«Chiuderai un occhio perché sei un po’ gelosa?». Fu ciò che disse con un sornione sorriso furbetto a Eleanor, sottintendendo che dovesse essere invidiosa del fatto che qualcos’altro stesse, be’, toccando il sedere del suo ragazzo. Con lei, e anche con Lottie, riusciva già a essere più disinvolto, ma lo stesso non si poteva dire con il resto dei presenti. Avrebbe tentato del proprio meglio, ma sarebbe un po’ rimasto sulle retrovie: non aveva certo il coraggio (mica era Grifondoro, eh!) di sfuggire all’imbarazzo con il rischio di ricadere nella goffaggine. Apprezzò la risposta di Danny e il suo sorriso lo dava a vedere: non tanto perché quell’essere in grado di chiacchierare gli fece salire un po’ di autostima e confidenza in quel contesto per lui inusuale, bensì soprattutto perché egli gli risvegliava ricordi di una prospettiva dell’aula di Pozioni diversa a quella a cui era ora abituato, a suo modo ugualmente stimolante rispetto a quella attuale, ma comunque la prima ad avergli acceso il desiderio per la precisa arte delle Pozioni. «Chapeau: sono davanti al Macbeth originale», assentì, «anche se avrei gradito uno spunto su una qualche miscela tra le due pozioni, ma non siamo in classe e risulterei più noioso del solito se cercassi di mettermi a parlare seriamente di pozioni». Sospirò, fintamente (ma davvero?) arrendevole. Sapeva benissimo che Ele e Lottie lo prendessero bonariamente in giro. Avrebbe continuato segretamente (di nuovo, ma davvero?) a sognare un mondo in cui il tema principale delle discussioni mondane fossero ricette pozionistiche e ricerche storiche. Strinse di rimando la mano di Ele, percependo nella sua stretta una sorta di orgoglio, e le sorrise di sfuggita. Il groppo in gola si sciolse un po’: qualunque posto, purché vi si ritrovasse con Eleanor, gli risultava più sopportabile – anche la Sala Grande durante un ballo e sicuramente sarebbe stato così anche col Testa di Porco durante la gara di bevute. Era perfettamente consapevole di non essere una cima nelle relazioni sociali, specie in contesti che non gli erano naturali. Già il Testa di Porco era ben oltre la sua zona confortevole, figurarsi una gara di bevute in mezzo a persone con cui non aveva confidenza. Sapeva che anche Lottie ne era consapevole, in quanto sua migliore amica, quindi non si offese quando ella sentì il bisogno di rimarcare che Danny fosse quel mago. Era, infatti, plausibile che Sheldon avesse qualche ampollina fuori posto nel proprio cervello a causa del luogo e del contesto in cui si trovava e non fosse in grado di capire che Danny fosse proprio lui!!!!… O almeno sperava che fosse questo il motivo per cui la sua amica avesse sentito la necessità di rimarcarlo. Se invece l’avesse considerato stupido solo perché era troppo fissato con le pozioncine si sarebbe ritenuto oltremodo offeso. Se invece l’avesse trovato stupido solo perché era, ahilui, un maschio, lo avrebbe trovato del tutto condivisibile. «Capito», annuì, «Sia che è il Macbeth originale, sia che non avete bisogno di un’Amortentia, voi due». Sorrise, con l’intento di tranquillizzarla. Gli venne poi in mente che forse quella foga nel voler rimarcare l’identità di Macbeth venisse, invece, da un’insicurezza della stessa strega. Non sapeva, però, in che altro modo farle percepire il proprio sostegno (e il fatto che stesse sottoponendo segretamente Danny a un test approfonditissimo), se non sorridendole. Ed era felice che Lottie gliel’avesse finalmente fatto conoscere. (Per quel che valeva, visto che i modi di Charlotte avevano fatto in modo che sapessero di quella relazione anche i Nargilli che si annidavano sui fondi dei bicchieri lavati a forza di improperi e sputi e ospitati nel locale.) Non che ci volesse molto a capire quale tra i maghi lì presenti fosse quello di cui aveva loro parlato Charlotte: tra tutti i presenti, era l’unico papabile – Hawkins non poteva certamente essere (ew!) e l’unico altro non impegnato non era in lizza, come avevano reso evidente le frasi da parte di lui rivoltele con una maleducazione travestita da educazione, che gli tradivano forse un certo nervosismo represso (diede a ciò la colpa del mancato saluto, nonostante invece Sheldon si fosse accodato a salutare la generalità dei presenti). Ascoltò interessato lo scambio che avvenne tra Eleanor e Danny – mhh, quella volta in cui Danny aveva lasciato Eleanor a occuparsi da sola di quell’affare per Phoenix. Ricordare quell’evento e il motivo per cui nutriva qualche riserva nei confronti del mago lo portò a non essere più un ascoltatore passivo: doveva indagare sul suo passato, per il bene di Charlotte. «A tal proposito, cosa ti ha portato lontano da Hogwarts in questo periodo, se posso chiedere?». S’inserì nel discorso, curioso, rivolgendosi a Macbeth. Non aveva mai avuto molta confidenza con lui ma le cose sarebbero state due: o avrebbe dovuto conoscerlo bene per poterlo eventualmente bocciare