l'unica dimensione in qualche modo privata di quell'ufficio, che purtroppo non avrebbe potuto condividere con Tom tramite il racconto. Là dietro tutti i giorni era un delirio estremamente divertente, fatto di scambi di idee, gossip ed emozioni, e con un pizzico di amarezza si chiese se potesse mai essere lo stesso per lui, perché se lo sarebbe davvero meritato.
   « Hah! Le caricature di Angus... credo farebbe divertire molto anche me, magari riconoscerei addirittura il soggetto. Da qualche parte dovrebbe anche esserci una foto dell'inaugurazione con tutto lo staff, mentre stacchiamo il primo ticket del Totem Eliminacoda che poi avevo aggiunto al quadretto... ora non vorrei speculare, ma chissà che sul retro non ci fosse qualche dedica vivace  »
Alzò le spalle con una smorfia da chi non sapeva assolutamente nulla della faccenda.
Poi quel che disse il Sovrintendente sulle lettere anonime la fece nuovamente sorridere, in modo un po' diverso, come se avesse pizzicato con una precisione inspiegabile alcune corde, ma l'espressione si mischiò a quella della contentezza perché la sua richiesta veniva accontentata: e allora via, come una bambina in una fabbrica magica, sperando di non essere così acida e viziata da finire in una trappola di nani più nani di lei.
Seguì il gesto galante di Tom e si fece guidare verso il Nido, scorgendo con stupore tutti i dettagli che erano rimasti immobili, come sospesi nel tempo: non c'era più un pubblico interessato a dare loro vita, ma per merito del Sovrintendente quello spicchio di passato sopravviveva almeno al presente, come un museo per vecchie nostalgiche. Le note che giungevano alle sue orecchie avevano probabilmente contribuito allo stato d'animo particolarmente sereno, e sebbene le dispiacesse che non si usufruisse più di quel luogo si trovò d'accordo con le parole del mago, apprezzando l'intimità di quel momento. Come diceva lui, probabilmente nei tempi moderni erano tutti troppo impegnati a correre dietro alle proprie faccende anche solo per accorgersi di quell'entrata, rendendola quasi segreta, e Auburn era in una fase della sua vita in cui si acuiva il gusto per le cose esclusive e private.
   « Che emozione... ti ringrazio.  »
Disse mentre si guardava intorno un'ultima volta, prima di seguire Tom verso la scala a chiocciola, dove da vero gentleman la invitò a salire prima di lui.
   « Però: ti sei proprio acclimatato alla vita adulta, eh?»
Notò con una spolverata di leggerezza, senza che per questo il significato dietro quelle parole fosse meno autentico.
   « Lo credo bene! Devo dire che mi sembra un ottimo sistema: sicuramente più pratico, e come dici mette anche in maggior contatto l'utenza con i gufi postini.»
Apprezzò la modifica annuendo con la testa, perché Tom era riuscito con semplicità in una cosa che lei aveva sperato di ottenere con la Comfort Zone, per la quale adesso le sembrava una soluzione limitata e meno efficace: non far passare i gufi come semplici strumenti di background, restituendo loro una certa dignità. Con la nuova facciata, anche le persone più disattente — che certamente non si sarebbero prese la briga di risalire la scala a chiocciola per andare a vedere chi si occupava delle loro spedizioni — avrebbero avuto bene davanti agli occhi i preziosi protagonisti di quel meccanismo. E comunque, grazie ai privilegi a lei gentilmente concessi dal Sovrintendente, Auburn poteva quel giorno rincontrare alcuni dei pennuti che più le avevano dato affetto durante gli anni in cui lei stessa aveva prestato servizio. Non che la guferia fosse mai stata un luogo per lei particolarmente piacevole: aveva sempre nutrito un innato timore nei confronti dei volatili, che vedeva come dinosauri, mignon certo, ma non per questo meno minacciosi. Per quanto (anche se già dai suoi primi anni fuori da Hogwarts aveva mostrato una certa abilità nel delegare) avesse pur dovuto abituarsi a salirci ogni tanto, c'era qualcosa nella conformazione di quelle creature che le dava i brividi, forse per la fragilità del loro scheletro, forse per via di quegli spiumazzamenti improvvisi, o anche solo per il fatto che "si svuotavano" un po' dove capitava e il suo corpo non era immune dall'essere un bersaglio come un altro. Volentieri, quindi, cedette nuovamente il passo al mago che la accompagnava, sperando che la sua titubanza non fosse troppo evidente. Ma una speranza più forte era che ci fosse qualcuna in particolare, tra quelle testoline che si giravano in modi capaci di confonderla, ad attendere la sua visita. Vennero tutte: Pandora, la Barbagianni di Beatriz; Sandra Betel e Raimondo Geuse, gli inseparabili Allocchi; Erm(enegildo), il Gufo dello Stige preferito di Nora; e un tuffo al cuore le fece temere nel non vedere Fraenkel, la Civetta delle Nevi favorita da Sheldon, che già una volta era stata vittima di una sorta di rapimento, ma che infine sbucò dal suo cubicolo avvertendo gli altri gufi bubolare eccitati. Si avvicinò perfino Mr. Bogomolov, con le sue pose da gradasso, e a tutte e tutti Auburn riuscì a fare qualche pat pat sulla testa, superando la diffidenza. Quel che il suo cuore più attendeva, tuttavia, avvenne nel pieno rispetto dello stile del caso: con pazienza e silenziosamente, solo dopo che tutte le altre e gli altri ebbero ricevuto le loro attenzioni, un Assiolo Americano Occidentale venne da loro con andatura lenta, instabile ma composta. I gufi e le civette si spostarono subito per aprirgli la strada.
   « Murdoch »
Lo salutò Auburn con gli occhi quasi lucidi, notando su di lui i segni del tempo trascorso dal loro ultimo incontro. Dimentica di tutte le sue remore igieniche si inginocchiò, aiutandolo a superare le pieghe della veste da strega per salirle in grembo, con i gesti più delicati di cui le sue dita disponevano. Percepiva in modo intenso la fragilità di quel momento, che con buone probabilità sarebbe stato l'ultimo in cui i loro occhi si sarebbero incrociati.
   « Sai, ha la mia stessa età. E si dice che, nonostante la cecità, sappia vedere molto lontano...»
Si rivolse ora a Tom, accarezzando il piccolo volatile, che batté piano le palpebre su quei bulbi un po' sporgenti, completamente blu. Non si vedevano pupille, ma erano tempestati di minuscole scintille lattiginose, come stelle su un cielo notturno: Auburn era sinceramente grata all'amico per averle concesso di specchiarcisi ancora una volta, e contenta di condividere quel momento con lui.
view post Posted: 25/2/2024, 21:47 Ballo di Halloween - Sala Grande
Non si scherza, non è un gioco
Sta arrivando Mangiafuoco...


   « Lusingata... però non funziona così.»
