Hogwarts: Harry Potter Gioco di Ruolo

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view post Posted on 26/1/2024, 12:14
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ঌ She the Fire


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Il freddo di gennaio che ti pizzicava il naso sembrava fatto apposta per mettere alla prova i buoni propositi per l’anno nuovo. Ne era la parte più dura, quella in cui veniva difficile uscire e la tentazione di arrotolarsi in un pile davanti al camino sembrava più irresistibile, spoglia dei colori del sole e dell’animosità delle feste appena passate. Ma era anche vero che, una volta superata, poi era tutto in discesa. Auburn guardava all’arrivo del suo amato febbraio e si faceva coraggio per lavorare agli obiettivi che si era posta, tra cui dedicare tempo di maggior qualità al suo micio e alla sua comunità locale. L’attività del giorno li soddisfava entrambi: era stata attenta a non permettere che alcun intoppo lavorativo potesse infiltrarsi in quel pomeriggio, riservato solo alla “piccola” creatura che era stata con lei nei momenti più importanti e a una compagnia che era davvero lieta avesse accettato il suo invito. Raggiunto il numero 30, ebbe modo di apprezzare dal vivo ciò di cui aveva letto dai giornali, e stupirsene: la perdita della tubatura doveva essere stata veramente ingente, ma annuì compiaciuta alla prontezza della strega che l’aveva tradotta in profitto. Alla fine la più grande differenza la faceva il saper cogliere o meno le opportunità, soprattutto quelle che si nascondono nelle ragioni di disperazione.
   «  Sei pronto, piccoletto?»
Si rivolse al nero panterino, vestito di un morbido dolvecita di lana verde, che aveva capito che l’attività del giorno fosse rivolta a lui e lo dimostrava con un trotto carico di eccitazione. La sua strega si dispiaceva di averlo trattato, davvero in troppe occasioni, come un accessorio, che la seguiva durante le commissioni o le faceva compagnia mentre si occupava di altro: Atlantide era molto di più, lo aveva dimostrato nel lungo pellegrinaggio che avevano fatto insieme, solo loro due, e ora che ogni traccia di quel periodo sembrava dimenticata aveva deciso di tornare a dedicargli le giuste attenzioni. Sedutasi su una panchina, venne presto raggiunta dall’irrequieto Bombay.
   «  Dobbiamo aspettare un po’, sii paziente: ci raggiunge qualcuno  »
Gli disse per calmare l’effervescenza che lei stessa aveva fatto esplodere col tono di poco prima, stuzzicando l’attesa incuriosita della bestiola che ora le metteva addosso le zampe. Per non farsi distruggere il mantello nuovo si affrettò quindi a frugare nella grande borsa che aveva con sé, estraendone il Filo Incantato capace di catalizzare tutte le attenzioni del felino. Nonostante la moltitudine di giocattoli che gli aveva comprato negli anni, quell’oggetto così semplice restava il suo preferito: sicuramente per questioni affettive, visto che era venuto a casa con lui il giorno in cui l’aveva adottato. Osservandolo giocare e rotolarsi con sguardo amorevole, di tanto in tanto si guardava intorno per scorgere l’arrivo di Luna e pupo, davvero curiosa di fare la conoscenza di quest’ultimo.
 
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Per un eccesso di premure da parte dell'anglo-parigina, pupo era così imbottito di strati da sembrare ancor più cicciotto di quanto già non fosse: aveva le mani fasciate da un paio di guanti arancioni, un piumino giallo canarino che lo infagottava parecchio e un cappello con il pompon dello stesso colore degli scarponcini già pieni di neve, sotto i quali erano nascosti dei calzini sui quali erano disegnati diversi tranci di pizza. Lily, che soffriva molto di meno il freddo, indossava un cappotto verde acido e un paio di stivali lunghi lunghi, che lei chiamava da gatta. Aveva legato i capelli in uno chignon più per praticità che per estetica ma aveva comunque curato un po' il trucco perché, anche se era un momento libero della settimana, comunque trovava fondamentale non impigrirsi alla sciatteria.
Poco prima di uscire di casa, Aaron Dylan aveva fatto un po' di storie e aveva cominciato a inventarsi mille scuse su come Assenzio, il loro mastino, avesse bisogno delle sue coccole – in verità Luna aveva intuito che il figlio stava cominciando a nutrire un po' di paura per la pista di ghiaccio che in parte lo eccitava ma, in parte, lo spaventava per il rischio che potesse cadere. Non era mai stato un bambino particolarmente agile ma, da mamma, era convinta che questo dipendesse dallo scarso convincimento che metteva nei movimenti che alla fine rischiavano per risultare goffi.
Alla fine l'aveva convinto a uscire promettendogli una bella cioccolata calda dopo aver pattinato un po' e per questo, tenendolo per mano, superò un paio di vicoli a partire dal numero undici fino a raggiungere il civico trenta, dove era scoppiata una tubatura che però la proprietà aveva colto come un'occasione per creare una pista di pattinaggio. Poco distante dal giardino, Luna individuò l'inconfondibile figura di Auburn e del suo pupo (un gatto) che indossava un adorabile dolcevita verde. Prima che potesse salutarla, Aaron aveva già raggiunto il gatto e stava rischiando di schiacciare una delle sue manine gonfie sulle sue vibrisse, nonostante quest'ultimo fosse intento a giocare con la sua padrona.

