Hogwarts: Harry Potter Gioco di Ruolo

Quickly reaction, Dicembre 2021, C.W.

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John S. Jameson
view post Posted on 17/12/2021, 20:49




Erano partiti da Hogwarts non tanto prima, qualche carrozza, molti bauli, tanti ragazzi dagli undici anni in poi con i berretti, guanti e sciarpe. Faceva freddo, una temperatura oltremodo rigida, ben al di sotto dello zero termico e proprio per questo non destinata a far nevicare. Quella sarebbe stata la prima volta che John, per la pausa Natalizia, sarebbe ritornato dai genitori che lo avrebbero atteso forse alla stazione di Londra al binario diviso tra il nove ed il dieci. A seguire, da quanto dicevano alcune lettere, il programma del Natale e Capodanno era destinato al ‘far Eats’, Tokyo per esser precisi. Mister Jameson e consorte, ovvero Madre e Padre, erano stati invitati dal Ministero della Magia Giapponese, una sfaticata in fin dei conti, un qualcosa che avrebbe portato il giovane Serpeverde dall’altra parte del globo, un altro fuso orario, un’altra cultura, insomma il tutto ed il contrario di tutto. Eppure, il giovane irlo-norvegese, non ne aveva tanta voglia, la Scuola oramai era la sua casa, la distanza con i genitori era apprezzabile, i barlumi di autonomia, la speranza di crescere e progredire nella Scuola era talmente alta che avrebbe pagato pur di rimanere nei sotterranei. La tratta inversa, ovvero la prima della sua vita a bordo dell’espresso per Hogwarts, era stata carica di tensione dovuta allo smistamento, al cappello parlante, a nuovi amici e camerati, tutto ormai era solo un ricordo. Felice di certo, ma un ricordo. Camminando per la stazione, l’undicenne stava portando con sè il baule con gli indumenti scolastici e non. Diciamo, che questa volta, erano in realtà maggiori gli abiti non dell’alumni Hogwarts, quanto quelli argento-verde. Tuttavia, in quel momento, berretto con il simbolo della casa di Salazar, sciarpa, divisa completa, si caratterizzava lo studente come uno di quei pivelli - di poco più alto rispetto ai suoi coetanei - e fieramente inserito nella più nobile ed antica Casa di maghi devoti al male. Il colore azzurro degli occhi scrutava, senza interruzione i vari presenti, streghe e maghi di ogni casa ed appartenenza, ricchi, poveri, benestanti, per lui non facevano differenza. La bacchetta era infoderata e tenuta al riparo, proprio mentre una delle carrozze, più vicin alla coda del treno che alla locomotiva, veniva scelta quale giaciglio dei suoi affari. Altrettanto per uno scompartimento apparentemente vuoto. Sotto braccio la Gazzetta del Profeta, che avrebbe permesso di far passare un po’ del tempo necessario al trasferimento da Hogwarts a Londra. In un giorno di freddo gelido, infatti i binari del treno sarebbero stati altrettanto ghiacciati e di conseguenza, il treno avrebbe dovuto adeguarsi ad una velocità di crociera, di poco ridotta. Poco male. Nello scompartimento vicino si erano sistemati non uno, non due ma ben quattro Grifondoro, di cui uno di loro aveva nello zaino dei razzi dell’Emporio. “Che spasso!”- sentì il Serpeverde, prima di chiudere la porta del proprio scompartimento, isolandosi da rumors indiscreti. Il baule venne quindi riposto nella cappelliera ed il regale sedere appoggiato lato finestrino con le spalle contrario alla marcia, il suo posto preferito; controcorrente, sempre. Nonostante si fosse in pieno inverno, lo spostamento dalle mura del castello alla stazione, aveva saputo tanto del sapore di una vacanza in anticipo. L’unica che avrebbe veramente passato, vista la noia dell’eleganza ed educazione Giapponese. In quel momento, un giovane Tassorosso si era palesato bussando alla porta, di tutta risposta il Serpeverde, lapidario aveva detto: “Non vedi che è occupato?” Quando, più che ovviamente, la cosa non era vera. Ma senza alcuna esitazione, il mago figlio di Tosca, se ne andò, sparendo più avanti. Un inserto della Gazzetta del profeta parlava di un tal tedesco, originario di Kummersdorf, il quale aveva scritto una tesina M.A.G.O. sul flusso aerodinamico prodotto da una Firebolt in un campo da Quidditch con condizioni climatiche aride. Il Serpeverde si stava quindi immaginando le sue teorie, secondo cui si poteva volare meno veloci, Ma di caldo, in quel momento, non c’era assolutamente nulla, tanto che soffiando aria verso il finestrino, si creò una patina sulla quale venne scritta una runa del Fùthark Antico: Kenaz.
 