Se aveva inevitabilmente gongolato all'apprezzamento che le era stato rivolto, condivise di più la nostalgia. Forse era stata capace di nasconderlo, ma il più dei gufi che gli mandava celavano, dietro un pretesto spesso minimo, lo scopo più subdolo di fargli controllare anche tutto il resto, così da ricevere indicazioni o rassicurazioni e, in generale, lavarsene le mani. Un'altra (meschina?) verità è che c'era a chi conveniva che ci fosse un padrone, uno intelligente, perché i padroni intelligenti permettevano di essere felici a quelle che nella vita volevano essere clienti. Chiunque nascesse con un cognome come Gold sapeva perfettamente che la proprietà viene con un sacco di grane, e il punto era proprio che lei non ne voleva altre, soprattutto visto che da elemento del caos le veniva naturale crearle: capito questo, aveva cercato il modo di rimandare il più possibile qualunque responsabilità, salendo sulle spalle di tutti quelli che erano disposti a occuparsene, figurarsi se si sarebbe mai sognata di "emancipare" il Ministro da quelle cose che faceva così bene. Il compito che aveva accettato era al massimo di offrirgli punti di vista diversi, oltre a proporgli dei ghirigori o prestargli la voce; era una a cui piaceva arrotolarsi le maniche e dunque, casomai, avrebbe anche potuto aiutarlo a sbrogliare qualche scartoffia, indicare un paio di collegamenti, svapare via un po' di pressione... ma le scelte, così come le valutazioni, erano problemi davanti ai quali sarebbe sempre rimasto solo.
Tanto sapeva che se la sarebbe cavata benissimo, e che le qualità non gli mancavano: aveva parole capaci di ipnotizzare, al punto di farla pentire di aver scosso via quello che prima del suo intervento le era parso un discorso così noioso, e che ora pensava sarebbe valso da solo la notte intera, anche se spenderla tutta così le avrebbe distrutto l'ordine di almeno una settimana.
   « La aspetto.»
Mormorò, speranzosa di non aver perso per sempre ciò che non era stato detto.
Quanto avvenne dopo fu come il rovesciamento di una moneta. Adesso era la mano del mago a dare una scossa a lei, che la avvertì vibrare fino al cervelletto. Non sapendo dove mettere la sua se la portò al collo, prendendo ad accarezzare l'ambiguo serpente, mentre non osò spostare l'altra: si muovevano verso territori dove neanche i passi di danza le avrebbero dato troppa sicurezza.
Auburn era una persona d'istinto più che di calcolo, ma a voler trovare una ragione, a voler interpretare un sogno, qualche cosa la faceva per la curiosità di scrutare dentro gli occhi degli altri. Trovando di nuovo un po' di nostalgia nell'aver perso la capacità di farlo arrabbiare, si chiese cosa vedevano quelli di Lucius. Con chi credeva di stare parlando? Pensava che la Portavoce considerasse l'occhio del pubblico come il più importante fardello che un decisore doveva portarsi addosso, o che credesse che — al di fuori di una chicca di Halloween — un locale buio sarebbe valso il rischio di lasciarlo incustodito? Grazie al Fato non era così stupida... innanzitutto neanche per un istante aveva creduto che il Ministro non fosse felice di sguazzare nella sua condizione, glie lo aveva già detto. Da quando aveva visto un'illustrazione che si era irrimediabilmente intrecciata alla sua persona, Auburn avrebbe detto che la libertà è una gabbia aperta e tu dentro: aveva passato abbastanza tempo a guardarlo oltre le sbarre da rendersi finalmente conto che, in realtà, erano quelle della sua personale gabbietta, da cui neanche lei aveva alcuna intenzione di uscire.
E poi, non lo aveva portato a una festa a bordo piscina dove servivano Top Tier. Lo aveva portato sottoterra tra i mostri. Neanche una come lei l'avrebbe definito esattamente un tentativo di tentazione: tutt'al più, avrebbe detto di avere trascorso la serata a sollevare red flag... ma che senso aveva mostrare di sé ciò che si sapeva sarebbe stato gradito? A che tipo di relazione si andava incontro? Quando si disponeva di tanti costumi si aveva gioco facile se ti importava più quello che volevi di chi avevi davanti, ma c'erano anche altre occasioni, in cui era meglio mettere le cose in chiaro: come lei cercava un uomo in quello che prima di tutto voleva essere un Ministro, lui cercava una donna in quella che prima di tutto voleva essere una strega. E le streghe si sa, prima di tutto sono str... vedremo però che chi cerca trova, e che se proprio si voleva una certezza, si poteva avere quella di sbagliarsi: bastava paragonarla a un'altra persona. Ciò valeva con lei tanto quanto con chiunque altro.
Il problema in questo caso non era la gabbia o che fosse aperta o chiusa, il problema era che dovunque si fosse trovata Auburn si sarebbe messa a disegnare, disegni strani, che se appendeva diventavano finestre, guardare oltre le quali era spesso sgradevole e a momenti un po' inquietante. Finestre oltre le quali i confini si facevano labili, anche quelli tra passato e futuro, tra bontà e perfidia, tra sogni e incubi. Ma proprio quella, in vero, non voleva essere che una cartolina giusto un po' horror: del resto, cosa c'era di preoccupante per un Ministro nei luoghi dove, sottobanco, circolavano idee alternative? Aveva anche mantenuto l'ambiente festa e scelto i mostri relativamente più stilosi. Si poteva molto tranquillamente liquidarli tutti come dei folgorati, anche se... qualcuna di loro riusciva ad arrampicarsi fino al Primo Livello, e scoprendone tutti i rituali e i segreti, non dimenticava mai che l'intero sistema era basato su una falla: che anche quella del denaro e della legge era solo un'altra delle favole che danzavano con la loro quella sera. Anzi. Le era ancora più chiara la definizione del potere, che si chiude solo col consenso, mentre tutto il resto è violenza o manipolazione. Se la derisione dell'autorità in quanto tale era iscritta già nelle sue fondamenta, ora poteva dire che un esercito rappresenta solo il fallimento dello stato.
   « Per non dimenticarsi di chi è veramente.»
Gli rispose dopo un po', senza smettere di scrutarlo con uno sguardo che, nonostante la nuova posa la mettesse in difficoltà, non aveva perso la sua fierezza.
Fortunatamente per qualcuno Auburn comunque non era un'anarchica, e se sputava sui comandi, rispondeva alle buone ragioni: c'era un potere che anche lei riconosceva, e risiedeva nella persona. C'erano persone che quando entravano in una stanza portavano una ventata di allegria, altre un'aura di negatività e tristezza, alcune erano tanto furtive da non accorgersi fossero entrate. Alcune facevano ritrarre e provocavano sussurri, altre ancora brandivano un bastone e avevano bisogno di urlare. E poi c'erano persone che avevano un tipo di potere diverso, quello per cui la stanza ammutoliva spontaneamente, perché tutti volevano ascoltare. Solo i ratti non se ne sarebbero resi conto, e se ciò che voleva Lucius era una parvenza di potere su di essi, be' sì, allora gli serviva quell'ufficio, con tutta l'istituzione e i cani al seguito. Ma in verità, così pensava Auburn, lui non era ciò che era in quanto Ministro, al contrario, il Ministro era tale per via di ciò che era lui. E questo nessuno avrebbe potuto toglierglielo, non un rossetto glitterato o un colore vivace nell'abito, non un riflesso allucinante, né tantomeno un successore, che avrebbe solo potuto evidenziare la sua mancanza.
