Hogwarts: Harry Potter Gioco di Ruolo

Una poltrona per due, Privata - JL

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view post Posted on 16/1/2024, 11:00
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Le vacanze natalizie erano terminate da tempo, ormai: le lezioni erano ricominciate, così come la sua pazza ricerca per le informazioni necessarie alla stesura delle tesine che si era prefissata di scrivere per gli esami M.A.G.O., per i quali stava procedendo decisamente a rilento. Aveva la perenne sensazione di venire soffocata dal centinaio di impegni che da sola si era creata, arrivando a lasciare indietro cose importanti come i suoi turni lavorativi. Nonostante tutto, le vacanze erano riuscite in qualche modo ad attutire quella continua morsa allo stomaco che percepiva, familiare come l'ansia che non le permetteva di dormire la notte: la paura di fallire era davvero troppa, il terrore di deludere le persone che le stavano accanto era onnipresente e la spingeva a pensarci anche mentre studiava, distraendola fin troppo. Fortunatamente, c'erano diverse persone che avevano il potere di distrarla: primo tra tutti era Jared, che forse la distraeva anche troppo dai suoi impegni quotidiani, incastrandosi nei suoi momenti liberi per tormentarla; c'era poi Desmond, che aveva sempre un pensiero carino per lei; per ultima, si era aggiunta Jessica. Il loro era un rapporto decisamente strano, non poteva dire che non l'avesse mai ferita, eppure il bene che provava nei suoi confronti era così grande che era riuscita a perdonarla senza il minimo indugio, forse con solo un po' di risentimento iniziale che però col tempo era andato a sfumare nel nulla. Le aveva inviato Finn con un messaggio quella settimana, a seguito della vista del suo pacchetto regalo ancora incartato all'interno del proprio baule: le aveva comprato un regalo senza nemmeno pensarci, consapevole che, visto che non si sentivano ne vedevano da una vita, quel pensiero sarebbe potuto essere completamente a senso unico. Le aveva dato appuntamento sulla High Street quasi involontariamente, nonostante conoscesse bene ciò che legava entrambe a quel luogo. Fu così che quel sabato pomeriggio raggiunse la strada principale di Hogsmeade, la sciarpa spessa stretta intorno al collo e il corpo completamente immerso nell'imbottitura del giaccone pesante, la borsa più grande e pesante del solito a causa del regalo che portava con lei. Stava valutando l'acquisto di una borsa ad estensione irriconoscibile: l'enorme quantità di oggetti che si portava sempre dietro perchè non si sa mai riempivano sempre i suoi adorabili accessori, facendo loro assumere forme strane totalmente diverse dalla loro originaria. Con quel pensiero, si sedette su una panchina della strada principale, le spalle strette come se potessero aiutarla a mantenersi più al caldo. Portò le mani congelate alla bocca per riscaldarle, mentre la schiena si poggiava al legno scomodo della seduta che aveva scelto. Lo sguardo si perse tra i passanti, alla ricerca di quella chioma rossa che avrebbe riconosciuto ovunque.
 
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C’erano tante cose che di Lara, Jessica, poteva affermare di apprezzare: la più grande era la capacità della Serpeverde di comprenderla e perdonarla, nonostante tutto. E poca importanza aveva dato al silenzio che era trascorso tra loro dopo il ballo di Halloween, quando lei in risposta alla propria distruzione le aveva porto un succo di frutta – che pensandoci ancora le scorreva lungo la gola – poiché dopo aver ricevuto la lettera e riconosciuto immediatamente la grafia senza arrivare fino alla fine aveva sorriso. Il ricomporsi, ricostruirsi un pezzo alla volta le era costata un’energia incredibile che, la stessa rossa mezza irlandese, sapeva dover essere recuperata; l’Italia d’altronde era stata facile da affrontare da sola, ma Hogwarts e i suoi corridoi… bhe per quelli aveva ancora bisogno d’aiuto. Ma non si era lasciata trascinare nell’oblio dei ricordi, quando quel sabato pomeriggio, dopo aver infilato un cappotto lungo fino alle caviglie che lasciava intravedere solo parte degli stivali bianchi aveva varcato i cancelli del castello con le braccia cariche di un grande – forse per il suo fisico ancora più minuto, enorme – regalo incartato la cui carta le pareva emanare non solo riflessi argentati in ogni dove i suoi occhi si posassero, ma piccole richieste di perdono per quell’errore verso il quale la Corvonero, sempre più autocritica e meno incline al perdono di se stessa, urlava di dimenticare. Era ritornata un pezzo di vita a brillare nei suoi occhi, quando aveva scoperto il piacere della solitudine ma l’ombra dei suoi sbagli continuava metaforicamente ad appesantirle le spalle, leggermente ricurve per il peso della macchina da scrivere che continuava a premerle sul petto anche quando un passo dopo l’altro in maniera lenta aveva raggiunto il luogo indicato.