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view post Posted on 18/12/2021, 00:16
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La mattina era ancora scura quando Clementine si era svegliata. Nascondendo la testa sotto la coperta trapuntata, aveva cercato di rintanarsi nel calore, sbuffando come un cavallo (e cominciando a stiracchiarsi in modo molto poco elegante). Quando si era decisa a tirarsi a sedere, aveva visto il dormitorio spoglio, i bagagli delle compagne appoggiati ai piedi dei letti – proprio come il suo. Aveva indossato gli unici abiti lasciati fuori dal baule, e si era seduta sul bordo del materasso, riprendendo fiato per un attimo.
Gli angoli delle finestre erano brinati, il paesaggio al di fuori immobile, congelato. Pensò che a casa avrebbe fatto meno freddo, piegando la testa su una spalla, ma non la consolò.

Ora, a filo dei binari, cercando di tenere i piedi saldi sul lastricato scivoloso, la situazione non era migliorata. Torcendo la testa all'indietro, a guardare il profilo nero di Hogwarts che si stagliava sul cielo bianco, avvertiva una specie di urgenza – la sensazione di chi sa di aver dimenticato qualcosa, di aver lasciato qualcosa in sospeso. II treno fischiava ad intermittenza, e Clementine si attorcigliò una ciocca di capelli fra due dita; appoggiò il baule sulla banchina mentre aspettava che gli ultimi ragazzi davanti a lei salissero a bordo dell’Espresso.
E l'idea delle giornate a casa!, sbuffò la Corvonero senza potersi fermare. Qui aveva un posto, un compito – alla villa, invece, solo chilometri e chilometri di terra. Il mormorio dei muri di pietra, vestiti ingiustamente scomodi e inevitabili conversazioni imbarazzanti. Non è che non amasse la sua famiglia o non desiderasse avere finalmente un po' di tempo libero, pensò, mentre saliva in carrozza ed imboccava il corridoio alla sua sinistra, ma poteva già sentire i loro sguardi addosso, I'aria tesa di quando qualcuno (da copione) si sarebbe fatto scappare un commento di troppo. Lo chignon di sua madre, i pantaloni di sartoria – i non-detti, i sottintesi.
Batté ritmicamente le dita sulla parete del vagone opposta agli scompartimenti, cercandone uno preferibilmente vuoto. Ambizione non da poco, dato che una delle peggiori caratteristiche degli adolescenti era occupare molto più spazio di quanto non fosse necessario. Mentre avanzava tirandosi dietro la valigia di pelle, cercava di schivare gli strapuntini (compito che divenne molto più complicato quando, con un ansito e uno strepito metallico, l'Espresso si mise lentamente in movimento, sobbalzando sui binari). Superò l'ennesimo scomparto occupato da tre ragazze e molti giacconi ammassati sul sedile libero, quando uno studente di Tassorosso – qualche metro più avanti – aprì e richiuse le ante di un compartimento con un'espressione scossa in viso. Clementine si fermò, premendo una mano sulla parete per mantenere l'equilibrio, ed osservò il ragazzino incespicare con urgenza verso il vagone successivo. Sollevò un sopracciglio, incuriosita. Cosa avrebbe potuto far scappare così un undicenne? Cosa c’era nello scompartimento? Clem non poteva aiutare la propria curiosità (non che effettivamente volesse), e vi si affrettò, controbilanciando il peso del bagaglio con, beh, praticamente tutto il corpo. Non appena fu in prossimità dello sportello, allungò il collo per sbirciare dal finestrino, e... Huh, anticlimatico.
La strega fece scorrere le ante a scomparsa con un certo impegno (il vecchio meccanismo che le rendeva pesanti e le faceva inceppare), e vi si appoggiò contro con una spalla. Davanti a lei, uno studente di Serpeverde, tutto bello addobbato coi colori della Casata, stava seduto diritto accanto al finestrino.

