Hogwarts: Harry Potter Gioco di Ruolo

Just a little pice, Privata

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view post Posted on 9/4/2024, 16:39
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Cogito ergo sum.

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L’Aritmanzia – che ogni tanto ancora Jessica, nella propria mente rinominava Artimanzia per una questione d’assonanza fonica migliore – era sempre stata una di quelle materie complicate, impossibili da seguire con attenzione fino alla fine poiché il proprio cervello, ultimamente fin troppo distratto, non ne trovava un filo pratico da seguire. Non capitava con tutte le materie, anzi forse con nessuna: li aveva riguardati più volte gli appunti di quel intrippo mentale e, aveva anche provato a cambiare posizione in uno dei suoi pochi – l’ultimo risaliva al periodo pre G.U.F.O. – studi intensivi, ma alla fine si era sempre ritrovata con le mani tra i capelli tirandoseli così forte da rischiare di strapparseli. Eppure quella notte aveva sognato i numeri, e di affogare, come era successo quando aveva affrontato l’esercitazione in un Tumolo dal nome così complicato da essere dimenticato, o come aveva creduto di morire quella notte durante l’attacco Negromantico: era quella la spiegazione che s’era data quando aveva varcato la soglia di quell’aula con l’Agenda nuova di zecca stretta sotto una mano e l’inchiostro alla ciliegia nell’altra, una curiosità spinta da un sogno sconnesso che le aveva imposto di passare un pomeriggio di pioggia qualsiasi a fare qualcosa di produttivo. Si era sistemata la divisa con dei gesti automatici e aveva osservato la cattedra con timore – come se Kedavra o Dolus potessero comparire da un momento all’altro giudicandola per la propria inadempienza di quell’anno e di quello precedente – e poi aveva sfiorato i banchi uno ad uno sentendone e studiandone il legno attraverso i polpastrelli. Tra le proprie stranezze d’altronde Jessica credeva che anche gli oggetti sfiorati avessero qualche segreto da raccontare e, con un semplice tocco, le parve di sentirli tutti quei segreti contenuti gli anni; le crisi per la materia stessa, le mani alzate dagli studenti più audaci e volenterosi di lei (non che ci si dovesse impegnare molto per essere migliori di lei) e anche una parte d’amore forse la stessa che Kedavra cercava di trasmettere agli alunni e alunne, lo stesso fuoco che aveva visto nei suoi occhi ma che a lei non aveva sfiorato neanche per sbaglio.
E fu l’ultimo banco in fondo all’aula, nella parte più ovest e fredda della classe, ad attirare la sua attenzione, forse perché scegliere quel determinato posto voleva dire desiderare pace, quando le dita ripassarono il contorno per poi passare a spostare la sedia e prendere posto isolandosi dal resto del mondo come le veniva meglio fare. Ripensandoci, e l’aveva fatto dopo aver aperto l’Agenda, stappato l’inchiostro e annusato l’intenso sapore dolce del frutto estivo preferito, l’ultima lezione a cui aveva prestato attenzione aveva trattato il tema della Cupola , la stessa in cui avrebbe voluto rinchiudersi fino alla fine dei suoi studi – che di quel passo si sarebbero prolungati ancora – per proteggersi da tutti. Aveva lasciato quindi, senza rendersene conto, che la parte più esterna della piuma le solleticasse il viso nel punto d’incontro dove la pelle del labbro superiore si spaziava dal naso piccolo e lievemente all’insù permettendo alla propria mente di viaggiare attraverso i numeri che quell’aula lasciava metaforicamente aleggiare nell’aria e li avrebbe afferrato – sempre in una finzione gestuale – trascrivendoli nella propria Agenda se solo ne avesse trovato quel senso che aveva perso, distratta o incuriosita dal rumore dei passi che sentiva fin troppo vicino, quasi come se il loro rimbombo gli causasse una fitta immotivata alle tempie, lì dove lottavano due tipi di pensieri completamente diversi: qualcuno di folle da disturbala contro qualcuno di imprudente che appena avesse visto l’aula occupata se ne sarebbe andato.
 
