Hogwarts: Harry Potter Gioco di Ruolo

Lezione Secondo Pupillo - Zerby Maranta

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L'eccellenza non era qualcosa che si incontrava tutti i giorni, e nessuno meglio di un Professore poteva saperlo. A Hogwarts, le valutazioni dell'operato altrui erano all'ordine del giorno e in un certo senso, arrivavano prima o poi a essere un vero e proprio metro di auto-definizione. Raramente un bravo studente non era compiaciuto dei propri successi, e difficilmente chi otteneva risultati scarsi non provava un po' di dispiacere al riguardo - per quanto si potesse simulare indifferenza e superiorità.
Quella insegnata dalla Preside Kedavra non era una materia semplice. Nonostante la Preside si battesse per convincere i propri studenti che l'Aritmanzia non fosse affatto elitaria nella scelta dei suoi discepoli, sin dal suo primo approccio con la materia le era stato evidente che quella non fosse l'assoluta verità. Le norme aritmantiche che venivano impartite tra i banchi di Hogwarts, tuttavia, erano decisamente alla portata di chiunque potesse compiere qualche calcolo.
Per quanto riguardava l'Aritmanzia autentica, però, il discorso era profondamente diverso.
L'arrivo di Jelonek a Hogwarts, un anno prima, il lento e faticoso recupero (ancora in corso) delle proprie capacità Legilimantiche, gli addestramenti alle nuove reclute Auror, i numerosi cambi da gestire nel Corpo Docente, per non parlare delle indagini, le dichiarazioni pubbliche, i suoi incarichi come Membro Onorario del Wizengamot, si erano sommati in un vortice di impegni più o meno impossibili da concentrare nelle misere ventiquattro ore offerte da un giorno, o nei patetici sette giorni in una settimana. Se non avesse abbozzato con largo anticipo i programmi didattici relativi alla sua materia, Kedavra si sarebbe trovata, negli ultimi dodici mesi, a dover letteralmente improvvisare le proprie lezioni. All'interno di quel guazzabuglio di impegni e nottate in bianco era stato umanamente impossibile anche soltanto considerare di prendere e seguire un nuovo Pupillo, qualcosa che le era immensamente dispiaciuto; ma le cose, almeno negli ultimi tempi, sembravano essersi appena rilassate, o forse era lei stessa ad avere ormai imparato a convivere con pasti rubati dalle cucine e orari oltremodo improponibili, da trovare in tutto ciò abbastanza accettabile l'idea di approfondire, con uno studente particolarmente brillante, determinati argomenti della sua materia.
L'eccellenza era rara, tra le mura di Hogwarts così come in qualunque altra scuola; ma in quell'anno, la Preside aveva potuto comunque seguire la carriera di alcuni dei suoi studenti più brillanti, decidendo infine di premiare il più meritevole. In quel caso, la scelta era ricaduta sulla Corvonero Zerby Maranta.
Zerby arrivava al corso da Pupilla di Aritmanzia portando con sé una storia insolita. Soltanto qualche tempo prima, era stata esclusa dagli esami M.A.G.O. dopo l'iscrizione, in quello che poteva ben essere definito il primo e unico errore in una pressocché infinita serie di successi. Certamente, quel fallimento le aveva aperto le porte dell'Aula di Aritmanzia: se Zerby avesse passato gli esami alla prima occasione, quella mattina Kedavra si sarebbe ritrovata ad aspettare qualcun altro e forse, la stessa Corvonero non avrebbe avuto modo di incamminarsi sulla lunga strada per diventare Aritmante; per lo meno, non lo avrebbe certo fatto da così giovane, e tra quelle mura.
Sebbene il corso Pupillo fosse riservato a studenti eccezionalmente meritevoli, Kedavra non aveva mai potuto fare a meno di pensare che la vera Aritmanzia, così come qualsiasi conoscenza superiore, richiedesse un briciolo di umiltà. Non conosceva personalmente Zerby e non sapeva se avrebbe ritrovato in lei quella modestia che, temperando una giusta e alta ambizione, costituiva il terreno di coltura migliore per una conoscenza approfondita e speciale.
Erano le nove in punto quando Zerby Maranta si presentò sulla soglia dell'Aula. Kedavra aveva lasciato la porta aperta, per evitare di distrarsi al punto da non accorgersi che qualcuno stesse bussando. La strega si voltò verso la studentessa con un primo sorriso.

-Benvenuta, Zerby. Prego, accomodati.

Mentre Zerby prendeva posto sul banco che la Preside aveva predisposto per lei, la donna prese ancora la parola.

-Spero che non ti infastidisca il mio darti del tu. Visto il tempo che passeremo insieme, risulterà più facile. - emise un breve sospiro -Prima di cominciare, lascia che faccia una precisazione su questo. Il corso che inizierà oggi non... non sarà il corso che ti aspetti. Non sarà qualcosa che chiunque si possa aspettare da un corso di Aritmanzia, almeno.