«Merlino, che diamine hai fatto a quel ragazzino?» esclamò Clementine, incrociando le braccia e scoccandogli uno sguardo eloquente. C'erano certe dinamiche, ad Hogwarts, ma come in tutto il Mondo Magico (e probabilmente anche in quello dei babbani), che talvolta si riconducevano alle Casate stesse. A Clem sembrava un fanatismo stupido, quello dello Smistamento, dell'appartenenza e della tifoseria; le sembrava anche impossibile che una persona potesse rimanere fede al carattere e alle ambizioni di quando aveva undici anni. Anche se era passato relativamente poco tempo, Clementine dubitava che il Cappello l'avrebbe rimandata fra i Corvi. Era anche uno dei motivi per cui, sotto al mantello, non aveva la divisa, ma un semplice vestito di maglia, senza spille o nulla che indicasse la sua Casata. Questo per dire: a lei non interessava nulla degli stereotipi legati alle Casate di ciascuno, ma non poteva negare che, statisticamente, delle ricorrenze ci fossero. Non era un segreto che i sotterranei di Serpeverde fossero ancora pieni di snob Purosangue, che di solito non erano nemmeno il massimo esempio di cordialità.
Era sicuramente un effetto "bastian contrario" il suo, nonché un detestabile difetto, ma ora Clementine voleva capire meglio che tipo di persona avesse davanti. Senza lasciare all'altro il tempo di rispondere, alla strega s'illuminò una lampadina: «Mi ricordo di te. Hai fatto quell'intervento all'ultima lezione di Difesa…»
Nel frattempo, tirò dentro la valigia e lasciò che le porte le si richiudessero alle spalle con un tonfo sordo, che le fece arricciare le labbra. Clem non era una persona socievole, ma non per questo aveva problemi a parlare con gli estranei – bastava che cominciasse a farlo a sue condizioni. Fece un verso tirandosi il baule sopra la testa, per cercare di incastrarlo nel portabagagli. Qualsiasi cosa le avesse detto il Serpeverde nel frattempo, non l'avrebbe di certo distolta dal suo lavoro, fino a che non sospirò vittoriosa e poté lasciarsi cadere sul sedile, spogliandosi di cappotto e mantello allo stesso tempo. Era comunque da quando aveva lasciato il dormitorio che non si era fermata un attimo, e provò un certo sollievo nel rilassare finalmente i muscoli delle gambe.
A quel punto, poté effettivamente prendersi un attimo per esaminare lo studente davanti a lei: sembrava del primo, o del secondo anno, con ordinati capelli chiari che Clementine supponeva assomigliassero ai propri (ora castigati, dietro le orecchie, da un paio di forcine per lato). In mano reggeva la Gazzetta del Profeta, e in volto aveva quell'espressione sostenuta che ti stampano in faccia quando nasci "di buona famiglia" (un'espressione che, quindi, Clementine conosceva bene).

«Che numero è?» domandò, indicando con un cenno del capo il giornale, venendo catturata (con la coda dell'occhio) dalla patina che si stava dissipando sul finestrino, in cui era stato segnato qualcosa – di cui restava solo una linea diagonale.
 
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John S. Jameson
view post Posted on 18/12/2021, 10:13




Scegliere o prendere decisioni non era sempre facile. Motivo per cui il giovane mago di Serpeverde aveva scritto Kenaz, sul finestrino appannato da lui stesso. La più grande delle sfide, prendere di petto tutti i bivi della vita assumendosi le responsabilità delle proprie azioni. Era fondamentale per il proprio percorso di crescita e soprattutto di maturazione, non tanto anagrafica ma come uomo e mago. Gli appunti scolastici delle lezioni dicevano di interpretare la runa nell’esatto modo in cui eran state tramandate nel passato creandone e compilandone l’alfabeto: farsi guidare dal lume della ragione e soprattutto della conoscenza. Non c’è futuro senza la manipolazione del presente e senza, soprattutto, lo studio del passato. Per il figlio di Salazar, infatti, non poteva esserci futuro senza la libera interpretazione della storia della magia, dell’analisi puntuale sulla superiorità del mondo magico rispetto a tutto il resto e la netta ed imprescindibile separazione dei poteri, quello babbano e quello magico. Queste, senza ombra di dubbio, eran sfere, mondi diversi, antiparalleli che potevano forse incontrarsi, ma sporadicamente e soprattutto per rimarcare il fatto che le questioni esterne al mondo magico dovevano porsi in un carattere di sostanziale vantaggio o semplicemente nate per obliviare quegli arretrati babbani che avevano visto delle questioni magiche in violazione dello statuto di segretezza. Capitava. Quindi, solo con la ragione e la conoscenza, quando si dovrà scegliere tra la passione ed il verso dell’amore, tra la verità e l’inganno, si potrà distinguere la retta via senza confondere i propri obiettivi con i desideri che a volte accecano la volontà. Kenaz, infatti invita a raccogliere le forze e la saggezza necessarie per proprie trasformazioni e i cambiamenti positivi. Effettivamente e come dar torto al commento della nuova arrivata? Kano, consiglia di liberarsi dei vecchi pregiudizi che mascheriamo con scuse di cui si è abituati a servirsi e d8 accettare le nuove opportunità. Eppure, il ragazzo di Tassorosso, precedentemente ed ‘educatamente’ invitato a trovarsi un’altra carrozza, faceva eccezione alla regola, probabilmente confermandola. Agli occhi chiari del naturalizzato Irlandese e Norvegese, c’era dunque una ragazza, Clementine Willoughby. Uno sguardo a squadrarla, da capo a piedi, prima di sorridere alla sua domanda. “Cos’ha fatto quel ragazzino? In realtà non ha fatto nulla, semplicemente non lo volevo qui. Era uno sfigato, in fin dei conti.” Ed era anche una sostanziale verità, soggettiva certo ma la sua verità. Non era una compagnia di cui aveva necessità ma soprattutto voglia. Di converso, i Corvonero erano sufficientemente in linea con le sue aspettative e soprattutto con i suoi aspetti caratteriali. Indagando dentro di sè, il cappello parlante doveva esser stato messo in enorme dubbio se smistarlo tra i Corvonero piuttosto che Serpeverde. Di carattere, il dublinese era propenso ad imparare ed apprendere, studiare e lavorare ma aveva delle linee negative, oscure che senza ombra di dubbio il vecchio cappello, le aveva notate e viste prevalere su tutto il resto. Nonostante la digressione, della strega il mago si ricordava, motivo che spinse l’undicenne - a prima vista - più grande della sua età ovvero del primo anno, a sorridere. “Anche io mi ricordo di te. Hai fatto un’ottima esercitazione pratica con la Riddle, certo che mi ricordo.” La Gazzetta del Profeta, appoggiata sul sedile vicino, mentre la mano destra a saettare in avanti come a voler porgersi in una formale presentazione. “John Steven Jameson.” Togliendosi poi la mantella della divisa ed appoggiandola sul sedile alla sua sinistra, sostanzialmente obbligando la Corvonero o a spostare le proprie cose per sedersi al suo fianco o a mettersi dall’altro lato, a favore del senso di marcia della locomotiva. “E’ il numero che parla della crisi Turco-Siriana e del morbo bianco, principalmente. Lo vuoi? Te lo presto se ti va.”
 