Ma sappiamo già che lei stava molto comoda nell'ordine attuale delle cose, con la sua umile tunica di Takenchy e il collo avvolto di un oro che non era certo uscito dalla miniera per merito di quelle manine senza calli. Che qualsiasi problema lo digeriva meglio se lo si metteva in termini di prezzo, e che era l'ultima persona al mondo a poter giudicare l'attaccamento a un simbolo. Dunque avrebbe fatto tutto quanto in suo potere per farglielo tenere il più possibile, anche la cosa che le costava di più se si fosse resa conto di porre un pericolo anziché un aiuto, anche se avrebbe detto che andava semplicemente a farsi un giro. Se non per i suoi più materiali interessi, già solo perché era bellissimo quando sorrideva.
   « Forse si sveglia troppo tardi.»
Cedette di nuovo all'imbarazzo quando un ricordo si mischiò al significato di quelle parole, che avrebbero voluto riferirsi ai sogni lucidi.
   « Quel che credo io è che l'una non possa esistere senza gli altri, e viceversa. Un rapporto strano  »
Quello stesso ballo che stavano facendo, sarebbe potuto avvenire senza tutti i sogni che l'avevano preceduto?
   « Pensi al sapore dell'acqua: cosa è che lo rende divino per chi abbia passato giorni di sete? Eppure, quando la si ha sempre a disposizione si fa quasi fatica a berla. E la sofferenza per una perdita, o la rabbia, non originano dall'immaginazione di qualcosa che non c'è, o che si vorrebbe diverso? Lei mette sulla sua tela i desideri, ma non menziona da dove li ha presi...»
Salutò con piacere quel fuoco che finalmente si faceva vedere: mai aveva dubitato della sua esistenza, se non altro perché volandoci intorno si era già scottata diverse volte. E se anche qualcuna le faceva ancora male, non riusciva a smettere di cercare di avvicinarcisi: bruciarsi non le faceva paura.
   « A me non sembra che un sogno senza realizzazione sia più inverosimile di una realtà senza sogni. E se io devo ammettere che ogni tanto la realtà — i sogni altrui? — supera ogni fantasia individuale, lei avrà capito che nulla può avvenire al di fuori dell'immaginazione. Tanto vale rilassarsi.»
Si sarebbe chiusa nelle spalle a quell'ultima frase, ma ironicamente le aveva già tese da un po': allora cercò di lasciarle andare.
Anche il più razionale dei maghi sapeva portare una strega in altre dimensioni, e non gli servivano bacchette o veleni o caramelle incantate. Non aveva avuto nemmeno bisogno di parole, eppure aveva descritto un'immagine inequivocabile nella mente di Auburn: gli era bastato pronunciare il suo nome per spegnere la musica e far sparire tutte le persone intorno a loro. Non c'era più nemmeno Hogwarts, né un'etichetta. Sospesi su uno sfondo bianco di pura serietà c'erano solo un uomo e una donna, e non si capiva se fossero abbracciati o lontani anni luce.
   « Come glie lo spiego? Questa domanda contiene un paradosso...»
Si sentì più incerta di quando le aveva chiesto qualcosa sulla dispersione energetica dovuta alle vibrazioni delle molecole delle Pozioni. Ma questa volta, anche avesse avuto tutto il tempo del mondo, non sarebbe mai riuscita a dargli una risposta sufficiente.
   « Non riesco a vederlo, perché finisce oltre un limite che comincia dove inizia lei.»
Probabilmente non erano le parole che avrebbe voluto sentire, però le aveva chiesto qualcosa a cui solo lui poteva rispondere. A guardarci dentro quelle crepe potevano diventare voragini, ma in fondo non c'era nulla che lui non conoscesse già: un paio d'occhi a cuoricino, con le pupille maledettamente grandi e un po' cringe, gli stessi del passato. Per una volta, Auburn non aveva alcun interesse a smontare la realtà per rielaborarne i dettagli a suo piacimento. Quando ci aveva provato le era stato evidente che il risultato non aveva nulla a che fare con ciò che desiderava, così le sue fantasie dovevano limitarsi tutte a stralci di memoria. Lucius le piaceva per come era, in tutti gli aspetti che si scontravano con i suoi, in quelli che non le concedeva, e anche in quelli che non conosceva o non capiva: ormai aveva la garanzia che quanto avrebbe deciso di svelare l'avrebbe sempre sorpresa, superando tutte le sue aspettative. Anche in materia di quella sensibilità che in realtà aveva intravisto, celata, nei suoi comportamenti, e che semplicemente non era mai stata diretta verso di lei. Sperava di potergli stare vicina, ma non poteva desiderare altro da ciò che anche lui voleva: che gusto ci sarebbe stato nell'immaginare qualcosa di diverso? Una pittrice lo sapeva: per quanto impressionante possa essere il proprio gioco di pennello, un volto umano lo si può solo privare di qualcosa. E siccome le persone non vivono nel mondo della luce, ma in quello della terra, dove i colori si mantengono vibranti solo se non li si mischia troppo, a unirli tutti tra loro non si ottiene uno stato di massima luminosità, ma un fango melmoso. Dunque i confini tra le persone bisognava tutelarli bene, anche tra quelle che si volevano accostare, dosando attentamente le sfumature e facendo attenzione a non inquinare le più brillanti: un tema che le stava molto a cuore.
   « E io lei potrei solo rovinarla.»
C'era una tristezza in queste parole che suonava come un ammonimento. Tutte le streghe sono consapevoli di essere una cattiva influenza. Sapeva anche, però, che quello non poteva essere un suo problema: perché è solo il consenso che chiude il potere e lei, se non c'erano contratti di mezzo, non cercava di manipolare nessuno, non di impegnarsi a piacere e nemmeno di forzare un'interpretazione specifica: se vedevi era perché avevi voluto leggere, se coglievi i significati nascosti spiace, ma la malizia ce l'avevi anche tu, se seguivi il filo magenta te l'andavi a cercare, e se sapevi dove cercare significava che la foglia l'avevi già mangiata. Se capivi perfettamente questa frase forse il potere glie l'avevi già dato, forse eri più simile a lei di quanto sarebbe stato facile ammettere, diversamente, forse Auburn non era cosa per te, e avresti fatto bene a fuggire. Del resto, quello che aveva davanti era un mago adulto, o magari addirittura uno stregone, con le labbra tinte di Viva Magenta 109... il colore di quella che rifiutava il ruolo di Eva, e con esso ogni responsabilità, perché in realtà non aveva mele da offrire: aveva solo un trip, e se l'era mangiato lei.