–Oh bonjour, Auburn!

Distese un largo sorriso alla strega, lieta per quel tempo che erano riuscite a ritagliarsi e per l'invito che le aveva mandato.

–Ecco pupo! Pupo?

Domandò richiamando l'attenzione del bambino, che si era già stufato e seduto sulla neve, intento a tendere le braccia verso il gatto. Aaron era abituato ai tanti animali che vivevano in casa e per questo era naturale per lui cercare un contatto con quelli degli altri. Lo lasciò esplorare senza interferire con quell'interazione, confidando comunque che Atlantide non avrebbe fatto nulla di male al bambino.

–Lui è pupo, che rapporto ha Atlantide con i pupi?

Favorì le presentazioni e, con un colpo di bacchetta, si sistemò la sciarpa che le pendeva sbilenca per rimetterla un po' più in ordine.
 
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Osservando la sua piccola pantera contorcersi nel tentativo di arrestare il filo (lo afferrava con le zampe, lo mordeva, lo schiacciava sedendocisi sopra, ma questo riusciva sempre a divincolarsi per un pezzo e a fargli il solletico nelle orecchie), Auburn arrivò a domandarsi se l’animale non stesse nuovamente prendendo peso. Venne tuttavia distratta da quell’improvvisa analisi, interrotta dall’arrivo di un pulcino ben più paffuto: anche Atlantide fermò il suo gioco, assumendo la stessa espressione incuriosita della strega, mentre entrambi guardavano quello che doveva essere pupo avvicinarsi. Le loro teste si inclinarono sul medesimo lato studiandone i movimenti, forse un po’ limitati dall’abbigliamento o dall’incompletezza del suo sviluppo, e si ritrassero nello stesso momento con un piccolo sussulto quando una manina si stese verso di loro, vicina abbastanza da afferrare uno dei due. Il pulcino era più svelto di quanto sembrasse. Dopo essersi scambiati uno sguardo interrogativo, A&A tornarono a posare gli occhi sul fagotto giallo, che sembrava interessato a giocare con Atlantide. Per assurdo che potesse essere, quella era la prima interazione che gatto e strega avessero mai avuto con un bambino: Auburn, che scoprì di avere idee più pallide del suo felino su come comportarcisi, fu perciò sollevata nel sentire la voce di Luna, riconoscendola subito dalla lieve musicalità francese.
   «  Bonjour!»
Ricambiò, cercando di imitare più fedelmente possibile la pronuncia, perché le piaceva almeno tentare di parlare a ciascuno con la sua lingua.
   «  Bonjour Monsieur.»
Si rivolse poi al pulcino,
   «  Lieti di fare la sua conoscenza, i nostri nomi sono Auburn e Atlantide. Lei come si chiama?»
Indicò rispettivamente se stessa, il gatto, e infine il pupo mentre scandiva chiaramente le parole. Avesse lavorato un decennio con i bambini, avrebbe saputo che si gasavano di brutto quando li si trattava come dei signori e si sarebbe potuto dire che l’avesse fatto apposta, ma non era questo il caso: lei, che sapeva poco e niente di carezze e vezzeggiativi, li aveva scoperti col suo gatto e a lui (o altri animali) li riservava. Quel che vedeva di fronte a sé poteva interpretarlo solo come un umano in miniatura, uno che le era molto più sconosciuto di uno studente. E che aveva un odore diverso.
   «  Lo scopriremo oggi.»
Rispose alla domanda di Luna con un sorriso, riportando immediatamente uno sguardo vigile sulla creatura, anch’essa interessata alla nuova fragranza ma titubante all’idea di lanciarsi tra le braccia che si allungavano in sua direzione. Come spesso accade ai gatti, tuttavia, la curiosità ebbe la meglio e dopo un po’ balzò giù dalla panchina, per azzardarsi ad annusare l’unica porzione di pelle scoperta del piccolo Pike (probabilmente stuzzicandogli uno starnuto con le vibrisse).
   «  In ogni caso, graffia solo me.»
Tranquillizzò la mamma con un’alzata di spalle, preoccupata unicamente che il flagello felino, in un’eventuale fuga impanicata, potesse slittare sulla pista e fare strike tra i pattinatori. Tuttavia, forse favorito dalla confidenza che aveva con gli animali, il bimbo seppe farsi percepire come una non-minaccia e presto sarebbe riuscito a toccare il gatto a suo piacimento.