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view post Posted on 21/12/2021, 00:43
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Clementine aveva osservato il ragazzino squadrarla silenziosamente per un attimo, come se fosse ancora nel bel mezzo di un pensiero, prima che esordisse: «...In realtà non ha fatto nulla semplicemente non lo volevo qui. Era uno sfigato, in fin dei conti.»

La Corvonero arricciò gli angoli della bocca, ponderando le parole dell'altro mentre entrava nello scompartimento. I rivestimenti in legno erano illuminati dal riflesso della luce sulla neve – al di fuori del finestrino che cominciava ad appannarsi. L'aria sull'Espresso era appena tiepida, e lo stantuffare metallico era come un basso continuo sotto il chiacchiericcio soffuso degli studenti.

«E io non lo sono? – replicò, sollevando un sopracciglio – Esiste una scala in Beauville? Ci sono dei parametri per essere decretati ‘non-sfigati’ a prima occhiata?»

Si sedette dalla parte opposta rispetto al Serpeverde, e cercò di combattere l'impulso di appoggiare i piedi sui sedili davanti; sulle tratte di treno (treno, piuttosto una vecchia lattina ammaccata poco più grande di un cable car) verso Penzance, quando sua madre (raramente) o i suoi nonni (più probabile) la portavano al mare, veniva puntualmente rimbeccata dal controllore. Ma sedersi composta era una cosa che odiava: preferiva sedersi per terra a quel punto. Certo, non sarebbe stata una buona immagine, la giovane rampolla – Mezzosangue, per di più! – vestita di tutto punto con le sue gonne e camicette, stravaccata ai piedi del divano. Motivo in più per non essere elettrizzata alla previsione di tornare a casa, quando una cena si sarà trasformata in un incontro economico-lavorativo con qualche altro investitore o inventore Purosangue e lei sarà stata costretta a tagliare il maiale in crosta con i gomiti attaccati al busto.

Clementine si riscosse appena al commento dell'altro, stringendosi nelle spalle con un suono sbrigativo. Non sapeva bene come reagire ad osservazioni di quel tipo, forse perché, per quanto effettivamente, e a suo discapito, ci mettesse dedizione, preferiva che non fosse presa di mira. Non voleva che il suo impegno verso Hogwarts diventasse (nella sua testa, almeno) qualcosa di troppo concreto. Voleva evitare di avere altre aspettative addosso– cercare di mantenere una qualche costanza per rispettare quelle della sua famiglia, e nel frattempo capire cosa volesse fare della propria vita. D'accordo che aveva tempo, ma vedeva molti altri studenti essere già impostati, o comunque attivamente partecipi alla vita comune di Hogwarts tanto da aver già cominciato a formarsi. Clem non avrebbe nemmeno saputo da che parte cominciare.

«Parli in modo strano, ho pensato. – ritornò alla propria considerazione – E sembri saperne molto sull'ambito politico-legale, per quanto fossi d'accordo con la Riddle sulla tua domanda-barra-proposta.» lasciò il tono in sospeso, piegandosi in avanti con i gomiti appoggiati sulle ginocchia sperando che il Serpeverde cogliesse la domanda implicita. D'altronde, era innegabilmente strano, il tutto. O, almeno, tangeva i criteri della considerazione di 'strano' che, Clementine immaginava, ha adottato statisticamente la popolazione. Osservò i movimenti del ragazzo, mentre quello le diceva il suo nome: John Steven Jameson, con una smorfia fra il scettico e il confuso, ma ricambiò la presentazione: «Clementine Willoughby.»