Se Lucius si preoccupava che volesse trascinarlo a un rave, senza offesa, però tecnicamente una cartolina non è un invito: l'unico uomo con cui sarebbe andata a una cosa del genere era il figlio di due farmacisti babbani, ma anche in quel caso si sarebbero persi di vista dopo il primo brindisi. Così come non c'era anima viva che avrebbe accettato nel suo palchetto se andava ad ascoltare un'orchestra, o peggio un coro, perché doveva piangere, a dirotto e in religioso silenzio, e questo non sarebbe stato possibile con qualcuno vicino, con l'unica, particolare, eccezione di sua madre. La solitudine non si può condividere, e ad avere una solitudine come la sua era facile diventarne estremamente gelose. Eppure, per fargli spazio, era disposta a cederne una fetta anche generosa: non riusciva a immaginarsi una rinuncia più grande tra tutte quelle che lui avrebbe potuto esigere. E non voleva prendere in giro nessuno, sapeva perfettamente che se glie l'avesse chiesto, neanche a quelle due cose sarebbe stata capace di dirgli di no. Per la prima volta, tuttavia, le venne il dubbio che fosse Lucius a non rendersene conto. Credeva forse che a un altro avrebbe permesso di parlarle mentre stava ballando, o di toccarla in quel modo? L'inizio stesso di quella serata l'aveva vista bere dalle sue mani. La verità era che in una vita sempre più fittamente codificata Auburn necessitava di fare delle preferenze, così qualcuno si beccava l'eccezione a tutte le sue regole. Per qualcuno, sarebbe persino stata disposta a tornare in un mondo caotico e pieno di sofferenza, anche dopo aver scoperto quanto si stava bene sulla cima delle montagne e nelle valli deserte. Ma il problema non era mai stato quel che bastava a lei, giusto?
   « Guardi che io ci vedo benissimo: mi hanno sempre detto che ho l'occhio punto. Significa più o meno che, quando entro in una gioielleria, si posa subito, infallibilmente, sulla cosa più preziosa. Che spesso è anche quella che costa di più  »
Alle ultime parole di lui, nonostante tutta quella serietà, finalmente le scoppiò un sorriso sulle labbra, perché come faceva a non sorridere in quel momento? Le sembrò addirittura di scorgervi un barlume di tenerissima ingenuità.
   « Mi vede cercare? A me sembra semmai di aver trovato qualcosa, di averla trovata molti anni fa, e che al confronto tutto il resto diventa un po' più opaco. Ma ci ho fatto pace.»
Come tutte le gatte aveva imparato a procurarsi la cena da sé, e non era più un fagiolino spelacchiato che strillava per una ciotola di latte, anche se quello che si era fatto un vago miagolio era pur sempre indirizzato alla stessa persona, e sempre avrebbe gradito l'occasionale crocchetta che lui ogni tanto lasciava scivolare.
   « Lei non deve preoccuparsi di quello che cerco io: se fosse questa la mezzanotte in cui chiuderò gli occhi per l'ultima volta, davvero non avrei di che lamentarmi.»
Anche se il suo corpo non aveva smesso di tremare da quando Lucius le aveva cinto la vita, c'era una serenità che superava la rassegnazione in quegli occhi oltremare. Aveva capito da molto che in ciò che le era sembrato non volesse darle c'era in realtà un grande favore, che dove un altro avrebbe potuto usarla a suo piacimento e senza alcuna difficoltà, lui era semplicemente stato troppo signore per una cosa del genere.
   « Non ho da chiederle altro da quel che ha fatto finora: non prendere qualcosa che non vuole.»
Era un po' come se Lucius esigesse una risposta da uno specchio. Capiva il senso della domanda e avrebbe potuto dirgli che in lui vedeva un'ancora, qualcuno che poteva impedirle di finire troppo lontano, e che proprio questo le avrebbe dato la libertà di fluttuare senza preoccupazioni. Che forse, per quanto le piacesse l'idea di bastarsi da sola, senza un contrappeso non avrebbe mai trovato l'equilibrio che cercava: forse due mondi erano davvero troppi, e l'avrebbe aiutata molto affidarne uno a qualcun altro. Ma questo non poteva andare ad aggiungersi ai problemi del Ministro, e lei preferiva che, almeno con una persona, potesse fare quello che preferiva lui, senza farsi condizionare da altri pensieri: nessuno lo avrebbe biasimato se non avesse voluto andare in giro trattenendo un palloncino rosa.
But I didn’t just put my head through that window.
I climbed through it.
At first I thought it was madness, but no.
When you put your head out of that window...
you can do anything you want.
'Cause there are no rules.
'Cause there are no risks.


Edited by Auburn - 26/2/2024, 10:21
view post Posted: 19/2/2024, 23:59 L’Amour Toujours - Mondomago

Ad accoglierla fu Agnes Lefevre, ormai storica collaboratrice del creatore di Mondomago, che come ebbe il piacere di vedere non perdeva l'entusiasmo per quel mestiere.
   «  Molto volentieri, la ringrazio.»
Accettò con un largo sorriso la proposta dei pacchetti, di cui avrebbe osservato la realizzazione con occhi grandi e interessati; esattamente come quelli di Atlantide, che prese in braccio così che potesse guardare anche lui. Certo, ai regali che ci si faceva da soli o che si chiedevano agli altri esplicitamente mancava l'effetto sorpresa, ma il valore di un bel pacchetto non risiedeva solo nel nascondere il contenuto: perché privare i propri occhi di quella bellezza, o le unghie di Atlantide dal distruggere qualcosa di prezioso e giocare col nastro decorativo (che poi Auburn gli avrebbe sicuramente messo in testa a mo' di fascia anni '20)? Nemmeno avrebbe voluto privare la studentessa da un momento di maniabili che la potesse distrarre un po' dallo studio. E poi, non era detto che anche lo scarto di quel regalo non potesse riservare meraviglie.
Oltre all'appagamento di vedere le dita capaci della Corvonero rendere i suoi doni ancora più belli, come sempre l'emporio verde bottiglia le diede qualcosa in più: quel giorno, si trattava di un rettangolo di pergamena colmo di particolari brillanti.
   «  Oh wow, grazie mille !»
Si illuminò, già dimentica di tutte le emozioni pesanti che aveva provato fino a quel momento. Aveva letto della promozione non appena era uscita, dedicando all'inserto di giornale tutte le sue attenzioni, perché aveva trovato che l'iniziativa di Eleanor e Sheldon fosse davvero amorevole. Ma non aveva capito che la coppia di articoli non dovesse essere per forza composta di due cose uguali: invece, come un'altra piccola sorpresa, alla fine qualche cuoricino era arrivato anche per lei. Osservò con piacere i dettagli del buono, che rifletteva lo stile preciso e piacevole dei due innamorati, senza lesinare le attenzioni alla grafia di Agnes che aveva scritto il suo nome a mano.
   «  Ne farò buon uso.»
Promise, prima di conservarlo con cura e pagare i suoi acquisti, ora deliziosamente impacchettati.
view post Posted: 19/2/2024, 23:59 Art is love made public - Scribbulus
Quanti disegni ho fatto
Rimango qui e li guardo
Nessuno prende vita
Questa pagina è pigra
Vado di fretta
E mi hanno detto che la vita è preziosa


Quel giorno era come se fosse spuntato un arcobaleno dopo una tempesta, uno che Auburn non guardava da lontano: si sentiva sull'apice, con tutta l'eccitazione di chi sta per lanciarsi giù da uno scivolo molto alto e divertente. Del resto, se non era sulla cresta dell'onda il giorno del suo compleanno, quando?
