Ilay ricordava di buon grado le lezioni del professor Balerion perché era stato proprio l'ex docente a permettergli di rivalutare la sua opinione sulle Creature Magiche; lui apprezzava già moltissimo la loro importanza e percepiva di comprenderne il valore, ma solo attraverso lo studio della materia era riuscito ad afferrare (o, almeno, così credeva) il senso un pochino più profondo che sta dietro molte abitudini e meccaniche che governano il mondo degli animali magici e non, permettendogli di sentirsi leggermente più vicino ad essi e di non guardarli semplicemente come qualcosa da studiare. Questo processo di immedesimazione, peraltro, gli aveva consentito di riflettere in maniera più compiuta sull'opportunità di acquistarne uno da tenere con sé ad Hogwarts; un'eventualità, quella, che all'inizio del suo percorso di studi gli era sembrava decisamente superflua e che, invece, nell'ultimo periodo aveva assunto i contorni di un qualcosa che andasse fatto.
La professoressa Felini non aveva fatto altro che acuire l'entità delle sensazioni nuove che Bull stava provando dentro di sé: da studente quale era, non avrebbe potuto avere l'occasione di conoscerla nel suo quotidiano ma, a giudicare dal modo in cui si comportava con gli studenti e da come era solita rapportarsi all'ambito accademico in generale, aveva maturato il convincimento che la pacatezza e la gentilezza della strega le consentissero di bussare alla porta delle menti degli adolescenti in maniera brillante, rendendola capace di chiedere con successo il "permesso" di entrare anche a chi, come lui, era piuttosto refrattario all'apertura nei confronti di ciò che non comprendeva a tutto tondo. Per quelle ragioni, il diciassettenne si sarebbe premurato di essere perfettamente in orario per la lezione imminente, deciso più che mai a dimostrare a se stesso la sua rinnovata disponibilità a mettersi nuovo in gioco dopo il disastro che, due anni prima, l'aveva affossato: svegliatosi per tempo, quindi, avrebbe regolarmente indossato la divisa della sua Casa e, dopo un rapido passaggio allo specchio per evitare di presentarsi al cospetto di tutta la scuola con qualche calzino fuori posto oppure col maglione indossato al contrario, si diresse al piano terra per raggiungere l'aula. Durante il tragitto, dovendo risalire dal Sotterraneo di mattina, avrebbe potuto osservare le varie file di studenti che prendevano cunicoli e corridoi differenti a seconda della materia che avrebbero dovuto seguire a quell'ora, ma il londinese non vi si sarebbe soffermato per troppo tempo; avrebbe, piuttosto, regalato più di qualche istante all'attesa dinanzi la porta, indugiando nell'aprirla, per concedersi il tempo di assaporare i suoni provenienti dall'esterno e gli odori provenienti dall'interno che avrebbero contornato lo svolgimento della prima parte della lezione e, solo allora, si rese conto di quanto fosse vicino alle Serre e alla Foresta Proibita. Una sensazione, quella, che non gli era affatto estranea dal momento che gran parte della Sala Comune dei Verdeargento dà sui fondali del Lago Nero, imponendo ai figli di Salazar di riflettere su quanto non siano affatto proprietari esclusivi di quell'area, ma che era solito associare soltanto ad essa e che non avrebbe pensato di riscontrare altrove.
Compiaciuto del fatto di trovarsi esattamente in quel posto, dunque, varcò l'entrata e, nel prendere posto, salutò educatamente i presenti:
<< Salve a tutti. Buon giorno, professoressa Felini. >>.
Solo allora avrebbe potuto osservare il cavalletto in legno che sorreggeva la lavagna in forma cartacea, più simile a una sorta di telo, dove la docente si era premurata di porre il primo interrogativo alla classe, attraverso cui sarebbe cominciata la prima interazione con il gruppo. Sistematosi in un posto lasciato libero da chi l'aveva preceduto, dopo aver recuperato un foglietto di carta e dopo aver estratto dalla sua borsa la boccetta d'inchiostro e la sua piuma, il ragazzo si sarebbe soffermato a riflettere per qualche secondo su ciò che sarebbe stato opportuno scrivere. Inizialmente, avrebbe pensato che l'unica cosa che fosse stata minimamente idonea a farlo sentire sicuro sarebbe dovuta essere la sua risolutezza, il suo carattere deciso e la sua granitica convinzione di poter venire a capo di qualunque difficoltà; se quel momento si fosse verificato prima dei G.U.F.O., probabilmente, l'avrebbe scritto. Ma, nel preciso momento in cui il suo cervello stava trasmettendo alla sua mano sinistra l'impulso di scrivere, poté osservare con nitidezza quasi reale lo scorrere dei mesi successivi a quegli esami che, senza sforzo, avevano messo in crisi molte delle sue più radicate certezze, gettandolo nelle sabbie mobili del dubbio da cui raramente si riesce a riemergere.
Sentendosi più nudo che mai di fronte alla domanda più scomoda che gli era stata posta fino a quel momento, da quando aveva perso molto del suo estro, avrebbe deciso di cambiare registro e, quindi, di rispondervi senza alzare il solito muro in sua stessa difesa.
CITAZIONE
Mi farebbe sentire sicuro, l'avere le risposte; mi farebbe sentire felice, l'avere le risposte giuste.
Una scelta del tempo verbale, quella del condizionale, frutto di un'attenta quanto scontata riflessione dal momento che, in effetti, Ilay Bull si sentiva ben lontano tanto dall'essere sicuro, quanto dall'essere felice.
A quel punto, avrebbe riposto il biglietto all'interno del cestino di vimini indicato dalla Creaturologa.