| Sorrise quando Ècate gli riconobbe affabilità e disponibilità – gli si arrossarono un po’ le orecchie. Ma fece finta di niente, come se in realtà quel rossore fosse dipeso dal calore della pozione in cottura. In quell’intruglio riversò le radici di mandragora sminuzzate mentre rispondeva all’osservazione della studentessa. «Io sto bene. Un po’ preso da molteplici impegni ma, ehi, immagino siano un po’ come i grumi che si formano nelle pozioni: fastidiosi ma indice del fatto che la cottura sta proseguendo». Improvvisò una metafora pozionistica, sorridendole, facendole poi cenno di alzare la voce, come a dirle che non lo disturbava, anzi: era stato proprio lui a invitarla a incontrarlo in quel luogo a quell’ora. Apprezzò comunque la sua attenzione a non disturbarlo eccessivamente. «Oh, sì! Sempre adorate, le pozioni!», confermò, con un sorriso orgoglioso che svanì dietro una coltre di fumo lilla, risultato dei mescolamenti che aveva iniziato a fare; quando il fumo si diradò, riprese: «Da piccolo mi regalarono il gioco del piccolo pozionista, ha presente? Da allora sono rimasto in fissa. Il rigore delle pozioni è qualcosa che mi rasserena molto: ha eguali in questo senso solo la raffinata disamina della verità storica». Glielo confidò con leggerezza, tornando poi a rivolgere lo sguardo affettuoso alla pozione che stava preparando. Si trattava di un quasi anonimo intruglio necessario a reagire in una anonima miscela per un esperimento molto probabilmente infruttuoso. Ma questo non gli impediva certamente di affezionarsi a ciascun intruglio che preparava, anzi! Ne studiava con ardore i dettagli poziogonici, approfondiva la natura intrinseca degli ingredienti e si beava sempre del buon risultato finale che raggiungeva. Forse, in questo, le pozioni erano più miti della storia della magia. I fatti storici sempre gli fuggivano imperscrutabili e la verità storica si celava dietro il velo obliante del passato, mentre i fatti delle Pozioni erano raggiungibili, anche se con estrema difficoltà: almeno quelli, se raggiunti, si potevano dare per assodati; quelli della Storia della Magia rimanevano sempre avvolti dal dubbio e dall’incertezza. Erano discipline un po’ opposte e che forse ben si sposavano con le diverse attitudini personali del mago, che nel frattempo non era né uno storico della magia né un pozionista, anche se ambiva a diventare entrambe le cose. Ed Ècate? «La confusione è normale a quest’età, mi creda. Avrà un po’ di chiarezza dopo i M.A.G.O., glielo assicuro. Com’è andato il Corso Pupillo con la professoressa Felini, a proposito?». S’informò, genuinamente interessato, mentre finiva con gli ultimi ritocchi alla pozione turchese che ora era virata verso un colore verde tetro. Iniziò a spogliarsi della strumentazione pozionistica mentre rispondeva all’ultima questione sollevata dalla studentessa. «Un compromesso molto ragionevole credo sia chiamarla Ècate e darle del lei: cosa gliene pare?». Sorrise: da Dirigente sapeva bene che i formalismi non erano una semplice etichetta burocratica, ma davano una certa forma e struttura alle cose e alle relazioni. Abbandonarle in favore di altro poteva essere pericoloso perché poteva denotare una mancanza di rispetto. In quel caso, più semplicemente, il Bibliotecario era avvezzo a quei formalismi tanto da considerarli consolidati. La ascoltò con vivo interesse, sedendosi davanti a lei, ora dimentico della pozione – anche se non avrebbe scordato di lanciare un’occhiata all’orologio di tanto in tanto per prendere nota del tempo che scorreva, così da ritornare a lavorare sulla pozione nel momento opportuno. Dopo quelle premesse leggere e in grado di mettere di buon umore, era già arrivato il momento del discorso che la Serpeverde aveva bisogno di confidare all’ex Corvonero. Sorrise al riferimento a quella Casa, annuì al riconoscere che Hawkins fosse molto ligio ed esigente e s’incupì alla definizione di «modi discutibili». Con le parole di Acy, fece una visita ai Sotterranei e lesse la loro bacheca comune segnata da tristi scambi. Il tutto si concluse con una frase sconsolata. «Cara, la ringrazio sinceramente per condividere queste preoccupazioni con me. Capisco quanto sia importante per lei il benessere della sua Casa e dei suoi compagni. È difficile affrontare un clima avvertito come così pesante e restrittivo a causa di figure autoritarie, soprattutto quando dovrebbe essere un periodo di crescita e apprendimento positivo». Sheldon, avendo ascoltato attentamente le parole di Ècate, si era chinato leggermente verso di lei, mantenendo un'espressione seria ma attenta, e le sue mani si erano incrociate davanti a lui, segno di attenzione e rispetto nei confronti della studentessa di Serpeverde. Ora che stava parlando aveva abbandonato quella posizione, pur mantenendosi chinato per stare più vicino alla studentessa, con empatia e riserbo. Si prese un momento per riflettere sulle parole della studentessa, poi continuò. «La sua preoccupazione per il clima di terrore e il senso di dittatura non possono essere ignorati: mi rammarico che lei e gli altri studenti e studentesse viviate un’esperienza così difficile. Sono qui per offrire il mio sostegno e per dare consigli che spero possano essere in grado di migliorare la situazione». Rinnovò il proprio sostegno alla luce dei nuovi elementi emersi: non si tirò indietro, ma anzi volle mostrare empatia. Chiese delucidazioni su come avessero affrontato la situazione, dato che gli era stato raccontato che avessero protestato. Ma in che modo si erano fatti sentire e da chi? Non gli era del tutto chiaro ma gli importava capire a fondo le dinamiche. «Mi piacerebbe sapere, se posso chiedere, se avete già sollevato questi problemi con il Responsabile Hawkins stesso e in che modo. Lo avete fatto anche con il Preside? Se sì, quali sono state le risposte?»; avanzò poi altre domande in merito ai permessi, sempre nell’ottica di una propria maggiore comprensione delle cose, «Può, poi, spiegarmi meglio la questione dei permessi? I permessi per uscire da Hogwarts sono gestiti unicamente dalla Dirigenza e non ricordo di aver mai approvato annullamenti di permessi in passato, ai danni di studenti o studentesse di Serpeverde». Chiese, prendendosi pure un momento per ascoltare le risposte di Ècate, mostrando ancora una volta la sua attenzione e preoccupazione. «Ha finito di raccontarmi? Se c’è altro di cui desidera parlare o se ha ulteriori preoccupazioni da condividere, la ascolto».
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