La vide e la riconobbe immediatamente, anche senza il bisogno di guardare il verde dei suoi occhi o i riflessi chiari dei capelli di lei, che si disperdevano con quelli ovattati del cielo, non fece caso alla panchina scelta o al ricordo delle loro spalle che lì a pochi centimetri avevano un tempo impattato con rabbia, ma le si presentò davanti sicura che il rumore dei suoi passi – forse riconoscibili come il rosso dei propri capelli – l’avrebbero allertata del proprio arrivo. E si chinò appoggiando il grande regalo sulle ginocchia della Wilson, veloce e con un sorriso smagliante, che lei non avrebbe potuto vedere poiché, veloce per timore (o terrore) che lei si scansasse lasciò che le labbra si appoggiassero sulla sua guancia, come un’ulteriore richiesta di perdono suggellata e vincolata da un segno scarlatto sulla pelle della verde-argento che poi ammirò soddisfatta. La guardò mettendosi a sedere, inutile era dire quanto la trovasse splendida, forse più luminosa, e avrebbe voluto dirglielo ma parte del patto che aveva fatto con Jared le imponeva moralmente di non farlo. “Ciao” sospirò ricomponendosi in maniera elegante, accavallando le gambe prima di sistemarsi una ciocca che dalla coda di cavallo le era scivolata oltre l’orecchio. Di altre cose da dire, e quello lo pensò immediatamente, ce ne erano parecchie ma forse, e se ne rese conto quando le labbra si aprirono senza emettere alcun suono, il silenzio era la cosa migliore per godersi le sue mani e la sua espressione quando tutti i lembi accartociati di quella carta le avrebbero svelato la macchina da scrivere dalle sfumature nere e verdi che Jessica aveva scelto per lei. “Ti ho preso qualcosa, e vorrei che tu lo aprissi qui davanti a me” le anticipò con un lieve tremore di voce, dato dal timore che ciò che lei avesse scelto potesse non piacerle o apparire troppo per ciò che in quel momento erano. O che forse non erano, ma a Jessica quello non importava, poiché si era lasciata guidare da quell’istinto che per troppo tempo aveva ignorato e forse represso, lei però dall’altra parte non s’aspettava nulla, forse solo una domanda che portava a una spiegazione e poi a quel perdono che ricuciva le distanze; un perché aleggiato nell’aria libero un po’ come erano loro.