e avvertire Lottie di stargli lontano o (eventualità che preferiva, se alla sua amica fosse piaciuto definitivamente) ci avrebbe parlato più spesso in future e possibili uscite a quattro. In entrambi i casi, tanto valeva rompere un po’ il guscio congelato di occamy. (Punto a favore per Danny, si segnò: saprebbe quali sono le utilità del guscio gelato di occamy. Ma sarebbe un anti-afrodisiaco per Lottie, quindi niente, ritrattò.) Ringraziò Eustass quando venne a ritirare il conto per la partecipazione e quando versò il giro di alcolico successivo: avrebbe smesso di ringraziare gentilmente (pur essendo in un bar non esattamente noto per galanterie e smancerie) forse solo quando l’alcol gli avesse disattivato quella capacità. Non ebbe il tempo di ben apprezzare l’estetica del nuovo drink che fu loro proposto (gli ricordava quando separava le pozioni delle Miscele, quindi gli stava particolarmente simpatico), visto che Eleanor aveva invitato Lottie a berlo tutto d’un sorso. Sheldon non voleva esser da meno e, in verità, sentiva un po’ l’urgenza di sentirsi brillo e meno impacciato, quindi la imitò. La freschezza della menta gli invase subito il palato, molto piacevolmente, quasi facendogli scordare come invece il brandy e il whisky puntassero a bruciargli la lingua. Ingannevole, però, la freschezza della menta spianò il passaggio giù per la gola al petto dell’alcol, che pizzicò piacevolmente. Si dispiacque sinceramente di aver trangugiato tutto d’un sorso il bicchiere: per quanto fosse stato piacevole e per quanto persistesse il sentore di bruciore, pizzicore e freschezza tanto in bocca quanto in gola, avrebbe voluto poterne assaggiare di più. Non mancò di esprimere il proprio apprezzamento ad Hawkins, quando Eleanor ordinò per entrambi, cogliendo l’apprezzato suggerimento di Sugar. «Anch’io ho apprezzato come ha arredato il posto», si accodò con Ele con un sorriso, «ma ancor di più la creatività nella creazione dei drink». Evitò di rimarcare – glom – la preferenza sui bicchieri puliti. Avrebbe comunque attentamente osservato le mosse dell’Auror per verificare che prendesse roba linda e… okay, forse era esagerato chiederla pure profumata. Aspettò che altri si cimentassero nella prova di ubriachezza richiesta dall’oste prima di farsi avanti anche lui. Sorrise a Morgana quando gli si rivolse dopo la propria performance. «Proprio così: promossa! Mi balza sulle spalle in modo simile, pure: una volta sono tornato tutto sporco di fango. Mhh, vorrei visitare anche il drago adottato dalla Lega delle Streghe, un giorno, ma spero non ci balzerà addosso allo stesso modo». Ridacchiò, apprezzando che la proprietaria del Serraglio si fosse ricordata di Yînjiàn, tanto da non disperarsi troppo perché era stato proprio il verso di demiguise il primo a cui aveva pensato! C’era da dire, però, che lui non sarebbe stato (ancora) in grado di imitarne pure il balzo-con-abbraccio, quindi si sarebbero persi quella scena. Ebbe, comunque, il tempo di pensare a che altra creatura magica imitare, dopo aver sorriso intenerito per l’imitazione di Cerere di Eleanor. Si appoggiò con entrambe le mani sul bancone, ergendosi un poco per sembrare un po’ più credibile e imitare la fierezza con cui immaginava che il grande felino magico dalle folte coda e criniera si sarebbe rivolto alle presenti, al suo posto. Quel gesto gli fece render conto che forse un po’ era già brillo: non si sarebbe mai messo in mostra così, normalmente. Nel muoversi, gli sembrò di aver fatto scivolare via il fazzoletto verde che gli proteggeva il fondoschiena. Oh, no. Attinse un po’ da quella frustrazione per conferire intensità al verso dello zouwu che volle eseguire, spalancando la bocca in un suono basso e rauco, con le R ben decise e ruggenti, provenienti dal fondo della gola. «ROAAARRR-RRRRRR-RRUUU… rrrr». Terminò con un ringhio sordo, un po’ più dolce, nel tornare a sedersi comodamente. Si avvicinò all’orecchio di Eleanor, sussurrandole, con voce un po’ rauca a causa del ruggito di zouwu appena imitato (aveva bisogno di un altro drink: sperò che Eustass servisse i loro – e il giro successivo di bevute – in breve tempo). «Verso la fine ho fatto le fusa, immaginandoti davanti a me a calmarmi». Anche se probabilmente avresti voluto far l’opposto di calmarmi, pensò, ma non era ancora abbastanza brillo da rischiare di farsi sentire dagli altri avventori. Nel frattempo, controllò il proprio sedere: ebbe la terribile conferma di essere rimasto senza fazzoletto proteggi-chiappe. E, per giunta, nel tastare la sedia, si ritrovò con la mano un po’ unta. Ew. «Posso richiedere anche una sedia pulita o il servizio è solo per i bicchieri?». Sussurrò, goffamente, a Lottie. Non avrebbe mai dato a Eleanor la soddisfazione di sapere che il suo fondoschiena non fosse più protetto da quella meravigliosa flanella color verde secrezione di bundimun.
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