| A Clementine non era mai stato dato veramente il tempo di essere bambina. Non che lei non avesse puntualmente cercato di conquistarlo, gattonando nel cortile, affondando le dita nel terriccio e strizzando gli steli d'erba per spremerne la clorofilla. "Faceva le pozioni", come la nonna (che a suo tempo era stata erede della produzione e rivendita di Pozioni Curative ed Estetiche a nome Willoughby), ma si sporcava la cuffia di fango e sua madre la riportava in casa, esasperata. E sbrigativamente: se non ne voleva sapere, la tirava su con un Levicorpus. Aveva capito abbastanza presto che a cercare il conflitto non si guadagnava nulla; quindi, tanto valeva sopportare e rispettare le regole, senza troppe magagne. ‘Le regole’ erano starsene buona e silenziosa mentre sua madre illustrava una qualche mossa commerciale o miglioria scoperta dalla squadra ad intercambiabili clienti ed investitori. Cercare di imparare quanto potesse. Alethea manteneva il suo primato da innovatrice nell'aver studiato la chimica e farmaceutica babbana ed aver cominciato ad integrarla nella produzione famigliare. Ma fra uno sproloquio poziogonistico e l'altro – che passavano, per la maggior parte, sopra la testa di Clementine senza nemmeno sfiorarla – Clem assorbiva solo il tono caritatevole. Sorpreso e divertito come quando si guarda una bestia da circo. Hai capito questi babbani, a volte ci prendono. Forse un colpo di fortuna, altrimenti come potrebbero essere ancora così arretrati? – sembravano tutti dire (o, a volte, dicevano). Clementine alzava gli occhi chiari sulla madre – dall'angolo in cui era stata congedata a leggere un libro, nella stanza accanto con la porta lasciata aperta, perché alla dipendente ministeriale "piacevano i bambini" – ma lei non smentiva. Non smentiva mai. Clementine avrebbe voluto non esserne toccata, anzi, avrebbe voluto assorbire le loro opinioni e costringersi a dimenticare che fosse una parte di lei. Se ne era scoperta incapace, e se ne era scoperta disgustata crescendo.
«Sicuramente l'abbiamo tutti. Non tutti, però, agiscono immediatamente secondo essa, senza concedere a nessuno il beneficio del dubbio. Magari poteva stupirti.» Commentò Clementine, e terminò con una risata di scherno e un bel sollevamento degli occhi al cielo quando registrò le successive parole di John: «Potrei essere la persona meno interessante e più sfigata di tutto il Mondo Magico, per quanto ne sai. Magari lo sono.» Effettivamente, se ci pensava, Clementine non sapeva cosa potesse dire di sé stessa in modo da scatenare curiosità: non aveva particolari talenti che la spingessero verso particolari passioni, ma una testa piena di pensieri sconnessi e una quasi totale ignoranza della "cultura pop" del momento. Un po' di rabbia, ma anche un po' di resa. Vide il viso dell'altro appena arrossato mentre si sedeva, ed assunse un'aria indagatrice, «Che è, stai male?» Spostò due dita a giocherellare con l'orlo del vestito, ripiegandolo su sé stesso in orizzontale; in qualche modo doveva sempre tenere le mani occupate, anche quando non ci stava nemmeno lontanamente pensando: l'immobilità le faceva venire l'ansia. Invece, non riuscì a trattenere una lieve risata alla successiva domanda del Serpeverde: «MacEwen? – sollevò un sopracciglio – Non saprei, sembra un po' strano, un po' ossessionato dagli interventi a lezione e far fare bella figura alla Casata e tutte quelle manfrine, anche se apprezzo l'originalità delle sue minacce passivo-aggressive in bacheca. Ma anche tu mi sembri strano, come ti ho detto... Forse dovrei cacciarti dallo scompartimento.», l'altro manteneva in viso un sorriso sardonico, e Clem scosse la testa alzando gli occhi al cielo, vagamente divertita, per non commentare. La discussione non si stava evolvendo come Clementine avrebbe creduto una manciata di minuti prima. John parlava in modo colorito, molto diverso dal tono usato in classe, e la stessa Corva si vide perdere compostezza, appoggiando più comodamente il collo contro lo schienale ed accavallando le gambe. Ciò non significava che Clem fosse pienamente convinta del ragazzo, ancora, sicché si vedeva come, sicuramente, fosse una persona dalle forti opinioni. Una di quelle persone che non cambiano idea facilmente. Non che lei fosse da meno ma, come tutti, era abbastanza sicura dei principi dietro i propri ideali che, se non oggettivamente giusti, sosteneva fossero quanto meno democratici.
«Forse, ma 'diverso' non vuol dire necessariamente 'peggiore'.» osservò, anche se sembrava una frase da scatola di cioccolatini del Piediburro, appoggiando i polpastrelli contro il finestrino gelido e guardando i cerchi di calore che si lasciavano dietro. Il paesaggio scorreva ininterrotto: un profilo netto di neve striato dal nero degli alberi, il fiume, in lontananza, ghiacciato. Mozzò un pensiero sul nascere – diverso, peggiore – perché su alcune cose (persone) non voleva proprio riflettere; per cui apprezzò l'improvvisa digressione di John, che le chiese se avesse visto un fantomatico vagone pieno di neve.
«Questo è il primo in cui sono entrata, e dai finestrini non ho visto nulla. Ma se c'è, voglio vederlo.» disse con sicurezza. D'altronde non era strano trovare certe mess’in scena ad Hogwarts, Galeoni dimenticati ed oggetti nascosti. Certo, un vagone pieno di neve sembrava un'idea un po' autoconclusiva, ma chi era lei per giudicare. Si sporse in avanti per specchiare la posizione di John, e reggere il suo sguardo. «Proprio così, tutto arzigogolato. Come se ti fossi preparato le battute a casa.»
Ascoltò le parole dell'altro con le sopracciglia sollevate, piegando la testa da una parte: «Beh, la Magia da sola non può tutto. L'intenzione e la componente umana dovrebbero essere fattori di valutazione altrettanto importanti, se non anche maggiori, in un processo (oltre ai danni, le attenuanti, eccetera eccetera). L'operato di Voldemort e, ora, tutta la faccenda del Morbo Bianco dovrebbero avercelo fatto capire.» D'altronde, lo scandalo non era scaturito dal “solo” uso di Maledizioni senza Perdono o simili, ma soprattutto dalle mire totalitarie di Tom Riddle, dagli atti terroristici e nei principi di superiorità alla base. In quel momento della storia, invece, si poneva il problema contrario: quando l'incantesimo castato non rispecchiava le intenzioni del mago. Basarsi unicamente sulla traccia magica, anche per un reato minore, avrebbe causato solo ingiustizie, a suo parere.
«Che palle, son così noioso?»
Clementine si strinse nelle spalle, mettendo su una faccia da ragazzina innocente: «Non ho ancora deciso. Hai tutto il viaggio per dimostrarmi di non esserlo, però.»
Edited by Clementine Willoughby - 22/12/2021, 12:13
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