Hogwarts: Harry Potter Gioco di Ruolo

Spartacus, Allenamento #M07

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view post Posted on 8/4/2020, 14:40
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Ella distrugge per ricreare


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A distanza di poco più di tre mesi dalla propria ascesa al potere ecco che Morgana si era ritrovata nella condizione di cercare nuovi alleati. Tra le punizioni in stile Hawkins e gli abbandoni, la squadra verde-argento era tornata a contare un numero tanto esiguo di giocatori da non essere nemmeno lontanamente sufficiente a sostenere il Campionato e la scozzese s'era dovuta immediatamente occupare della questione tornando ad aprire le selezioni. Nonostante non fosse passato poi molto tempo dall'ultima volta, la risposta dei concasati non si era fatta attendere e aveva pienamente soddisfatto le richieste di ruolo che Morgana aveva ritenuto più opportune. La perdita che più di tutte l'aveva mandata fuori di testa era stata quella della Blossom e sperava vivamente di avere abbastanza tempo per istruire a dovere un nuovo Cercatore. Dopo aver trascorso gli ultimi giorni a preparare, spedire e correggere i Test Teorici, finalmente era giunto il momento di sfogare la propria frustrazione in campo e - cosa ancor più importante - rendere chiaro da subito alle reclute di doversi ritenere soldati sul fronte di guerra. Quel pomeriggio il Capitano aveva raggiunto l'ovale esattamente un'ora prima dell'incontro fissato con i compagni di squadra, le serviva tempo per allestire il percorso del riscaldamento e dopo aver richiesto l'aiuto di un paio di manichini s'era messa all'opera. Sul campo soffiava un vento stranamente caldo, piacevole ma comunque capace di ricordare il suo potere violento; aveva optato per un riscaldamento base, nulla che riguardasse particolari manovre di un ruolo piuttosto che di un altro, così anche i novellini si sarebbero potuti preparare a dovere rimandando le spiegazioni della scozzese a un secondo momento. Sul lato nord del campo era stata piazzata una bandiera verde a indicare il punto di partenza, poco più avanti una serie di ostacoli di crescente altezza avrebbero obbligato i ragazzi a superarli con vari salti per giungere davanti a una struttura in legno a piramide: sulla cima una corda avrebbe permesso ai giocatori di superare il piano inclinato aggrappandosi a essa. Proseguendo avrebbero raggiunto una serie di lunghe corde mantenute verticali magicamente, arrampicandosi su di esse avrebbero dovuto raggiungere la Pluffa sospesa in aria. Una volta scesi si sarebbero trovati di fronte a una seconda struttura lignea, a un'altezza di circa due metri alcuni pioli sostenuti in orizzontale avrebbero invitato loro ad appendersi a essi per avanzare senza toccare terra. Lo sguardo chiaro della scozzese si trascinò su ogni oggetto, man mano che la spiegazione prendeva vita nella propria mente, e giunse all'ultimo ostacolo: una serie di pali piantati nel terreno a sorreggere orizzontalmente alcune corde a cui i compagni si sarebbero dovuti sostenere a testa in giù per proseguire. Controllato che non mancasse nulla non dovette far altro che attendere l'arrivo dei giocatori.

«Buon pomeriggio a tutti. - Con aria fiera, mentre il vento faceva ondeggiare la lunga coda alta dietro le spalle, il proprio sguardo si soffermò per qualche istante sui nuovi volti scesi in campo. - Prima di tutto voglio dare il benvenuto alle reclute: Madison, Evander, Lia, Sybil e Heather. Io ovviamente sono Morgana, Capitano della squadra. - D'istinto la propria mano sinistra si mosse per indicare i ragazzi che già ne facevano parte invitandoli a presentarsi a loro volta. - Mi preme da subito informarvi dell'importanza che questo sport ha per me e per coloro che nei mesi precedenti mi hanno dimostrato d'essere sulla mia stessa lunghezza d'onda, se siete qui semplicemente per passare il tempo vi siete fatti un'idea sbagliata del Quidditch: vi sarà richiesto di dare il massimo anche quando vi mancherà il fiato, di fare del vostro ruolo una seconda pelle e del campo una seconda casa. Quando siamo qui rappresentiamo l'intera Casata, è una responsabilità con cui non si può scherzare.» Non l'avrebbe mai ripetuto abbastanza e sperò vivamente che le reclute recepissero immediatamente il messaggio, lo sguardo incoraggiante che rivolse loro doveva fungere anche da raccomandazione a non deluderla. A quel punto, abbandonando la scopa al suolo, incrociò le braccia sotto il seno e cominciò con le prime direttive rivolgendosi a tutta la squadra. «Allora, cominciamo: partiremo con un riscaldamento a terra. Ci posizioneremo accanto alla bandiera verde e da lì cominceremo a correre fin quando gli ostacoli posizionati poco più avanti non ci obbligheranno a superarli con dei balzi a piedi uniti, sono cinque e l'altezza aumenta gradualmente. Continuando a correre arriveremo davanti a quella piramide di legno... - L'indice destro si allungò per indicarla. - ...e dovremo aggrapparci alle corde fissate in cima superando l'accentuata pendenza del primo lato per poi scivolare su quello opposto e tornare a terra. Ognuno di noi si troverà davanti ad una corda, poi, sulla quale sarà necessario arrampicarsi per raggiungere la Pluffa a mezz'aria; da quella stessa altezza, continuando a reggerci alla fune, dovremo lanciare la palla agli anelli distanti non più di cinque metri. Continueremo con la corsa, quindi, fino a raggiungere una seconda struttura in legno: dovremo appenderci ai pioli sulle nostre teste e far lavorare le braccia per raggiungere l'altro lato. Giunti quasi alla fine troveremo una coppia di pali, entrambi davanti a noi e uniti da una corda di circa due metri e mezzo, dovremo appenderci a essa a testa in giù come durante una Sloth Grip Roll e percorrerla per tutta la sua lunghezza. Per concludere il percorso sarà necessario un ultimo scatto in velocità verso la bandiera di partenza.» Come sempre avrebbe lasciato a ognuno di loro il tempo di elaborare le informazioni e, eventualmente, porle qualche domanda di chiarimento; se non ne avessero sentito il bisogno Morgana avrebbe stretto ulteriormente l'elastico sulla propria nuca e poi sarebbe partita per prima. Con le braccia piegate in prossimità dei fianchi avrebbe cominciato a correre in direzione dei primi strumenti, labbra serrate per l'inspirazione e schiuse per l'espirazione. Davanti agli ostacoli avrebbe accostato i piedi e già da quello più basso avrebbe flesso adeguatamente le ginocchia affinché i muscoli delle gambe si riscaldassero a dovere, il secondo - di altezza appena maggiore - avrebbe richiesto un ulteriore slancio e quindi le proprie articolazioni si sarebbero piegate ancor di più per consentirle un balzo più alto. Proseguendo avrebbe lavorato sempre più di quadricipiti e bicipiti femorali fino a percepire i polpacci formicolare al termine dell'ultimo salto. Allora, cercando di mantenere costante il battito del proprio cuore con lunghi respiri, avrebbe ripreso a correre sino alla prima struttura in legno: la corda fissata in cima penzolava lenta a pochi centimetri dai propri piedi, Morgana l'avrebbe stretta con determinazione tra le dita di entrambe le mani e poi avrebbe portato il primo piede sul piano inclinato di fronte a sé. Una volta certa della forza esercitata sulla fune anche il piede sinistro avrebbe abbandonato il suolo per cominciare la scalata, alternativamente le proprie mani si sarebbero allontanate dalla corda per aggrapparsi a essa in un punto più alto e in contemporanea le suole delle proprie scarpe avrebbe seguito quel movimento avanzando grazie al lavoro delle proprie braccia nel permettere loro l'equilibrio in salita. Raggiunta la cima Morgana avrebbe mollato la presa sulla corda e avrebbe utilizzato il lato in discesa come uno scivolo rimettendo i piedi a terra in qualche secondo, le mani appena arrossate per l'attrito con la corda si sarebbero quindi richiuse in un paio di pugni e le gambe avrebbero ripreso a correre. Appena oltre la prima curva dell'ovale, le funi verticali sarebbero entrate all'interno del proprio campo visivo e con un'inspirazione profonda il Capitano vi si sarebbe approcciata: avrebbe allungato le braccia il più possibile per stringere la corda in un punto piuttosto alto e poi, con un ennesimo slancio delle gambe, avrebbe staccato i piedi da terra e stretto le cosce alla fune com'era solita fare attorno al manico di scopa. A quel punto avrebbe fatto passare la corda attorno alla gamba destra per poi ancorarla allo stesso piede così da avere una presa maggiore, il gemello sotto la fune e sopra al destro così da bloccarla. Entrambi avrebbero spinto verso il basso per permettere a Morgana di allungarsi nella direzione opposta e portare le mani sempre più in alto, le gambe si sarebbero raccolte al petto e le ginocchia avrebbero trattenuto la corda permettendo a Morgana di ripetere l'incastro di quest'ultima tra i propri piedi. Così facendo sarebbe dovuta riuscire a raggiungerne la cima e lì, mantenendo la posizione, avrebbe allungato il braccio destro per acciuffare la Pluffa e voltarsi in direzione degli Anelli appena superati; avrebbe rapidamente mirato a quello di sinistra e con uno slancio violento del braccio dominante avrebbe spinto la Palla in avanti con tutta la forza necessaria a farle raggiungere l'obiettivo. Sciogliendo la presa dei propri piedi sulla fune avrebbe intrapreso una rapida discesa e, nuovamente a terra, la corsa l'avrebbe condotta sino alla spalliera posta orizzontalmente sulla propria testa; con un balzo avrebbe stretto entrambe le mani al primo piolo e poi, piegando appena le gambe, per un solo secondo avrebbe sorretto il proprio corpo a mezz'aria esclusivamente grazie al braccio sinistro mentre il destro si sarebbe allungato in avanti per far sì che le proprie falangi si stringessero a piolo successivo. Quindi sarebbe dovuta avanzare la mano sinistra, affidando l'equilibrio al braccio dominante avrebbe raggiunto la sbarra in legno poco più avanti continuando ad alternarsi alla gemella fino al termine della struttura. Una volta dall'altra parte Morgana si sarebbe concessa un profondo sospiro e, continuando a correre, avrebbe disteso le braccia per liberarle dalla tensione dell'esercizio appena concluso; a quel punto non restava che superare l'ultimo ostacolo. La rossa di Inverness avrebbe superato il primo palo e poi avrebbe stretto entrambe le mani alla fune così da riuscire a issare i piedi con un rapido slancio, la testa rivolta verso il punto di arrivo e le caviglie intrecciate sopra la corda. Le braccia si sarebbero allungate in avanti mentre le gambe accovacciate al petto sfregando continuamente sulla corda e in quella maniera sarebbe avanzata combattendo contro la gravità. Giunta dall'altra parte avrebbe obbligato le proprie gambe a un ultimo sforzo e con un rapido scatto in avanti avrebbe raggiunto la bandiera iniziale concedendo al proprio corpo di riprendere fiato.

//Scadenza per postare: venerdì 10 ore 22:00.

Edited by Morgana Celebrian - 8/4/2020, 16:04
 
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view post Posted on 8/4/2020, 18:23
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Quel pomeriggio, Heather si era recata al campo da Quidditch con un profondo senso di curiosità. Si era iscritta alle selezioni quasi per sbaglio, un po' perché qualcuno glielo aveva proposto, un po' perché... be', tutti quanti sembravano sempre così ossessionati da quello sport, che la quattordicenne aveva deciso di scoprire cosa c'era di tanto interessante. Ovviamente, non poteva farlo come le persone normali, dando una lettura a Il Quidditch Attraverso i Secoli e cominciando a seguire qualche partita al di fuori del campionato scolastico. No, doveva fare le cose in grande. O tutto o niente per Heather Blishwick. Perché semplificarsi la vita, quando si può scegliere la strada più difficile? Dopotutto, il modo migliore per conoscere qualcosa è farne esperienza diretta, no?
Chiedendosi vagamente cosa avrebbe pensato un certo Corvonero se avesse potuto vederla in quel momento, Heather raggiunse il punto in cui Morgana, il capitano della squadra, attendeva davanti ad una serie di strutture da allenamento. Adocchiandole, sentì crescere un leggero senso di trepidazione, il quale venne ulteriormente accentuato dalle parole della Celebrian. Mh. Qua si fa sul serio. La ragazza finì di ascoltare le parole della Capitana con lo stomaco che andava via via annodandosi. Sembrano prove impegnative, quelle che avrebbero dovuto affrontare, ma d'altronde, cos'altro c'era da aspettarsi? Hai voluto la scopa, adesso ti tocca volare. Anche se per adesso siamo ancora a terra.

Facendo respiri profondi per cercare di calmare l'ansia da prestazione che minacciava di prenderla tutto d'un tratto, Heather si posizionò vicino alla bandiera verde, legandosi i capelli in una coda alta per impedire che le oscurassero la vista durante l'allenamento. Si voltò dunque a fronteggiare i primi ostacoli, e dopo un ultimo respiro profondo, cominciò a correre. Avrebbe avvicinato le braccia ai fianchi, ed esse avrebbero accompagnato la sua corsa muovendosi avanti e indietro in maniera alternata. Avendo cura di inspirare dal naso ed espirare dalla bocca, sarebbe arrivata davanti al primo ostacolo, avrebbe accostato i piedi e, flettendo un poco le ginocchia, si sarebbe poi data una spinta in avanti sufficiente a superare l'oggetto. Il secondo ostacolo avrebbe richiesto una flessione leggermente maggiore, costringendo cosce e ginocchia ad Heather ad uno sforzo in più nella fase di flessione e di slancio; la ragazza sarebbe atterrata dal secondo balzo sentendo il terreno congiungersi con i piedi con una forza maggiore, e facendo particolare attenzione a mantenere l'equilibrio. Il terzo ostacolo avrebbe visto bicipiti e quadricipiti delle sue gambe cominciare ad accusare una leggera fatica, così come i polpacci, ma Heather sarebbe andata avanti ugualmente: piedi uniti, flessione ancora maggiore delle ginocchia, slancio con forza moderata in avanti, atterraggio e mantenimento dell'equilibrio, anche grazie all'aiuto delle braccia che si sarebbero leggermente allontanate dal corpo a seconda della necessità. Lo stesso procedimento sarebbe stato ripetuto, con intensità crescente, con il quarto e il quinto ostacolo.

Heather avrebbe poi continuato la sua corsa ad ostacoli, dirigendosi verso la piramide di legno. La corda penzolava a poca distanza dal terreno, e per avere una partenza stabile, Heather l'avrebbe afferrata con entrambe le mani, la destra posizionata sopra la mancina. Avrebbe poi portato il piede destro sopra la piramide, assicurandosi che la suola avesse abbastanza attrito da non scivolare sulla superficie in legno. La mano sinistra si sarebbe poi staccata dalla corda, e con una spinta combinata degli arti, il piede sinistro sarebbe stato portato un passo avanti al destro; contemporaneamente la mano sinistra avrebbe afferrato un punto della corda più alto rispetto alla destra. Sempre assicurandosi di avere una presa stabile sia sulla corda che sulla superficie in legno, Heather avrebbe continuato così la sua scalata, con gli arti del lato destro che si sarebbero alternati a quelli del lato sinistro nello spingere la ragazza sempre più in alto. Avrebbe costretto i propri polmoni a respirare secondo un ritmo controllato e regolare, senza cedere alla tentazione di abbandonarsi al fiatone, e così facendo controllando anche l'andamento del proprio cuore. Una volta in cima, le mani ormai rosse avrebbero abbandonato la corda, per aiutarla a sedersi sul lato opposto della piramide senza perdere l'equilibrio. Heather sarebbe dunque scivolata verso il basso, momentaneamente grata per la forza di gravità che la trascinava giù.