   «  Che belli questi stivali!»
Commentò un’Auburn ammirata, una volta compreso che il suo compagno non avesse mire fuggiasche, potendo dedicare più attenzioni alla strega dello stile di Diagon Alley.
   «  Dunque, siamo tutti pronti? Andiamo a vedere un po’ questi pattini?»
Incalzò incoraggiante mentre riponeva il Filo Incantato, rivolgendo ai piccoli un sorriso che aveva qualcosa della sfida. Se la proposta non avesse incontrato resistenze, il gruppetto si sarebbe quindi recato dalla proprietaria del numero 30 per scambiare qualche Zellino con l’affitto delle apposite calzature. Una signora dall’aria educata ma furba, che scoccò un occhiolino al pupo vero e un cenno di malcelata disapprovazione ad Auburn, per il suo pupo nero. Ringraziata l’anziana strega si dovette quindi tornare alla panchina, per indossare con comodità i pattini dalle lucide lame ma anche per un ultimo preparativo.
   «  Monsieur Pupo, lei ha mai assistito a un purrito
Chiese al mini-mago, scambiando un’occhiata complice con Atlantide che gli trotterellava intorno, dopo aver sostituito un paio di mocassini scamosciati con i pattini.
   «  In caso contrario, le consiglio di stare attento perché ne offriremo noi ora una dimostrazione.»
Assumendo una gestualità teatrale, si alzò in piedi, scivolò dietro la grande borsa posta sulla panchina e la aprì con mosse misurate, estraendone un drappo di stoffa ben piegato.
   «  Innanzitutto, per la buona riuscita dell’opera è necessario un tessuto della massima qualità. Questo che abbiamo oggi proviene nientemeno che dalla boutique più rinomata della Gran Bretagna Magica, il Madama McClan’s: ne avrà certo sentito parlare.  »
Mostrò quello che era un Mantello Paraurti prima prendendolo tra i polpastrelli e stendendolo delicatamente in aria, poi rigirandolo tra le mani per avvicinarlo al piccolo spettatore, che poteva così saggiarne la texture. Quasi in una sorta di danza, i movimenti delle sue mani si susseguivano fluidi e senza interruzioni, disponendo ora la stoffa sulla panchina.
   «  Anche la messa in posa è fondamentale: deve essere eseguita con attenzione e senza increspature. Prego, Dottore, quando vuole.»
Le ultime parole e la giravolta d’invito della mano erano dirette ad Atlantide, che chiaramente non era nuovo né alla procedura né all’industria dell’intrattenimento. Il felino guizzò con precisa eleganza su un’estremità del tessuto, che era stato ripiegato nella forma di un lungo rettangolo, per poi posizionarsi a pan bauletto in immobile attesa.
   «  Ecco, attenzione: la parte più delicata, ora avviene la magia  »
Sollevando un indice si assicurò che gli occhi — gli stessi di sua madre, le pareva — del bambino fossero pronti a cogliere quel movimento, poi sollevò l’estremità del mantello e pian piano iniziò a farvi rotolare Atlantide, avvolgendolo nella stoffa finché tutto il rettangolo non fu terminato.
   «  E ci siamo. Oh, un purrito eccellente, direi. Davvero eccellente.  »
Prese il rotolo tra le mani fingendolo leggero (non lo era affatto) e lo presentò come se fosse una bottiglia di vino pregiato. Il muso di Atlantide, l’unica cosa che sbucava di lui da quello che sembrava un tappeto arrotolato, pareva soddisfatto quanto quello della padrona, ma più orgoglioso e pure un po’ snob.
   «  Adesso anche Atlantide è perfettamente al sicuro, tanto quanto lei nel suo piumino.  »
Lo informò, posando nuovamente sulla panchina il purrito, che avrebbe potuto essere esaminato da vicino e toccato. Intanto lei estrasse dalla borsa un marsupio da trasporto per bambini e lo indossò, così da poter tenere Atlantide sul suo petto mentre pattinava: qualcosa in grado di provocare un infarto alla strega del numero 30.
 
