| L’altra declinò l’invito, preferendo sedersi sul posto libero e basta. Che denotasse un’altra capacità di adattamento o una semplice preferenza per quel posto, l’ex-Caposcuola ne fu in ogni caso felice: in verità, l’avrebbe un po’ scocciato doversi alzare, sistemare la propria roba e mollarla sull’altro sedile. Anche se l’avrebbe fatto senza battere ciglio, affabile come aveva imparato a comportarsi al Madama e invidiando Pretzel, a cui nessuno osava mai chiedere di spostarsi, perché troppo tenero quando acciambellato su ciò che aveva eletto come proprio giaciglio provvisorio o definitivo oppure perché la sua coda leonina ondulante poteva incutere timore. Pretzel: un altro motivo per Magarsi e vivere in un cottage di Hogsmeade, in barba al bando contro le creature classificate XXX in vigore presso il castello scozzese. Comunque, sempre riguardo ai sedili maleducatamente occupati da libri e tracolle, la rossa fece una battuta per cui il suo compagno di viaggio ridacchiò genuinamente. «Da questo punto di vista, hai assolutamente ragione», convenne, annuendo con una finta serietà che mal celava le risate sotto i baffi che quell’autoironia gli aveva suscitato. Apprezzava molto chi riusciva a non prendere sé stesso e le cose in generale troppo sul serio. «Spero di non doverti fronteggiare in Tribunale: la spunteresti facilmente», commentò con un altro sorriso ironico, facendo riferimento alla sua capacità di rigirare il Lethifold a proprio piacimento e al suo lavoro al Secondo Livello come Ispettrice. Infine, aggiunse: «E non mi stai facendo martellare la testa, giuro sul mio calderone», incapace di non far trasparire il proprio lato più pozionistico anche involontariamente. Inconsapevole di stare sostenendo un esame di idoneità ad essere l’amico speciale di Eleanor (soprattutto perché non sapeva nemmeno che Giulia fosse la sua migliore amica), il giovane Corvonero sorrideva, trovando sinceramente nella fanciulla di New Orleans una compagnia davvero molto bella e simpatica per quel viaggio. Non era noiosa, né antipatica, né sbruffona, e in più sembrava essere educata e divertente. Si chiese se fosse affetta da Morbo Bianco: se così fosse stato, sarebbe stata l’esatta antitesi, la confutazione perfetta alle dicerie che volevano gli affetti da quella… malattia essere caratterizzati da indifferenza e assenza di emozioni. Anzi, per certi versi ella gli ricordava l’allegria frizzantina di Eleanor, solo che quest’ultima aveva con sé un’aria più… bambinesca, fanciullesca. Ridacchiò ancora quando l’altra gli disse non tanto implicitamente che avrebbe accuratamente evitato di farsi intontire da discorsi su graf, calderoni e Innesti che l’ex-Pupillo avrebbe volentieri tenuto. Poi egli scoprì il lato più curioso e creativo della rossa. «Oh, anche a me succede. Mi capita spesso con gli oggetti. A volte mi chiedo quale sia la storia dell’armadio che abbiamo al McClan’s», rispose, sorridendo e parlando del guardaroba verde pisello conservato nel luogo in cui madame Luna l’aveva assunto ormai molti anni fa. Sorpreso, accettò di buon grado la Cioccorana. «Grazie mille!», le disse mentre prendeva meno della metà della rana di cioccolato e pistacchio, non volendo privare Giulia della parte più corposa di quel dolce. «Cosa vuoi prendere dal carrello? Ti offro qualcosa», voleva assolutamente ricambiare quando sarebbe passata la strega del carrello. Cambiavano i presidi, cambiano i professori e cambiavano i ministri, ma la strega del carrello rimaneva un punto di riferimento fisso e costante. La Grifondoro gli confermò di stare tornando a Hogwarts solo perché aveva dovuto effettuare gli acquisti scolastici, rifornendosi delle scorte ormai concluse dopo i mesi del giro di lezioni precedente. «Sei