 
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view post Posted on 10/2/2024, 11:27
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Il freddo invernale stava esaurendo quasi completamente le sue forze: Lara era un dispositivo che viveva grazie all'energia solare, al calore che imbatteva sulla sua pelle in maniera tanto prepotente da riuscire ad arrossarla, un calore che non poteva essere accomunato a niente se non ai raggi dello splendente sole estivo. Le nuvole erano il suo peggior nemico, per non parlare della pioggia e del vento; sebbene riuscisse ad apprezzare particolarmente la bellezza della neve, l'inverno continuava ad essere il suo peggior nemico. Era proprio quello a cui stava pensando, ciò che le stava occupando talmente tanto i pensieri da non percepire in un primo momento i passi familiari della rossa, tanto da non riconoscere in un primo momento la sua chioma così particolare e accesa, talmente concentrata era sulle sue mani che lentamente si stavano ghiacciando. Avrebbe proprio dovuto mettere dei guanti. Sorrise istantaneamente, come se i propri muscoli facciali fossero addestrati a quella reazione ogni volta che la vedevano, rendendosi conto da quanto tempo ormai i suoi occhi verdi non l'avevano vista così da vicino. Ricordava chiaramente il Ballo di Halloween, quel momento in cui la disperazione di Jessica si era fatta strada anche dentro di lei, colpendola con forza: ancora non aveva idea di quello che era successo, ma non poteva dire di non aver immaginato già qualcosa. Il suo sorriso si ampliò quando la Levante lasciò un enorme pacco sulle sue gambe, chinandosi subito dopo per lasciarle un appiccicoso bacio sulla guancia, che le fece arricciare il naso. "Ciao" disse soltanto, ridacchiando leggermente prima di osservarla meglio: a giudicare dal colore rossastro tutt'altro che naturale delle sue labbra, era chiaro che le avesse lasciato un segno ben visibile sulla guancia che aveva baciato. Alzò gli occhi al cielo divertita, non curandosi troppo del marchio che soltanto lo Struccante di Nonna Acetonella avrebbe potuto eliminare. Si strinse ancora di più nella sciarpa, ricordando altri marchi che non poteva eliminare così facilmente dalla sua pelle: cercò però di non distrarsi, ritornando subito a Jessica e a ciò che aveva lasciato su di lei. "Aspetta aspetta. Anche io ti ho preso qualcosa! Apriamoli insieme." Poggiò la propria borsa sul regalo ancora incartato, estraendo il pacco decisamente più piccolo del suo e allungandolo verso Jessica. La carta regalo di Mondomago avrebbe potuto mostrarle perfettamente la provenienza di quell'oggetto, ma null'altro avrebbe potuto aiutarla a scoprire anticipatamente che si trattava di un Carillon Incantato di legno chiaro, quasi tendente al bianco, che se aperto mostrava la statuina di un draghetto dotato di cerchietto. Ci aveva messo un po' a scegliere il regalo perfetto per Jessica: per Desmond e Jared era stato più che facile, conosceva bene i loro interessi, li vedeva molto spesso ed era andata sul sicuro; Jessica invece, era paragonabile a un tornado per lei. Per quanto potesse dire di conoscerla abbastanza, sapeva che era in perenne evoluzione, perennemente in via di cambiamento, e questo l'aveva messa in seria difficoltà. Sicuramente, il loro vedersi poco aveva decisamente influito sulla questione, rendendo il compito ancora più arduo. Alla fine, aveva scelto di seguire l'istinto: aveva preso quel lato della Corvonero che aveva sempre invidiato, quella eleganza mista a goffaggine che su di lei cascavano a pennello, rendendola ancora più bella di quanto già non lo fosse, scegliendo un oggetto elegante, ma al tempo stesso divertente. Senza guardare mentre apriva il suo regalo -non voleva vedere la sua faccia schifata nello scoprire qualcosa che non le piacesse, il suo era un semplice modo di distrarsi per darle il tempo di controllare le sue espressioni facciali, se necessario-, Lara si concentrò completamente sul suo regalo, iniziando a scartarlo delicatamente. Corrucciò lo sguardo quando gli occhi catturarono lo scintillio verdastro di ciò che i suoi polpastrelli stavano toccando, mentre il cuore perdeva impercettibilmente un battito e gli occhi si spalancavano impercettibilmente. Lo scartò con più foga, curiosa di sapere se aveva già indovinato di cosa si trattasse, e quando i suoi occhi videro la Macchina da scrivere Augurey di Mondomago quasi non riuscì a trattenere l'emozione. Sognava da una vita quell'articolo, ma aveva sempre rimandato il suo acquisto. Si girò verso Jessica, quasi come a chiederle se fosse sicura di averle dato il regalo giusto. "Ma è bellissima Jessica, non dovevi davvero." Il sorriso mostrava appieno i suoi sentimenti, mentre riponeva con cura la macchina da scrivere sulla panchina di fianco a lei e si allungava verso la Corvonero, allungando le braccia verso di lei per stringerla in un abbraccio. In quel momento, poco le interessava quello che avevano passato, tutte le cattiverie che si erano dette: in quel momento erano sempre e solo loro, Lara e Jessica. La lasciò andare, lasciandola riprendere quello che stava facendo prima, tremendamente curiosa di sapere quale sarebbe stata la sua reazione a ciò che le aveva acquistato. In quel momento si sentì tremendamente leggera, una leggerezza che non sentiva ormai da tempo: si sentì una diciassettenne qualunque, una ragazzina che insieme alla sua amica scartava i regali di Natale. E non poteva essere più felice di così.
