| Dirigendosi verso il gargoyle dell’Ufficio del Preside, dopo avergli riferito la parola d’accesso, il Dirigente si ritrovò a pensare a quanto atipico fosse stato… l’invito che aveva ricevuto. Probabilmente il Preside aveva bisogno di un corso accelerato di buone maniere e tecniche di scrittura di comunicazioni interne allo staff. Tuttavia il Dirigente era un mago molto flemmatico e avrebbe evitato di dirglielo, soprattutto in quel modo – anche perché non gli serbava un sincero rancore. Gli era giusto rimasta un po’ della stizza dovuta al fatto di non essere stato avvisato anzitempo della tassa FINITE dal Preside, ritrovandosi così da un giorno all’altro con uno stormo di gufi arrabbiati da parte di Tutori e Tutrici e dovendosi raccapezzare tutto d’un tratto. Quando bussò alla porta di Irvine Bryce, in effetti, ci ripensò di nuovo: il Preside aveva proprio bisogno di un corso accelerato di buone maniere. Sorrise incoraggiante a Lottie ed Ele: alla prima perché immaginava fosse molto nervosa, sapendo che Dolus avesse dato per scontata la sua presenza (“La Direttrice Melankholiya ha già accettato di partecipare, anche se non lo sa ancora”, sic!); alla seconda, perché in realtà aveva bisogno di incoraggiamento da lei e le sue guance colorate di fard gli rinvigorivano il coraggio che non aveva – era un Corvonero, mica un Grifondoro…! Salutò il Preside con un cenno del capo e lo ringraziò per la sedia, su cui si accomodò per ascoltare quanto avesse da dire egli. Soffocò una risatina, celandola in un sorriso divertito, alle frecciatine di Lottie. Da Dirigente doveva sempre misurare bene le parole, i toni e i modi: da Dirigente sapeva che la virgola sbagliata o il verbo sbagliato, o, che Paracelso gliela scampasse, la lettera sbagliata!, potevano essere fatali; ma per assurdo nell’ufficio della più importante carica di Hogwarts la Direttrice del Personale poteva permettersi di parlare in tono tagliente. (Be’, poteva permetterselo, dopo i grossolani errori di comunicazione del Preside.) Più delicata e posata, invece, fu Eleanor. «Nonostante il peculiare invito, ammetto di aver apprezzato abbia pensato a noi, Preside. Sono certo sarà un’esperienza bella da ricordare e vivere. Al di là di questo, non mi sarei mai tirato indietro a un richiamo nel nome di Hogwarts». Irvine, in effetti, l’aveva forse colpito nel suo punto debole nell’invitarlo: la sua più profonda dedizione all’istituzione che curavano e rappresentavano. Per Sheldon, come per le altre lì presenti, quello che facevano andava oltre al lavoro e alla passione perché assurgeva a vero e proprio obiettivo di vita da curare costantemente ogni giorno. E se curare la scuola, la sua immagine e il suo benessere significava pure prestarsi a un’esibizione halloweeniana, ottimo. «Oh. Allora immagino a me tocchi Ignotius». Constatò, riflettendci su. In effetti credeva fosse l’unico personaggio con cui riuscisse ad avvertire una certa affinità, per il suo nascondersi e rimanere sotto coperta. O, meglio, sotto mantello. «Potrei usare un mantello che ho già, fatto di foglie autunnali arancioni, come Mantello dell’Invisibilità. Sarebbe scenograficamente d’impatto e il tema del mantello richiamerebbe molto quello di Halloween. Lei, la Morte, potrebbe guardarsi intorno alla mia ricerca, mentre io guizzo qui e lì, sgusciando via dalla sua vista». Non sarebbe stata la prima volta che avrebbe usato il Mantello Autunnale, un capo di vestiario incantato che aveva preso dal McClan’s, in occasione di Halloween. «A meno che non vogliate prestarmi un Mantello dell’Invisibilità, beninteso». Specificò, ironico. «Potrei approfittare del tempo nascosto sotto il mantello per cospargermi i capelli di zanne di serpente in polvere – nella dispensa di Pozioni ce ne sono alcune da buttare perché troppo vecchie. La fine polverina bianca mi imbiancherebbe i capelli e mi potrebbe far sembrare più vecchio, così da far capire che sono giunto a veneranda età quando mi tolgo il mantello di dosso. Potrei affidare il mio mantello a un paio di manichini da allenamento rimpiccioliti, che rappresenterebbero i miei figli. A quel punto mi rivolgo a lei, signora Morte, sorridendole come si sorride a una vecchia amica…». Sorrise a Dolus, dandogli un’ultima cosa da puntualizzare. Si stavano un po’ tutti improvvisando registi, ma voleva che anch’egli facesse la sua parte di regia, senza limitarsi a quella di produttore. «Come potremmo rendere la scena finale? Il trapasso sereno di Ignotius che esce di scena insieme alla Morte?».
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