Il suo risveglio era stato accompagnato, dopo i quotidiani rituali mattutini, dal ritrovare in un cassetto una mini borsetta a forma di busta da lettera che non era stata riposta correttamente. Aprendola, vi aveva trovato un "minicicciolo" superstite dalla festa tra babbani a cui aveva partecipato ormai mesi prima, e sorridendo si era detta che quel genere di cose le considerava sempre come un piccolo regalo dalla sé del passato. "Buon compleanno", si era detta accendendo la candelina con nonchalance, come se tutto il periodo precedente a quel risveglio fosse stato cancellato dalla sua memoria. E alle 4:20 puntuali (quei numeri non li aveva decisi lei), che era sempre l'orario in cui si presentava alle feste, si era infilata in un macchinario babbano scassato dove avrebbe trovato Stanley e un altro paio di amici. Non sapeva perché, ormai che erano cresciuti ed entrambi si erano sistemati bene, ma una macchina scassata c'era sempre.
Le ore erano passate giulive, e anche adesso che era pieno giorno non aveva intenzione di smettere di celebrare la sua data preferita. Quella che la rendeva ciò che era, una cuspide, una freccia sempre in movimento ma che oscillava inevitabilmente tra due poli che la attraevano. A dirla tutta, per quanto fosse superstiziosa, proprio all'oroscopo Auburn non aveva mai creduto, anche perché quando aveva cercato di leggere di sé nell'Acquario o nei Pesci aveva sempre trovato qualcosina in cui effettivamente si ritrovava, ma anche altri dettagli che le avevano fatto pensare che descrizioni con quel livello di efficacia si sarebbero potute applicare a chiunque altro avesse un po' di tolleranza e suggestione. Ma quando si era resa conto di dover leggere la descrizione della cuspide in sé, e non fare un mix tra i due segni... be', quella descrizione di lei avrebbe strappato un "Azz" anche alla più scettica delle streghe.
Entrata nella cancelleria che aveva ripreso a frequentare non ebbe bisogno di molti giri: si diresse subito verso il catalogo delle Cromie Universali GASP, questa volta senza nemmeno chiedere che le venissero mostrate. Sapeva che quello scrigno conteneva tesori troppo belli, e troppi, perché potesse compiere una scelta attraverso gli occhi senza rubare tempo al progetto più importante che aveva in mente; così ancora una volta si fece guidare dai nomi. Lo sguardo fu subito diretto sulla cromia Aurora, quella che aveva regalato a Luna e che trovava bellissima, ma leggendone il nome ora si rese conto che, nonostante le belle iniziali, quello non la rappresentava. Rise al leggerne un altro, però, che subito si aggiudicò il titolo: non terminò nemmeno la lettura del catalogo, già certa che quella cromia fosse proprio la sua.
   «  Buongiorno! Se possibile, vorrei usare questo buono per acquistare una boccetta di inchiostro Nana bianca.  »
Avrebbe comunicato al commesso o alla proprietaria quando uno dei due si fosse avvicinato a lei per assisterla. A transazione conclusa, si sarebbe quindi finalmente diretta verso la scala a chiocciola, quella che l'aveva sempre tentata con i suoi scalini dipinti di colori pastello da cui si affacciano vasi pensili. Da tempo immemore voleva approfittare dello spazio messo a disposizione nella bottega, già da quando aveva un altro nome, ma era proprio il Crogiolo quel luogo dove lo stesso oro poteva liberarsi di vecchie rigidità e acquisire nuove forme.
   «  Buongiorno...»
Salutò le artiste già presenti, con quella vaga titubanza che la caratterizzava quando qualcosa la pungeva più a fondo. Cercando di superare l'incertezza iniziale, si diresse verso le tele per sceglierne una e individuò la sua posizione: quella davanti alla finestra più grande, dove c'era una porzione di pavimento libera. Si sarebbe seduta lì per lavorare, ché era la sua posizione preferita, e lo sarebbe restata nonostante tutti i consigli degli esperti che imponevano di dipingere in verticale per non alterare la prospettiva (o di non lavorare così per non rovinarsi la schiena). Riempito un bicchiere d'acqua, recuperò infine un po' di colori acrilici e pennelli, senza esagerare: per qualche ragione, la sua filosofia in quel tipo di lavori conteneva l'attitudine innata a cercare di usare meno strumenti possibile, e possibilmente di qualità un po' inferiore. Dunque prese solo i fondamentali: una pennellessa per la preparazione della tela e lo sfondo, un pennello medio a lingua di gatto per stabilire i fondamenti, un pennello a ventaglio per le sfumature, e un pennellino lungo a punta per i dettagli. Di colori, ne bastavano cinque più una spatolina per ottenere tutte le altre sfumature: erano il bianco, il magenta, il ciano, il giallo primario e una terra bruciata a scelta, in base a quanto si voleva fosse scuro il massimo punto d'ombra.
Il momento più difficile era quello di imprimere il primo segno su una tela ancora vergine, ma fortunatamente conosceva il trucchetto della pennellessa: la inzuppò di un'acqua in cui aveva sciolto qualche goccia del colore impastato per la base, Fiducia del Qilin, e con gesti sinuosi ma completamente liberi dal calcolo coprì l'intero candore della superficie. Attesi i minuti necessari all'asciugatura, aveva quindi ripetuto il procedimento un paio di volte fino a darle un certo corpo con quelle tenui velature, e poi si era dedicata al soggetto principale miscelando tramite la spatolina nuovi colori sulla tavolozza. Era entrata nel Crogiolo senza particolari idee, ma visto lo scopo con cui vi si era addentrata si era detta che avrebbe dovuto illustrare qualcosa di semplice. Voleva sforzarsi, questa volta o ancora una volta, di non essere fraintesa; così aveva cercato di condensare un concetto in un'immagine che anche un bambino avrebbe potuto comprendere. Ne uscì un pianeta Terra intorno al quale si cingevano due mani, una rossa (magenta più un poco di giallo), una blu (ciano con una punta di terra): qualcosa che senza ombra di dubbio era stato già fatto e non poche volte, ma che riteneva lanciasse un messaggio piuttosto chiaro. La sua firma, comunque, aveva trovato il modo di mettercela: il dettaglio quasi invisibile in quel quadro era un filo di magenta puro che scorreva lungo tutti i punti di contatto tra il rosso e il blu, a simboleggiare quella distanza infinitesimale che tuttavia non si sarebbe mai potuta superare. Era diabolico, quel dettaglio? Si trattava di qualcosa di inquietante? A dir la verità, lei pensava che fosse un bene l'esistenza di qualcosa a impedire che quei due colori si miscelassero del tutto: avete mai provato a vedere che succede mischiando tutti i colori? Personalmente, i fanghi, i verdastri e le senapi non le erano mai piaciuti troppo.