 
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Riuscire a non farsi prendere dalle emozioni era sempre stato uno dei peggiori difetti di Jessica, o uno dei migliori pregi guardando la concezione da una prospettiva diversa. Si era domandata infatti più volte prima di quell’incontro – appena aveva ricevuto la lettera – come avrebbe potuto o dovuto comportarsi con Lara e poi si era lasciata andare ignorando ogni rimprovero che da tempo faceva verso la propria persona. Forse, per la prima volta seduta su quella panchina accanto ad un’amica che non aveva mai chiesto o preteso nulla, neanche quando avrebbe dovuto farlo. E così Jessica aveva lasciato che fosse il silenzio rotto solo dalla carta strappata insieme a lei a parlare e poi si crogiolò in quell’abbraccio sincero e sentito che per un attimo le fece battere forte il cuore, come da tempo non succedeva. La guardò la piccola scultura del drago che si muoveva elegante accompagnato da quella musica dolce e non riuscì a trattenerla l’unica lacrima che le scivolò lungo la guancia, non c’era dolore – non così forte – nel cercare e rendere più duraturo quel contatto e lo fece con spontaneità il gesto di strusciare l’altro lato del viso (ancora asciutto) sulla spalla altrui prima di fare partire ancora una volta il meccanismo che innescava la sinfonia scelta per mettere fine al loro silenzio. Non c’erano parole adatte che nella mente di Jessica si formularono per esprimere la gratitudine a Lara riguardo al suo esserci stata, nonostante tutto, o al regalo perfetto che gli occhi azzurri e commossi, carichi di sentimento. Lo osservò con immensa gratitudine ritrovandosi perfettamente nell’idea di somigliare ancora di più a quell’animale che di grazioso non aveva nulla ma che rappresentava la libertà: le ali grandi ondeggiare come avevano fatto le sue braccia e le sue gambe per tempo sulla neve, il muso lievemente squadrato come la spigolosità dei suoi pensieri e la perfezione di un’apparenza imperfetta. Lara l’aveva colta in pieno da sempre, come quasi nessuno era riuscito a fare e lei l’avrebbe appoggiato accanto a quella fotografia dove due amici sorridevano felici rivangando degli errori che non si sarebbero mai più commessi. L’avrebbe acceso ogni notte lasciando che la musica la cullasse certa che quella melodia l’avrebbe fatta dormire tranquilla a un passo dalla sicurezza di essere – anche per un motivo diverso – tenuta da qualcuno al sicuro.
“Avevo un carillon con una Fata un tempo… - non lo disse che l’aveva rotto, gettato a terra per dare un taglio con un passato che in realtà ancora, ogni volta che le sfiorava l’angolo remoto della mente le faceva rallentare il battito cardiaco – questo è più mio però, mi si incolla addosso… come se quel drago fossi io. Vorrei poter danzare al ritmo di questa musica e fingere che niente mi tocchi”. La strinse lasciando che il braccio scivolasse dietro la sua schiena, una stretta forte, per non interrompere il contatto e chiedere silenziosamente che fosse lei a tirare fuori l’argomento, guardarla negli occhi tristi e chiari, velati di un dolore causato da un passato che l’aveva rotta, un tremendo errore che per quanto ci provasse non riuscisse a perdonarsi. Glielo avrebbe voluto dire che avrebbe voluto usare con lei quella macchina da scrivere, imprimere il sapore di un perdono che neanche a pieni polmoni riusciva a respirare eppure ne percepiva lontano l’essenza come se tra le sfumature più intense del verde e del nero l’avesse vista quella luce magica riflettersi nelle loro iridi a contatto: il silenzio che v’era stato quando il succo di zucca aveva riempito quel bicchiere. Ma la rossa non aveva avuto il coraggio di parlare e l’aveva fatto con il corpo stringendola ancora più a sé per un secondo di troppo, sperando che quel gesto privo d’attaccatura ormonale ne chiarisse l’impossibilità di essere lei la causa di una rottura di felicità: non ancora.