Sollevò appena le sopracciglia. Quindi sporse verso di lei un piccolo plico di pergamene, facendolo scivolare sulla superficie della cattedra finché la ragazza non fu in grado leggerne il titolo:

CITAZIONE

TATTICHE DI ADDESTRAMENTO #5
Proprietà del Ministero della Magia
Quartier Generale degli Auror

TOP SECRET


-Dovrai prepararti a passare qui dentro davvero molto, molto tempo. - fissò la studentessa, valutando incuriosita le sue reazioni -Tuttavia ne varrà la pena. Con il dovuto impegno -- e non ho dubbi che tu sia in grado di mettercelo, o non saresti qui -- non ci sarà un limite a quello che potrai ottenere qui dentro.

Sospirò, abbandonandosi a un breve sorriso, prima di accennare alla lavagna.

-Be', abbiamo molto da fare. Il punto di partenza di un qualsiasi corso serio di Aritmanzia è quel requisito base che ti innalza immediatamente dal livello di un Aritmante dilettante. Sto parlando della Decodifica Istantanea. - compì un ampio gesto con la mano -Si tratta della capacità, comune a tutti gli Aritmanti, di tradurre istantaneamente un qualunque testo in cifre aritmantiche. Questo è il motivo per cui nel mio Gufo ti ho chiesto di imparare la Tabella Aritmantica a memoria: perché qui dentro non la rivedremo più, almeno non durante questo corso. Chiaramente sarebbe troppo, anche per una studentessa dotata delle tue capacità, richiederti di tradurre istantaneamente ora. L'abilità vera e propria verrà con il tempo, a seguito di reiterate e frequentissime esercitazioni. Intanto, però, sarà opportuno abituarti a Decodificare in fretta e senza l'uso concreto della nostra amata Tabella.

Si schiarì la voce, tornando a indicare la lavagna.

-Sulla lavagna comparirà una serie di parole. Ciascuna rimarrà visibile per soli cinque secondi. Con piuma e pergamena alla mano, dovrai tradurre ciascuna parola in cifre aritmantiche. Alla fine della sequenza, controllerò il tuo lavoro e vedremo quanto la conoscenza della Tabella Aritmantica può considerarsi acquisita. Solo dopo questa verifica potremo passare oltre.

Tamburellò appena le dita sulla cattedra.

-Dunque, sei pronta? Allora, via!

A un rapido cenno della bacchetta, la prima parola emerse dall'ardesia della lavagna, in brillanti lettere bianche. Rimase dov'era per cinque secondi, prima di essere seguita dall'altra, e poi da quella dopo ancora.

SCARPA

BACCHETTA

LIBRO

PIUMA

RITRATTO

CASTELLO DI HOGWARTS

SERRA DI ERBOLOGIA

MINISTERO DELLA MAGIA

OSPEDALE SAN MUNGO PER MALATTIE E FERITE MAGICHE





//Ogni errore significherà che Zerby non è riuscita a Decodificare in tempo quella parola/espressione.




-Kedavra
 
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Diventare la Pupilla della Preside Kedavra era stata una botta d'aria fresca per Zerby Maranta. Il periodo di depressione massima che era seguito alla mancata promozione agli esami M.A.G.O. aveva tutta l'aria di voler durare a lungo. Un messaggio di poche righe portato da un gufo della scuola era stato in grado di spazzare via ogni traccia di abbattimento. E lei aveva così tanto bisogno di una buona notizia!
La coincidenza era stata tale che alla fine sembrava quasi una fortuna non aver passato gli esami finali. Essere la Pupilla della Preside, una dei più grandi Aritmanti di tutti i tempi, era decisamente un onore. Il messaggio diceva chiaramente che il corso sarebbe cominciato, ma non dava una data precisa. Dunque, almeno per il momento, Zerby poteva crogiolarsi nell'idea di essere in qualche modo speciale - era una Pupilla! E non una qualunque, ma la Pupilla della Preside. Per il momento c'era l'onore e nessun tipo di onere.
Il secondo messaggio destò un sentimento tutto diverso nell'animo della Corvonero. Un nuovo anno scolastico era iniziato e il suo affetto per la routine aveva preso il sopravvento. La bocciatura agli esami era solo un ricordo, qualcosa che presto si sarebbe trasformata - almeno così sperava - in un buffo aneddoto. I suoi voti erano decisamente buoni e seguire le lezioni era un'occupazione interessante e divertente al contempo. Per di più, aveva la compagnia dei suoi amici e la loro comprensione. Il pensiero che presto o tardi la lezione come Pupilla avrebbe bussato alla sua porta, la sfiorava solo leggermente.
Quando vide le prime parole sulla pergamena, riconobbe immediatamente la grafia di Kedavra. Il cuore cominciò a batterle forte nel petto, come se qualcuno l'avesse appena colta in fallo. Aveva le mani sporche di marmellata, il barattolo vuoto era ai suoi piedi e nessuno l'avrebbe salvata.
Una settimana di tempo. Fino a quel momento non aveva fatto assolutamente niente per prepararsi, non si era riguardata gli appunti, non aveva fatto esercizio, non ci aveva quasi pensato. E ora scopriva che da lì ad una settimana il corso sarebbe cominciato.
Abbandonò tutti i suoi programmi - addio alla gita ad Hogsmeade programmata con Peter Hool per quel sabato, addio al ripasso di Erbologia, addio alla partita a scacchi contro Lizzie Beexie, addio a pranzi e cene in Sala Grande. Avrebbe impiegato ogni momento libero a ripassare e memorizzare. Pur senza saperlo, Kedavra l'aveva salvata in un momento di crisi. Ora voleva sforzarsi di restituirle il favore e il minimo che potesse fare era evitare di deluderla.