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view post Posted on 4/3/2024, 23:42
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A livello relazionale, Pupo mostrava una certa disinvoltura che verosimilmente doveva aver ereditato principalmente dal ramo francese della famiglia Pike, poiché sia Miles che Jacqueline erano d'indole più diffidente e misurata. Il bambino non aveva problemi a fare amicizia con gli altri, riusciva a integrarsi senza fatica nei gruppi e amava conoscere persone nuove, seppur alle volte correva il rischio di diventare petulante o di combinare qualche marachella pur di conquistarsi la benevolenza altrui, mettendosi poi nei guai al posto di terzi.
Di conseguenza, non furono necessari gli incoraggiamenti della madre affinché si avvicinasse al gatto: subito aveva catturato le sue attenzioni perché, al numero undici, era da sempre abituato a convivere con creature di qualsivoglia forma e dimensione – una di queste era sua sorella, con la quale alle volte si scontrava. A&A si esibirono nelle medesime reazioni, curvando il collo allo stesso modo e guardando con una nota di curiosità (e forse un velo di diffidenza) quel fagotto che stava invadendo, senza particolari cerimonie, il loro spazio interpersonale. Auburn si rivolse a lui con tono pomposo, dandogli del lei come se fosse un mago importante e ottenendo inevitabilmente l'effetto di star subito simpatica al bambino. Perciò Aaron gorgogliò una risata, si nascose dietro gli stivali della mamma perché nonostante la spigliatezza sapeva provare anche un po' di imbarazzo e le rispose comunicandole il suo nome per esteso: «Aaron Dylan Pike!» Dopo le dovute presentazioni, lasciò che il gatto si avvicinasse a lui e provò ad accarezzarlo, posando le sue manine rotonde sul suo manto morbido e ripetendo più volte il suo verso, ovvero il miagolio.
Luna, che si sentiva sufficientemente tranquilla da non dover intervenire in quell'interazione, sorrise lieta ad Auburn e le strizzò l'occhio con aria complice, ringraziandola per il complimento che le aveva appena rivolto e annuendo alla proposta di andare a chiedere i pattini all'astuta proprietaria. Era passato un po' di tempo da quando li aveva infilati l'ultima volta e, ad esser sincera, si sentiva un po' arrugginita. Cercò comunque di non darlo a vedere o quel fifone di Aaron si sarebbe tirato indietro.

–Un purrito? E cos'è?

Fece eco Lily alle parole di Auburn, ascoltandola con vivace curiosità dopo aver pagato l'affitto dei pattini. Monsieur Pupo sembrava particolarmente catturato dalle parole della strega e le dedicò tutte le sue attenzioni, trattenendo il fiato quando vide il drappo di stoffa che subito riconobbe come uno dei mantelli del Madama McClan's. Ne saggiò la foggia, strofinandola tra i polpastrelli senza esalare neanche un fiato, troppo incantato dalla sua interlocutrice anche solo per azzardarsi a fare qualcosa di diverso da quello che gli stava indicando. Oltre ad essere amichevole e fifone, pupo era anche estremamente suggestionabile – come tutti i bambini, ma forse un po' di più. Anche Atlantide diede il proprio contributo e, dopo essersi accomodato nella classica posizione di pan bauletto (o pan miaoletto, diceva Luna), si lasciò avvolgere come... un burrito, ma decisamente più purr.

–Eccellente, eccellente!