degli Stati Uniti», constatò, curioso, senza tuttavia permettersi di fare domande in merito. Non gli sembrava affatto opportuno, visto il basso livello di confidenza che permetteva loro di scambiare qualche parola su temi più leggeri. «Io sono tornato a Cambridge per l’estate», mentì in parte, visto che specialmente ad agosto aveva passato gran parte del tempo a casa di Eleanor, tornando a Cambridge solo per dormire. Potevano permettersi di parlare anche di argomenti più caldi, anche se non privati: l’esistenza di Dolus ne era un esempio. Era d’accordo con lei e l’ascoltava con interesse, annuendo di tanto in tanto e facendole capire che la stava seguendo non per mera gentilezza. Ciò, però, non gli impedì di notare un suo concasato che lo salutava. Felice che l’avesse riconosciuto, alzò la mano in un cenno di saluto dal finestrino dello scompartimento verso Angus MacEwen, probabilmente impegnato in una ronda da Prefetto. Poi continuò a rivolgere la propria attenzione alla compagna di scompartimento, a cui in seguito rispose: «Sono d’accordo con te. Ed è difficile fidarsi di un preside diverso da Mandylion, specie dopo la pessima esperienza che abbiamo avuto con Shaverne. A me preoccupa molto l’ignoto e non mi sembra un buon segno che niente traspaia dai giornali, dalle agenzie di stampa, da voci di corridoio». Indubbiamente la Gazzetta (per cui, tra l’altro, i due lavoravano, pur non avendo il potere di decidere di cosa trattare in quelle pagine) avrebbe dovuto fare qualche articolo su quella misteriosa figura… ma nulla. Neanche una foto. Strano anche il fatto che neanche Giulia l’avesse mai visto, pur essendo rimasta a Hogwarts nel corso dell’estate. «Se vogliamo definirle paranoie… sono giustificate, visto il passato a cui siamo abituati». Lo stesso motivo per cui Sheldon viaggiava con un bezoar nella tracolla. «Diventa una cosa deleteria se questi pregiudizi offuscano la nostra capacità critica. Chissà, magari Dolus sarà migliore di Mandylion, non è necessariamente detto il contrario. Siamo solo molto abituati alla presenza e all’influenza di una donna che trasmetteva molta sicurezza anche perché Comandante dell’Esercito Auror». Fece passare qualche secondo di greve silenzio, oppresso dalla responsabilità di essere un Auror egli stesso. Si era lasciato trascinare dalla sua tendenza ad analizzare fatti, eventi, situazioni e persone. Più che un osservatore, come l’aveva definito Giulia, pensò, si sarebbe descritto come analitico. Sorrise, poi, distogliendo lo sguardo dal finestrino, verso cui si era inavvertitamente voltato pronunciando le ultime parole. L’Espresso aveva appena iniziato la propria corsa su uno dei ponti che collegavano il territorio britannico che si stendeva da Londra alle Higlands scozzesi. Il Corvonero tornò a guardare il volto di Giulia. «Pensa poi a noi Auror. Come facente funzioni della Comandante abbiamo Hawkins. Nulla da dire contro di lui, ma fa un po’ sorridere il fatto che da una strega distinta siamo passati a farci comandare da un mago con maschera e parrucca». Sottolineò il «nulla da dire contro di lui» con una lieve inflessione della voce perché non voleva che l’altra pensasse che l’Esercito fosse allo scatafascio: anzi, il Vice-Preside, nonostante l’aspetto poco raccomandabile, era un Auror maturo e perfettamente capace di guidare l’Esercito anche durante il coma dell’Aritmante ormai definitivamente più nota del mondo magico. Lo rispettava molto, ma credeva che Giulia l’avrebbe capito, dato che era stata la prima, lì dentro, a ironizzare, addirittura su se stessa. In ogni caso, il sorriso evidentemente sardonico del Corvonero era un chiaro indizio della poca serietà di quelle parole.
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