“Anche a te fa ancora male? Come se fosse accaduto ieri?” le trovò dopo le parole, quando il braccio che le aveva stretto la vita era ritornato delicato ad appoggiarsi sul ginocchio piegato della Corvonero, strette le dita si erano avvinghiate alla rotula sottile e pronunciata di una gamba ormai non più allenata, ma affusolata e dalla linea pronunciata seppur corta. Non l’aveva indagata la natura di quella domanda ma era certa che Lara ne avrebbe colto il senso di quel bisogno, oltre ogni cosa la vera intenzione di chiarisi e il dare la spiegazione di un Halloween in cui la rossa mezza irlandese avesse sentito il bisogno di distruggersi.
 
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view post Posted on 14/3/2024, 15:43
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Sorrise tra i capelli morbidi della rossa, lasciando che le sue labbra si curvassero sinceramente e il cuore si sentisse alleggerito. "Sono contenta che ti ci ritrovi. Ancora di più che ti piaccia." Lasciò che quelle parole sincere lasciarono la sua bocca, ricordando solo in quel momento ciò a cui aveva assistito ad Halloween. Poteva immaginare la natura dell'oggetto che aveva richiamato Jessica, il carillon con la fata doveva essere collegato in qualche modo a quei sentimenti che avevano legato la Corvonero con il Bertrand, vista la sua poca predisposizione all'approfondire la fine che aveva fatto quell'oggettino tanto grazioso e prezioso. Lasciò che le sue braccia circondassero la Levante per tutto il tempo necessario, stringendola fino a quando lei per prima non avesse deciso di lasciarla andare: era un gesto che poteva voler dire tante cose, il suo; partiva dalla felicità di condividere un momento del genere con lei e arrivava al riconoscere che in quel momento, quella che aveva più bisogno dell'altra forse era lei. Lasciò che le braccia ricadessero lungo i fianchi, concentrandosi ancora una volta sullo stupendo regalo che le aveva fatto: fu mentre scorgeva con gli occhi le venature verdi e nere che si scambiavano irregolarmente posto che le cadde il mondo addosso. Tutta la leggerezza che aveva provato in quel momento in compagnia di Jessica precipitò nelle profondità della terra, lasciando uscire nuovamente quel quesito che sperava non le sarebbe stato più posto. Se da un lato era stanca di parlare di ciò che era successo, dall'altro riconosceva bene la necessità della rossa di scavare ancora più a fondo nella questione. La visione di Xavier insieme alla Celebrian, infatti, aveva scatenato in lei parecchi dubbi: Jessica non le aveva raccontato quello che era successo, quindi era indecisa se credere che lei e il serpeverde si fossero semplicemente lasciati e lui fosse andato avanti velocemente, o se tutto era successo mentre i due stavano ancora insieme. Prese un respiro profondo, tornando con la mente alla volta in cui, dopo essere tornata, li aveva visti insieme: un leggero peso al petto si fece sentire, ma sapeva bene che non era nulla paragonato a ciò che aveva sentito allora. Poggiò le mani sulla panchina, ai lati delle sue cosce, stringendo le spalle mentre lo sguardo rimaneva dritto di fronte a lei, sulla High Street popolata. "No. Penso di essere riuscita finalmente ad andare avanti. -sincera, lasciò che il suo petto si sgonfiasse dall'aria presente nei polmoni, lasciando andare quella verità che nell'ultimo periodo la stava tormentando. Credo che il non provare più niente per lui abbia avuto un grande impatto.. Mi sono resa conto che non era così importante, ora sto bene." Evitò di dirle che parte del suo stare bene era in gran parte merito della persona con cui stava condividendo la stanza e il letto, che era in grado di eliminare ogni questione dalla sua mente con un semplice sussurro. Quello che aveva detto, però, era vero: inizialmente la questione le era sembrata gigante, una cosa talmente enorme da non essere nemmeno in grado di riuscire a circumnavigarla; il dolore del tradimento le era sembrato un'enorme montagna, una di quelle invalicabili, e si era quasi arresa al fatto di doverci convivere per sempre. Invece, lentamente e con molta pazienza, la montagna aveva iniziato ad erodersi, a diventare sempre più bassa e più facile da superare, tanto da permetterle di andare oltre e di lasciarsela alle spalle. Non poteva dire di non aver nessun residuo di quella sofferenza, ma era riuscita a superarla rendendosi conto che, in fin dei conti, non aveva perso proprio nulla. "Ti va di raccontarmi cos'è successo?" Rivolse i suoi occhi verdi verso la rossa, ricercando quelle iridi chiare che ricordava sorridenti: sapeva che quel discorso avrebbe allontanato totalmente quel ricordo dalla sua mente e l'avrebbe sostituito con degli occhi più sofferenti, ma era certa che Jessica dovesse sapere che, qualsiasi cosa fosse successa tra loro, per lei Lara c'era.