Ma quello era un ragionamento già fuori luogo: a colpo d'occhio, il suo quadro le sembrava perfettamente banale, e fu contenta di essere riuscita nella sua impresa. Il pop doveva essere banale e un po' stupido, altrimenti con tutta quella gente non poteva funzionare. E forse proprio in questo risiedeva ciò che aveva da insegnare, se solo ci si sforzava di farci l'occhio o l'orecchio.
Quanta gente nelle cose vede il male
Viene voglia di scappare come iniziano a parlare
E vorrei dirgli che sto bene ma poi mi guardano male
Allora dico che è difficile campare...



Edited by Auburn - 26/2/2024, 10:30
view post Posted: 19/2/2024, 07:10 Nata sotto una buona stella - Abitazioni

«  Bentornata.»
Le sembrò di sentire non appena chiuse gli occhi, allo scoccare esatto della mezzanotte. Quella parola nella sua mente echeggiò come un qualcosa che la fece sentire in dovere di giustificarsi, ma, prima che potesse iniziare a parlare, la stessa voce le aveva chiesto se non avesse mica avuto paura. E paura di che? Di tornare di tornare a casa?
Già solo questo ragionamento la fece sentire leggermente sollevata, tuttavia il timore non l'aveva ancora liberata del tutto. Sì, temeva, temeva che aprendo un po' l'occhio le onde che ci sarebbero entrate avrebbero assunto la forma di un elenco delle cose che era lei a sbagliare.
   «  No, quelle le sai già.»
Anche quel ragionamento non faceva una piega, e in un certo senso le suonava dolce. D'altra parte, però, percepiva del passivo-aggressivo...
   «  Stanotte ti ricordo solo una cosa. Che puoi sempre tornare a casa.»
Di nuovo, una certa dose di sollievo si mischiò a un suo grande classico: l'incertezza scettica.
   «  Ma come, adesso mi vorresti dire che non ti va? Non è la vita fatta tutta di vibrazioni, e dunque movimento, e dunque su e giù e non si può stare sempre all'apice? Invece a casa è un Paradiso, un Nirvana fuori dalla Samsara, liberi da tutte queste fluttuazioni tra bianchi e neri e le più varie interpretazioni nello spettro...
Se quelle parole potevano sembrare un po' disordinate o confuse, Auburn sapeva benissimo di cosa stava parlando. Aprire troppo gli occhi poteva diventare spaventoso, perché iniziavi a farti un'idea dell'imponenza del sistema, e da lì in poi non c'era scampo né nel grande né nel piccolo. Quel groviglio più lo guardavi e più si ingarbugliava; soprattutto se si prendevano in considerazione le persone, oh che casino le persone.
Ma c'era un tale gusto a giocare quel gioco, fatto tutto di sorprese diverse e che trovavi sempre in posti inattesi, e che ti facevano capire quanto erano fondamentali le contraddizioni, di bellezza e anche di una certa dose di malignità: perché per quanto potesse cercare di redimersi, la carne, anche quella delle creature più intelligenti, più sensibili e più eleganti, era troppo deliziosa. Tanto da portare ad accettare il prezzo. La voce parlava di quel mondo che era complicato perché non era fatto solo di destino, ma anche di scelte, o forse dell'illusione della scelta, o forse nell'illusione che ci fosse un destino.
   «  E allora la scelta è tua e la fai consapevolmente: di cosa ti preoccupi?»
A volte un ragionamento, su cui pure ci si poteva essere disperati, ripetendoselo tante volte da deturparlo e fargli perdere quasi ogni significato, bastava sentirlo dalla voce giusta perché ne comparisse immediatamente la chiave. Ma c'era un vago sentore di insistenza in quelle corde, lasciata cadere non per caso, anche se su uno sfondo benevolo e sicuro.
   «  Guarda zia io ti ringrazio ma ora non posso proprio tornare. Mi sono appena ricordata che ho ancora un paio di cose da fare, giuro che non sono guai...»
Il ghigno che aveva adesso era completamente in disaccordo con tutto quanto aveva provato finora, e allora lonfiamente (intraducibile) nascose il viso dietro la porta, prima che si vedesse che le si stava allungando il naso. Ma... era la porta del numero 9, e lei stava rientrando?
   «  ...o che al massimo ricambierò con qualcosa di buono.  »
Era praticamente già dentro, ma non osava procedere prima del benestare della voce che, anche se ad Auburn era ritornata voglia di scherzare, risuonò molto seria.
   «  Nove per una o per una nove.  »
   «  Conosco i patti.  » La Magenta invigorì l'affermazione con un cenno della testa, per mettere in chiaro che lo scherzo finiva prima di quella frase.
   «  E allora cosa devi dire? Ne voglio ancora o...? »
   «  Grazie.»
   «  Vai, va'.  » Si sentì uno sguardo puntato profondamente addosso. «  Noi ti aspettiamo  »
Ora la voce, col tono condiscendente ma pieno d'affetto di quando faceva solo finta che Atlantide glie l'avesse fatta sotto il naso, cedeva il posto alle immagini, e come se ne fosse stata la custode la lasciò varcare la porta dei sogni.
Qual era la fonte di quella voce? Era la magia? La sua coscienza? Le sue madri? Dio? La bellezza? Le due costellazioni che la caratterizzavano? Un'allucinazione? O niente più che una semplice fantasia?
Al solito, le sue innumerevoli domande restavano senza risposta, ma a volte cullata da quel timbro morbido scivolava nel sonno con una consapevolezza inattesa.
In ogni caso, si sentiva sempre la sua preferita.

Il sogno che fece la portò a un 19 febbraio di qualche anno prima, ma fu come se il passato non avesse ancora smesso di riavvolgersi: cominciò dal momento in cui aveva chiuso gli occhi, o meglio aperti in questo caso, e si era struccata malamente (o meglio rimessa il trucco?). Era difficile da descrivere a parole, comunque andava tutto in rewind: eccola che tornava in cucina a schimicare e soprattutto costringersi a bere acqua, dopo (prima?) di una serata in casa a finestre chiuse in gradevolissima ed esclusiva compagnia di se stessa. Era molto facile organizzare house party nel mondo dei maghi e delle streghe, dove esisteva il Muffliato: quel compleanno l'aveva festeggiato con qualche eccesso di troppo in termini soprattutto alcolici e un tipo di musica che poteva ascoltare solo da sola, perché nessuna delle persone che conosceva l'avrebbe apprezzata tanto quanto lei. Anzi si era divertita particolarmente proprio perché sola: non solo libera di vagare dentro la sua testa, senza affannarsi nel dare spiegazioni a nessuno (cosa che la scocciava soprattutto perché le faceva perdere continuamente il filo), ma anche completamente al riparo da ogni tipo di occhio, anche quelli che sicuramente le finivano addosso per caso (a parte i suoi, ovviamente, perché casa sua era piena di specchi, ma fortunatamente quelli li trovava bellissimi). Così tanto libera che aveva finito per dimenticarsi completamente tutto quello che aveva fatto quel giorno: ancor più difficile da spiegare sarebbe stato il senso di colpa che aveva avuto la mattina dopo, tra vergogna, pentimento e disprezzo, anche perché sentiva di avere "sprecato" un'esperienza che era certa essere stata davvero preziosa, perdendone la memoria. Ma non aveva senso parlare di spreco perché, se non si fosse comportata esattamente come aveva fatto, sarebbe stato impossibile che provasse le stesse emozioni. E in ogni caso che senso aveva piangere sul latte versato? Ormai era successo -- no, anzi, nel sogno di Auburn non era ancora successo, nel sogno di Auburn lei era felicissima, perché aveva appena ritrovato quel prezioso ricordo perduto! E ne stava ricostruendo i pezzi: oh, dunque era uscita di casa... era uscita di casa in vestaglia. Mh. Vabbè e dove era andata, di grazia? Fortunatamente un sospiro di sollievo: niente di che, aveva fatto un giro tra i vicoli deserti di Hogsmeade, illuminati solo da qualche lampione a quell'ora della notte. Lo faceva spesso, le piaceva l'impressione che tutto il villaggio fosse suo finché oh... oh no, oh no oh! Eh invece sì, aveva fatto pipì in un angolino. Che dire, follettine e follettini, ormai erano passati degli anni, che ci poteva fare se non riderci su? Neanche sperare che non l'avesse vista nessuno aveva più molto senso. Ah be', a meno che non si trattasse di un segno premonitore, certo.