Quando John le porse la sua copia della Gazzetta, Clementine infilò una mano nella messenger bag che aveva appoggiato accanto a sé, facendone sporgere il bordo dello stesso Diciannovesimo numero, «E comunque, finché riesco a mantenere una certa soglia di attenzione... – aggiunse, sfoderando Infusi e pozioni magicheDevo ancora cercare di capire la disuguaglianza di O'Grady, ma a me le abbreviazioni confondono.»
Borbottando, richiuse la borsa e poggiò il manuale accanto a sé: la conversazione, d'altronde, non era finita, e Clementine era curiosa per natura (inoltre, non si sentiva davvero pronta ad affrontare Pozioni, ancora).
 
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John S. Jameson
view post Posted on 21/12/2021, 20:20




Nel momento stesso in cui la Corvonero decise di accogliere il sostanziale invito a far parte di quel suo viaggio, al Serpeverde si palesò un sorrisetto che la diceva tutta. Ognuno faceva le proprie valutazioni, accettando anche incondizionatamente di far parte di un qualcosa di più grande, di magnifico o alternativamente, terrificante. Il Jameson, esattamente come l’omonimo alcolico Dublinese, poteva infatti esser entrambe le cose; buono ed apparentemente capace di saper di legno di quercia, fantastico al palato, piuttosto che il peggior degli incubi o il rifugio più adatto per dimenticare qualcosa. Alla Willoughby era data la pluffa e poteva solamente che farne buon uso, come la più bella delle partite di Quidditch o mancare rovinosamente gli anelli avendo un assist importante. In quel caso Serpeverde avrebbe finto contro Corvonero, metaforicamente parlando. In realtà, a conti fatti, al l’undicenne non andava di vincere o perdere, andava di conoscere una ragazza che a primo acchito sembrava interessante. A proposito, le interessava il Quidditch? Era una delle tante domande che entrarono in rapida successione nel cervelletto della Serpe. E se le interessava? Ci giocava? Era una di quelle a cui piaceva finire con la faccia del fango, prender botte, gomitate o meglio rompersi qualche osso con bolidi e/o nemici ben più agguerriti? Per come aveva posizionato le proprie cose in vista del viaggio, s-n-i-, nel senso forse del più no che sì. Anyways, la ragazza venne assolta con il beneficio del dubbi. Per quanto riguarda la galanteria, ovvero l’alzarsi per aiutarla a sistemare le proprie cose, l’adolescente declinò, vuoi perchè non ne aveva voglia vuoi soprattutto perchè era un atto non voluto né tantomeno richiesto. Non voleva dimostrare qualcosa, non per ora almeno. Da canto suo, stando seduto e con un cono visivo abbastanza ampio, inevitabilmente, proprio perchè dimostrando qualche anno in più, sia a livello anagrafico che soprattutto di testa e maturità (strano per un ragazzo), le guardò il <de>culo sedere. Imbarazzandosi, rosso di poco, si ridestò alzando il mento, con fare superiore, per razza, sesso e credo politico ovvero per dimostrarsi potente più a sè stesso che eventualmente alla donna con il carrello, che molto probabilmente, sarebbe comunque passata da li a poco. “Beh, credo che ognuno di noi abbia delle scale di valutazione. Sicuramente qualcuno risulta più sfigato di un altro. Sicuramente” Rimarando con un tono diverso quella parola “Tu non mi sembri una sfigata, Clementine.” Una pausa interiore di riflessione per le parole dette. Tante volte al ragazzo capitava di dirle senza averle in realtà prima pensate o sicuramente non pensate fino in fondo ma in quel frangente andavano sufficientemente bene. “Il vostro Caposcuola, per esempio… non lo considereresti uno sfigato? Ipoteticamente parlando, chiaramente e non sia mai che tu possa capire che lo definisca come tale, perchè non è mia intenzione” Un sorrisetto da sberle, prima di riprendere a parlare “Eppure, nella scala di Beauville, parliamo di due pianeti, che ad una lezione di Astronomia con la Potter, sarebbero completamente considerabili di altri sistemi solari se paragonati al ragazzo di prima. Non sei d’accordo?” Ecco, questa volta invece, probabilmente l’aveva cagata fuori dal vaso ma non se ne pentì. Avrebbe potuto starsene tranquillamente in silenzio ma non sarebbe stato quello il frangente. Quella leggera pausa di riflessione, guardandola sedersi e tirar fuori il bordo della Gazza: “Gira voce che un vagone del treno sia stato riempito di neve, tu hai visto qualcosa?” Una domanda a bruciapelo, prima di riprendere. “Dici che parlo strano?” Sporgendosi in avanti, di poco, senza sembrare nè sulla difensiva nè alle corde. “Credo che la Riddle, come tanti maghi che hanno sconfitto Tu-Sai-Chi, siano semplicemente troppo ‘neutrali’, dal far uso della magia per la risoluzione rapida dei processi. Se è davvero vero che ogni magia lascia una sua traccia, tu dovresti già sapere cosa ho fatto di sbagliato. No?” Infine vedendo il libro Infusi e pozioni magiche, sbuffò: “Che palle, son così noioso?
 