Una volta tornata a terra, Heather avrebbe ripreso a correre, fino a superare la curva del campo e a raggiungere le corde verticali. L'ansia da prestazione si era del tutto dissipata, sostituita dall'adrenalina. Dopo un altro respiro profondo, e aver portato il corpo parallelo alla corda, Heather avrebbe piegato le ginocchia, oscillato le braccia dal basso verso l'alto per aumentare la spinta, e avrebbe spiccato un salto, cercando di arrivare il più in alto possibile. Entrambe le mani avrebbero afferrato la corda nel punto più alto sopra la sua testa che fossero riuscite a raggiungere. Facendo appello alla sola forza delle braccia, Heather si sarebbe sollevata verso l'alto, stringendo saldamente la corda con entrambe le mani e facendo appello a tutta l'energia che aveva negli arti superiori. Dopodiché, avrebbe portato le ginocchia al petto, e fatto in modo che la corda scivolasse sul lato esterno del piede destro. Il piede sinistro sarebbe stato poi sollevato, passando sotto al destro, e raccogliendo la corda sul dorso. Infine, la suola sinistra sarebbe stata portata sul piede destro, bloccando la corda sul dorso di quest'ultimo. Spingendo sulle gambe, Heather si sarebbe portata più in alto, aiutandosi con le braccia e facendo leva sulla base che i piedi avevano formato assieme alla corda. Una volta che il corpo si fosse completamente disteso verso l'alto, Heather avrebbe rilasciato il nodo che i piedi avevano formato con la corda, e portate nuovamente le ginocchia al petto, avrebbe ripetuto il procedimento fino ad arrivare in cima. Raggiunta la vetta, senza mai mollare la presa di mani e piedi, avrebbe staccato soltanto la mano destra per afferrare la Pluffa. Voltatasi per mirare agli anelli, avrebbe portato indietro il braccio destro, e caricando tutta l'energia che riusciva a raccogliere, avrebbe scagliato la palla in avanti, sperando di centrare l'anello alla sua sinistra, il più vicino a lei. Dopodiché avrebbe intrapreso la discesa dalla fune. In posizione eretta, i piedi sarebbero stati portati uno accanto all'altro, con la corda che passava sotto al piede destro e sopra il sinistro. Le braccia formicolanti di Heather si sarebbero alternate nell'afferrare la corda sempre più in basso, mentre la fune scorreva in maniera controllata tra i suoi piedi, permettendole di mantenere il controllo della discesa senza fare affidamento solo sulle braccia.

Finito con la corda, ancora due ostacoli attendevano la giovane verde-argento. Più determinata che mai a terminare il percorso, Heather avrebbe continuato a correre verso il quarto ostacolo, avendo sempre cura di controllare la respirazione, e scuotendo le braccia lungo i fianchi per liberarle dalla tensione che avevano accumulato. Raggiunta la struttura per arrampicata, si sarebbe strofinata velocemente le mani sul tessuto della divisa, in modo da liberarsi dal sudore che copriva i palmi ed avere una presa migliore. Ancora una volta, avrebbe spiccato un salto, piegando le ginocchia e portando velocemente le braccia verso l'alto per aiutarsi nella spinta. Entrambe le mani avrebbero afferrato il primo piolo sopra la sua testa. Piegando leggermente le gambe, avrebbe portato in avanti la mano destra per afferrare il secondo piolo, costringendo per un momento il braccio sinistro a reggere tutto il suo peso. La mano sinistra avrebbe presto raggiunto la compagna sul medesimo appoggio. Aiutandosi con un leggero dondolio delle gambe, Heather avrebbe ripetuto questo approccio fino a coprire tutta la distanza dell'attrezzo. Avrebbe infine lasciato la presa dai pioli, atterrando nuovamente sull'erba del campo da Quidditch.

Un ultimo sforzo. Nuovamente, Heather avrebbe scosso le braccia per cercare di liberarsi della tensione insinuatasi nei muscoli, e avrebbe continuato a correre verso l'ultimo avversario. Fatti un paio di passi per superare il primo palo, Heather si sarebbe voltata, dando le spalle alla dirittura d'arrivo. I palmi delle mani sarebbero stati nuovamente sfregati contro la stoffa dell'uniforme, per poi afferrare il più saldamente possibile la corda orizzontale. Piegando le gambe sotto di sé, Heather si sarebbe lasciata momentaneamente penzolare dalla corda, per poi portare velocemente entrambe le gambe verso l'alto. La caviglia destra si sarebbe agganciata sulla corda, e la sinistra l'avrebbe raggiunta un attimo dopo, incastrandosi su di essa. Mantenendo le caviglie ancorate l'una all'altra, e avendo cura di fare strisciare la corda lungo il retro della scarpa piuttosto che contro la caviglia nuda, Heather avrebbe portato ancora una volta le ginocchia al petto. Il braccio destro poi sarebbe stato portato indietro, per afferrare il punto successivo della corda, e la sinistra l'avrebbe poi superato, andando ad avanzare lungo la lunghezza della fune. Heather sarebbe avanzata così, cercando di controllare il respiro, fino a terminare l'esercizio. Raggiunto il secondo palo, avrebbe disincastrato le caviglie e portato nuovamente i piedi a terra, lasciando finalmente andare la presa dalla fune.

Infine, Heather avrebbe ignorato le lamentele che le arrivavano da tutti e quattro gli arti, e avrebbe corso per l'ultimo pezzetto di campo per raggiungere la bandiera iniziale. Soltanto allora si sarebbe concessa di respirare liberamente, dando libero sfogo all'affanno che aveva minacciato di prenderla durante tutto il percorso. La castana si sarebbe piegata in avanti poggiando le mani sulle ginocchia, cercando di riprendere fiato.
 
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Madison Grey
view post Posted on 8/4/2020, 23:29




Ho già largamente espresso la mia riluttanza nei confronti dell'attività fisica, perciò la domanda sorge spontanea: come mi era venuto in mente di farmi avanti per entrare nella squadra di Serpeverde? In realtà non saprei bene spiegarlo. Quando seppi di quell'opportunità, qualcosa dentro di me subito mi indirizzò ad intraprendere quella strada, o quantomeno a provarci. Sebbene lo sport non fosse nelle mie corde, pensavo che mi avrebbe fatto bene fisicamente e mentalmente sia allenarmi, sia dedicarmi ad un'attività. Inoltre sarei stata contenta di essere una parte attiva della mia Casata, che lavora sodo tanto nello studio quanto nelle altre attività che potevano portargli lustro. Perciò, che non si pensi che solo perché non ero una sportiva prendevo la faccenda sotto gamba! Tutt'altro! In realtà non credo di aver mai preso nulla alla leggera; nel momento in cui iniziavo a dedicarmi a qualcosa davo sempre il massimo, non mi sarei mai perdonata un fallimento o, peggio ancora, un lavoro a metà.
Dopo un non brillantissimo test teorico, era ora della pratica. Certo, pensare di dovermi in qualche modo rifare col fisico, quando la parte su cui puntavo di più, o meglio più allenata, era la testa... non era ciò che ci voleva. Ma scossi via quel pensiero non appena lo intercettai e cominciai a pensare solo positivo. Prospettarsi il peggio non avrebbe portato a nulla di buono.
Arrivai pertanto al Campo di Quidditch e cli c'erano sia chi come me tentava di entrare in squadra, sia chi invece ne faceva già parte. Il Capitano della squadra, Morgana, diede a noi reclute il benvenuto, poi si presentò. Seguì un discorso a metà tra l'incoraggiamento ed il monito, per poi passare all'illustrazione di ciò che ci aspettava.
Il solo realizzare ciò che mi attendeva mi fece sentire stanca. Mentre parlava misi le mani sui fianchi, e intanto che la ascoltavo, ad ogni nuova parte di quell'esercitazione che si presentava la mia espressione si fece sempre più provata. La sensazione era che stessi alzando il sopracciglio destro, ma in verità non ne ero mai stata capace perciò non so veramente cosa uscì fuori, senza dubbio l'espressione inequivocabile di qualcuno già provato in partenza. Ma tentai di riprendermi subito.
Morgana passò alla dimostrazione pratica, e mentre la osservato attentamente, cercando di captare ogni aspetto dei suoi movimenti che potesse tornarmi utile per eseguire al meglio quella prova senza arrivare alla fine stroncata da un infarto, mi legai i capelli, così da eliminare intanto un elemento potenzialmente d'intralcio. Poi, quando ebbe terminato, chiusi gli occhi qualche istante e feci profondi respiri, aspirando dal naso ed espirando dalla bocca, tecnica che in passato era sempre riuscita a ridarmi la calma e la stabilità emotiva. Perciò riaprii gli occhi, convinta che potevo farcela, stava tutto nella volontà e nella capacità di non arrendersi al primo ostacolo. Dovevo solo avere fiducia in me stessa, che non mi era mai mancata. Quindi, quando mi sentii più tranquilla, ma soprattutto percepii il recupero delle forze, inizialmente perse per semplice timore, fui pronta ad iniziare.

Una volta accanto alla bandiera verde, avrei piegato un poco le braccia e, facendo leva sulle gambe, mi sarei data la spinta iniziale per partire con la corsa, cercando di fare uno scatto e proseguire ad una velocità crescente. Senza rallentare, ad ormai pochi centimetri di distanza dal primo ostacolo avrei unito le gambe, piegato le ginocchia e mi sarei data la spinta per oltrepassare quel primo step, poi avrei proseguito nella corsa, nuovamente alla vista dell'ostacolo mi sarei fermata pochissimi istanti, strettamente necessari all'avvicinamento della gambe, e di nuovo avrei piegato le ginocchia per far una sorta di leva e di nuovo cercare di saltare oltre l'oggetto, fino al quinto ed ultimo ostacolo. Avrei evitato di rallentare alla vista degli ostacoli per approfittare anche dell'energia ricavata dalla corsa nel superamento degli stessi, pensando che unire la potenza delle gambe a quell'energia accumulata mi avrebbe consentito di saltare più in alto. Avrei anche cercato di coordinare il movimento fisico ad una corretta respirazione, conscia del fatto che questa mi avrebbe aiutata enormemente nella gestione delle energie. Pertanto, già dal primo scatto di partenza avrei tentato di respirare aspirando dal naso ed espirando dalla bocca aprendola in una piccola fessura essenziale alla sola fuoriuscita dell'aria, cercando di mantenere in tale attività un ritmo costante. Inoltre, essendo tutti e cinque gli ostacoli di altezze diverse, ad ogni salto avrei piegato un poco di più le ginocchia ed avrei cercato di incanalare nelle gambe una forza e potenza crescente, fino al quinto che avrebbe richiesto il massimo delle mie capacità. Terminata quella prima fase, il formicolio che percorrevano entrambe le gambe in lunghezza sarebbe stato impossibile da ignorare, ma avrei tentato in tutti i modi di mantenere la mente lucida e focalizzata solo sull'esercizio, determinata a terminarlo qualunque fosse il costo. Non ci sarebbe stata sensazione più o meno dolorosa in grado di fermarmi, una volta partita avrei cercato di rimuovere ogni ostacolo mentale dalla mia testa e mi sarei fermata solo tornata alla bandierina verde.

A quel punto avrei continuato a correre fino al raggiungimento della piramide in legno. Avrei osservato la fune che magicamente era sospesa in aria a pochi centimetri di distanza dal suolo e senza esitazione avrei intrapreso la scalata. Avrei impugnato la fune saldamente prima con la mano destra, poi con la sinistra, dopodiché, dopo una leggera pressione esercitata per accertarne la stabilità, avrei posizionato il piede destro su quella superficie inclinata, cercando di non scivolare e tenere ben saldo l'arto; quindi, acquisita confidenza, avrei portato anche il sinistro sul legno ed avrei iniziato a far lavorare i bicipiti nel sostenermi e cercando anche di far leva su fianchi e gambe nello slancio necessario a cercare di portare, prima la mano destra e poi la sinistra, sempre distanziate tra loro una ventina di centimetri, più in alto. Avrei cercato di alternare i movimenti con costanza: avrei iniziato, come dal primo approccio con la fune, con la mano destra, poi avrei accompagnato il corrispettivo piede nell'esecuzione di un passo, quindi avrei proseguito con lasciare la fune per un punto più alto con la mano sinistra, seguita dal rimanente piede. Così, fino al raggiungimento della cima, cercando sempre ad ogni lasciata e ripresa di fune di aggrapparla con forza e decisione, nonostante già dopo i primi momenti avrebbero cominciato a bruciare un poco, e anche coi piedi avrei tentato di mantenere, ad ogni passo, la stabilità e l'equilibrio, cercando di sconfiggere l'eventualità di una scivolata compiendo ogni movimento, sebbene energicamente, con una certa cautela, provando a non eseguire movimenti bruschi bensì a poggiare la pianta del piede sempre in maniera salda e accurata. Sostanzialmente avrei fatto notevole forza sulle gambe ma, al momento dell'appoggio sul suolo, avrei allentato la velocità e la forza e avrei prestato attenzione. Anche durante questa fase avrei tentato di coordinare la respirazione come dal principio di quell'esercitazione. Con l'andare avanti sarebbe stato sempre più complicato, poiché la fatica sarebbe aumentata e di conseguenza lo stesso avrebbe fatto l'istinto di prendere grandi boccate d'aria. Ma questo avrebbe invalidato tutti gli sforzi precedenti e avrebbe solamente aumentato i miei battiti, che invece sarebbe stato importante tenere sotto controllo. Perciò, nonostante le pulsioni inevitabili che si sarebbero fatte vive con l'avanzare del tempo e degli sforzi, avrei cercato di rimanere costante e determinata, decisa a controllare a pieno il mio corpo e ad utilizzarlo nella maniera più idonea.
Arrivata in cima avrei abbandonato la fune solo dopo aver messo i piedi bene a terra e aver avuto la sensazione di essere sicura abbastanza da poter fare affidamento su di loro. Inoltre l'avrei abbandonata partendo prima dalla mano destra, poi mi sarei piegata leggermente in avanti per acquisire una postura che in quella circostanza mi conferisse maggiore equilibrio e solo ad allora avrei portato a me anche la mano sinistra. Quindi mi sarei completamente appoggiata con la schiena alla seconda parte inclinata della piramide, che, stavolta senza sforzi, mi avrebbe portata a terra. Avrei evitato di toccare coi palmi delle mani la superficie, poiché avrei esercitato ulteriore attrito e, dal momento che già dopo tutto il lavoro con la fune avrebbero acquisito un colorito tendente al rosso, sarebbe stato meglio concedergli un po' di "riposo", ma soprattutto d'aria.
Avrei approfittato di quei pochi istanti in discesa di "riposo" per riprendere qualche energia e respirare a fondo. Nel giro di poco mi sarei trovata nuovamente coi piedi sul campo, schiena dritta e le gambe piegate, per un miglior atterraggio; mi sarei poi eretta e, come all'inizio, con le braccia piegate lungo i fianchi avrei ripreso a correre, cercando di alternare i movimenti delle gambe a quelli delle braccia con armonia. Avrei tentato di nuovo di procedere ad una velocità crescente, poi, superata la prima curva dell'ovale, avrei trovato di fronte a me la fune sui arrampicarmi per raggiungere la Pluffa.