Erano notti che non dormiva bene. Veniva continuamente perseguitata da sogni ricorrenti, in cui ogni oggetto che aveva accanto si tramutava in una serie di numeri, numeri giganti che cercavano di divorarla. Alla fine compariva Kedavra, che scuoteva la testa con aria delusa. Nessuno la salvava dai numeri e lei moriva dissanguata.
Esercitarsi non era mai stato così complesso. Aveva trascorso ogni minuto di veglia a tradurre parole in numeri, calcolare e cercare di capire. Aveva mangiato su ogni divanetto della Sala Comune, riempiendoli immancabilmente di briciole. Aveva visto l'alba molte volte, mentre si rigirava nel letto e ascoltava Elvis che ronfava lì accanto. Era ingiusto: il gatto dormiva, lei faceva calcoli. Il mondo proseguiva, lei si preoccupava di conferire ad ogni cosa la giusta sequenza di numeri. La Tabella Aritmantica era diventata la sua migliore amica, ma il loro era un rapporto strano, perché erano appena entrate così in confidenza e già dovevano dirsi addio. Il messaggio che Kedavra aveva mandato era forte e chiaro: la Tabella era tanto utile e carina, ma un bravo Aritmante ce l'aveva stampata in mente, non gli serviva qualcosa da consultare. E Zerby aveva agito così, cominciando a memorizzare, facendo confusione, sparando cifre a caso, fino a padroneggiare un minimo la tecnica.
Alla fine il grande giorno era arrivato. Quella settimana era durata un anno e lei si sentiva più vecchia di sua nonna, ma anche molto saggia. Si era alzata prestissimo, perseguitata dal solito brutto sogno. Si era preparata, lasciando da parte la divisa e optando per un più comodo paio di pantaloni neri, una camicetta e un maglioncino morbido. Ogni tanto si accarezzava le braccia, cercando conforto nel tessuto. Finalmente, per la prima volta da giorni, era uscita dalla Torre di Corvonero e si era diretta in Sala Grande, dove si era rifocillata, tenendo lontani i numeri dalla sua mente. Almeno per il momento.
Poco prima delle nove si era diretta verso l'Aula di Aritmanzia. Aveva fatto un profondo respiro e aveva bussato.

"Buongiorno, professoressa."
La Preside Kedavra l'accolse molto gentilmente, sorridendo. Non stava ancora scuotendo la testa con aria delusa, il che poteva senz'altro dirsi un successo. Zerby si accomodò e represse un sospiro di sollievo. Improvvisamente quel luogo le sembrava molto familiare. Sistemò le sue cose, sentendosi piccola piccola per l'emozione. Aveva cercato di esercitarsi al meglio, ma si rendeva conto soltanto in quell'istante che nulla avrebbe potuto davvero prepararla. Era lì per apprendere.

"Non sarà il corso che ti aspetti."


Un plico di fogli, un'intestazione inusuale. Zerby si sentiva confusa ancor prima di cominciare. Dove sarebbero andate a parare? Trattenne ogni dubbio per sé, perché era certa che la Preside avrebbe fugato ogni perplessità al momento giusto.
La sensazione di familiarità era ancora presente, ma le parole della donna parevano condurre da tutt'altra parte. Verso l'ignoto.
La sua stessa reazione la stupì. Invece di essere allarmata o in ansia, sentiva una strana eccitazione, un desiderio di mettersi alla prova e di scoprire qualcosa di nuovo, non strettamente legato al mondo accademico ben noto ad ogni studente. La strada non sarebbe stata semplice, ne era sicura, ma - incredibilmente - sapeva di essere pronta a cominciare.