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view post Posted on 22/12/2021, 09:48
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A Clementine non era mai stato dato veramente il tempo di essere bambina. Non che lei non avesse puntualmente cercato di conquistarlo, gattonando nel cortile, affondando le dita nel terriccio e strizzando gli steli d'erba per spremerne la clorofilla. "Faceva le pozioni", come la nonna (che a suo tempo era stata erede della produzione e rivendita di Pozioni Curative ed Estetiche a nome Willoughby), ma si sporcava la cuffia di fango e sua madre la riportava in casa, esasperata. E sbrigativamente: se non ne voleva sapere, la tirava su con un Levicorpus. Aveva capito abbastanza presto che a cercare il conflitto non si guadagnava nulla; quindi, tanto valeva sopportare e rispettare le regole, senza troppe magagne. ‘Le regole’ erano starsene buona e silenziosa mentre sua madre illustrava una qualche mossa commerciale o miglioria scoperta dalla squadra ad intercambiabili clienti ed investitori. Cercare di imparare quanto potesse. Alethea manteneva il suo primato da innovatrice nell'aver studiato la chimica e farmaceutica babbana ed aver cominciato ad integrarla nella produzione famigliare. Ma fra uno sproloquio poziogonistico e l'altro – che passavano, per la maggior parte, sopra la testa di Clementine senza nemmeno sfiorarla – Clem assorbiva solo il tono caritatevole. Sorpreso e divertito come quando si guarda una bestia da circo. Hai capito questi babbani, a volte ci prendono. Forse un colpo di fortuna, altrimenti come potrebbero essere ancora così arretrati? – sembravano tutti dire (o, a volte, dicevano). Clementine alzava gli occhi chiari sulla madre – dall'angolo in cui era stata congedata a leggere un libro, nella stanza accanto con la porta lasciata aperta, perché alla dipendente ministeriale "piacevano i bambini" – ma lei non smentiva. Non smentiva mai.
Clementine avrebbe voluto non esserne toccata, anzi, avrebbe voluto assorbire le loro opinioni e costringersi a dimenticare che fosse una parte di lei. Se ne era scoperta incapace, e se ne era scoperta disgustata crescendo.

«Sicuramente l'abbiamo tutti. Non tutti, però, agiscono immediatamente secondo essa, senza concedere a nessuno il beneficio del dubbio. Magari poteva stupirti.»
Commentò Clementine, e terminò con una risata di scherno e un bel sollevamento degli occhi al cielo quando registrò le successive parole di John: «Potrei essere la persona meno interessante e più sfigata di tutto il Mondo Magico, per quanto ne sai. Magari lo sono.»
Effettivamente, se ci pensava, Clementine non sapeva cosa potesse dire di sé stessa in modo da scatenare curiosità: non aveva particolari talenti che la spingessero verso particolari passioni, ma una testa piena di pensieri sconnessi e una quasi totale ignoranza della "cultura pop" del momento. Un po' di rabbia, ma anche un po' di resa.
Vide il viso dell'altro appena arrossato mentre si sedeva, ed assunse un'aria indagatrice, «Che è, stai male?»
Spostò due dita a giocherellare con l'orlo del vestito, ripiegandolo su sé stesso in orizzontale; in qualche modo doveva sempre tenere le mani occupate, anche quando non ci stava nemmeno lontanamente pensando: l'immobilità le faceva venire l'ansia.
Invece, non riuscì a trattenere una lieve risata alla successiva domanda del Serpeverde: «MacEwen? – sollevò un sopracciglio – Non saprei, sembra un po' strano, un po' ossessionato dagli interventi a lezione e far fare bella figura alla Casata e tutte quelle manfrine, anche se apprezzo l'originalità delle sue minacce passivo-aggressive in bacheca. Ma anche tu mi sembri strano, come ti ho detto... Forse dovrei cacciarti dallo scompartimento.», l'altro manteneva in viso un sorriso sardonico, e Clem scosse la testa alzando gli occhi al cielo, vagamente divertita, per non commentare.
La discussione non si stava evolvendo come Clementine avrebbe creduto una manciata di minuti prima. John parlava in modo colorito, molto diverso dal tono usato in classe, e la stessa Corva si vide perdere compostezza, appoggiando più comodamente il collo contro lo schienale ed accavallando le gambe. Ciò non significava che Clem fosse pienamente convinta del ragazzo, ancora, sicché si vedeva come, sicuramente, fosse una persona dalle forti opinioni. Una di quelle persone che non cambiano idea facilmente. Non che lei fosse da meno ma, come tutti, era abbastanza sicura dei principi dietro i propri ideali che, se non oggettivamente giusti, sosteneva fossero quanto meno democratici.