Luna batté le mani con entusiasmo, apprezzando il numero cui avevano appena assistito. Aaron sembrava troppo felice anche solo per parlare ma, sul suo volto paffuto, era possibile distinguere un'espressione di pura sorpresa che manifestò battendo i piedi a terra e perdendo un po' di moccio dal naso – la mamma lo ripulì subito. Auburn e il suo gatto si erano appena conquistati le sue simpatie e questo fu evidente dal modo in cui guidò la fila verso la pista di ghiaccio, pur non avendo ancora indosso i pattini. Luna lo fermò per tempo, lo prese per mano e lo fece sedere, aiutandolo con i lacci e borbottandogli qualche parola in francese. Atlantide se ne stava accoccolato nel marsupio, perciò a doversi sistemare erano rimaste soltanto le adulte della situazione (o quasi).

–Non pattino da secoli, spero di non rovinare rovinosamente! Tu che rapporto hai con le lame?

Domandò curiosa, mentre si toglieva gli stivali.

–Se non ricordo male giocavi a Quidditch anche tu, devi aver conservato un buon coordinamento.

Proseguì, aspettando un suo cenno prima di lanciarsi in pista con pupi e gatti al seguito.
 
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view post Posted on 31/3/2024, 18:00
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C’era qualcosa, in quel piccolo mago, che aveva subito fatto scattare un “click” da qualche parte dentro Auburn, che però se ne accorse solo quando lo sentì pronunciare il suo nome. Aveva apprezzato molto la scelta di Lily di lasciare che fosse lui a presentarsi, senza mai anticiparle come si chiamasse, perché denotava un certo rispetto per la sua autonomia individuale: un tratto che sfortunatamente non si poteva dare per scontato, nei genitori e non solo. Ma nel momento in cui le tre parole del bambino le raggiunsero le orecchie, le sue pupille si espansero come quelle di Atlantide quando vedeva il Filo Incantato. Possibile mai? Il suo nome cominciava con il numero undici. Come spesso accadeva, scoprire una peculiarità del genere generò in lei un misto di sorpresa e conferma di qualcosa di ovvio, e ci pensò il carattere gradevole di Aaron a fare il resto. Alla strega di Montrose, per ovvie ragioni, piacevano le persone intraprendenti, in più vederlo nascondere dietro gli stivali della madre una punta di necessaria timidezza le suscitò il primo di quelli che, fu certa, sarebbero stati tanti sorrisi: aveva davanti un animo allegro e sensibile.
   « È un nome bellissimo!»
Si rivolse a entrambi i Pike con quest’affermazione, ma dopodiché fu il piccolo dei due ad accaparrarsi la totalità delle sue attenzioni: dovette concludersi tutto il purrito prima che se ne rendesse conto, grazie all’intervento entusiasta di Luna. Chi è pratico di illusionismo comprende che il “farsi osservare” è strumentale allo studio, più che alla manipolazione, della mente altrui, e Auburn neanche per un istante era riuscita a distogliere l’occhio dalla piccola creatura, non meno di quanto essa sembrasse interessata a ciò che stava facendo lei.
   « Eh, temo di dover ammettere che sono più i ricordi che mi vedono a terra »
Rise in risposta alla domanda di Lily, rievocando le occasioni — non troppe, a dir la verità — in cui aveva provato a pattinare, e dove la confidenza che aveva col suo corpo e il movimento in generale le si era ritorta contro: anche su ghiaccio non si poteva dire che fosse sgraziata, ma la troppa spigliatezza la portava a tentare mosse al di fuori della sua portata, e specialmente ad accelerare troppo; così per lei quell'attività aveva assunto una forma tutta alterata dove lo scopo era divertirsi al massimo per pochi secondi, prima di inciampare e tentare di cadere nel modo meno doloroso possibile. Ma le piaceva tantissimo assistere al pattinaggio di figura e chi riusciva a padroneggiare quell’arte aveva la sua più sincera ammirazione.
   «“Datemi una scopa e farò girare il mondo intero sotto i miei piedi”» Citò una celebre affermazione di Violante Diaz, la Capitana delle Montrose Magpies e sua giocatrice preferita «...ma costringetemi a tenerli attaccati al suolo e ci finirà anche il resto del mio corpo — aggiungo io, lol. Tu invece te la cavavi bene?»
