| Erano in ritardo per colpa sua: Charlotte Melankholiya si era trovata davanti al Dilemma dei Guanti. L’accessorio, di solito in seta, le faceva compagnia in ogni evento pubblico da più di un paio d’anni, ossia da quando i Negromanti avevano attaccato Hogwarts per l’ultima volta e lei aveva avuto la geniale idea di toccare la loro pietra maledetta, che le aveva lasciato una mano nera e le aveva pure rubato la bacchetta. Del catalizzatore non si era dispiaciuta, perché Evey Fedoryen gliene aveva venduto uno nuovo di tiglio argentato, con cui lei si sentiva più affiatata che mai. A dispiacerle di più era il nero sulla mano, una specie di monito costante del suo fallimento, e il fatto che per curarsi dovesse seppellirsi in un antico artefatto aritmantico con Irvine Dolus, quando lui avesse deciso che lei fosse pronta. Quella sera, però, non avrebbe potuto presentarsi al Testa di Porco con dei lunghi guanti di seta senza essere ridicola (cosa che in realtà non le importava, quanto piuttosto di rovinare la seta con la bile di qualcuno durante la Gara di Bevute). Ci aveva messo quindi un secolo e mezzo a decidere di indossare dei guanti di merletto nero, lunghi fino al gomito ma che in realtà erano solo il risultato di un collage di scarti degli esperimenti di Charlotte con gli Uncinetti Sferruzzanti. C’erano delle trasparenze che avrebbero mostrato la pelle nera da una parte e quella pallida dall’altra, ma con il supporto di Eleanor aveva concluso che “tanto è buio e saremo tutti ubriachi, nessuno noterà la mano” (lo aveva detto lei stessa, perché Eleanor in realtà continuava a invitarla a fregarsene in generale, da magnifica amica Grifondoro qual era). In compenso, si era laccata le unghie di verde Irlandese (era quasi sicura che quella sfumatura di verde eccessivamente acceso si chiamasse così), dal momento che c’era quella trasparenza che le avrebbe rese visibili almeno parzialmente. Le solite due dozzine di anelli li aveva indossati come al solito sopra al tessuto e, visto che la sua modesta altezza rischiava di farla somigliare un po’ troppo a un Lepricano, aveva optato per una semplice veste da strega marrone. C’era del verde di San Patrizio anche nei nastri che aveva infilato tra i capelli, intrecciati in una lunga treccia bionda da un lato. Per cercare di recuperare il ritardo, Melankholiya si era affidata alla Materializzazione Campbirock-Congiunta (era viziata e intelligente, quindi per forza aveva chiesto che fossero gli Istruttori del CEM a occuparsi di quel trasporto magico), che traportò il trio dalla High Street direttamente alla soglia del pub più puzzolente del villaggio. – È impazzito quando gli ho comunicato che avrebbe festeggiato con noi al pub. Si è reso conto di aver finito non so quale schifoso ingrediente pozionistico per fare il detergente.
Lo disse a Eleanor una volta varcata la soglia del locale, non potendo fare a meno di ridacchiare e occhieggiare con tenerezza Sheldon (non stava ridendo di lui, stava ridendo con lui!).
– Ci siamo! Eccoci! Ciao!
Nessuno li stava aspettando, forse giusto il proprietario del locale per riscuotere le quote di iscrizione, ma tant’era. Conosceva tutti gli illustrissimi presenti, ma erano troppi per poterli salutare tutti a dovere, soprattutto ora che erano ufficialmente entrati nella Gara di Bevute. Così, entusiasta per la presenza di quasi tutti gli Illustrissimi, sventolò la mano e pensò di salutare più affettuosamente Xavier, prima di ricordare come non si fosse ancora fatto perdonare per averla insultata e averle quasi distrutto casa. L’ordinario per chi cresceva tra le file della casa di Eustass Hawkins a Hogwarts, immaginava. Ci avrebbero tutti bevuto su. E infatti…
– Eustass, cortesemente, per me aggiungi anche un Whiskey Esplosivo Irlandese? Stoviglie pulita, per tutte le lune di Giove, grazie.
Lasciò l’ordinazione a Eustass mentre si accomodava insieme agli altri. Non era ingorda di alcol, che sapeva già non le sarebbe mancato in quella serata, ma era troppo middle class per rinunciare al drink compreso nella quota d’iscrizione all’evento.
– Ti divertirai, vedrai. E sei il mago più carino del locale.
Sussurrò quelle parole a Sheldon, per poi sollevare in direzione dei presenti il calice di mojito che avrebbe inaugurato quella gara di bevute. Campbell era tra le persone più fuori posto ed erano state Lottie e Eleanor a volerlo lì, quindi Charlotte avrebbe fatto la sua parte per far sentire il Dirigente più a suo agio (almeno fino a quando non ci avesse pensato l’alcol). In verità Sheldon Campbell aveva smesso di essere carino nel momento in cui gli era spuntata la barba (circostanza che, a distanza di anni, Charlotte ancora faticava ad accettare) e con il tempo era diventato più… stiloso, con le sue tuniche blu zaffiro e tutto il resto. Risultare il più carino al Testa di Porco non era chissà quale risultato, ma probabilmente Sheldon era troppo in tensione per rendersene conto e avrebbe accettato comunque il complimento. Non sarebbe stato l’unico a essere teso, ad ogni modo: si dava il caso, infatti, che Charlotte non avesse invitato lì solo i Campbirock, ma anche qualcun altro che l’aveva portata a esaminare il locale già dall’entrata e a occhieggiare forse troppo a lungo Morgana Celebrian, “l’unica vera amica” del mago che… frequentava? Aveva visto spesso nell’ultimo periodo? Non avrebbe saputo trovare una descrizione più calzante, perché aveva deciso di non cercarla e perché non voleva renderla più seria di quanto non fosse, che poi era il motivo per cui lei aveva raccontato ai Campbirock praticamente tutto di Danny, omettendo tuttavia di farne il nome, visto che entrambi conoscevano il figliol prodigo di Serpeverde. Dare un volto al misterioso ragazzo con cui era andata a cena, aveva passato il capodanno, aveva dormito e con cui si era più o meno scambiata fiori a San Valentino avrebbe reso tutto… molto ufficiale, e Charlotte non era nemmeno sicura che lui si sarebbe presentato quella sera. Nel dubbio, aveva lasciato che Eleanor e Sheldon si infilassero a sedere prima di lei non solo per incastrare Sheldon nel mezzo (lei e Eleanor erano delle persone cattive), ma anche così da lasciare libero il posto al suo lato. Un’accortezza che, realizzata, le fece storcere il naso, perché tradiva maggiore interesse per la presenza di Macbeth quella sera di quanto avesse voluto averne in realtà. Allora iniziò a buttare giù il primo drink, accettando di buon grado il bruciore alla gola.
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