«Forse, ma 'diverso' non vuol dire necessariamente 'peggiore'.» osservò, anche se sembrava una frase da scatola di cioccolatini del Piediburro, appoggiando i polpastrelli contro il finestrino gelido e guardando i cerchi di calore che si lasciavano dietro. Il paesaggio scorreva ininterrotto: un profilo netto di neve striato dal nero degli alberi, il fiume, in lontananza, ghiacciato.
Mozzò un pensiero sul nascere – diverso, peggiore – perché su alcune cose (persone) non voleva proprio riflettere; per cui apprezzò l'improvvisa digressione di John, che le chiese se avesse visto un fantomatico vagone pieno di neve.

«Questo è il primo in cui sono entrata, e dai finestrini non ho visto nulla. Ma se c'è, voglio vederlo.» disse con sicurezza. D'altronde non era strano trovare certe mess’in scena ad Hogwarts, Galeoni dimenticati ed oggetti nascosti. Certo, un vagone pieno di neve sembrava un'idea un po' autoconclusiva, ma chi era lei per giudicare. Si sporse in avanti per specchiare la posizione di John, e reggere il suo sguardo.
«Proprio così, tutto arzigogolato. Come se ti fossi preparato le battute a casa.»

Ascoltò le parole dell'altro con le sopracciglia sollevate, piegando la testa da una parte: «Beh, la Magia da sola non può tutto. L'intenzione e la componente umana dovrebbero essere fattori di valutazione altrettanto importanti, se non anche maggiori, in un processo (oltre ai danni, le attenuanti, eccetera eccetera). L'operato di Voldemort e, ora, tutta la faccenda del Morbo Bianco dovrebbero avercelo fatto capire.»
D'altronde, lo scandalo non era scaturito dal “solo” uso di Maledizioni senza Perdono o simili, ma soprattutto dalle mire totalitarie di Tom Riddle, dagli atti terroristici e nei principi di superiorità alla base. In quel momento della storia, invece, si poneva il problema contrario: quando l'incantesimo castato non rispecchiava le intenzioni del mago.
Basarsi unicamente sulla traccia magica, anche per un reato minore, avrebbe causato solo ingiustizie, a suo parere.

«Che palle, son così noioso?»

Clementine si strinse nelle spalle, mettendo su una faccia da ragazzina innocente: «Non ho ancora deciso. Hai tutto il viaggio per dimostrarmi di non esserlo, però.»

Edited by Clementine Willoughby - 22/12/2021, 12:13
 
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John S. Jameson
view post Posted on 24/12/2021, 19:44




Il beneficio del dubbio instaurato da Clememtine aveva un certo grado di verità, in realtà. Eppure al mago di Serpeverde non interessava più di tanto, l’opinione degli altri. Non interessava in generale, non perchè era lei, poteva anche esser il loro Dittatore, Eustass, sarebbe stata la stessa cosa. Questa, infatti, per la stragrande maggioranza dei casi era semplicemente un qualcosa di superfluo o se non di superfluo, semplicemente di errato, fallace, manchevole, tutte cose che al giovane adolescente davano terribilmente fastidio. Partendo dalla famiglia, dai commenti del Padre e della Madre, nonché di tutti quei colleghi di entrambi, altolocati, che davano il senso di esser semplicemente dei falsi e degli ipocriti; sempre. Proprio per questo le decisioni assunte, il vento in poppa del sesto senso, ciò che diceva la pancia e l’istinto venivano praticamente sempre ascoltati e seguiti. Se non ci prendeva, voleva dire sbagliare del tutto, completamente con il rischio di fare delle figure veramente brutte; ma sbagliando si impara. Il Tassorosso di prima sarebbe potuto rivelarsi il suo futuro migliore amico nel futuro eppure, “Chi se ne frega”, pensò il ragazzo senza esternare quelle parole. I commenti alle decisioni prese lo rendevano spesso e volentieri irascibile, soprattutto su questioni del tutto soggettive e di conseguenza proprie di ognuno. “Magari, invece, poteva confermare la tesi secondo la quale la maggior parte delle volte il sesto senso ci prende, evitandomi una gran perdita di tempo ed un viaggio con un bambinetto da bulleggiare fino a farlo piangere. Non che me ne sarebbe dispiaciuto in realtà, se vuoi provo a richiamarlo?” L’indice ad indicare la porta dello scompartimento da loro occupato proprio quando decise di mimare un pianto facendo da attore melodrammatico, sia con i lineamenti del viso sia con il suono, il tutto per una manciata di secondi prima di sorridere malizioso. “Me lo immagino il terzetto, con te che fai da Medimaga da teatro di guerra Turco-Siriano. Tzè.” Il tutto accompagnato da un lieve calcetto portando in avanti la punta della scarpa verso la tibia della ragazza. Più un buffetto che un calcetto, una panzana amichevole incapace proprio di creare danno ne tantomeno di fare male, accompagnata da un ulteriore sorriso, bonario. “Uno vagone riempito di neve, effettivamente sarebbe un bello smacco per Prefetti, Capiscuola e Custode. Una cazzo di genialata, davvero!” Ed era sincero, chiunque ne fosse l’autore - ammesso e non concesso che fosse vero - era da innalzare a membro onorario del Wizengamot, subito, dedicargli un vicolo di Notturn Alley o la piazza antistante la Gringott con tanto di statua o targa in oro massiccio a commemorare l’impresa. “MacComeSiChiama dunque è sulla falsariga del Vice-Preside. Uhm, buono a sapersi. Eppure non credo di esser strano come lui, dai.” Il solo pensiero di esser paragonato al sacco di Corvonero, lo indispettì, leggermente ovviamente, reggendone lo sguardo e guardandola negli occhi “Al fine di evitare che questo viaggio sia effettivamente noioso, facciamo un gioco: obbligo o verità?” Commentò facendo alzare di poco il sopracciglio sinistro, in un’aperta e palese voglia di tenerle testa. Al commento sul suo esser rosso, la testa roteò prima a destra e poi a sinistra, come a voler sviare quel discorso. “Chi, io? Male di cosa?” Era stato ‘sgamato’ ma senza la reale cognizione sul perchè, poco male.
 