 
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Lo trattenne il respiro, ne sentì il dolore irradiarsi sotto le costole dove i polmoni sembravano esploderle mentre lo sguardo appannato osservava il drago posto sulla cima del Carillon diventare sfumato. Si perse per qualche attimo nei dettagli che i propri occhi percepivano – ormai – frastagliati, non netti, non lineari scorgendone in quel frangente ancora più la similitudine con sé. E poi espirò quando le parole della Serpeverde le risuonarono come musica e solo in quel momento, quando l’aria riprese a circolare nel proprio corpo in maniera quasi normale capì il senso delle parole che qualcun altro le aveva detto e non poté evitare di ragionarci sopra. L’aveva vissuto come un passato che influiva costantemente con il presente, il terribile errore di seguire il battito del proprio cuore, quando in realtà chi aveva subito il torto l’aveva già perdonata, ma si era sentita carnefice oltre che vile e poco indicata ad un’amicizia protratta nel tempo eppure, se solo si fosse voltata se ne sarebbe accorta che la severità con cui Jessica continuava a giudicarsi e incolparsi fosse solo nella propria testa. Eppure si lasciò andare, ancora una volta, in uno di quei respiri presi a metà profondi abbastanza da fare credere che stesse bene, ma superficiali e interrotti da una crisi di pianto che chi la conosceva abbastanza sapeva che presto sarebbe subentrata. Fu in quel secondo, quando le rimbombò nella testa la richiesta di parlare che Levante prese un altro di quei respiri agonizzanti e forzati, carichi di dolore che la costrinsero a serrare ancora – per quanto possibile – la presa sul regalo, per non farlo cadere dalle proprie ginocchia, per aggrapparsi a qualcosa che non fosse una persona o per non cedere alla tentazione di crollare, ancora. “L’ho lasciato io – lo ammise in un soffio doloroso, lasciando che il proprio sguardo oscillasse altrove, guardare Lara e ammettere che fosse lei stata a porre fine alla storia dopo ciò che aveva distrutto era al momento fuori questione – quando mi ha detto che qualcuno l’aveva baciato, mi sono sentita tradita e arrabbiata. Me ne sono andata per quello, l’ho lasciato perché lui non l’ha respinta, perché io non ero un sufficiente motivo per negare un bacio a qualcun’altra quando stava con me.” Voltò la testa trovando solo in quel frangente il coraggio di incastrare lo sguardo nel suo, non sapeva se in quegli occhi verdi ci avrebbe trovato comprensione, compassione o una parvenza di gioia dettata da un sentimento di vendetta covato nel tempo, ma qualsiasi cosa Jessica ci avrebbe letto l’avrebbe accettato e assorbito con cautela per poi trasformarlo in un sentimento quasi nuovo. Ci voleva coraggio per quello, il ricostruire qualcosa da zero o dal tutto, come loro e, sebbene a Jessica mancasse la componente fondamentale aveva deciso, nonostante le lacrime, di provarci e condividere fino alle viscere qualcosa che ad alta voce per intero non aveva mai rivelato a nessuno, come l’essere la principale causa della propria rovina.