Chiese curiosa, senza pensare che la parola che le aveva contagiato Stanley col suo internet poisoning sarebbe stata difficilmente interpretabile da una strega cresciuta tra le streghe. Normalmente avrebbe fatto attenzione a un dettaglio del genere, ma forse in quel momento si sentiva più rilassata del solto, come per il suo accento naturale, e poi era distratta da altro: mentre conservava i mocassini scamosciati nella borsa, il suo sguardo continuava a spostarsi di soppiatto sul bambino. Quella furtività quasi imbarazzata si doveva a un senso di dovuto distacco: aveva sentito per tutta la vita che i bambini non si toccano, e non avendoci mai avuto a che fare non aveva alcun tipo di confidenza con loro, da cui si era sempre tenuta a debita distanza. Una repulsione che aveva più facilmente liquidato come relativa al fatto che fossero chiassosi (qualcosa che la urtava nel profondo) e appiccicosi (sia per i loro atteggiamenti fisici, sia per la loro incurante dispersione di fluidi corporei di ogni genere), ma che in realtà aveva radici ben più profonde. Caratteristica dei Gold era elaborare prima di tutto il prezzo delle cose in cui si imbattevano, e un bambino, beh veniva molto più naturale associarlo al costo di produzione piuttosto che a quello della relazione che ci si poteva avere, a differenza degli adulti. Il che, avendo un’immaginazione piuttosto fervida, ad Auburn faceva contorcere le viscere. Un sentimento che aveva proiettato sulle sue coetanee, quando per la prima volta le aveva viste incinte, comportandosi probabilmente in maniera parecchio sgradevole con loro. Ma fortuna vuole che una delle grazie a lei concesse fosse quella di poter cambiare.
Ora provava nei confronti di Lily un sentimento di gratitudine e ammirazione che aveva qualcosa di primordiale, e per estensione il frutto del suo grembo acquisiva un valore inestimabile. Da proteggere a tutti i costi. Lo osservava con interesse quasi antropologico: era un suo pregio personale, quello di essere tanto attento e riconoscente rispetto a ciò che accadeva intorno a lui, o era prerogativa dei bimbi in generale? Auburn non poteva saperlo, ma era innegabile che l’aura che percepiva da quella creatura, così aliena e così familiare allo stesso tempo, emanasse qualcosa di sacro. Finì insomma di liberarsi anche in lei la vera concezione del futuro, quell’idea che a livello di società era relativamente nuovissima, la preoccupazione per “il prossimo” inteso soprattutto come le successive generazioni, anche se con te non hanno un legame diretto.
Fu quindi lieta che a guidare il gruppo fosse Aaron, che sembrava sprizzare gioia da tutti i pori. Anche Atlantide mostrava la sua contentezza ondeggiando con la testa, visto che la coda era protetta all’interno del tessuto, e la sua priorità quel pomeriggio sarebbe stata mantenere alto l'entusiasmo dei due.
   « Allora, siamo pronti a cadere?»
Esclamò poco dopo aver varcato la recinzione della pista. Lo disse con un largo sorriso e sguardo dardeggiante, come se fosse quella la parte più divertente. Non aveva motivo di pensare che alcuno dei presenti fosse preoccupato da ciò che andavano a fare, ma l'impostazione da allenatrice di Quidditch le aveva lasciato una certa attitudine ad assicurarsi che tutti si sentissero a proprio agio, e questo passava per non prendere mai sottogamba una manovra solo perché lei la considerava semplice. Così si lanciò per prima verso una parte vuota, volteggiando anche elegantemente per alcuni secondi, prima di perdere completamente il controllo dei pattini che sfortunatamente non avevano i freni. Lo sapeva bene, ma a diciannove anni e nel mondo della magia non ti preoccupi mica dei dolori alle articolazioni o di quanto ci metterà una storta a sistemarsi.
   « Waaaaaaa!»
Esclamò sulla cresta del brivido di stare per finire a terra, stringendo Atlantide in un abbraccio che gli trasmise l'eccitazione e coprendogli la testa con entrambe le mani, anche se già ammortizzata dagli strati di tessuto e comunque Auburn sapeva come cadere per evitare che il micio potesse davvero urtare il suolo. La scivolata davvero poco dignitosa la vide finire a gambe all'aria e poi ridere a crepapelle, mentre la bestiola si agitava come a dire "Ancora! Ancora!" per incitarla a rimettersi in piedi il prima possibile.
 