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view post Posted on 27/12/2021, 22:14
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Il tessuto vellutato del vestito rifletteva appena la luce dove s’incurvava sulla sporgenza delle clavicole (delle quali sbucava l’incavo netto al centro della scollatura quadrata) e delle anche, dove, da seduta, si arricciava in pieghe morbide la linea pulita della gonna.
Clementine trovava che la moda fosse appassionante nell’espressione di se stessi, anche se non lo avrebbe mai ammesso. Non ammettendolo, non aveva mai neppure il fegato di aggiungere al proprio guardaroba tutti quei capi in vetrina che guardava con desiderio severamente mascherato. Perciò, cercava di farsi bastare quello che aveva.
Fece schioccare la lingua contro il palato quando John le descrisse il teatrino immaginario, e cambiò ancora una volta posizione sul sedile, tenendovi una gamba piegata sopra e l’altra a penzolare, con l’incavo del ginocchio incastrato sulla caviglia nocchieruta.

«Non ci sperare troppo. Da buona Medimaga, nel caso si sfociasse in un duello, vi darei le spalle per non essere testimone e lascerei che ve la sbrighiate da soli all’ultimo sangue. Poi porterei al San Mungo lo sconfitto.»

Sorrise serafica, con un angolo della bocca che pendeva da una parte. Abbassò un’occhiata stizzita sulla scarpa di John, quando questi gliela premette appena sulla pelle scoperta dello stinco.

«L’avviso, giovanotto: quello che state facendo qui non rientra propriamente nella legalità. Ho un debito da rimettere e per questo mi presto a tali barbarie. Ma esigo restarne fuori il più possibile, e mantenere la mia negabilità. Per cui eviti ogni contatto futuro con la sottoscritta, e che Merlino l’aiuti.»

La voce era senza note di divertimento, mentre si calava nel personaggio (perché? Perché no?). Osservò l’altro con intento, prima di fare un rapido cenno del capo e riaccasciarsi contro lo schienale.
«Ora che ci penso, ho sentito due ragazze del Quarto parlarne in banchina. Penso di aver sentito nominare il Capitano di Grifondoro…?» lasciò in sospeso una domanda implicita, perché effettivamente non era sicura né di aver sentito bene, né di ricordarsi bene, né che effettivamente quelle ragazze stessero parlando di questo. Il suo cervello aveva semplicemente collegato gli sprazzi di conversazione recepiti con poca attenzione.

«Chi, io? Male di cosa?»

Clementine decise di non incalzare, dopo essersi presa una deliberata manciata di secondi per squadrare John. Le persone svicolavano per un motivo, e a Clem non cambiava nulla, quindi poteva lasciare all’altro i cazzi suoi. Ma non poté impedirsi una smorfia canzonatoria alla risposta del Serpeverde. Immaginava perché John si reputasse meno “strano”, a primo acchito, rispetto al suo Caposcuola– ma a Clementine non sembrava comunque una presunzione valida. Lei stessa era incuriosita dall’insolito, d’altronde, se non fosse stata testimone della stramba reazione del Tassorosso, non sarebbe lì in quel momento. «Potrei anche dirmi d’accordo, ma non sarebbe necessariamente un complimento.
«Obbligo o verità? – ripeté, con il tono di chi finge di non aver capito bene – Sei più pischello di quanto sembri, allora. Ma perché no.» decretò finalmente, stringendosi nelle spalle in condiscendenza. Prima di poter rivendicare il proprio turno in nome della galanteria (e del fatto che, seguendo la conversazione, era lei quella che andava intrattenuta per il viaggio), però, arricciò il naso.

«Serve una penitenza, altrimenti che gioco è?»
 
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