   «  Che trip la vita  »
Si era detta scuotendo la testa in un'espressione ben oltre il divertita, nonostante fosse ancora perfettamente sobria (ancora nel senso che era arrivata all'origine del sogno, o ancora nel senso che il sogno lo stava guardando dopo un periodo di astinenza?), mentre scartava il pacchetto di tabacco e il disco nuovo che avrebbero dato inizio al festino.
Sulla copertina c'erano tre parole.
view post Posted: 18/2/2024, 23:59 Capodanno da Brivido - La Stamberga Strillante
Todo aquel que piense que la vida siempre es cruel
Tiene que saber que no es así
Que tan solo hay momentos malos, y todo pasa

Todo aquel que piense que esto nunca va a cambiar
Tiene que saber que no es así
Que al mal tiempo, buena cara, y todo cambia

Ay, no hay que llorar
Que la vida es un carnaval
Y es más bello vivir cantando
Oh-oh-oh, ay, no hay que llorar
Que la vida es un carnaval
Y las penas se van cantando



Con tutta la calma del mondo, ora che era arrivata, aveva accuratamente composto la miscela perfetta nel suo fornello. Un tempo più che sufficiente ad assicurarsi dell’interpretazione di quel segno: dando un’ultima occhiata ai paraggi, e notando che non vi fosse nessuno sul sentiero illuminato di torce, un sorrisetto birbante contrasse qualche muscolo intorno alle sue labbra. lanciò un breve sguardo verso l’alto, con un’espressione che diceva “io il mio l’ho fatto”.
Aveva lavorato e stava lavorando ancora parecchio su quell’apertura (o mancata tale) che da sempre qualcuno trovava il modo di recriminarle, ma questa volta non le si poteva dire davvero niente: era andata oltre ogni ragionevole limite per tendere una mano in ogni direzione. Ora che si separava da quello steccato, non era davvero colpa sua tornava ancora una volta alla familiare e innegabile verità… non incontrava qualcuno sulla strada verso una festa? Tanto meglio. Il trenino dorato partiva, e peggio per chi non era salito: significava solo che il 99% del tempo si sarebbe potuto dedicare a ballare. Inebriandosi già del senso di libertà che ne derivava, finalmente permise alla destra di dare quella scoccata da cui si stava trattenendo. Una lingua di fuoco, quasi un dardo, si consumò in un attimo cedendo il passo al razzo magico che volò dritto verso il cielo e che, giunto a nove metri esatti, generò una pioggia di cristalli che le cadde addosso tramutandosi in una nube di brillantini appiccicosi.
Godette indicibilmente di quel momento, da cui fu risparmiata solo la pipa. Non appena la mise in bocca, fu subito a centro pista già sciolta da un numero imprecisato di minuti di danza. Per quanto sudore potesse avere versato su una sbarra da balletto, nulla le avrebbe tolto dalla testa l'idea che la cosa che più poteva farla ballare bene fosse la totale estraneità dalla preoccupazione di come i mille occhi intorno a lei potessero giudicare le sue movenze. Non facile da ottenere, ma con qualche aiutino si poteva arrivare a fregarsene del tutto... o alla semplice verità che nessuno in quel momento stava guardando te, anche se qualche occhiata ti finiva addosso per forza.
Non pensava ci fosse niente di male in quel meccanismo: aveva sempre amato la gente, le piaceva stare con gli altri, anche se questo non significava per forza doverci interagire. A volte come cosa da condividere bastava il momento. Anche spiritualmente, ciò non la rendeva più lontana da tutte quelle persone: le bastava posarci lo sguardo sopra per imbeversi delle loro emozioni e sentirle sue fino al midollo. E poi, quando non ci doveva parlare aveva gioco molto più facile per capirle: per esempio, in situazioni come quella aveva scoperto che una folla (una che non sia caduta nel panico, s'intende) si attraversava molto più velocemente se non si tentava di spingercisi contro. A volte restava esterrefatta quando scopriva con che semplicità funzionavano i meccanismi del mondo: se dove la musica era alta non si poteva chiedere permesso, davi una carezza di polpastrelli sulle scapole e le persone ti si aprivano davanti come sponde di un fiume. Così bastava molto meno contatto. E soprattutto non si doveva necessariamente smettere di ballare.
Stare immersa tra la gente era una cosa che le piaceva da matti, soprattutto in occasioni del genere: per stupido che potesse sembrare, quello era il giorno in cui tutto il mondo si metteva d'accordo (con una precisione impressionante se si considerava la mole di persone) per fare una ola intorno al globo. Così, per celebrare la vita. Certo non tutti, ma in ogni spicchio di mondo c'era almeno qualcuno che l'avrebbe fatto: poteva una come lei non apprezzare un momento del genere? Controllò l'orologio da taschino tutta la sera per sentirlo arrivare, ma con esso inevitabilmente si avvicinava anche una certa indolenza. Non sapeva esattamente quante ore fosse rimasta lì, ma a un certo punto si tolse le scarpe e camminò sulle foglie umide e fredde che diedero sollievo alle piante dei suoi piedi, addentrandosi tra gli alberi finché non ne trovò uno con un ramo abbastanza solido e abbastanza spoglio. Vi si arrampicò, per potervisi sdraiare in modo da avere una buona visuale del cielo sopra di lei, e ascoltò da lì le note e l'eccitato conto alla rovescia di quelli che erano stati i suoi compagni di pista quella notte. Quell'ora precisa era solo una convenzione, un segno, un simbolo, ma del resto avevano più valore le cose stesse o il senso che gli si attribuiva? E poi, non era del tutto arbitrario: le stelle che si potevano vedere in quel momento erano sempre più o meno le stesse. Guardandole avvertendo sempre di più il sopore con ogni numero che veniva chiamato, si rese conto di essere ancora una volta sull'apice di quella curva, ma anche che probabilmente quando sarebbe scivolata giù non avrebbe potuto in alcun modo ricordarsi di quello che stava provando. Quanto avrebbe voluto poter parlare con la Auburn del futuro, e con quella del passato, e farle sapere quanto si stava bene... ma non era qualcosa che avrebbe potuto spiegare, neanche a se stessa. Lo capiva, ma allora se non poteva trasmetterle tutto, avrebbe desiderato di comunicarle almeno qualcosa...