Pertanto, ad una distanza ravvicinata dalla fune (circa dieci centimetri) mi sarei fermata con un impercettibile salto a cui avrei abbinato l'unione delle gambe, poi avrei cercato di sfruttare l'atterraggio per piegare le stesse, avvicinando di molto polpacci e cosce, e subito sarei saltata di nuovo verso la fune, per coprire i pochi centimetri di distanza che rimanevano tra noi, cercando, come poco prima, di unire l'energia ricavata dalla corsa effettuata per arrivare lì alla forza posta nelle gambe. Avrei cercato di incanalare tutta la mia energia nei muscoli delle gambe, per poter ottenere il salto più alto nelle mie capacità. Contemporaneamente alla loro distensione legata all'inizio del salto, avrei alzato le braccia verso il cielo, anch'esse inclinate verso la corda e, raggiunta l'altezza massima, avrei cercato con le mani di afferrare la fune con quanta più forza e decisione avrei potuto. A quel punto, avrei cercato di riporre la massima potenza nei muscoli della braccia, deputati al mantenimento del resto del corpo appeso a quella fune, cercando di aiutarmi con le gambe. Infatti, appena presa la corda tra le mani, (che avrei afferrato tenendo la mano destra una quindicina di centimetri al di sopra della sinista) avrei nuovamente provato ad incanalare forza nei quadricipiti, cercando di portarli fino al petto ed anche i piedi avrebbero avuto un ruolo cruciale; avanzare solo con le braccia avrebbe richiesto uno sforzo di molto maggiore, perciò sarebbe stato essenziale coordinare tutte le parti del mio corpo. Avrei fatto sì che la fune toccasse il dorso del piede destro, mentre avrei posto la pianta del sinistro esattamente sopra quella stessa porzione di fune. La spinta coi quadricipiti verso il petto, una volta aggrappata la fune, mi avrebbe aiutata a darmi la giusta spinta, mentre il tenere i piedi così mi avrebbe agevolata nell'avanzata verso l'alto. Infatti, nel proseguire, avrei di nuovo esercitato forza portando le gambe al petto e contemporaneamente spostato le mani (prima la destra poi la sinistra), sempre un po' più su, ed i piedi, anziché agitarsi nel vuoto causando un ulteriore sforzo, avrebbero dovuto semplicemente "scivolare" in alto, seguendo il resto del corpo e avendo come punto di riferimento per la salita la fune che avrei posto tra loro. Avrei ripetuto quei movimenti per la salita cercando sempre di mantenermi costante ed armoniosa, facendo il possibile per bilanciare la fatica senza che pesasse su una sola parte del mio corpo e cercando di equilibrare anche la forza ed il suo dosaggio, dandone il giusto quantitativo ad ogni muscolo, provando a non esagerare né, ancor meno, a sottovalutarne la necessità. Quando sarei arrivata vicina abbastanza alla Pluffa avrei lasciato la corda con il braccio destro, riponendo maggior forza nel sinistro che ora doveva sorreggermi da solo, e l'avrei presa. Poi, il più rapidamente possibile, mi sarei voltata verso gli anelli e, senza esitazione, avrei piegato il braccio e avrei riposto le mie energie nuovamente nel bicipite; avrei dispiegato il braccio rapidamente, cercando di metterci tutta l'energia che avevo, quindi con lo scatto più rapido nelle mie possibilità avrei tirato la Pluffa mirando all'anello posto al centro.

Quindi avrei posto nuovamente la mano destra sulla fune e, distese le gambe, avrei proseguito scendendo dalla corda dispiegando poco a poco le mani fino a quando, a terra, l'avrei definitivamente lasciata. Coi piedi a terra mi sarei concessa qualche secondo per riprendere fiato; quell'esercizio sarebbe stato probabilmente quello che il mio fisico avrebbe accusato di più, poiché mentre prima avevo avuto la piramide su cui appoggiarmi, qui tutto il corpo si era ritrovato sospeso. Avrei sempre e comunque cercato di mantenere una respirazione adeguata, ma l'accumulo di tutta quella fatica, sommata a quella calda giornata avrebbe probabilmente prodotto, a quel punto, una profusa sudorazione, pertanto sarebbe stato bene prendermi qualche attimo prima dello scatto finale. Sarebbe stata questione di pochi secondi; tempo sufficiente a recuperare qualche energia, ma che non eccedesse in modo tale da compromettere la prova. Troppa esitazione, infatti, avrebbe avuto l'esito opposto: invece di riposare, quella prolungata inattività avrebbe finito con il rivelare a pieno i dolori della fatica per il momento nascosti dall'adrenalina. Quindi, dopo quei pochi attimi cruciali di ripresa, avrei proseguito.

Avrei ripreso a correre fino al raggiungimento della seconda struttura in legno. Giunta di fronte ad essa, avrei disteso le braccia fino ad afferrare con entrambe le mani il primo piolo, poi avrei piegato sia le braccia sia le gambe e, mantenendo la presa sul piolo solo con la sinistra, avrei sbilanciato il corpo verso avanti, cercando di portare su il busto e far leva tanto sui bicipiti quanto sui quadricipiti, fino a tentare di afferrare il successivo piolo distendendo il braccio libero da prese. Avrei cercato di fare sempre gli stessi movimenti, ancora una volta per un fondamentale discorso di armonia ma anche di equilibrio. L'unica differenza sarebbe stata nel braccio che sorreggeva; se avessi iniziato con il sinistro che teneva il piolo ed il destro che avanzava verso il successivo, avrei proseguito mantenendomi con il destro e portando invece il sinistro verso il terzo piolo, e così fino al raggiungimento dell'ultimo, al quale mi sarei infine aggrappata con entrambe le mani. Avrei poi appoggiato nuovamente i piedi a terra, lasciato la presa e proseguito.

Avrei quindi ripreso ripreso a correre fino al raggiungimento del primo palo e l'inizio della corda che lo legava ad un secondo palo distante due metri e mezzo da lì. Quindi mi sarei posta dando le spalle al palo successivo, avrei disteso ancora una volta le braccia fino ad afferrare la corda e, dopo avrei piegato le gambe. Questo poiché facendo così, nella successiva loro re-distensione, avrei potuto darmi una spinta tale da portare le cosce fino al petto, mentre avrei intrecciato i polpacci in modo tale da toccare la stessa piccola parte di corda con il dorso del piede sinistro e la caviglia destra. Contemporaneamente all'avvicinarsi delle gambe al petto avrei disteso le braccia in modo da avanzare, sempre cercando di portare prima la mano destra poi la sinistra. Avrei cercato di mantenermi con quanta più forza non avessi; nonostante a quel punto sarei stata sicuramente provata, avrei cercato di impiegarne più di quanto non avessi fatto prima di allora, perché avrei capito che quell'esercizio mi richiedeva molta più fatica, in quanto mi sarei ritrovata in una posizione anomala e con la testa che, per quanto avrei tentato di forzare il collo e per tenerla sollevata, con lo sguardo verso l'obiettivo, sarebbe comunque risultata un poco verso il basso. Pertanto avrei cercato di incanalare tutto ciò che mi rimaneva in corpo e nello spirito in quegli ultimi minuti di esercizio, sarei stata attenta a non perdere mai l'equilibrio e a bilanciare quindi adeguatamente il peso su tutta la corda, senza che nessuna parte provasse a prendermi troppo spazio né troppo poco. Avrei cercato sempre di tenermi saldamente, nonostante a quel punto le mani avrebbero sicuramente cominciato a farmi male. Inoltre avrei continuamente fatto scivolare i piedi che tenevano la fune tra loro, permettendo alle gambe di arrivarmi in petto, e avrei usato questa spinta per ri-allontanare il petto dalle stesse così da permettere alle braccia di agguantare nuove, più distanti, porzioni di corda. Non avrei voluto andare di fretta, poiché movimenti affrettati avrebbero minato la mia concentrazione. Mi sarei presa il tempo necessario, certo avrei tenuto conto del fatto che quella posizione non sarebbe stato possibile mantenerla a lungo, ma avrei evitato di farmi prendere dall'ansia del dovermi sbrigare, per poter cadenzare ogni singolo movimento, fino a quando non avrei finalmente percorso la corda in tutta la sua lunghezza.
Arrivata al secondo palo, avrei mantenuto la presa salda sulla corda con mani e braccia, mentre avrei lasciato cader giù le gambe e, una volta coi piedi sul suolo, avrei lasciato completamente la fune, piegato le gambe per atterrare senza cadere, e di nuovo mi sarei messa in una posizione eretta. Quindi mi sarei voltata verso quello che era stato l'inizio e, con gli occhi puntati sulla bandierina verde, avrei cercato di mantenere ancora una volta la fermezza mentale, mi sarei imposta di non abbassare il grado di concentrazione proprio in quel momento e, proprio per evitare ogni sorta di pensiero di vittoria o comunque di felicità per aver in qualche modo raggiunto il termine della prova, avrei evitato esitazioni. Avrei assunto un'ultima volta una posizione che mi consentisse di eseguire la corsa scattando, quindi avrei piegato le gambe e via, di nuovo verso una successiva meta, e avrei nuovamente piegato le braccia in modo da coordinarle in quei movimenti. Avrei lasciato che la mia testa producesse pensieri solo relative al fatto che ero vicina all'ultima meta, non per gioire, bensì per darmi lo sprint finale che aiutasse il mio corpo a non cedere ma anzi a dare tutto ciò che gli rimaneva in forza, energia e determinazione e impiegarlo in quell'ultimo scatto senza remore. Quello che si dice fare il tutto per tutto!

Al termine, finalmente mi sarei concessa una vera pausa: sicuramente paonazza dalla fatica e col fiato corto, mi sarei seduta sul prato e mi sarei tolta un po' di sudore dalla fronte con la mano, con la probabile sensazione di avere il cuore in gola.
 
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view post Posted on 8/4/2020, 23:40
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Il giorno di un nuovo allenamento era giunto.
Quando uscirono dagli spogliatoi, le spalle ammantate dalle divise della squadra, un vento robusto sembrò sospingere i loro passi fino al centro del Campo, dove il loro Capitano già attendeva. Ovviamente. un sorrisetto sottile piegò le labbra dell'androgina Portiere, non aspettandosi niente di meno visto che quel giorno avrebbero accolto le nuove leve. E Morgana sembrava del tutto intenzionata a metterli in riga come tali, insieme a far sudare tutta la squadra, non era il tipo di Capitano che fa favoritismi o ordina di faticare senza buttarsi nel fango per prima. Lo sguardo chiaro sorvolò sull'allestimento notevole che li attendeva, un percorso? sembrava davvero qualcosa da marines...
..e da lì passò sui volti che ora la voce limpida e decisa della Celebrian stava presentando. Li conosceva almeno di nome, come ci si doveva aspettare da una Prefetta di Serpeverde, come forse loro avevano riconosciuto lei, non che fosse difficile: fisico slanciato e magro, zero forme, tanto da far dubitare a una prima occhiata che si trattasse di un ragazzo dai tratti delicati e femminei o una ragazza che non aveva mai sviluppato la sua femminilità, carnagione nordica e pallida, lineamenti affilati e imperscrutabili nell'espressione quasi dura per una sedicenne, occhi verdissimi sormontati da una fascia alla fronte verde cupa che teneva all'indietro l'unico ciuffo asimmetrico di quella capigliatura altrimenti corta, mascolina. Un aspetto non dei più invitanti, ma restituì loro un cenno rispettoso, uno sguardo che pareva volerli sviscerare per rivelarne la forgiatura interna ..con chi abbiamo a che fare oggi?
< Trish, Portiere. Ben arrivati> in un solo sguardo cercò di inquadrare il fisico tonico di Madison, il profilo statuario di Evander, l'espressione curiosa di Lia, l'apparenza delicata di Sybil, il piglio reattivo di Heather.
Dal canto suo si chinò per lasciare la Comet a terra, ora non le serviva, aprendo e chiudendo i palmi guantati nelle protezioni tipiche del suo ruolo, piegando di lato il collo esile fino a sentir sciogliersi i muscoli del collo, e rialzare lo sguardo focalizzato ora sul percorso. Aveva inteso, e seguire con la coda dell'occhio Morgana le permetteva di colmare qualche incertezza su come procedere in caso. Allineata alla bandiera verde, piegò in avanti il corpo come un felino che si stiracchia, sfiorando con i polpastrelli il terreno, palmi bene aperti, e piegando un ginocchio mentre l'altro piede rimaneva leggermente indietro. Scattò. La corsa era per lei un soffio vitale, inspirava dal naso a pieni polmoni ma rilasciava con parsimonia dando un ritmo tra gambe e battito cardiaco, sentendosi leggera mentre quasi sfiorava la terra sotto i piedi. Ai primi ostacoli calcolò le distanze per arrivarci unendo i piedi, flettendo le ginocchia e slanciando il peso all'unisono in avanti, le braccia accostate al busto ma senza irrigidire la posa, atterrando con agilità e avanzando di nuovo il piede nella corsa verso il prossimo ostacolo. Ogni salto era più impegnativo del precedente, ma si limitò ad accorciare i passi mettendo meno frenesia nella corsa, per renderla più calibrata agli sforzi che richiedevano i salti, fino a sentire i muscoli brucianti per l'essersi appunto scaldati a dovere.
Sparito l'ultimo ostacolo alla vista, accelerò per arrivare al piano inclinato, anche questo venne velocemente stimato dallo sguardo prima di afferrare la corda, sistemò i polpastrelli e distanziò tra loro le mani, doveva assicurarsi una presa salda e per sua fortuna confidava molto nella tenacia della sua presa, allenata nelle tante parate agli Anelli. Avanzò una gamba e poi l'altra, appena si sentì inclinata tese le braccia e inarcò la schiena all'indietro, per fare forza sulle gambe e assumere lei stessa un angolo aperto rispetto al piano dove doveva muoversi: era poco naturale, ma efficace e le permise di salire un lungo passo dietro l'altro, mantenendo in tensione costante la corda a cui era avvinghiata. Arrivata alla cima, lasciò la presa, abbassò il baricentro piegandosi e scivolò giù sempre con una certa agilità, atterrando con un mezzo balzo a terra.
Di nuovo di corsa, ignorando l'ambiente attorno ma concentrata sul suo respiro che cominciava ad accorciare, e sui prossimi obiettivi, le corde e la Pluffa. Di nuovo afferrò con forza la corda, il braccio sinistro più in alto per darsi la spinta a salire, le gambe si intrecciarono subito alla fune come due sinuose amanti, incastrandosi all'altezza dei polpacci per poi sfregare facendo leva sull'attrito, accorciare la distanza al busto e guadagnare centimetri preziosi in salita, dando modo alle mani di avanzare subito dopo, alternando quei movimenti a scatti decisi. All'altezza giusta allungò la mano dominante, affondò le dita nel cuoio rigido stringendo, voltandosi e captando la mira con sguardo allenato, lanciò in avanti caricando la spalla oltre la nuca e poi eseguendo il movimento in modo fluido, un unico scatto. Fu facile lasciarsi scivolare giù, appena con i piedi a terra sfregò i palmi tra loro, per il fastidio dovuto alle corde, e ripartì per non rischiare di perdere il ritmo guadagnato.
In un lampo arrivarono anche i pioli, passò dalla corsa al salto per afferrare il primo, aggiustò le braccia e cercò di sollevare le gambe a sè rimanendo elastica, sciolta nei movimenti, inspirò e staccò la prima mano per trovare l'appiglio subito seguente, vi si agganciò sicura e fece seguire l'altra mano, senza fermarsi neanche un attimo andò avanti come una molla...temeva quell'esercizio, perchè da un momento all'altro una mano poteva tradirla, ma era sempre meglio testarlo lì che non sulla scopa a diversi metri di quota no? cercò di farlo in fretta ma senza approssimazioni, calcolando bene ogni distanza e facendo leva su avambraccia e addominali. Alla fine di questo anche la parte superiore del corpo cominciava a risentirne.
Non le restava che quella corda sospesa, appena raggiunta si girò per rivolgere lo sguardo all'indietro, magari vedendo altri in arrivo, allungò le braccia tenendole molto vicine, saltò e raggiunse la presa, per poi far seguire le gambe che dovevano agganciare con le caviglie e polpacci la corda. Un attimo solo per aggiustare la presa "a ragno" del corpo, e cominciò a far scivolare in avanti le braccia, seguite poi dalle gambe, il trucco lì era non cambiare la presa ma limitarsi a far forza sui due appigli il più possibile saldi com'erano. Non pesava poi molto, avrebbe dovuto riuscire a farsi tutta la lunghezza buttando fuori aria a più mandate e immagazzinandola per gli sforzi prolungati. Alla fine rilasciò prima le gambe, e sciolse poi tutta la postura, ricordandosi bene quella sensazione di capovolgimento nella Sloth Grip Roll, a cui seguiva il sollievo di essere ancora in sella alla scopa. L'ultimo tratto in corsa era liberatorio, poteva sentire ogni muscolo ritrovare il suo posto, e gettò indietro la testa per sentire quel vento carezzarle e investirle la faccia, senza preoccuparsi dello spettinato aspetto che avrebbe avuto una volta raggiunto l'arrivo, dove avrebbe continuato a stendere le braccia in un lento stretching aspettando che fossero di nuovo tutti riuniti.
 