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view post Posted on 25/4/2024, 21:38
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A ben guardare, nessun membro del quartetto poteva vantare grande esperienza nel pattinaggio e, se fino a quel momento diversi maghi e streghe avevano sfoggiato la loro tecnica nell'eseguire alcune delle figure più semplici, nell'aggiungersi anche loro al numero trenta di High Street avrebbero inevitabilmente portato, oltre a un pizzico di stravaganza, anche una buona ondata di caos. Luna si sentì confortata nell'apprendere che anche Auburn non fosse particolarmente abile nell'attività e sorrise quando la sentì ammettere placidamente di avere più ricordi di se stessa a terra che intenta a sfrecciare sul ghiaccio. Dal canto suo se la cavava abbastanza, ma seguiva più l'istinto che una tecnica ben elaborata e poi... Lily aveva un gran difetto ed era quello di non saper ponderare adeguatamente i rischi. Incurante delle possibili cadute e del dolore conseguente, semplicemente si buttava: qualcosa sarebbe accaduto e la prospettiva le sembrava più allettante del calcolare con attenzione le proprie mosse con il rischio di non combinare davvero nulla di interessante. La calma, in qualche modo, non le era mai appartenuta, così come la pazienza.
Comunque, in quella circostanza avrebbe dovuto mettere un po' a bada il suo temperamento ipertimico per dare il buon esempio a quel piccolo mago che stava crescendo con un'educazione certamente più strutturata di quanto non l'avesse ricevuta lei stessa da sua madre. Proprio in virtù di questo, seppur senza inibirsi, si domandava spesso come fosse meglio comportarsi in sua presenza e, in quella circostanza specifica, ritenne che buttarsi in pista a caso, aggrapparsi al mantello di qualche sconosciuto e urlare per un'inevitabile caduta non fosse uno degli insegnamenti migliori.
Nel ricordare i giorni in cui avevano giocato per il campionato scolastico di Quidditch, Auburn citò una celebre frase della capitana delle Montrose Magpies e le fece capire come per lei fosse importante librarsi in volo. Aggiunse anche un «lol» che proprio non riuscì a decrittare e immaginò si trattasse di un'espressione simile a «ohibò» e «oplà». Inclinò leggermente il capo di lato, come una civetta curiosa.

–Ero la vice e giocavo nel ruolo del battitore, devo dire che mi divertiva parecchio lanciare i Bolide e fare casino durante le partite. Lol. È un'esclamazione tipo «perdincibacco»?

Avrebbe ascoltato con sincera curiosità qualsivoglia chiarimento prima di prendere coraggio e seguire suo figlio che aveva una voglia matta di pattinare. Monsieur Pupo stava mostrando una certa intraprendenza ma, subito dopo aver messo il primo piede sul ghiaccio, si era spaventato guardandosi intorno in cerca della madre, che subito si avvicinò a lui e gli strinse la mano. Si sentì un po' scoraggiato quando Auburn, con Atlantide in groppa, domandò se fossero pronti a cadere e ancor di più quando la vide cadere rovinosamente a terra. Eppure... stava ridendo. Come era possibile che un adulto, pur cadendo, riuscisse a trovarlo spassoso?
In pochi secondi accadde un gran baccano: il gatto cominciò ad agitare la coda emozionato nonostante Auburn fosse ancora a terra, Aaron ripeté a oltranza la parola «bua!» bloccato immobile sul posto e Luna, incerta se preoccuparsi o ridere a crepapelle, prese il suo fagottino in braccio e raggiunse la strega, per aiutarla ad alzarsi. Le porse una mano e Merlino solo poteva sapere quanto quell'equilibrio rischiasse di essere instabile, visto che entrambe avevano le mani occupate con i loro pupi.

–Proviamo a tirarti su, altrimenti ci buttiamo tutti a terra e vediamo che succede.

Aaron non sembrava molto tentato da quella prospettiva e per questo emise un urletto, nascondendo la faccia nella spalla della madre per non assistere alla scena che aveva previsto – ovvero, quella di veder cadere nuovamente Auburn e il suo gatto. Lily, che però era molto più fiduciosa, allungò la mano e sperò che la giovane riuscisse a prenderla senza troppi sconvolgimenti. In fondo suo figlio, anche se non aveva certamente un coraggio da Grifondoro ed era un po' fifone, doveva averla presa in simpatia o si sarebbe rivoltato riottoso tra le braccia della madre.
 
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