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view post Posted on 15/4/2024, 16:43
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Il corvo aveva dato inizio alla sua giornata, e le sue ali nere l'avrebbero anche movimentata! Anche se ancora non lo sapeva.
Sylas Bloodwell era infatti ancora impegnato a massaggiare la mano che Shadow aveva beccato solo qualche ora prima per svegliarlo, quando il pennuto decise di scattar via dalla sua spalla senza alcun preavviso, prendendo a svolazzare per i corridoi del castello come un uccellino appena scappato dalla gabbia e grondante di libertà - senza però creare scompiglio, fortunatamente per lui. Non aveva alcuna voglia di inseguirlo e, inoltre, era impegnato a rimuginare sui mille e un modi in cui avrebbe potuto abbattere gli avversari del quidditch con la sua mazza e la sua nuova scopa! Il collaudo del manico era infatti andato molto bene, nonostante non fosse di una Firebolt, il che lo aveva irrimediabilmente portato a lodarsi da solo per via delle sue innate abilità e a fantasticare su queste ultime!
Mentre camminava senza una meta precisa non gli dedicò quindi che qualche fugace sguardo, preferendo immergersi nei suoi pensieri vanagloriosi - nonché sadici - piuttosto che badare al volare sconclusionato del corvo; errore a dir poco fatale, dato che quando Shadow s'infilò nell'aula di Aritmanzia, grazie a un piccolo spiraglio della porta evidentemente lasciata aperta, era già troppo tardi!
Il Grifondoro si avvide infatti del tragico evento solo a cosa fatta, con la coda dell'occhio, imprecando all'istante al solo pensiero che il corvo potesse far danni nell'aula del Preside!

- Dovevo prendere qualcosa senza ali o zampe! Fiuuu vieni qui, Shadow!

Una specie di comodino vivente avrebbe di sicuro fatto al caso suo: immobile, mansueto! E invece aveva optato per un corvo che, per quanto obbediente, aveva spesso colpi di testa, cosa che aveva portato il Grifondoro a sviluppare la teoria che il pennuto fosse indisposto verso la noia proprio come lo era lui! Senza perdersi nei meandri della sua mente cambiò però direzione, entrando a sua volta nell'aula per recuperare il pennuto. La divisa della sua casa stretta su spalle e petto, mentre silente faceva il suo ingresso nella stanza. Gli occhi azzurri impegnati a circumnavigarla tutta, fino a quando non si rese conto della presenza di qualcuno. La chioma rossa della Levante attirò infatti inevitabilmente il suo sguardo, dato che spiccava come fuoco nel buio; fuoco che sapeva non appartenere a Dolus.
Tirò quindi un piccolo sospiro di sollievo, prima d'incamminarsi verso la ragazza, ignorando per il momento il corvo che, ironia del destino, era andato a posarsi proprio su una sedia alle spalle di Jessica. Passi curiosi che in un attimo lo portarono davanti alla rossa, che si prese tutto il tempo di studiare con calma, osservandola con la testa chinata leggermente su un lato: ma da dove sbucavano tutte queste Corvonero cosi gradevoli agli occhi? E perché le trovava tutte lui in posti sempre più strani? Forse era il caso di richiedere un cambio casa, o in alternativa un pass per il dormitorio femminile dei corvi.
Di sicuro c'era solo il fatto che, in un modo o nell'altro, i corvi avevano qualche significato mistico nella sua vita!

- Sei la nuova Insegnante? No perché potrei aver bisogno di ripetizioni.

Maliziosamente si fermò davanti al banco di lei, imponendole per certi versi la sua presenza. La mano destra impegnata a sistemare un ciuffo giallo come il sole prima di indicare un punto alle spalle della rossa, dove ancora riposava Shadow, artigliato su una sedia. Uno Shadow che il biondo non si sentiva più di mettere alla gogna, dato che gli aveva probabilmente svoltato la mattinata! Quel corvo era davvero come lui: non ne sbagliava una!
Ciononostante, non avrebbe di certo smesso di trattarlo al solito modo.

- Ah e nel caso volesse un corvo, Prof, può avere quello! Con le patate dovrebbe essere più saporito!

Senza non sarebbe stata la stessa cosa!
 