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view post Posted on 9/4/2020, 14:47
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Mi stavo incamminando verso il campo per il mio primo allenamento di quidditch. E pensavo ma chi me l' aveva fatto fare una simile pazzia? Si il quidditch mi piaceva da morire ma la paura e l'ansia di non esserne all'altezza erano sempre presenti in me e spesso mi portavano a fallire. Era capitato più volte che mi piacesse così tanto qualcosa a tal punto che fallivo a causa della troppa paura di non superarla. Ebbene qualunque persona in queste condizioni non si sarebbe iscritta a una squadra di quidditch. Nonostante ciò quando vidi le selezioni aperte non esiti un secondo, dopotutto, mi ero detta, il quidditch era lo sport che più amavo, era lo sport che fin da sempre ammiravo insieme alla mia famiglia e perciò decisi di rendere orgogliosi di me quei bei ricordi.
Quindi eccomi qua al campo per il mio primo allenamento, tra i nuovi arrivati e con un po' di curiosità e di adrenalina nel petto pronta per la nuova avventura.

Ero arrivata davanti a Morgana, il capitano della squadra, e mentre ascoltavo con attenzione le sue parole mi permisi di dare un'occhiata alle sue spalle per osservare il percorso che lei stessa aveva allestito per noi. Non vedevo l'ora di iniziare. Forse sulle facce di alcuni c'era un po' di perplessità per la stranezza dell'attività preparata, ma a me non importava. Mi piacevano molto quelle attività, quindi per me non sarebbe stato molto difficile superare il percorso e poi dovevo impegnarmi al meglio per non deludere Morgana il primo giorno.
Aspettai dunque la fine della spiegazione e dopo aver atteso se qualcuno aveva domande da porgere al capitano avrei iniziato il mio percorso.

Mi sarei posizionata dunque alla bandiera verde e avrei iniziato a correre fino al primo ostacolo (il più basso), avrei poi piegato le ginocchia e saltato, corso un altro po' e poi avrei ripetuto l'azione ma con più intensità per saltare l'ostacolo un po' più alto. Non sarebbe stato difficile saltare quei primi ostacoli erano abbastanza bassi. Avrei poi ripetuto queste azioni fino al quinto ostacolo, quello più alto, perciò lí avrei impiegato più energia in modo da assicurarmi la riuscita del salto. Poi mi sarei diretta, sempre correndo, alla piramide di legno dove mi sarei aggrappata alla corda e avrei messo prima il piede destro e poi il sinistro e facendo forza con le braccia attaccate alla fune avrei raggiunto la cima. Arrivata dunque alla fine della pendenza avrei usato il secondo lato della piramide come uno scivolo e sarei ritornata a terra, per poi trovarmi davanti una fune sulla quale mi sarei arrampicata. Una volta raggiunta la Pluffa avrei attorcigliato le gambe attorno alla fune, per avere più stabilità, e il braccio sinistro attaccato alla corda, mentre con il destro avrei preso la Pluffa. Una volta essermi assicurata della stabilità, avrei mirato a uno degli anelli e avrei lanciato la palla verso di essi concentrandomi il più possibile per centrarlo.
Una volta lanciata sarei scesa velocemente a terra, avrei ripreso a correre e mi sarei diretta alla spalliera di legno dove mi sarei arrampicata afferrando i pioli uno a uno. Alla fine arrivata dall'altra parte mi sarei diretta, sempre correndo, all'ultimo ostacolo. Sarei arrivata dunque davanti ai due pali, avrei afferrato la corda con le mani e poi con uno slancio avrei tirato su i piedi per afferrare la corda ed eventualmente mi sarei aiutata con il palo. Poi una volta arrivata all'altro palo, sarei scesa dalla corda (staccando prima le gambe e poi le braccia) e mi sarei diretta il più velocemente possibile verso la bandiera verde, che era lì che aspettava impaziente di essere raggiunta. Una volta raggiunta avrei dunque recuperato il fiato e se sarei stata tanto affaticata mi sarei portata una mano sul petto e una sui fianchi.

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view post Posted on 9/4/2020, 17:32
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Ascoltare il discorso Morgana la fece riflettere sulle sue motivazioni. Era lì perché veramente appassionata allo sport? Merlino, no. Sapeva di non star provando ad entrare in squadra per passione, ma perché, quando aveva visto l’annuncio, aveva pensato di poter considerare il quidditch come il suo personale training autogeno. Teoricamente questo tipo di tecnica dovrebbe portare il soggetto al rilassamento, ma nel suo caso specifico la Vane era intenzionata ad oberarsi a tal punto di impegni da non avere più il tempo per agitarsi. Conoscendola l’idea non sarebbe sembrata così masochistica. La verde-argento era infatti il tipo di persona che non poteva permettersi di lasciarsi andare. Certo era più che felice di passare un pomeriggio a poltrire sui divani neri della Sala Comune, ma solo a patto che avesse avuto l’agenda piena per quello successivo. Doversi giostrare tra gli impegni la aiutava a rendere meglio, ad essere più efficiente e metodica, ma anche a valorizzare al massimo il tempo che rimaneva libero. Così, in assenza di una Piuma Severa, doveva accontentarsi degli annunci in bacheca per tenersi occupata. In particolare quello per le selezioni era stato accolto dalla Vane alla stregua di un messaggio divino. Una vocazione praticamente. Solo che invece di farsi suora, si sarebbe fatta battitrice o almeno ci avrebbe provato. Prima di passare alla spiegazione degli esercizi per il riscaldamento ci fu una breve parentesi di presentazioni. Sybil indirizzò cenni di saluto ai due ragazzi che già conosceva e si presentò al resto della squadra, notando con piacere l’assenza della danese. Adesso l’offerta di aspiranti battitori non superava la richiesta e saper di non dover battere nessuno per guadagnare il posto la sollevava incredibilmente. I convenevoli furono rapidi e il passaggio dalla spiegazione del circuito alla dimostrazione pratica lo fu ancora di più.

Sybil seguì attentamente i movimenti del Capitano. Nonostante la funzione dei vari attrezzi fosse abbastanza intuitiva, le istruzioni erano state date velocemente e il timore di svolgere scorrettamente una delle fasi portava la verde-argento a mantenere la massima attenzione. Una volta giunta alla partenza del circuito, portò in un gesto automatico le mani tra i capelli e strinse ulteriormente la sua coda, fino a sentire un leggero fastidio all’estremità delle tempie. Prima di iniziare osservò alcuni suoi concasati svolgere il primo esercizio, con l'obiettivo di capire a che distanza dall’ostacolo cominciassero il salto. La corsa sarebbe stata sicuramente lo step più semplice del circuito, quindi la Vane avrebbe preferito non rovinare tutto staccando in ritardo i piedi da terra e finendo dritta contro il paletto dell’ostacolo. Soddisfatta, cominciò anche lei la corsa ad ostacoli. Si sarebbe avvicinata al primo correndo ad una velocità media, con l’intenzione di aumentare la rapidità man mano che andava avanti con l’esercizio, così da lasciare il tempo a respiro, gambe e braccia di raggiungere un ritmo unico e sostenuto. Durante i tratti di corsa avrebbe accompagnato il movimento delle gambe a quello delle braccia, che piegate e distanti pochi centimetri dal busto si sarebbero sarebbero alternate nel moto in maniera speculare rispetto agli arti inferiori. Memore della sua tendenza all’apnea, avrebbe da subito prestato particolare attenzione alla modulazione del respiro cercando di inspirare e espirare con un ritmo regolare. Giunta al primo ostacolo avrebbe portato il piede sinistro accanto al destro, flesso le ginocchia e si sarebbe data una spinta maggiore di quella necessaria per il salto, in modo da provare già da subito il movimento che le sarebbe servito subito dopo. Tornata con i piedi per terra si sarebbe subito rimessa a correre aumentando la velocità rispetto al tratto precedente. Gli ostacoli successivi avrebbero richiesto uno sforzo muscolare sempre maggiore a cui Sybil avrebbe accostato un maggior controllo del suo equilibrio. Durante i salti si sarebbe infatti sporta leggermente in avanti per agevolare il movimento e tornare a terra in una posizione già consona per affrontare il tratto di corsa.

Superato l’ultimo ostacolo avrebbe avvertito un leggero affaticamento agli arti inferiori, ma sapeva benissimo che finito l’allenamento e raffreddatisi i muscoli, il dolore sarebbe stato tutt’altro che leggero. Si sarebbe quindi trovata davanti alla piramide di legno, dove avrebbe afferrato la corda con la destra, tirandola leggermente, in un gesto istintivo, per testarne la stabilità. Quindi, con un piede già posato sulla piattaforma e l’altro ancora piantato in terra, avrebbe stretto la corda anche con la sinistra, posizionandola pochi centimetri al disotto della destra. Solo allora sarebbe stata pronta ad abbandonare il terreno e porre anche l’altro piede sul legno, posizionandosi in modo da avere la corda tra le gambe. Prima di cominciare la scalata si sarebbe concessa qualche secondo per valutare a quale distanza dalla piattaforma tenere il busto e, trovata la posizione che le suggeriva maggiore stabilità, avrebbe cominciato la salita. Avrebbe quindi portato la mano sinistra ad un’altezza superiore, allontanandola provvisoriamente dalla fune. Poi, una volta ritrovata la presa e assicuratasi che la corda fosse in tensione, avrebbe fatto avanzare il piede opposto. Avrebbe quindi proseguito fino alla sommità alternando nello stesso movimento una coppia d’arti all’altra. Giunta in cima avrebbe lasciato la presa sulla corda e si sarebbe seduta aiutandosi con le mani e piegando le ginocchia per avere un baricentro basso e quindi un equilibrio migliore.

Quando la gravità le avrebbe fatto riconquistare il terreno si sarebbe mossa verso la fase tre, mentre un simpatico bruciore sui palmi delle mani le avrebbe notificato l’arrossamento della pelle. Con l'entrata nel suo campo visivo della nuova serie di funi, la serpe si sarebbe sfregata per un secondo le mani, come a volerle anestetizzare per prepararle alla prossima prova. Giunta ai piedi della fune avrebbe portato le braccia sopra la testa afferrandola nel punto più alto che raggiungeva. Questo solo dopo aver ringraziato il suo metro e settantatre per l’aiuto. Avrebbe proseguito con un piccolo salto e tirando la fune verso di sé, si sarebbe aiutata a sollevarsi. Quindi, seguendo l’esempio di chi l’aveva preceduta, avrebbe fatto pressare la corda intorno ad una gamba e usato il piede per bloccarla. Avrebbe quindi portato le braccia all’altezza del viso, controllato la presa e sganciato il piede dalla fune. Poi, sforzando gli addominali avrebbe sollevato le ginocchia all’altezza del petto per poi assicurarsi nuovamente alla fune. Il movimento si sarebbe ripetuto invariato fino al raggiungimento della sommità. Allora avrebbe controllato che l’aggancio intorno al piede destro fosse fatto a dovere e si sarebbe allungata fino ad afferrare la Pluffa con il braccio dominante. Portando per un secondo la palla al petto per scongiurarne la caduta, si sarebbe voltata verso gli anelli. Allora avrebbe caricato il braccio portandolo indietro e mirando nell’anello di sinistra avrebbe lanciato la Pluffa con, si spera, la potenza necessaria per raggiungere l’anello.

Arrivata davanti alla spalliera il rossore delle mani sarebbe decisamente peggiorato, ma grazie all’adrenalina liberata Sybil non ci avrebbe quasi fatto caso. Al contrario avrebbe notato il sudore che le imperlava i palmi e si sarebbe curata di asciugarlo sulla divisa prima di iniziare la sfida successiva. In modo simile a come aveva fatto nell’esercizio precedente, si sarebbe lanciata ad afferrare con entrambe le mani il primo piolo, lasciando invece le gambe penzoloni. Vi prego braccia, non mollatemi adesso si sarebbe raccomandata prima di staccare la sua mano dominante dal primo piolo e allungarla verso il secondo. Una volta ottenuta una presa salda anche sul secondo, la sinistra avrebbe copiato il movimento, aiutata nel trasferimento dalle gambe che si sarebbero flesse e poi rilassate una volta raggiunta la nuova stabilità. Avrebbe ripetuto quei passaggi fino alla conclusione della spalliera. A quel punto si sarebbe lasciata cadere piegando le ginocchia per attutire l’impatto con il terreno. Il tutto pienamente consapevole che il suo aspetto durante l’ultimo esercizio doveva esser stato pericolosamente vicino a quello di Sid il bradipo.

Sarebbe stata felice di vedere davanti a sé l’ultimo esercizio, perché seppur era stata attenta a controllare il suo respiro durante tutto il percorso, ormai l’affanno avrebbe cominciato a farsi sentire e con lui anche l’aumento delle contrazioni cardiache. Strinse nuovamente l’elastico e asciugò le mani sulla divisa, un po' per prepararsi alla prova, un po’ per guadagnare qualche secondo. Allora con un ulteriore salto avrebbe afferrato la fune tesa tra i due pali ed in un movimento piuttosto fluido avrebbe portato prima le ginocchia al petto, lasciando ai muscoli delle braccia il gravoso compito di sostenere il peso del corpo, e poi allungando le gambe avrebbe portato le caviglie ad agganciarsi con la fune. Quindi si sarebbe trascinata per la sua lunghezza grazie a piccoli movimenti senza modificare però la presa iniziale. Giunta alla fine avrebbe sganciato le caviglie e con un movimento opposto a quello iniziale sarebbe ridiscesa a terra.
Le sarebbe servito un momento per riprendere l’equilibrio e superare un leggero giramento di testa. Allora avrebbe lanciato uno sguardo vagamente allarmato alla bandiera verde. Ultimo sprint, morirò agonizzante nel mio sudore… Con questo pensiero avrebbe cominciato l’ultimo tratto di corsa. L’avrebbe affrontato con lunghe falcate e in fin dei conti, la ritmicità dei movimenti uniti alle piccole folate di vento, avrebbero reso piacevole quell’ultimo sforzo. Giunta alla bandiera avrebbe continuato a muoversi defaticando gradualmente i muscoli.

Edited by Sybil Vane - 27/5/2020, 12:08
 
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view post Posted on 10/4/2020, 14:44
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Sapeva che andare in biblioteca il giorno dell'allenamento era un rischio, infatti Xavier aveva fatto appena in tempo a chiudere i libri e a fare ritorno in Sala Comune. Da ragazzo previdente aveva già preparato la borsa con le sue cose la mattina, prima di fare qualsiasi cosa, quindi chiusi i libri e lasciata la biblioteca non aveva l'ansia di dover preparare le sue cose. Evitò di correre per i corridoi perchè bestia com'era avrebbe buttato qualcuno per aria e non voleva quello, doveva solo raggiungere la Sala Comune e recuperare borsone e scopa. Arrivato a destinazione, senza nemmeno guardarsi in giro, salì in stanza per prendere il necessario e con la stessa fretta di prima uscì dalla Sala per recarsi al Campo di Quidditch. Aveva saputo delle selezioni, Morgana le aveva riaperte perchè purtroppo la squadra aveva perso giocatori fondamentali... quindi dovevano entrare in gioco altre Serpi e Xavier sperava davvero che questi studenti fossero motivati come lo erano tutti gli altri giocatori, che avessero la grinta e soprattutto che fossero pronti psicologicamente alle fatiche a cui Morgana li avrebbe sottoposti. Xavier non l'avrebbe mai ammesso apertamente ma adorava il modo di fare del Capitano, non era un peso per lui allenarsi fino a non stare più in piedi e poi lei li stava preparando a dovere.
Arrivato nello spogliatoio si cambiò velocemente, in cuor suo sperava di vedere Audrey prima di giungere in Campo e probabilmente la rossa avrebbe fatto una delle sue battute riguardo i Bolidi, visto che nel precedente allenamento aveva spedito Xavier in infermeria. Se così fosse stato, il Bertrand avrebbe risposto in maniera matura e altezzosa... facendole il verso, molto maturo. Giunto in campo si sarebbe unito alla sua squadre e alle nuove reclute, rivolgendo a tutti uno sguardo prima di presentarsi.