“Non sapevo si trattasse di Morgana, l’ho scoperto dopo, al campo e l’ho visto subito come si guardavano – non l’aveva dimenticato il desidero negli occhi del Bertrand, la sensazione che l’oceano dove per anni lei aveva nuotato contro corrente la spingesse verso il fondo sabbioso facendola sprofondare, senza dare il tempo di provare ad arrivare a riva – e poi sono andata a casa sua, lo stesso, nonostante avessi già capito che per me non ci fosse più spazio. E gli ho mentito dicendo che l’avevo cercato in Jared ma non era vero, non è vero.” L’aveva lasciato da parte il dettaglio del sesso prediligendo osservare ancora l’amica cercando di trasmettere, senza parole, ma solo attraverso lo sguardo, la consapevolezza che tra lei e Chèveret ci fosse qualcosa “Non c’è niente tra di noi, se non una profonda amicizia nata dal nulla” lo ammise tranquilla, perché lo sapeva che il pensiero che l’aveva sfiorata era restato qualcosa che non avrebbe avuto mai un inizio, ma ci tenne a precisarlo per non ferire ulteriormente Lara, per non darle anche solo l’idea che una cosa del genere tra loro potesse ripetersi e che l’intuito della Serpeverde riuscisse in qualche modo a collegarne i fili, tra le parole che ad Halloween Jared le aveva detto quando il bicchiere di succo le era stato messo tra le mani tremanti. “Non pensavo di vederlo insieme anche ad Halloween, non credevo che lui scegliesse ancora lei” questa volta spostò ancora lo sguardo fissandosi su altro, lontano da lì dove delle promesse – che al tempo credeva sincere – erano state trascritte dopo importanti parole mormorate contro il suo orecchio.
“Se guardo te vedo un futuro”
La scosse immediatamente la testa impedendo a quel rimasuglio di bugia di scavarle il cuore, ma non l’aveva fatto del tutto perché la frase si era fermata a metà tra il nodo delle menzogne e quello degli errori commessi da Jessica. “Non gli ho mai dato piena fiducia, forse gli ho impedito di vivere e quello che per me è un tradimento per lui è stata solo una richiesta di libertà, ha sempre cercato di proteggermi da qualcosa e io non gliel’ho permesso ostinandomi a scavargli dentro. Forse la mia scelta, quella di andarmene e ritornargli le chiavi di una casa che non è mai stata anche mia è stata la scelta più giusta da fare”. Lo collegò dopo, quando senza porsi il problema nel stringere, per farsi forza, la mano di Lara il pensiero di essere l’unica per qualcuno fosse un’utopia irrealizzabile, l’aveva capito quando andandosene da quella casa lui, incapace di lottare per lei, l’aveva lasciata andare e l’aveva constatato dopo quando quella sera posandosi sulla sua schiena tra l’odore di alcol aveva risentito il rimbombo del suo cuore destinato a qualcun’altra e a poco erano servite le parole scambiate sulle pergamene dove lui negava l’amore che lei aveva scorto, perché niente l’avrebbe distratta o detratta dall’idea di essere stata ingannata e poi gettata. “Mi sento come un oggetto usato finché qualcosa di migliore non mi ha sostituito” un’ammissione ancora più dolorosa, pari alla presa di coscienza che coincideva con il pensiero che fin dalla nascita aveva sempre avuto. Lei era sostituibile, una ragazza facile da dimenticare e per quanto – soprattutto in quel momento – cercasse di odiarlo lo sentiva ogni tentativo di quel sentimento allontanarsi e dissolversi da lei, , perché lo sapeva che in fondo lui, a modo suo, l’aveva davvero amata.