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view post Posted on 17/4/2024, 16:03
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Vi era stata una percentuale di incognita – che lasciava sempre Jessica con il respiro sospeso – che l’aveva trafitta, come se si trattasse di una lancia gelida puntata direttamente nello stomaco, in grado di causarle un brivido lungo la colonna vertebrale che si infrapponeva tra il tempo d’azione e reazione. Forse, se la rossa non si sarebbe trovata così fintamente concentrata nel trovare un senso ai numeri che continuavano ad occuparle parte del cervello, il proprio tempo di reazione le avrebbe imposto di fiondarsi sotto il tavolo in protezione al battito d’ali che aveva percepito a pochi centimetri da lei, così vicino da sollevare le ciocche ricce e più leggere che lo chignon mal fissato al centro della propria testa non era stato in grado di contenere e, rifugiandosi sotto il tavolo con ogni probabilità non solo avrebbe trovato riparo dal volatile – sicuramente il proprio rapporto con quel tipo di animali andava rivisto – ma anche da colui che incurante le si era avvicinato obbligandola non solo ad ascoltarlo ma anche a sollevare lentamente la testa per osservarlo con più attenzione. Se l’era chiesta un milione (o forse due) di volte quanto incoerente fosse il rapporto tra il proprio linguaggio non verbale e il modo che aveva di reagire agli eventi inusuali e non ricercati che la portavano ad avere – o stringere – un qualsiasi tipo di rapporto e, nonostante le varie auto-inquisizioni la Corvonero non era mai riuscita a sciogliere quella matassa infinita di quesiti che la portavano, in un modo o nell’altro ad approcciarsi con qualcuno, soprattutto quando chi aveva davanti sembrava voler con una domanda semplice metterla in evidente imbarazzo. L’idea di diventare professoressa, un tempo quando era una semplice studentessa con poca voglia, in effetti le aveva sfiorato la mente, come una carezza destinata a risultare quasi non percepibile da quando l’adolescenza era sopraggiunta sviando la propria concentrazione in questioni ormonali che l’avevano prima distratta e poi distrutta, ma se l’era chiesto in quel minimo tempo di reazione, mentre la testa tornava sollevata e lentamente inclinata verso destra se, il desiderio di una lei undicenne (e oramai lontana anni luce da ciò che ora appariva) fosse davvero così leggibile attraverso un comportamento usuale da tenere in una classe, d’altronde Jessica stava scrivendo e il Grifondoro, l’aveva intuito osservando con attenzione lo stemma apportato sul mantello cercando di non farsi distrarre dall’ampiezza del petto, con quella provocazione l’aveva smossa.
“Etcì” rapida la portò con delicatezza la mano davanti alla bocca, impedendo alla saliva di fuoriuscire dalle labbra, coprendosi in quel modo parte del viso arrossito da tanta spudoratezza, mentre gli occhi azzurri e inquisitori ondeggiavano dal ragazzo al corvo con una frequenza di velocità abbastanza alta. Certa che lui, dietro l’ondeggiare dei propri bulbi oculari dietro le palpebre appena socchiuse vi potesse trovare incertezze e imbarazzi dove infilarsi; una serie di questioni che come quella di essere una professoressa e lui un alunno bisognoso di ripetizioni – quali non avrebbe al momento voluto saperlo o forse sì – che le avevano donato quel colorito rossastro concentrato sugli zigomi lievemente tirato in su. Certo, la fortuna di celare il proprio imbarazzo dietro la scusa degli starnuti o allergie tirando a proprio favore una diceria in quel caso capitava a fagiolo. “Etcì – questa volta si sforzò di farlo apparire meno finto e più reale possibile lo starnuto, un verso acuto follemente surreale e troppo delicato per essere imputato a una causa scatenante, come il corvo ad esempio a cui Jessica avrebbe voluto dare tutta la colpa solo per vederlo volare via da lì, da quel posto troppo vicino al suo al quale si era appollaiato – l’hai sentito anche tu allora che il posto d’insegnante è stato ceduto a me, e io che volevo restasse un segreto fino alla prossima lezione.” fingere, di essere felice o di stare bene, come fare finta di essere in grado di tenere in piedi un gioco che l’avrebbe resa protagonista di qualcosa a cui solo lei avrebbe avuto il controllo, ultimamente le riusciva meglio del solito e visto che Bloodwell – non che sapesse altro di lui oltre al cognome appreso in presenza a qualche lezione – l’aveva istigata e stuzzicata, quella poteva essere una buona occasione per sfoggiare le armi in proprio possesso. L’aveva presa con buon umore quindi, quella richiesta, così tanto che si era sentita in grado (e forse al sicuro) visto l’assenza di altri nell’aula per alzarsi dalla sedia e appoggiarsi con parte del fondoschiena sul tavolo, appoggiata a terra con il piede sinistro al pavimento e quello destro sospeso mentre la gamba lievemente tonica ondeggiava lenta al ritmo delle balze della gonna. “Ma prima di iniziare con le ripetizioni – si sfiorò con le dita il naso – etcì – ancora più finto di quello precedente da sembrare quasi reale – dovresti scacciare quel… volatile, ho un serio problema con gli uccelli” e arrossì nuovamente, in fondo quella era la sua debolezza più grande, il non saper fingere.
 
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