« Buon pomeriggio a tutti. Xavier, Cacciatore! »

Fatte le dovute presentazioni e ascoltato il Capitano, Xavier avrebbe lasciato da parte la scopa per dedicarsi al riscaldamento. Fatto scricchiolare il collo da una parte all'altra avrebbe preso posizione accanto alla bandiera verde, le braccia piegate e i gomiti poggiati ad altezza dei fianchi. Avrebbe cominciato la sua corsa cercando di regolare al massimo la respirazione per non fare troppi sforzi e cedere dopo i primi minuti; avrebbe quindi iniziato ad ispirare ed espirare profondamente mentre avanzava con la sua corsa fino ad arrivare ai primi ostacoli e come aveva detto Morgana li avrebbe saltati a piedi uniti. Giunto davanti ogni ostacolo avrebbe unito i piedi, avrebbe effettuato una flessione sulle gambe e spiccato un balzo verso l'alto dandosi lo slancio con i talloni, senza mai allontanare i piedi. In quel modo avrebbe proseguito verso il secondo ostacolo, via via fino al quinto regolando ogni volta la potenza dei propri balzi a seconda dell'altezza dell'ostacolo. Il quinto ostacolo avrebbe richiesto un impegno maggiore ed il Bertrand senza tirarsi indietro avrebbe effettuato un ultimo balzo flettendosi maggiormente con le gambe ma senza mai incurvare la schiena in avanti, quindi avrebbe staccato con forza i talloni al terreno e effettuato l'ultimo balzo a piedi uniti atterrando sempre con i piedi uniti sul terreno, le gambe leggermente flesse. Poi avrebbe ripreso la sua corsa, senza fermarsi poichè avrebbe perso tempo e intralciato il percorso di altri; quindi avrebbe dovuto lavorare maggiormente sulla sua respirazione, non avendo potuto fare pause. Regolata la respirazione ed il battito cardiaco avrebbe arrestato la sua corsa una volta giunto in prossimità della piramide di legno; con lo sguardo avrebbe cercato di studiare rapidamente l'oggetto prima di afferrare con la mano destra la corda posta in cima. Stretta la mano attorno alla corda avrebbe poggiato il piede sinistro sulla struttura. Quando fu sicuro di aver ancorato bene il piede al lato della piramide, con la gamba destra si sarebbe dato lo slancio necessario e con la mancina avrebbe stretto la corda, un pò più sopra rispetto alla mano destra. Quindi avrebbe poggiato anche il piede destro sulla struttura, la mano destra si sarebbe mossa per salire più in su rispetto alla sinistra e come prima il piede sinistro si sarebbe mosso per arrampicarsi nuovamente e via dicendo fino ad arrivare in cima, a quel punto avrebbe lasciato la corda effettuando una scivolata sul lato opposto della piramide, tornando con i piedi in terra. Ripresa la sua corsa si sarebbe trovato davanti una seconda corda, sulla quale si sarebbe dovuto arrampicare per raggiungere la cima e quindi la Pluffa, che avrebbe dovuto poi tirare verso gli Anelli. Senza perdere tempo e senza preoccuparsi minimamente del dolore alle mani, avrebbe sollevato le braccia per afferrare il punto più alto della fune - qui giocava molto a favore la sua stazza - e dopo averla stretta si sarebbe dato con le gambe ed i talloni lo slancio necessario per effettuare un balzo e aggrapparsi con le gambe alla corda. Infatti dopo averle piegate, durante il balzo, con un solo scatto deciso le avrebbe chiuse attorno alla corda, reggendosi ad essa. Avrebbe poi unito i piedi, formando quasi una X mentre le braccia - che in quel momento erano piegate in prossimità dei fianchi, si sarebbero allungate verso l'alto per poter afferrare un secondo punto della fune. Stretta la presa sulla fune Xavier avrebbe fatto leva sulla forza delle proprie braccia muscolose per sollevarsi e al tempo stesso avrebbe fatto lavorare gli addominali e le cosce, sollevandole in modo da potersi arrampicare ancora su quella fune. Avrebbe quindi svolto quel procedimento fino a raggiungere la Pluffa posta in cima che avrebbe poi preso allungando il braccio sinistro. Si sarebbe quindi voltato verso gli Anelli e dopo aver portato il braccio un pò indietro avrebbe effettuato il lancio della Pluffa verso gli Anelli, mirando a quello centrale, lanciando con tutta la forza di cui disponeva. A quel punto, con un balzo, sarebbe tornato con i piedi per terra, le gambe sempre flesse per non farsi male e tornato in posizione eretta avrebbe ripreso la corsa verso la spalliera. Senza nemmeno fermarsi avrebbe effettuato un balzo per agganciarsi a quella spalliera portando entrambe le mani al primo piolo, per aggrapparsi ad esso. Avrebbe fatto dondolare un pò il corpo prima di reggersi con la mano sinistra al piolo mentre la destra avrebbe afferrato con fermezza il secondo per permettergli di spostarsi con tutto il corpo verso il secondo. Avrebbe ripetuto la manovra con la mano sinistra, avvolgendola al terzo piolo e con uno slancio l'avrebbe raggiunto con tutto il corpo... via via avrebbe seguito quel procedimento alternato facendo lavorare le braccia e facendo tantissimo affidamento sul proprio baricentro. Terminato anche quell'esercizio avrebbe sospirato profondamente prima di riprendere a correre, effettuando nuovamente i suoi esercizi di respirazione, superando così il primo palo. Afferrata la corda si sarebbe aggrappato ad essa con un altro balzo, posizionandosi a testa in giù come ormai aveva imparato a fare... quella mossa ormai non era più un problema, aveva imparato ad eseguirla sulla scopa in volo. Avrebbe allungato le braccia come a voler toccare il terreno mentre le caviglie si sarebbero ancorate perfettamente alla fune, le gambe piegate in modo da potersi reggere e spostarsi per percorrere tutta la fune. Anche in quel caso avrebbe cercato di mantenere la respirazione ed il battito cardiaco regolare fino alla fine dell'esercizio, quindi con un ultimo scatto avrebbe concluso la sua avanzata verso la bandiera iniziale e solo a quel punto si sarebbe concesso un pò di risposo, recuperando tutto il fiato necessario.
 
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Finalmente il giorno di un nuovo allenamento era arrivato e Audrey, che nei giorni precedenti si era trovata a dover fare i conti con un umore alquanto altalenante e -se possibile- più irrequieto del solito, non appena un vento caldo l'avvolse fuori dagli spogliatoi un ghigno sarebbe apparso sul suo volto immusonito. Non solo tra poco avrebbe potuto finalmente sfogarsi come si deve utilizzando la sua amata mazza, ma quel pomeriggio ci sarebbero state anche le selezioni per reclutare nuovi giocatori e, da come aveva potuto notare dall'annuncio in bacheca, nuovi battitori. Ciò significava che finalmente avrebbe avuto modo di allenarsi con qualcuno di davvero umano in tutto e per tutto, a patto che non fossero dei completi incapaci, e non solo con un dei cosi che ne avevano solo l'aspetto, come tutte le Teste di Legno con cui in quei mesi aveva svolto gli esercizi. Non che si potesse certo lamentare, quello mai, ma allenarsi in coppia o in trio sarebbe stato di sicuro molto più stimolante.
Così, col ghigno ancora impresso in volto e una voglia matta di infastidire qualcuno, Audrey avrebbe atteso qualche secondo che anche Xavier uscisse dagli spogliatoi per poterlo affiancare e, dopo essersi sollevata in punta di piedi, gli avrebbe agganciato il braccio della mano libera dalla scopa attorno al collo soffiandogli nell'orecchio quella che era, senza discrezione, una frecciatina a tutti gli effetti -Ehi baby, ci saranno altri due battitori oggi.. Vedi di non farti mandare di nuovo in infermieria- Per poi concludere con un ruffiano bacio sulla guancia, prima di allontanarsi alla svelta e raggiungere il resto della squadra all'interno dell'ovale di Quidditch.
-Ciao ragazzi, buon pomeriggio. Capitano- Il primo saluto fu riservato ai compagni ufficiali e alla Celebrian, ai quali rivolse un cenno sbrigativo del capo mentre lasciava la Nimbus cadere a terra poichè, dopo aver guardato di sfuggita gli attrezzi, intuì che per quella prima parte di riscaldamento non le sarebbe servita. L'attenzione venne poi riposta sulle nuove reclute, ricercando in particolare i due concasati che avrebbero sostenuto le selezioni per il suo stesso ruolo -Audrey, battitore- Una misera presentazione seguita da un altro cenno del capo, altrettanto misero, ma non meno curioso.
Avrebbe ascoltato le parole di Morgana in silenzio, facendo particolare attenzione alle istruzioni per svolgere il percorso che aveva allestito su tutto il perimetro del campo, per poi annuire e prepararsi a partire. Si sarebbe quindi allineata alla bandierina verde prendendosi qualche secondo per saltellare sul posto -incapace di stare ferma, come sempre- e stringere con un ulteriore giro l'elastico che teneva i capelli stretti in una coda alta, in attesa che chiunque le fosse stato davanti liberasse il posto di partenza. Un ultimo profondo respiro e si sarebbe lanciata di corsa verso il primo ostacolo, davanti al quale avrebbe unito i piedi per superarlo con un balzo sollevando e raccogliendo le gambe al petto il più possibile, e aiutandosi con uno slancio delle braccia che sarebbero state anch'esse piegate in prossimità dei fianchi. Atterrata da quel primo salto avrebbe proseguito con la corsa, imponendo al respiro di mantenersi il più possibile regolare e in concomitanza con la quantità di ossigeno richiesta dai muscoli, fino ad arrivare al secondo ostacolo e spiccare un altro salto, questa volta mettendocì più energia per fronteggiare l'altezza maggiore rispetto al precedente. Con lo stesso ritmo incalzante e sempre crescente avrebbe proseguito, così da non lasciare mai spazio al corpo di rilassarsi, superando anche i restanti tre ostacoli e terminare così la prima parte del percorso di riscaldamento. Giunta poi davanti alla piramide in legno con entrambe le mani avrebbe afferrato la corda, assicurandosi di riuscire a mantenere una presa ben salda, mentre i piedi si sarebbero spostati, uno dopo l'altro, sul lato pendente della piramide. Da quella posizione, dopo aver raddrizzato la schiena e le braccia lottando contro la forza di gravità che le spingeva il sedere a terra, avrebbe "camminato" alternando lo spostamento di un piede verso l'alto a uno delle mani più su sulla corda, fino a raggiungere la cima, sulla quale si sarebbe posizionata a cavallo tra i due lati. Da lì avrebbe mollato la corda e dopo aver unito entrambe le gambe distese verso il basso, si sarebbe data una leggera spinta con le mani per sbilanciarsi all'indietro e scendere dall'altro lato della piramide scivolando sul sedere, fino ad atterrare a piedi uniti sull'erba con un saltino. Il ghigno che le avrebbe allungato i lati delle labbra verso l'alto quando sarebbe arrivata davanti alla corda perpendicolare a terra, sarebbe stato puramente divertito. La serpeverde infatti aveva sempre adorato arrampicarsi, fin da quando era bambina e si divertiva a salire sugli alberi per buttare a terra i nidi che trovava tra i rami. Motivo per cui dopo essersi aggrappata alla corda con le mani il più in alto possibile, fu quasi piacevole dover faticare per tirarsi su di peso ultilizzando solo i muscoli delle braccia, e per andare ad agganciarsi poi, alla corda, anche con le gambe. Da quella posizione si sarebbe affidata ai muscoli delle cosce, che sarebbero stati ben serrati sulla corda, per poter spostare una alla volta le mani più in alto così da continuare la salita, fino a raggiungere la pluffa. Tenendosi ancora aggrappata alla fune a quell'altezza con gambe e mano sinistra, avrebbe allungato la destra per permettersi di afferrare la scarlatta ed effettuare il lancio, caricando prima all'indietro oltre la spalla e poi in avanti, verso gli anelli disposti a qualche metro di distanza, stendendo bene il braccio così da dare al lancio più forza e precisione possibile. Dopo essersi assicurata di aver fatto centro avrebbe allentato la presa sulla fune in modo da lasciarsi scivolare verso il basso -purtroppo- e una volta di nuovo a terra avrebbe ripreso a correre per raggiungere l'atrezzo seguente. Con un balzo verso l'alto si sarebbe quindi aggrappata con la mano sinistra al primo piolo in legno sopra la sua testa, mentre la destra dopo un colpo di reni si sarebbe aggrappata a quello poco più avanti. Staccando una mano dopo l'altra, lasciando le gambe a penzoloni ma gli addominali contratti, avrebbe superato un piolo alla volta fino a quando non avrebbe raggiunto l'ultimo, dal quale avrebbe mollato la presa per cadere di nuovo a terra. A quel punto si sarebbe concessa un istante per rilassare le mani stringendo e distendendo le dita un paio di volte, mentre, sempre correndo, si sarebbe avvicinata ai due pali in legno, ai quali era stata attaccata un'altra corda, ma questa volta volta parallela al suolo. Superato il primo, si sarebbe attaccata saldamente con le mani alla fune dando le spalle all'altro palo -il punto d'arrivo- posizionandone una davanti all'altra. Contraendo poi tutta la zona addominale avrebbe sollevato la parte inferiore del corpo per portare le caviglie ad allacciarsi e incrociarsi tra loro al di sopra della fune, adottando la stessa posizione della Sloth Grip Roll che negli ultimi allenamenti aveva imparato -con estrema soddisfazione- ad usare. Mantenendosi quindi a testa in giù avrebbe mosso le mani successivamente una davanti all'altra per spostarsi e proseguire lungo tutta la lunghezza della corda fino a raggiungere l'altro palo, in prossimità del quale avrebbe riportato i piedi a terra e riacquisito una posizione eretta e stabile. A quel punto, consapevole di aver praticamente finito il percorso, avrebbe preso un ultimo respiro profondo prima di lanciarsi in uno scatto di velocità verso la bandierina verde dalla quale era partita, stringendo i denti per non cedere alla fatica che sentiva, come una morsa, attanagliarle i muscoli delle gambe. Solo quando sarebbe arrivata a destinazione si sarebbe finalmente concessa di riprendere fiato, appoggiando le mani ai fianchi e passandosi il dorso della mano sulla fronte umida, mentre con lo sguardo rivolto verso il resto della squadra avrebbe atteso di ricevere da Morgana le prossime istruzioni.
 
