| Quei maledetti idioti. Gabriel Belmont avanzava lungo i corridoi di Hogwarts con passo deciso, la tensione palpabile sul suo volto mentre si dirigeva verso la Grande Scalinata. Quel pomeriggio, la sua pazienza era stata messa a dura prova dai suoi compagni di casa, che sembravano decisi a disturbare la sua tranquillità con il loro chiasso incessante. Per Gabriel, abituato al silenzio e alla calma della dimora dei Belmont, quella cacofonia era insopportabile. Nella sua casa, regnava sempre una quiete religiosa, dove il suono dei respiri era spesso l'unico rumore che si udiva. Con sua sorella Isabella, aveva condiviso innumerevoli pomeriggi immersi nei libri, avvolti dal silenzio che li avvolgeva. Ma ora, nella Sala Comune, quel ricordo sembrava lontano anni luce. Lo schiamazzo dei suoi compagni sembrava penetrare ogni fibra del suo essere, mandandolo su tutte le furie. Leggere senza il dovuto silenzio era per il giovane Belmont impossibile, non riusciva a concentrarsi. La sua mente non riusciva a verbalizzare come banalmente accade poiché scossa dagli schiamazzi dei suoi compagni. Senza esitazione, Gabriel aveva stretto il libro tra le mani con una fermezza che rifletteva la sua crescente frustrazione -le nocche si erano colorate- e si era allontanato dalla Sala Comune senza voltarsi indietro. Gabriel sollevò lo sguardo verso le imponenti scale che si muovevano nella direzione opposta a quella che avrebbe desiderato prendere. Quel pomeriggio, aveva capito che quando le cose cominciavano male, era difficile recuperare. Il clima ad Hogwarts non era mai stato un alleato del giovane mago franco-canadese. Abituato infatti al clima rigido e puro di Jasper, nel cuore delle montagne canadesi, la primavera - e tutto ciò che portava con sé - erano per lui un territorio inesplorato. Il raffreddore, per un ragazzo cresciuto in un clima come quello di Alberta, sembrava quasi una punizione ingiusta. Eppure, il naso colante e i continui starnuti ne provavano il contrario. Si stava forse trasformando in un lavette britannico? Avrebbe preferito mille volte affrontare una tempesta di neve invernale piuttosto che quel tormento.Il costante bisogno di soffiarsi il naso metteva a dura prova la sua educazione, mentre la frustrazione di doversi allontanare costantemente per starnutire lo tormentava. Il giovane mago non era sicuro di quali fossero le regole per gli starnuti. Gabriel sospirò profondamente, cercando di ignorare il fastidio che lo assaliva, ma era evidente che quel pomeriggio sarebbe stato una vera e propria battaglia contro il suo stato fisico. Se solo suo padre potesse vederlo ora, pensò con sarcasmo, sicuramente avrebbe trovato scandaloso il fatto che il figlio si stesse trasformando in un perfetto "gentiluomo" britannico, con tanto di fazzoletto alla mano e uno starnuto educatamente soffocato. Fu proprio durante un attacco allergico che al giovane Serpeverde accadde la peggior seccatura possibile quando ci si trovava sulle scale. Gabriel si accasciò contro il corrimano delle scale, sentendo il naso prudere e i suoi occhi lacrimare. Il fastidioso prurito si trasformò rapidamente in un ronzio insistente nelle narici, annunciando l'arrivo imminente di uno starnuto. Tentò di trattenerlo, stringendo le labbra e chiudendo gli occhi, ma fu inutile. Lo starnuto esplose con forza, facendo echeggiare nel corridoio il suo suono nasale. Si asciugò rapidamente le lacrime dagli occhi con il dorso della mano e si passò il fazzoletto sotto il naso, sperando che nessuno l'avesse visto. Per un attimo si sorprese della facilità con cui riuscì a raggiungere il fazzoletto di stoffa prima di rendersi conto che le sue mani erano state private di un peso. Nello spasmo dello starnuto, e nel vano tentativo di camuffarlo, Gabriel si era fatto sfuggire il libro tra le mani. Il tomo verde era scivolato prima lungo i primi scalini per poi compiere diversi balzi. Il libro finì alla fine delle scale prive di un pianerottolo. Il giovane Serpeverde sentì il cuore stringersi nell'angoscia mentre si affacciava lungo il corrimano, sperando di individuare il suo prezioso tomo verde. Il suono sordo della caduta del libro risuonò forte, competendo con lo stesso rumore dello starnuto. Infine, Gabriel sospirò avvilito, cercando di discernere, dal tonfo, la posizione esatta in cui il libro era finito. Doveva trovarsi da qualche parte al secondo piano. Le scale tuttavia si stavano muovendo in direzione opposta, bloccandogli la vista. Deciso a recuperare il suo volume Gabriel iniziò a scendere le scale con passo rapido. Ogni gradino sembrava un'eternità, e la frustrazione cresceva ad ogni passo che lo allontanava dal suo libro. Gli ci vollero svariati minuti prima di raggiungere il secondo piano. Le scale amavano cambiare, questo lo sapeva. Quello di cui si stava sorprendendo era la capacità delle scale di percepire la frustrazione e la fretta di chiunque le calpestasse. Gabriel era certo che fosse frutto di magia, non voleva credere che fosse tutto merito del destino. Finalmente raggiunse il secondo piano, gli occhi scrutarono febbrilmente il pavimento, sperando di intravedere il tomo verde. Si guardò intorno sperando di scrutare qualche volto familiare in un quadro. Il giovane Belmont notò che tutti i quadri erano voltati di spalle o chiunque non lo fosse non l’avrebbe comunque aiutato a giudicare dagli sguardi. “Chiedo scusa per caso qualcuno di voi ha visto il mio libro? E’ il tomo verde caduto poco fa, l’avrete sentito certamente” Nessuna risposta. Neanche una. Nessun quadro gli avrebbe risposto, ne era certo. Dovette chiudere gli occhi e inspirare a fondo. Gabriel sentì la rabbia bruciare dentro di lui come un fuoco, il respiro diventò rovente e le mani gli prudevano dall'impotenza. Chiunque stesse muovendo i fili del suo destino doveva essere in vena di scherzi. In momenti come quelli avrebbe volentieri perso il controllo dando fuoco a qualunque cosa sotto il suo sguardo. Non si limitò a maledire tutti i quadri del castello, la sua collera andava ai pittori e alle loro discendenze. “Quanto vorrei vedervi chiusi al buio in uno sgabuzzino, maudits peintures” sibilò velenosamente. Perché mai erano tutti voltati di spalle? Ignaro del motivo di quel capriccio riprese la sua ricerca. Belmont era certo di aver visto il tomo al secondo piano, doveva pur essere da qualche parte. Considerando tuttavia gli eventi non si sarebbe sorpreso di veder spuntare dal libro un paio di zampe pronto a correre per tutto il castello pur di non essere trovato dal giovane mago. Raccolse gli ultimi barlumi di pazienza riprendendo la sua ricerca, doveva trovare quel dannato libro.
Edited by Gabriel Belmont - 15/4/2024, 17:02
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