Se potessi dirle qualcosa, -- le parve di sentire una voce, da qualche parte nel suo cervello -- se ti concedessimo tre parole, quali diresti?
Dovette sbrigarsi a pensarci, perché il conto alla rovescia era quasi terminato, e i suoi occhi si stavano per chiudere.
Tre!... due!... uno...
      «Be not afraid »
view post Posted: 14/2/2024, 19:02 L’Amour Toujours - Mondomago
Se partirò, a Budapest ti ricorderai
Dei giorni in tenda, quella moonlight
Fumando fino all'alba, non cambierai
E non cambierò
Fottendomi la testa in un night
Soffrire può sembrare un po' fake
Se curi le tue lacrime ad un rave

Quando aveva appreso, dalla sua Magiradio, del calo di casi al San Mungo aveva inizialmente sorriso, convinta di poter tirare un sospiro di sollievo. Ma era successo che l’angoscia che le schiacciava il petto non si era sollevata affatto, assumendo anzi la veste di una minaccia ancora più ignota, che si stava pian piano infiltrando in ogni aspetto della sua vita. La scopriva nel mutamento anomalo delle rotte degli uccelli, nei locali in vendita e nelle case abbandonate, nei nomi più brillanti che scivolavano nel dimenticatoio e di cui nessuno sembrava avere mai saputo nulla. Nelle notizie che non facevano notizia perché provenienti da paesi lontani, nella vecchiaia che consumava i suoi cari appena distoglieva lo sguardo dai loro volti, nella sensazione soffocante della piccola società… negli occhi giudicanti della gente, dietro i quali c’era quella strana maledizione che li opacizzava con competizione e rancore, derubandoli della lucidità utile a ragionare, discutere, e soprattutto amare. Dunque non era il Vaiolo di Drago l’oggetto della nefasta profezia? O, peggio, Karmat stesso non c’entrava, ed era tutto frutto della sua mente, per via della terribile parità di quell’anno che per giunta era bisestile?
La malinconia che la accompagnava quel giorno poteva doversi al numero quattro?
Da una parte, a salvarla c’era il suo monumentale egocentrismo, dall’alto del quale poteva compiacersi che tutto il mondo occidentale si tingesse di rosa e si riempisse di cuoricini, come per stendere un tappeto rosso all’arrivo del suo compleanno. D’altro canto, però, quel giorno che per molti era acceso dal fuoco della passione per lei era asperso di ceneri: quel lato esigeva una preparazione tutta all’opposto, fatta di penitenza e riflessione. E del resto, quell’anno erano fioccati cuori neri spezzati in ogni angolo delle strade.
Pupo Nero e Pupa Gold si addentrarono quindi nell’emporio di Sheldon Campbell, venendo accolti dalla piacevole fragranza vanigliata di legno e garofano. Un po’ perché Auburn non era più la ragazza disposta ad abbracciare qualcuno per amor del sociale o della ricerca, ed era diventata scettica anche nei confronti dei consigli dell’AMI; un po’ perché era ancora completamente vittima del consumismo: il regalo più importante che potesse ricevere era quello che si sarebbe fatta lei stessa, e una lettera, siamo seri, sarebbe stata una grandissima delusione. Meglio un viaggetto, una giornata in SPA e una fiala di profumo introvabile: già solo pensarci le risollevava l’umore, ed era certa che da Mondomago sarebbe uscita con qualcosa di perfetto per cominciare.
Esplorando i nuovi contenuti della bottega verde bottiglia, il duo fu inevitabilmente attratto dall’angolo a tema allestito per l’occasione, che già avevano avvistato in vetrina: Auburn afferrò un Cuoriscino per proporlo ad Atlantide con fare interrogativo. Il gatto non sembrò interessato né a quello né alla Nuvola petalosa in esposizione, così si recarono al piano di sopra per continuare le loro ricerche. Fu sulla balconata che il Bombay trovò qualcosa di suo gradimento, segnalandolo alla strega tirandole la gonna con le unghie e gli occhi pieni della dolcezza che sapeva tirare fuori quando voleva qualcosa: si trattava di una sorta di bacchetta con una stella a dieci punte, intenta a emettere strane vibrazioni.
   «  Un Nargilloscopio? Perché no  »
Acconsentì con un’alzatina di spalle, chiedendosi se con tale strumento avrebbe finalmente capito come mai il micio, ogni tanto, sembrasse inseguire creature a lei invisibili.
Presa l’antenna e intrattenuto Atlantide, che ora la inseguiva cercando di afferrarne per gioco l’estremità, la Gold poté quindi dirigersi verso ciò che attraeva lei: l’angolo dedicato alla musica, con una grande varietà di strumenti e una selezione immensa di vinili. Vi si avvicinò malinconicamente, facendo scorrere le dita tra i dischi con la consapevolezza che in quel momento non avrebbe saputo apprezzarli al meglio. Aveva tutto un inquietante sentore di déjà-vu, ma il titolo di un album che non conosceva la riscosse dai suoi pensieri: “Be not afraid” .
Leggere che gli autori erano Michèle L.A.my e Saturnino Ow causò una smorfia sul viso di quella strega che, sebbene non avrebbe detto che la si potesse definire propriamente razzista, nemmeno poteva negare di nutrire un innato e irriducibile disprezzo nei confronti degli statunitensi. Certo non per questo si sarebbe privata di tutte le cose che riuscivano a produrre, in alcuni casi molto buone, e la foto di copertina che raffigurava l’artista principale — perlomeno, di origini francesi — la catturò in quanto le sue mani le ricordarono molto quelle di sua madre. Ma fu quanto trovò sul retro del vinile a conquistarla definitivamente: un semplice sfondo nero, su cui, sola, campeggiava una scritta dorata.

You can do it as it’s a great weight on you
Or you can do it as it’s part of the dance

Dopo un momento di esitazione, in cui rifletté rigirandosi il disco tra le dita, si decise infine a prendere anche una confezione di tabacco incantato, nella sua solita colorazione azzurro perla. I fiori ce li aveva già nelle tasche della tuta, anche se non erano d’ulivo, anche se era ancora periodo d’astinenza. Anche se ancora ne aveva timore.
   «  Buon pomeriggio.»
Avrebbe salutato, una volta giunto il suo turno, depositando sul bancone i suoi acquisti: un disco in vinile, un Nargilloscopio e una confezione di tabacco incantato.
3452 replies since 28/4/2012