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view post Posted on 10/4/2020, 19:50
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Il vento caldo di quel pomeriggio ondulava la bassa erba del campo da Quidditch, in cui Evander era arrivo in anticipo per attendere l'inizio del suo provino. La decisione di candidarsi per la squadra di Quidditch era stata un'idea inaspettata partorita dalle sue ultime considerazione sul nuovo anno scolastico che gli si prospettava di fronte: tra i buoni propositi vi erano anche conoscere e sperimentare. Lo sport magico più famoso di sempre gli avrebbe dato possibilità di provare le proprie capacità fisiche e di fare la conoscenza di altri suoi concasati che tante volte aveva trascurato. Non gli dispiaceva dare un contributo alla grandezza della Casa, ma prima di ogni cosa vi era il possibile suo prestigio personale. Se il ruolo di Battitore si fosse dimostrato adeguato a lui, ne avrebbe tratto soddisfazione e divertimento, perché no. Lo affascinava l'utilizzo della mazza per mettere in difficoltà gli altri giocatori con la propria forza bruta, di cui Evander bramava la crescita. Aveva una buona sensazione quel giorno, alimentata dagli ottimi risultati conseguiti nel test teorico a cui era stato sottoposto. Col petto gonfio d'orgoglio aveva atteso che il Capitano Morgana Celebrian finché questa non s'era piazzata di fronte a loro candidati: fra questi non aveva mancato di notare due individui che aveva riconosciuto come Sybil Vane e Heather Blishwick, ragazze che aveva conosciuto nella Sala Comune. Le salutò con un sorriso che mal celava la propria superbia, al momento, per poi rivolgere totale attenzione alle parole della leader della squadra di cui avrebbe fatto parte. Ormai aveva fatto quel passo, non sarebbe tornato indietro; non era ammesso un fallimento.
Quando furono salutati ufficialmente e fu loro presentata la squadra con cui avrebbero potenzialmente giocato, Evander scrutò i presenti e increspò cordialmente le sue labbra, facendo un rapido cenno con la testa in loro direzione. Il discorso sulla diligenza e la devozione che richiedeva appartenere alla squadra rafforzò i suoi propositi di dimostrare di poter essere un buon rappresentante della sua casata. Dopodiché si concentrò sul percorso che Morgana Celebrian stava loro illustrando. Era lungo e probabilmente faticoso, tuttavia Evander non era particolarmente intimorito.
S'avvicinò lentamente alla bandiera di modo da misurare con la massima oculatezza possibile la distanza che lo separava dai primi ostacoli e dalla piramide lignea. Una volta arrivato a quel punto, strofinò le proprie mani velocemente, saggiandone l'attrito. Portò il piede sinistro indietro per preparare la gamba ad un calibrato slancio in avanti, mentre anteponeva, invece, il piede destro di fronte a lui. Dopo essersi piegato leggermente sulle ginocchia, molleggiando un paio di volte per riscaldarli, e inclinato la schiena in avanti per partire al meglio, avrebbe fatto una profonda inspirazione per incamerare quanto più ossigeno possibile nei propri polmoni. Una volta che avesse staccato il piede meno avanzato per cominciare la corsa, avrebbe flesso i gomiti con gli avambracci e la mani diritte verso l'alto, perché non fossero d'ostacolo. Cercando di mantenersi lievemente inclinato in avanti, avrebbe corso a testa bassa, ma con gli occhi puntati all'obiettivo: il primo ostacolo. Ad ogni passo avrebbe accompagnato il movimento con il tentativo di modulare la propria respirazione, inspirando con il naso e espirando con la bocca. Raggiunto il primo piolo avrebbe congiunto i piedi il più rapidamente possibile, aprendo le braccia ai propri fianchi come ali in grado di favorire il proprio equilibrio. Avrebbe flesso le ginocchia ulteriormente, ma in particolare si sarebbe servito dei polpacci per caricare la spinta verso l'alto necessaria. Prima di effettuare il balzo, avrebbe inspirato a fondo perché poi potesse trattenere il fiato a rifornire le energie ai propri muscoli in tensione. Concluso il primo, avrebbe espirato, senza mancare di riprendere il ciclo respiratorio per essere pronto anche al successivo salto. Per ogni ulteriore altezza dell'ostacolo, avrebbe piegato maggiormente le gambe perché avessero il giusto effetto a molla in modo da balzare più in alto: non avrebbe dimenticato perciò di usufruire anche dei muscoli femorali, gonfiando le cosce, per poter chinarsi ancora, fino a che, all'ultimo salto, i glutei erano talmente tesi e in basso da arrivare al punto di non ritorno prima di crollare indietro o avanti a causa dell'eccessiva tensione muscolare. Avrebbe avuto premura di atterrare con le piante dei piedi mai disgiunte e atte a ricoprire la maggiore superficie in modo da ottenere una posizione più sicura. Portato a termine il quinto e ultimo salto, davanti a sé avrebbe trovato il lato pendente della piramide ad accoglierlo. Avrebbe preso lo slancio, a capofitto, per poter salire più in alto possibile, poggiando prima il piede destro e procedendo con vigore col piede sinistro affinché potesse raggiungere un'altezza adeguata. Prima di perdere definitivamente lo slancio e l'equilibrio dato dalla corsa, la sua mano destra sarebbe saettata verso la fune, che avrebbe stretto con forza, serrando in una morsa le dita attorno ad essa. Dopo un sospiro per riprendere il ritmo respiratorio consueto, avrebbe scavalcato con la gamba destra ponendosi al di sopra della corda che sarebbe a quel punto scorsa tra i suoi arti inferiori. La mano libera sarebbe stata occupata, esattamente come la destra, a sorreggersi alla fune, non prima che Evander puntasse le piante dei piedi al declivio esercitando pressione con i muscoli della tibia. Si sarebbe teso all'indietro col bacino, al contempo dilatando i bicipiti per stringersi all'appiglio, prima di cominciare a arrampicarsi ponendo prima una mano e poi l'altra in rapida successione lungo la fune. Mentre si fosse tirato su con gli arti superiori, avrebbe continuato a procedere spedito anche con le gambe come se salisse delle scale immaginarie, cercando di coordinare il tutto con i propri sospiri scanditi, mano a mano che avesse salito la piramide. Arrivato al culmine di questa, avrebbe afferrato nuovamente la fune sdraiandosi parzialmente sul lato discendente della struttura in legno. Tenuta saldamente con la mano sinistra, nel punto più vicino al suo volto, l'altra avrebbe tenuto la medesima corda più in basso, in modo da cominciare a farla scorrere tra i palmi, allentando quel tanto che bastasse perché cominciasse a scivolare. Avrebbe posto attenzione a sollevare dalla superficie la schiena, in modo che soltanto i talloni e le gambe, se non le avesse puntate per rallentare, potessero ostacolare la discesa; si sarebbe tenuto decentrato alla corda perché potesse controllare meglio il proprio equilibrio, un poco verso l'esterno alla sua destra. Disceso del tutto, Evander avrebbe raggiunto il suolo cercando di non esercitare troppo il proprio peso sui talloni, per cui si sbalzò in avanti con una lieve spinta attuata con le gambe perché atterrasse dal balzo pochi centimetri più in là rispetto alla piramide. Avrebbe avuto qualche metro ancora prima di raggiungere la corda che avrebbe dovuto scalare: si sarebbe lanciato su di questa cercando di balzare più in alto possibile perché potesse stringere fra le mani una porzione elevata della fune. Inspirando ossigeno vitale ai suoi muscoli, quelli degli arti superiori si sarebbe sforzati perché potesse tirarsi su. Nel momento stesso in cui avesse sollevato il suo corpo, le sue gambe si sarebbe ancorate attorno all'appiglio. Avrebbe quasi congiunto le ginocchia, piegandole perché potessero, con un'estensione rapida e vigorosa, portare ulteriormente su l'aspirante Battitore. Ogni volta che si fosse spinto più avanti, avrebbe alternato le mani a tendini tesi affinché poi si ritrovassero nuovamente vicine, ma già avanzate nel loro percorso verticale. A scalata avviata, avrebbe unito le piante dei piedi intorno alla fune per darsi una spinta maggiore mettendo sotto sforzo le cosce e i polpacci per tutta loro lunghezza. Se fosse riuscito a raggiungere la posizione della Pluffa, avrebbe disteso il braccio reggendosi con ancor più energia alla fune mentre si fosse sbilanciato. Se fosse riuscito a tenere fra le dita ad arpione la Pluffa, avrebbe posato gli occhi a forma di spillo al centro del cerchio di destra, a cui, caricando il braccio all'indietro, avrebbe mirato. Con un'ultima intensa inspirazione, avrebbe teso i legamenti del braccio, accrescendo i suoi muscoli con apporto di forza che gli avrebbe permesso di farlo scattare in avanti e lasciare la Pluffa al momento propizio perché ruotasse fino all'anello, badando che fosse distante dalla circonferenza bronzea di quest'ultimo. Dopodiché avrebbe separato i piedi tenuti ancorati alla fune, per discendere quando avesse leggermente allentato la presa attorno ad essa. Giunto a terra avrebbe ripreso a correre verso i pioli, a cui si sarebbe aggrappato dopo uno slancio, effettuato attraverso una spinta degli arti inferiori verso il basso, accompagnata da un cupo mugugno di fatica. Avrebbe agguantata con entrambe le mani il piolo prima di curvare il bacino in avanti e, stavolta, sbilanciare il suo corpo perché potesse sfruttare peso e gravità: avrebbe lasciato andare una presa per poter aggrapparsi quanto più rapidamente al piolo successivo. Nel momento in cui avesse sfiorato la sbarra successiva con la mano pronta a stringersi vigorosamente, avrebbe lasciato andare il braccio fino a quell'attimo tenuto indietro, perché potesse muovere anch'esso vicino al gemello. Avrebbe tenuto le ginocchia leggermente piegate e avrebbe messo in tensione gli addominali per non gravare troppo sulle braccia quando si sarebbe issato. Si sarebbe lasciato al suolo e Evander sarebbe accorso all'ultima prova: voltandosi avrebbe fatto scattare le braccia verso l'alto di modo che potesse appendersi innanzitutto con le mani che durante la corsa avrebbe avuto premura di sciogliere, compreso a ruotare i polsi per sgranchirli. Una volta presa con le dita ancora serrata e arrossate la fune, avrebbe dato un colpo di reni per sollevare velocemente le proprie gambe e avviluppare la corsa incrociandole all'altezza della tibia. Avrebbe nuovamente messo sotto pressione cosce e glutei per potersi mantenere vicino alla fune e scorrere lungo essa, capovolto. Si sarebbe aiutato al contempo con le braccia, tirando come se dovesse arrampicarsi, come in precedenza, facendo attenzione a porre le mani progressivamente, una di fronte all'altra. Se avesse raggiunto la sua meta, avrebbe lasciato andare prima di tutto le gambe, in modo da cadere su di esse quando si fosse staccato. Dopo questo ennesimo sforzo, avrebbe passato il dorso della mano sulla fronte, riprendendo più fiato possibile nel minor tempo possibile, questa volta accumulando quanta più aria potesse respirare dalle narici dilatate: a quel punto, puntata con determinazione la bandiera che avrebbe siglato la fine del percorso, avrebbe mosso le proprie gambe a martellare sul terreno celermente, attingendo dalle ultime energie immagazzinate. Si sarebbe chinato lievemente, come al principio, e il sangue sarebbe scorso nel suo corpo impetuoso gonfiando il collo e i muscoli tutti, in particolar modo quegli degli arti inferiori e dell'addome teso a scuotere i primi. Se avesse raggiunto la sua destinazione, avrebbe rallentato progressivamente, tentando di non rompere il proprio respiro repentinamente, finché non si sarebbero potuto arrestare e piegare sulle sue ginocchia stanche.

Edited by Evander Knight - 10/4/2020, 21:12
 
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Jack Allan Wilkinson
view post Posted on 10/4/2020, 20:31




“Jack, cacciatore” disse semplicemente. Non gli erano mai piaciute le presentazioni di gruppo. Forse era proprio perché non trovava niente che volesse dire o aggiungere di sé stesso ad una platea indiscriminata di persone. Distogliendo lo sguardo sulle nuove reclute, il serpeverde si concentrò sul riscaldamento e sui compiti che Morgana aveva loro assegnato.
Coordinando braccia, gambe e respiro, avrebbe cominciato a correre verso i primi strumenti. Una volta davanti agli ostacoli avrebbe unito i piedi e con l’ausilio delle ginocchia li avrebbe saltati scaldando gradualmente i muscoli dall’ostacolo più basso a quello più alto. Cercando di regolarizzare il respiro e di evitare di spingersi oltre i propri limiti, avrebbe ricominciato a correre fino alla prima struttura in legno con la corda che penzolava dalla sua cima e finiva a pochi centimetri da terra. Jack l’avrebbe afferrata con forza e con entrambe le mani per poi mettere il primo piede sul piano che avrebbe dovuto scalcare. Facendo leva sui propri muscoli, il ragazzo si sarebbe issato, e una volta posizionato anche l’altro piede sulla struttura, avrebbe iniziato a salire. Passo dopo passo, con entrambi gli arti che tiravano e spingevano per completare la scalata, sarebbe giunto in cima. Da lì sarebbe scivolato dall’altra parte utilizzando il piano inclinato speculare a quello dove vi era attaccata la corda come uno scivolo. Atterrato con i piedi avrebbe ricominciato a correre e, appena dopo la prima curva del campo, si sarebbe avvicinato alle corde verticali. Con un salto si sarebbe aggrappato ad una fune e avrebbe cominciato a issarsi con l’ausilio delle braccia e dei piedi che si sarebbero anch’essi stretti alla corda. A poco a poco, tra la stretta delle gambe e l’uso dei propri bicipiti, avrebbe raggiunto la cima e, una volta arrivato, avrebbe allungato il braccio destro per acciuffare la pluffa e rivolgere lo sguardo agli anelli. A quel punto, con la palla in mano, avrebbe mirato all’anello di sinistra e, portato indietro il braccio per caricarlo di potenza, avrebbe lanciato la pluffa per fare centro. Senza osservarne l’esito, avrebbe intrapreso la discesa e, una volta toccato con i piedi il terreno, avrebbe ripreso a correre fino alla spalliera orizzontale che si sarebbe trovata sopra la sua testa. Con un salto avrebbe afferrato il primo piolo per poi iniziare a spingere il proprio corpo a dondolarsi appena per darsi la forza aerodinamica necessaria per raggiungere l’altro piolo e proseguire. Con la destra e la sinistra che si alternavano nel stringere il piolo successivo e il corpo Jack avrebbe raggiunto la fine della strutture. Finito l’esercizio e datosi un attimo di riposo, riprese la corsa e, superato il primo palo, avrebbe afferrato la corda, con le mani e le gambe, in modo da risultare nella stessa posizione durante una Sloth Grip Roll. A quel punto con gli arti inferiori ben saldi sulla fune, avrebbe allungato le braccia per avanzare mentre le gambe le avrebbero seguite come il resto del corpo sfregando sulla corda. In quel modo avrebbe raggiunto l’altro palo a cui la corda era attaccata per poi concludere l’allenamento con un unico scatto di corsa verso la bandiera da cui tutto era partito.
 
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Alexander Grayson
view post Posted on 10/4/2020, 20:33




Altro giro, altra corsa.
La punizione era stata stranamente breve, ma gli aveva comunque provocato un disgusto non indifferente. Essere paragonato a quegli idioti che da mesi non facevano altro che oziare non gli era piaciuto, per niente. La sua era stata solo una piccola svista, un incidente di percorso; ciononostante, era stato lo stesso privato del quidditch. Per quanto volesse ammettere di aver ricoperto un piccolo un ruolo nel disastro che si era rivelato essere Astronomia, la sensazione di aver subito un'ingiustizia faticava ad abbandonarlo. Sopratutto perché erano finiti dietro a quei quattro tassi che ancora popolavano la casata di Tosca. Se qualcuno doveva essere punito, quello non era di certo lui. Fortunatamente, il peggio era ormai passato e, come sempre, Alexander Grayson era riuscito a prendersi la sua rivincita. Motivo per cui arrivò al campo da quidditch con l'animo abbastanza calmo, la sua fidata Nimbus 2001 salda nella mano destra. Non era andata allo stesso modo per Vivian che, a differenza sua, era ancora in punizione; il che voleva dire niente sosta negli spogliatoi a fine allenamento. Tuttavia, confidava comunque nel fatto che avrebbero recuperato il tempo perso.