Edited by Jessica Levante - 29/3/2024, 10:11
 
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Non aveva mai odiato Jessica. Aveva provato rabbia, quella certamente; aveva creduto in un primo momento che l’avesse fatto apposta, per poi convincersi che non doveva essere stato così. Aveva provato ancora più rabbia nel doverla vedere soffrire più di lei in quel momento, come se la parte maggiormente in ballo fosse la sua, ma era stata rabbia momentanea, che era riuscita a far scorrere all’interno del suo corpo fino a farla sparire. Aveva sofferto, si era sentita delusa, ma non l’aveva mai odiata. Non era successa la stessa cosa. Le situazioni erano completamente differenti, ma poteva immaginare bene cosa vorticasse nei pensieri della rossa: nonostante la sua storia con l’ex-Serpeverde non fosse stata così importante, conosceva molto bene il senso di inadeguatezza che nasceva involontariamente dal centro del petto; continuava a crescere insieme alla consapevolezza dell’essere stati sostituiti, anche se la coscienza continua a suggerire che il problema non sta dalla parte di chi viene tradito. Sospirò, sentendo la mandibola irrigidirsi mentre Jessica parlava, mentre capiva cosa fosse successo e con chi. Si sentì stupida nel non averlo capito subito: aveva immaginato fosse successo qualcosa nel momento in cui li aveva visti al Ballo di Halloween, ma non aveva minimamente immaginato il fatto che Xavier aveva avuto il coraggio di tradire Jessica. Non aveva mai compreso chi decideva di tradire: perché di quello si trattava sempre, di prendere una decisione. Chi tradisce decide sempre di far del male all’altro. Poggiò delicata una mano sulla sua schiena, guardandola nonostante lei continuasse a sfuggire al suo sguardo: pensò che forse fosse la vergogna e l’imbarazzo a far nascere quella necessità di fuggire, di stare alla larga dai suoi occhi. Sospirò, girandosi verso di lei per rendere il loro incontro più frontale, per farle capire che lei era lì, che non l’avrebbe giudicata. Perse un battito quando sentì nominare Jared, mentre la sua mente vagò per un attimo a ciò che era successo tra Jessica e Jared. Lei aveva cercato in lui Xavier. Cosa voleva dire? Nonostante la giustificazione che arrivò subito in tono completamente tranquillo, un tarlo si insinuò nella sua testa. Non c’è niente. Ma c’era mai stato qualcosa? Non ci pensò, archiviò quel pensiero cercando di concentrarsi sui sentimenti di Jessica, mettendo da parte i suoi dubbi e tutto ciò che le vorticava nella testa. Prese un respiro profondo, rimanendo in silenzio mentre Jessica continuava a parlare, mentre la sua mente continuava a chiedersi se avesse sbagliato ad affidarsi così completamente a Jared. ”Non devi darti la colpa, Jessica. - fu perentoria nel tono, nonostante cercasse di mantenere una voce pacata per fare in modo che lei non credesse che la stesse sgridando o giudicando in alcun modo - Lui ha baciato un’altra. Tu avevi due scelte completamente comprensibili: potevi perdonarlo o non farlo. Credo che tu sia stata molto coraggiosa.” Lo disse sinceramente, cercando il suo sguardo mentre la mano si muoveva in piccoli cerchi sulla sua schiena, cercando continuamente di consolarla. ”Credo che chiunque in una relazione abbia delle necessità. Non penso che nessuno si accontenterebbe di un puro rapporto fisico senza sentire il desiderio di scavare dentro l’altro. Non sei sbagliata Jess, nemmeno rotta. - se da una parte era tremendamente triste per la Levante e i suoi sentimenti, dall’altra lato era completamente arrabbiata con Xavier. Non poteva credere avesse fatto una cosa del genere proprio a Jessica, non credeva fosse così egoista. Lo aveva visto il suo cambiamento dopo gli esami, soprattutto per come aveva deciso di chiudere i ponti anche con lei, nonostante credeva fossero rimasti amici; ma non pensava che si sarebbe comportato così con la Corvonero - Hai semplicemente affidato te stessa alla persona sbagliata. Ma non è colpa tua. Dobbiamo sbagliare per capire cosa vogliamo davvero, sono convinta che riuscirai a trovare la tua persona.” in tutta sincerità accennò un sorriso, sperando che le sue parole potessero alleviare un peso dal suo cuore. Jessica era una persona buona, si meritava tutto il bene del mondo e non poteva sopportare che continuasse ad autoflagellarsi in quel modo.
 
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