- Capitano! Gente! -

Esordì una volta arrivato al campo, la divisa che aderiva perfettamente al corpo.
Carne fresca, quel giorno. Nuove reclute pronte a darsi da fare sull'ovale. Il diciassettenne ascoltò la lista fatta dalla rossa al comando, spostando superficialmente le iridi da recluta a recluta, giusto peri dare un volto a tutti quei nomi. Si soffermò per un istante solo su Sybil Vane che, sorpresa delle sorprese, condivideva lo stesso nome della sua volpe. Curioso, pensò osservandola brevemente, per poi tornare con lo sguardo sul viso del capitano. Curioso, ma non rilevante. Ascolto quindi le parole di Morgana, mentre adagiava il manico della scopa a terra: per il momento, non gli sarebbe servito.
Senza indugiare dunque, avrebbe portato le braccia a piegarsi lungo i fianchi e si sarebbe diretto verso la bandierina verde. Da lì avrebbe iniziato la sua corsa, osservando con le iridi cobalto i primi ostacoli. Avrebbe quindi unito i piedi e piegato leggermente le ginocchia, cosi da superare il primo, basso ostacolo; il secondo, invece l'avrebbe superato con un balzo di poco più energico, cosi da lasciare il tempo ai muscoli di riscaldarsi a dovere. Avrebbe perciò continuato la sua corsa superando i vari ostacoli disseminati dal capitano, mentre il sangue iniziava a scorrere sempre più veloce negli arti inferiori. Avrebbe quindi richiesto alle sue gambe un ulteriore sforzo per superare l'ultimo ostacolo, prima di dirigersi a passo leggermente più veloce verso la prima struttura in legno. Avrebbe quindi afferrato rapidamente la corda ed iniziato la sua scalata verso il milione la vetta. Con le mani salde intorno ad essa, l'avrebbe usata come perno per raggiungere la cima del piano inclinato, dal quale sarebbe poi sceso tramite un agile scivolata verso il suolo. Di conseguenza, avrebbe ripreso a correre, determinato a raggiungere velocemente la seconda struttura. Il respiro controllato, le iridi fisse sull'obiettivo da raggiungere. Avrebbe quindi afferrato anche la seconda corda, pronto a scalare quella struttura più ostica della precedente. Avrebbe perciò sollevato i piedi da terra ed iniziato la salita, le mani che macinavano centimetri grazie alla ruvida corda. Aiutandosi anche con le cosce, strette anch'esse intorno alla corda, avrebbe cosi raggiunto la cima. Una volta su, avrebbe allungato la mano destra e recuperato una pluffa, per poi puntare il suo obiettivo: l'anello di destra. Mentre la mancina restava attaccata alla corda, cosi da fornirgli l'equilibrio necessario al lancio, avrebbe quindi caricato all'indietro, leggermente, il braccio dominante, per poi distenderlo nuovamente e scagliare la pluffa verso 'anello scelto con tutta la forza consentita dalla stramba posizione. Senza perdere tempo avrebbe nuovamente toccato il suolo, a seguito di una rapida discesa, per poi riprendere la corsa interrotta in precedenza, raggiungendo cosi la spalliera appositamente preparata. Grazie ad un rapido balzo avrebbe quindi afferrato il primo piolo, sostenendo tutto il peso del corpo con la sola mano destra, il tempo necessario di far compiere alla mancina la stessa manovra della gemella. Grazie alla sinistra avrebbe quindi afferrato il piolo successivo, intrappolandolo in una morsa rappresentata dalle sue falangi. Cercando di mantenere l'equilibrio avrebbe dunque continuato la sua avanzata sino a giungere alla fine della struttura, passando cosi dall'altra parte. Di nuovo a terra avrebbe continuato la sua corsa, raggiungendo cosi il primo palo. Repentino avrebbe effettuato un altro balzo e si sarebbe appeso a testa in giù sull'ennesima corda, richiedendo alle braccia un ulteriore sforzo. Una volta sollevate anche le gambe, avrebbe intrappolato la corda grazie alle caviglie; lo sguardo puntato sulla fine del percorso. Avrebbe cosi cercato di avanzare il più velocemente possibile, conscio del fatto che ormai i muscoli del corpo fossero completamente sciolti. Terminata l'avanzata avrebbe effettuato un ultimo balzo verso la bandiera da cui era partito, concedendo, infine, qualche minuto di riposo ai suoi muscoli.
 
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view post Posted on 10/4/2020, 22:16
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Ella distrugge per ricreare


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Terminato il percorso Morgana si concesse un lungo sospiro e nell'attesa che tutti terminassero il riscaldamento ne approfittò per allungare i muscoli con un po' di stretching cercando di non pensare al formicolio dei propri arti. Era stato intenso, addirittura per lei che si allenava ormai da anni, e per un attimo sperò che i compagni alle proprie spalle rallentassero così da avere più tempo per la ripresa. Dopo aver lasciato a tutti il tempo di riprendere fiato e allentare la tensione muscolare trascinò su ognuno di loro uno sguardo soddisfatto, specialmente in direzione delle reclute dimostratesi tutte capaci di sopravvivere allo sforzo. Riprese possesso della scopa, quindi, e indicò loro i manici malconci precedentemente prelevati dallo sgabuzzino, quelli che solitamente utilizzavano i novellini durante i provini onde evitare di far loro spendere Galeoni prematuramente; gli strumenti appena utilizzati sgombrarono l'ovale e schiarendosi la voce nuove direttive aleggiarono nell'aria rovente del post-riscaldamento. «Trish, Jack, Xavier e Alexander lavorerete insieme. A centro campo è stata posizionata una Sparapluffe e in base al suo colore dovrà essere lanciata a uno degli Anelli Nord: rossa al centro, gialla a desta e blu a sinistra. Vi posizionerete tutti e quattro all'altezza dello strumento ma Trish sul lato destro del campo e voi tre... - Lo sguardo chiaro si spostò sul trio di Cacciatori. - ...sul lato sinistro, uno dietro l'altro. Partirai tu Jack, poi Alexander e Xavier: la Pluffa verrà lanciata verso l'alto, dovrete recuperarla vincendo la contesa con il manichino pronto a partire insieme a voi e poi volare verso le porte ricordando di mirare a quella giusta. - La prima Pluffa per Jack sarebbe stata rossa e la seconda blu, la prima per Alexander sarebbe stata gialla e la seconda rossa, la prima Pluffa per Xavier blu mentre la seconda rossa. - Trish, dal lato opposto, dovrai scattare verso gli anelli e, ovviamente, parare ma nel raggiungere le porte un manichino cercherà di rallentarti. - Sicuramente il manichino l'avrebbe intralciata con molteplici falli; se fosse stato tutto chiaro li avrebbe lasciati liberi di allontanarsi e le proprie iridi cerulee si sarebbero indirizzate verso la chioma rossiccia della Kane. - Oggi voglio farti allenare con la mano non dominante. Un manichino ti sta aspettando all'altezza della Torretta di Tassorosso, cominceremo con delle semplici ribattute: lui spedirà il Bolide in tua direzione e tu dovrai indirizzarlo dentro l'anello alla tua sinistra o quello alla tua destra in base all'iniziale stampata sulla palla. S, ovviamente, per sinistra e D per destra. - Con un cenno del capo l'avrebbe invitata a posizionarsi, il primo Bolide indirizzato avrebbe riportato una S, il secondo e il terzo una D. A quel punto si sarebbe potuta dedicare alle reclute. - Ora tocca a voi! Cominciamo da Madison, ti posizionerai agli Anelli Sud e davanti a te, a circa otto metri di distanza, troverai una Sparapluffe: uno strumento che ti lancerà, appunto, delle Pluffe. Il tuo compito, in quanto Portiere, sarà quello di capire dove verrà indirizzata la palla e parare. Osserva con attenzione la Pluffa e il suo movimento nell'aria, posizionati centralmente all'anello preso di mira e poi cerca di acciuffarla con entrambe le mani; le braccia non dovranno essere né eccessivamente rilassate né troppo rigide altrimenti non riuscirai a trattenerla. - La prima Pluffa che Madison avrebbe dovuto parare sarebbe stata scagliata verso l'anello di sinistra, la seconda a quello di destra e la terza di nuovo a quello di sinistra. Se non avesse avuto bisogno di chiarimenti le avrebbe indicato gli anelli da raggiungere e poi avrebbe spostato l'attenzione sulle due Cercatrici: Heather e Lia. Liberò il Boccino proprio davanti ai loro occhi, questo eseguì un rapido zig-zag confusionario e poi schizzò verso l'alto. - Come saprete il vostro compito è quello di trovare e acchiappare quella scheggia con le ali. Ma prima di mettervi alla ricerca voglio che vi scaldiate con questi... - Tirò fuori due Boccini di dimensioni leggermente più grandi rispetto alla norma e di un acceso colore scarlatto. Li posizionò a un paio di metri da una bandierina blu e poi proseguì con la spiegazione. - Vi posizionerete ai lati della bandiera, Lia a destra e Heather a sinistra, davanti a voi ci saranno i due Boccini e non appena voi sfreccerete in loro direzione questi faranno lo stesso verso il lato opposto del campo... in linea retta. Dovrete semplicemente cercare di raggiungerli e catturarli prima che raggiungano la seconda bandiera blu posizionata proprio sull'altro versante dell'ovale. Attenzione a non sbilanciarvi troppo in fase di cattura, pur sporgendovi in avanti dovrete cercare il vostro equilibrio oppure finirete con la faccia per terra... o con il Boccino in gola. Una volta catturato potrete liberarlo e mettervi sulle tracce di quello vero: non tralasciate alcun dettaglio durante la vostra ricerca. È tutto chiaro? - Dopo l'esercizio iniziale avrebbero potuto cominciare la loro ricerca e all'improvviso il Boccino si sarebbe reso visibile tra la Torretta di Serpeverde e quella di Grifondoro, nei pressi degli spalti. Sarebbe quindi passata ai Battitori, squadrò entrambi pensando a come sarebbe stato meglio muoversi. - Okay, Sybil ed Evander. Cerchiamo di non finire in Infermeria! Vicino alla Torretta di Corvonero vi aspetta un manichino con un bersaglio nero al centro del petto, voi vi posizionerete uno dietro l'altro a quindici metri da lui - dove troverete una bandiera bianca - e vi alternerete per aspettare l'arrivo del Bolide indirizzato verso di voi: potrà arrivare da destra o da sinistra, sarà compito vostro capire la direzione cercando di cogliere il suo fischio metallico e spostamenti d'aria. Una volta individuato dovrete calcolare il momento giusto per il colpo, serrate bene le dita sulla mazza posizionando la dominante sopra e l'altra sotto... - Glielo mostrò, recuperando una delle due mazze affidate a loro. - ...poi dovrete caricare il colpo portando indietro le braccia in modo che i vostri gomiti si pieghino secondo un angolo acuto ma non eccessivo: l'impugnatura della mazza deve risultare allineata all'altezza delle vostre spalle. A quel punto dovrete colpire cercando di far raggiungere alla palla il bersaglio. Se è tutto chiaro potete andare.» Avrebbe dato loro le mazze e poi avrebbe puntato lo sguardo verso i Cacciatori, pronta ad aggiungersi al gruppo. Il primo Bolide che Sybil avrebbe dovuto ribattere sarebbe giunto da destra, il primo per Evander da sinistra, il secondo per Sybil da sinistra e il secondo per Evander da destra. Sarebbe salita in sella alla Nimbus e rapidamente si sarebbe posizionata dietro l'ultimo Cacciatore in coda per attendere il proprio turno, avrebbe osservato con attenzione i lanci dei compagni e la reattività di Trish, poi si sarebbe preparata al tiro. Con le dita strette al manico di scopa avrebbe scambiato uno sguardo, sicuramente assente, con il fantoccio poco distante e poi si sarebbe concentrata sulla Sparapluffe per prepararsi a partire al suo rumore caratteristico. Quando questo le fosse rimbombato nei timpani sarebbe sfrecciata in direzione della Pluffa, osservandola volare verso l'alto; la propria traiettoria avrebbe seguito la medesima direzione e nel mentre avrebbe cercato di togliere di mezzo il manichino facendo pressione contro il suo corpo di legno per non permettergli il sorpasso. Con la spalla schiacciata contro la sua avrebbe tentato un'accelerata improvvisa nella speranza di farlo sbandare nel vuoto e se ci fosse riuscita avrebbe allungato il braccio destro in direzione della scarlatta per farla propria e ripararla immediatamente tra il fianco destro e l'incavo del gomito. Le dita della sinistra avrebbero indirizzato il proprio volo in direzione degli Anelli, la Pluffa sputata fuori dallo strumento era blu quindi Morgana avrebbe dovuto mirare alla porta di sinistra e avrebbe sicuramente trovato Trish a impedirglielo. Si sarebbe avvicinata ancora un po' all'area di punteggio e al momento giusto i propri polpastrelli avrebbero preso possesso delle conche in cuoio sulla palla stringendola con fare saldo, il braccio sinistro avrebbe garantito il proprio equilibrio in volo mentre il destro avrebbe caricato il lancio portandosi all'indietro ma mantenendo sempre come punto di riferimento l'altezza della propria spalla. D'improvviso, poi, l'arto si sarebbe spinto in avanti con tutta la forza in suo possesso spingendo la Pluffa verso l'anello preso di mira e tentando, per la precisione, di orientarla verso l'angolo destro dell'ovale metallico. La scozzese avrebbe percepito tutti i muscoli del braccio allungarsi in avanti e l'immancabile pizzico di violenza spingere la palla verso il bersaglio con ancor più decisione. Rapidamente si sarebbe spostata dal centro del campo per tornare in fila e ripetere l'esercizio. Quasi fremendo, desiderando un ennesimo scontro con il fantoccio, avrebbe atteso l'esecuzione dei Cacciatori davanti a sé e poi - sola davanti alla Sparapluffe - i propri sensi si sarebbero acuiti per reagire il più in fretta possibile al lancio della Pluffa. In quell'occasione non avrebbe perso tempo con una marcatura, sarebbe volata direttamente contro il manichino per riservargli una dura spallata e allontanarlo dalla sua traiettoria a sufficienza da permettere al Capitano di far propria la palla con uno scatto verso l'alto e un movimento fulmineo del braccio per acchiapparla. Se fosse riuscita nell'intenso avrebbe potuto proseguire in direzione degli anelli nuovamente con la Pluffa sotto il braccio. Gialla, avrebbe dovuto lanciarla all'anello di destra e Morgana avrebbe puntato proprio in quella direzione; raggiunta una distanza adeguata avrebbe di nuovo affidato il controllo della Nimbus alla mano sinistra e la destra si sarebbe stretta una seconda volta alla palla impugnandola al meglio. Il braccio dominante si sarebbe piegato all'indietro, caricando il tiro, e poi come una molla si sarebbe disteso in avanti per tentare un lancio pericolosamente orizzontale e diretto; a quel punto avrebbe solamente dovuto attenderne l'esito.

//Scadenza per postare: domenica 12 ore 23:59.

Edited by Morgana Celebrian - 16/4/2020, 14:23
 
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Madison Grey
view post Posted on 11/4/2020, 20:30




Ci vollero diversi minuti, ma gradualmente cominciai a sentirmi meglio e ripresi anche a respirare normalmente. Tuttavia, continuai a rimanere seduta mentre aspettavo che anche gli altri finissero quell'esercizio; quando tutti ebbero terminato, mi alzai, mi pulii da eventuali rimasugli di campo rimasti sulla divisa ed ascoltai cosa ancora aveva in serbo per noi Morgana.
Ella diede a ciascuno di noi un compito diverso, chiaramente per ruolo. Io, che mi ero candidata come Portiere, dovevo posizionarmi agli Anelli Sud, dove a poco meno di dieci metri di distanza avrei trovato una simpaticissima Sparapluffe pronta ad attaccare uno qualsiasi degli anelli, che avrei dovuto prontamente difendere. Inoltre mi suggerì di non irrigidire troppo le braccia né l'esatto contrario nel prendere la pluffa, o non sarei riuscita a trattenerla. Grata per il suggerimento, annuii per mostrare di aver capito e feci tesoro del consiglio. Conoscevo abbastanza bene il Quidditch a livello teorico, ma non ci avevo mai effettivamente giocato perciò per me era tutto nuovo e qualsiasi dritta sarebbe stata oro.

Una volta finita l'assegnazione dei ruoli, sarei montata sulla mia scopa (si fa per dire... in verità era stata gentilmente prestata dalla Scuola), diretta verso gli Anelli Sud. Mi sarei quindi posta esattamente di fronte alla sparapluffe, sebbene ad otto metri di distanza, ed avrei iniziato a concentrarmi. In verità, avrei iniziato quella fase già da appena dopo lasciato il suolo per dirigermi verso la mia posizione; avrei fatto lunghi respiri ed avrei iniziato ad alienarmi da ogni possibile distrazione. Tuttavia, giunta a destinazione, avrei dovuto continuare quel processo, poiché tutt'altro che banale od immediato. Avrei fatto lunghi respiri, ed osservato attentamente la sparapluffe nel tentativo di coglierne ogni informazione utile. Gli altri giocatori sarebbero diventati delle ombre indistinte, fino a scomparire dal mio raggio visivo; ci sarebbero capitati ma non li avrei assolutamente visti, poiché ciò che spettava fare a loro non mi avrebbe riguardata in alcun modo. E in quel momento, non avrei avuto altro interesse all'infuori del proteggere gli anelli. Avrei cercato anche di creare una sorta di "connessione" con la stessa scopa; non era mia, quindi avrei potuto sentirla come estranea e viceversa, ed ero fermamente convinta che per la buona riuscita di quello sport bisognasse considerare ogni singolo aspetto, dotato o meno di vita, e creare con ciascuno di questi punti una connessione, un'armonia che consentisse ai giocatori di essere un tutt'uno con l'ambiente. Credevo fermamente che ciò conferisse una marcia in più, poiché certamente era importante avere le più disparate abilità fisiche, ma spesso si sottovalutava l'estrema importanza dell'aspetto incorporeo. Sentirsi una parte integrante dello scenario, almeno nel mio caso, mi avrebbe conferito maggior sicurezza ed avrebbe contribuito ad acuire il mio istinto; condividendo un legame sottile e invisibile con ogni particella circostante, avrei potuto godere di anticipazioni legate a movimenti visibilmente impercettibili che avrebbero potuto essere cruciali. In un certo senso sarei stata quasi indirizzata. Era tutta, chiaramente, una questione di sensazioni, percezioni magari in parte anche suggestionate da me stessa. Ma esse mi avrebbero conferito una concentrazione ottimale, ed era proprio ciò che mi ci sarebbe voluto. Pertanto avrei assunto una posizione comoda ed aerodinamica, cercando di bilanciare la necessità di essere in equilibrio a quella di rimanere in una posizione che mi consentisse, al momento opportuno, di sfrecciare alla massima velocità. Mi sarei piegata col busto, fino ad arrivare ad avere circa quaranta centimetri di distanza tra petto e manico della scopa. Avrei cercato di tenere le braccia, semidistese, rigide ma non troppo. Quanto bastava ad avere una presa salda, con le mani che a loro volta avrebbero impugnato decise il manico. Avrei continuato a tenere lo sguardo fisso sulla Sparapluffe, attenta ad ogni singolo movimento, per poter agire prontamente.
Non appena mi fossi accorta del primo segno di movimento della sparapluffa, mi sarei posta ulteriormente piegata col busto pronta a partire. Avrei messo tutte le mie forze per scattare il più rapidamente possibile. Da dove mi trovavo, avrei potuto facilmente raggiungere ambedue gli anelli laterali; avrei solo dovuto essere più veloce della macchina. Avrei continuato a mantenere la calma e la concentrazione, sicura di potercela fare, aiutata da una sana dose di confidenza e dalla sensazione di avere tutto sotto controllo, grazie all'armonia che avrei cercato di creare fino a poco prima del momento della verità. Quindi, avrei continuato ad osservare il macchinario e non appena mi sarebbe parso di notare un leggerissimo spostamento della suddetta sparapluffe verso sinistra, ecco che in men che non si dica avrei rivolto il manico della scopa nella medesima direzione con tutta la forza e potenza che avessi in corpo, determinata ad ad arrivare al suo centro in un battibaleno. Una volta lì, avrei immediatamente sollevato il busto fino a raggiungere una posizione seduta, mi sarei aiutata nel mantenimento dell'equilibrio con le gambe in maniera quasi spontanea, incrociando le caviglie. A schiena ben dritta, avrei quindi lasciato il manico della scopa per afferrare la Pluffa. Sarei stata determinata, avrei cercato sicuramente di mantenere la mente libera, così che fosse limpido il mio unico obiettivo e pensiero; non avrei lasciato subentrare timori od emozioni analoghe. No, sarei stata assolutamente pronta, sicura delle mie capacità e decisa a mostrarle anche al Capitano della squadra. Subito dopo aver lasciato la scopa avrei leggermente piegato le braccia e posto le mani, aperte, proprio di fronte a me, all'altezza del petto, distanti tra loro una trentina di centimetri e messe in modo che fossero quasi rivolte l'una verso l'altra ma leggermente piegate, quasi a formare una conca ove speravo si sarebbe introdotta la pluffa. La posizione sarebbe stata studiata in seguito a ciò che, in quei pochi attimi di tempo concessomi, avrei decretato osservandone la traiettoria. Quindi, fiduciosa, quando la pluffa sarebbe distata ormai pochi centimetri, mi sarei preparata ad afferrarla. Non appena avessi sentito sulle mani la sensazione di qualcosa in imminente arrivo, quella sorta di vento che non è ancora l'oggetto in sé ma ne preannuncia comunque la prossima presenza, allora avrei capito che era il momento di chiudere le mani. Questo poiché, anche se ancora non c'era, neanche il tempo di realizzare la sensazione provata e la pluffa sarebbe arrivata. Quindi avrei portato a chiusura le dita quel poco che sarebbe bastato a trattenerla completamente. Riportando alla mente il consiglio poco prima ricevuto, avrei fatto attenzione a tenere le braccia con decisione ma senza eccedere; avrei messo forza, poiché comunque mi apprestavo a prendere un qualcosa dotato di un certo peso oltretutto proveniente ad una velocità importante, ma non sarei stata tesa. Pronta, conscia del peso accentuato dalla velocità che mi stava per venire incontro, ma non irrigidita dalla paura o dal pensiero che ciò potesse essere un vantaggio.

Neanche il tempo di realizzare l'accaduto, che mi sarei dovuta rimettere immediatamente sull'attenti. Senza esitazione, e cercando sempre di mantenere la mente ben lucida, avrei riportato lo sguardo sulla sparapluffe. Così come non avevo saputo quando avrebbe sparato la prima pluffa, neanche avevo modo di immaginare quanto tempo intercorresse tra i vari tiri. In una situazione normale, ovvero con giocatori al posto della macchina, avrei potuto provare a destreggiarmi tra gli anelli ad alta velocità per depistare gli avversari, confonderli, ma in quel caso... beh, c'era ben poco da confondere. Anzi, non potevo permettermi il minimo movimento affrettato, poiché avrebbe comportato distrazione. No, avrei dovuto mantenere lo sguardo fisso e affidarmi pienamente all'istinto. Finita l'azione precedente, mi sarei rimessa immediatamente nella posizione iniziale, col busto inclinato verso il basso e le mani ben salde sul manico della scopa. Neanche il tempo di elaborare gli eventi, ed ecco che avrei intercettato nuovamente un piccolo movimento, ma stavolta rivolto a destra. In quel momento mi sarei trovata all'estremo opposto, perciò una posizione sfavorevole rispetto alla precedente; per questo, avrei completamente abbassato il busto e disteso anche un poco le gambe, diventando quasi un tutt'uno con la scopa, e sarei volata alla volta dell'anello destro con quanta più decisione avessi potuto ed avrei confidato fortemente sia in me, sia nella scopa che mi trasportava. Non mi sarei messa a pensare al fatto che avrei dovuto percorrere più strada rispetto a prima, che la difficoltà era aumentata; avrei semplicemente lasciato che il mio corpo svolgesse il suo compito, captasse con la massima rapidità la traiettoria della pluffa e, a quel punto, partisse con tutta la forza immaginabile, se non di più. D'altronde si sa che in queste situazioni, talvolta, si riesce a dare anche più delle proprie aspettative, grazie all'adrenalina. Quindi, una volta al centro dell'anello prescelto, di nuovo avrei incrociato le caviglie, alzato il busto fino a sedermi ed alzato le braccia, piegando un poco i gomiti e con le mani ben aperte, pronte ad accogliere la pluffa come pochi attimi prima. Stavolta avrei avuto meno tempo di ragionare perché ne avrei impiegato di più per il raggiungimento dell'anello, perciò, senza indugiare, appena arrivata avrei ripetuto quei movimenti spontaneamente, aiutata dal fatto di averli compiuti poco prima. Stavolta l'oggetto mi sarebbe sembrato indirizzato all'altezza della pancia, quindi avrei piegato le braccia in modo da tenere le mani a quell'altezza, come prima avrei creato una sorta di conca, con le mani ben aperte. Quindi, alla sensazione della pluffa in imminente arrivo, avrei chiuso mani e dita attorno alla pluffa, cercando di dosare attentamente forza e decisione, mirando al bilanciamento che mi consentisse una presa salda non eccessiva.

Di nuovo sull'attenti, mi sarei riposizionata comodamente sulla scopa. Era proprio infame quella macchina! Non ti dava il tempo di ragionare sul da farsi, aveva tempi incostanti né in generale a me noti ed oltretutto dava scarsissimi indizi. Decisamente una prova interessante, doveva ammetterlo! Questo di certo non mi avrebbe buttata giù; ciò che accresceva le difficoltà non avrebbe fatto altro che rendermi ancor più determinata. Non so quando sparerai il prossimo colpo? Allora stai pur certo che sarò pronta in partenza! Mi dai indizi vaghi? Bene, vorrà dire che me li farò bastare! Sin da bambina, ciò che rendeva per gli altri un qualcosa più lontano per me lo trasformava solo in più desiderabile.
Sguardo fisso sulla sparapluffe, mente libera, rumori e altra gente completamente fuori dal mio campo audio-visivo; così avrei cercato di mantenermi, nuovamente provando anche a non farmi distrarre dalla precedente azione. Quindi, ancora una volta, mi sarei accorta di un movimento della sparapluffa verso sinistra, e ancor prima di mettere a fuoco mi sarei lasciata guidare dall'istinto, che avrebbe immediatamente capito il da farsi. Quindi mi sarei messa nella posizione precedentemente adottata per una rapida partenza e via, ancora una volta, cercando di mettere tutta me stessa nello scatto e cercando di riporre la massima fiducia in me ed il mio mezzo, sarei andata alla volta dell'anello di sinistra. Giunta a destinazione, mi sarei seduta sulla scopa, caviglie incrociate, busto dritto, testa alta con sguardo rivolto verso la pluffa, braccia e mani in posizione pronte ad afferrarla. Stavolta mi sarebbe parso fosse indirizzata più in alto, all'altezza del mio collo, quindi avrei piegato le braccia fino a far quasi aderire bicipiti ed avambracci, avrei disteso le dita delle mani fino al momento in cui non avessi sentito che la pluffa era pericolosamente vicina e, a quel punto, le avrei chiuse, portando le mani ad afferrarla pienamente. Se le due azioni precedenti fossero andate a buon fine, avrei avuto modo di iniziare a capire il peso e la potenza della pluffa, pertanto, avrei cercato di afferrarla con una forza e decisione tali da permettermi il trattenimento della stessa e di subirne il contraccolpo senza rimetterci, né più né meno.
 
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Alexander Grayson
view post Posted on 12/4/2020, 10:09




Recuperate le energie, Alexander si focalizzò di nuovo sulle parole dell capitano, ascoltando le nuove direttive. Voglioso di salire di nuovo sulla sua velocissima Nimbus, il serpeverde l'avrebbe quindi recuperata, per poi salire in sella e spiccare il volo verso il centro dell'ovale. In attesa del suo turno, si sarebbe concesso una rapida esplorazione degli anelli che avrebbe dovuto violare, come sempre, protetti da Trish.
Giunto il suo momento, il diciassettenne avrebbe quindi staccato la mano destra dal manico portandola in aria, pronto alla contesa con il manichino. Le iridi fisse sulla sparapluffe, la sola mano sinistra a comandare la scopa. Si sarebbe dunque esibito in un veloce scatto verso la scarlatta, con la mano dominante aperta, nel momento esatto in cui quest'ultima fosse stata libera dalla morsa della sparapluffe, provando cosi ad anticipare il manichino. Repentinamente l'avrebbe afferrata, portandola a poggiarsi contro il fianco destro per poi appiattire il busto sul manico e sfrecciare verso gli anelli. Con una serie di manovre evasive, avrebbe tentato di seminare l'avversario, sfruttando la velocità della sua Nimbus 2001 e l'esperienza che ormai aveva maturato durante il corso di svariati allenamenti. Zigzagando velocemente, avrebbe quindi effettuato rapidi cambi di direzione, cercando di arrivare agli anelli ancor prima di Trish. Giunto in prossimità della dell'anello da perforare, avrebbe caricato il braccio destro all'indietro, a mo di molla, osservando, di nuovo, il colore della pluffa. Senza perdere tempo l'avrebbe quindi disteso nuovamente in avanti, scagliando la giallastra (?) verso l'anello di destra, imponendo al lancio una traiettoria lineare, grazie a tutta la forza con la quale avrebbe compiuto il gesto.
Si sarebbe quindi posizionato nuovamente al centro del campo, pronto a ripetere la stessa azione.
Avrebbe quindi atteso lo scatto della sparapluffe, pronto ad afferrare anche la seconda pluffa, in modo da far capire al manichino che avrebbe fatto meglio a trovarsi un altro lavoro. Repentinamente sarebbe quindi scattato verso la zona in cui era stata lanciata la pluffa, questa volta di colore rosso. Nel caso fosse riuscita a recuperarla, l''avrebbe prontamente protetta con la sua figura, colpendo con una leggera spallata il manichino, cosi da spostarlo ma senza commettere alcun fallo. Di nuovo avrebbe eseguito qualche manovra evasiva, cosi da distanziare l'avversario di legno ed avanzare indisturbato verso gli anelli. Avrebbe quindi aggiunto alla manovra anche dei rapidi cambi di quota, cosi da disorientare ulteriormente il manichino. Adocchiato l'obiettivo, una volta giunto in prossimità di esso, avrebbe scagliato la pluffa verso l'anello centrale, con tutta la forza in suo possesso, cosi che il tiro risultasse imparabile, almeno nella sua testa.
 
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view post Posted on 12/4/2020, 15:30
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D I R T Y H A N D S

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Riprese le forze e recuperato abbastanza fiato da permettergli di continuare l'allenamento, il figlio di Salazar si sarebbe mosso verso la propria Nimbus, mettendosi a cavalcioni su di essa per poi darsi lo slancio necessario a permettergli il volo. Raggiunse il gruppo di cacciatori e Trish per ascoltare le nuove direttive di Morgana; dopo aver impresso nella propria mente tutto ciò che doveva fare si sarebbe mosso assieme ai due compagni Cacciatori per raggiungere la parte di campo che con loro avrebbe occupato, ovvero la sinistra, mettendosi in fila e stando alla stessa altezza della sparapluffe. Preso il suo posto con gli altri cacciatori avrebbe atteso con pazienza il proprio momento osservando il lavoro di Jack e Alexander mentre nella propria mente avrebbe ripetuto la sequenza esatta dei colori rispetto ai Tre Anelli. Terminati i tiri dei due Cacciatori avrebbe stretto maggiormente la presa attorno al manico della Nimbus, appiattendosi contro di essa. Lo sguardo sarebbe rimasto fisso sul macchinario, in attesa di vedere la prima Pluffa uscire da esso; avrebbe fatto spostare lo sguardo, di tanto in tanto, dal macchinario al fantoccio per assicurarsi di avere la sua figura nel proprio campo visivo. A quel punto avrebbe potuto vedere la prima Pluffa, di colore blu, quindi senza tergiversare avrebbe imposto alla sua Nimbus di scattare in avanti e dopo aver allungato il braccio sinistro avrebbe recuperato la Pluffa blu stringendola tra il fianco ed il gomito sinistro. Vincendo la contesa avrebbe compiuto uno scatto verso il basso per seminare il manichino, continuando a sfrecciare verso gli Anelli mantenendo quell'altezza bassa prima di strattonare la sua Nimbus verso l'alto e recuperare quota, assicurandosi però di essere al di sopra del fantoccio. A quel punto avrebbe concentrato tutta la sua attenzione ai tre Anelli, concentrandosi unicamente su quello di sinistra. A quel punto dopo aver fatto scivolare la Pluffa nella mano sinistra avrebbe caricato il colpo all'indietro lanciando verso l'Anello di sinistra, con tutta la forza di cui disponeva.
A quel punto, senza perdere tempo, avrebbe effettuato un rapido giro per tornare a centro campo, sfrecciando nuovamente sul lato sinistro; nuovamente avrebbe stretto tutte e due le mani sulla Nimbus in attesa di vedere la Pluffa scarlatta essere lanciata verso l'alto. Quando la scarlatta si fosse trovava nella sua visuale lui avrebbe compiuto un ulteriore scatto in avanti, fulmineo, raggiungendo la Pluffa che recuperò con la mancina, stringendola nuovamente tra fianco sinistro e gomito. Avrebbe poi voltato il capo in direzione del manichino per assicurarsi di essere seguito da lui. Mentre ancora sfrecciava verso gli Anelli che gli erano stati assegnati per quell'esercizio, avrebbe iniziato ad avanzare a zigzag così da seminare il fantoccio. Quindi si sarebbe spinto prima verso sinistra, avanzando fulmineo in avanti, poi verso destra con uno scatto brusco ma deciso, per concludere nuovamente verso sinistra prima di calare di poco la quota e far scivolare la Pluffa nella mano sinistra. Avrebbe caricato il colpo all'indietro mirando esattamente all'Anello Nord centrale, scagliando la Pluffa con tutta la forza che aveva.
A fine esercizio si sarebbe unito nuovamente ai compagni Cacciatori, aspettando nuove direttive da parte di Morgana.
 
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