La prima prova posta davanti al suo percorso era un esercizio di Decodifica. Si trattava di leggere delle parole alla lavagna e di tradurle per iscritto in cifre aritmantiche. Avrebbe avuto solo pochi secondi per farlo.
Subito, il cuore cominciò a batterle forte in petto. Le sfide le avevano sempre fatto quell'effetto e, dopo tutto, il nuovo senso di decisione e desiderio di progredire che sentiva, non evitava completamente l'ansia. Di colpo quella situazione le parve molto normale. Un'aula scolastica, una docente, pergamena, piuma e inchiostro, battiti cardiaci accelerati. Poteva trattarsi di un qualsiasi esame importante. Erano lei, la sua mente e il tempo che passava rapido.
Assentì in silenzio quando la Preside le chiese se era pronta. Non c'era motivo di rimandare. Intinse la piuma nell'inchiostro, puntò gli occhi sulla lavagna e si concentrò. Quando comparve la prima parola, la diciassettenne si sentì incredibilmente più rilassata. Cominciò a scrivere le cifre, cercando di essere rapida e precisa. Forse un errore o due non avrebbero deluso Kedavra, ma sicuramente avrebbero deluso lei.
Otto parole seguirono la prima, in rapida successione. Zerby scrisse più rapidamente che poteva, cercando di non farsi prendere dal panico man mano che i termini si allungavano. Alla fine, guardò con occhio critico il lavoro e voltò il foglio per mostrarlo alla Preside.
La grafia non era molto curata, ma comunque comprensibile. Nove serie di numeri erano allineate sulla sinistra, una sopra l'altra, le prime molto brevi, le altre sempre più lunghe.

CITAZIONE

131971

213385221

39296

79341

99291226

31125336 49 86751921

15991 49 592636791

495912596 45331 41791

61754135 115 43576 759 41312295 5 659925 4179385


Fino a quel momento non aveva detto molto. La lezione era appena cominciata e ancora non si sentiva così a suo agio. Sensazioni contrastanti lottavano per avere la meglio: era abituata a quel tipo di ambiente, ma era anche consapevole che presto sarebbe venuto il difficile. Non aveva particolare familiarità con Kedavra Mandylion, ma l'ammirava e aveva fiducia in lei. Sapeva che nelle sue mani, una mente giovane e desiderosa di apprendere poteva trasformarsi in qualsiasi cosa.
 
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La piuma in mano a Zerby sfrecciava a velocità forsennata, producendo un confortante scricchiolio sulla pergamena. Era uno dei rumori preferiti da Kedavra: quando il silenzio e la concentrazione riempivano le fredde mura di pietra del castello e quello era l'unico suono che era possibile udire nella sua Aula. Aveva un qualcosa di caldo, familiare. Sapeva di casa.
Mentre Zerby scriveva, la Preside spostava lo sguardo dal suo banco alla lavagna. Normalmente lo avrebbe mantenuto su di lei, ma una prima occhiata alla ragazza le aveva fatto intuire le difficoltà con cui aveva affrontato quella settimana e la tensione con cui si era messa al lavoro. Non intendeva farle pressioni. Ci sarebbe stato qualcosa di molto simile a un Addestramento Auror nel tempo che avrebbero trascorso insieme, ma non si sarebbe trattato di quel tipo. Oltre tutto, l'esperienza le aveva insegnato che i Pupilli si cimentavano con il quelle lezioni provando sentimenti molto contrastanti, specie all'inizio. Per la maggior parte di loro si trattava della prima volta che si trovavano da soli con lei, o con un qualunque Professore, in realtà; vi erano dubbi di essere inadeguati, o che la scelta compiuta venisse revocata in caso di performances non all'altezza delle aspettative; contemporaneamente, vi era spesso una gran voglia di imparare, mettersi in gioco, dimostrare qualcosa a se stessi. Sbirciando nella maniera più discreta possibile il volto della Corvonero, la Preside cercava di capire quali tendenze fossero più portanti in lei. La bocciatura ai M.A.G.O. era un evento che la maggior parte degli studenti viveva con una certa gravità; per alcuni si trattava di un vero e proprio spartiacque nella carriera scolastica, avvenuto proprio quando quest'ultima sarebbe dovuta finire. Coloro che, come Zerby, erano abituati a eccellere, solitamente soffrivano un calo dell'autostima e del proprio senso di efficacia anche debilitante. Da ciò che Kedavra aveva scorto, nel passare in rassegna i risultati scolastici della studentessa, non era stato il caso di Zerby. Ciò aveva forse influito sulla sua decisione di sceglierla come propria Pupilla: oltre all'aspetto prettamente conoscitivo, e le grandi abilità che la ragazza aveva sempre dimostrato a lezione, c'era sempre una forte componente personale nell'Aritmanzia, così come nella selezione di quegli studenti che Kedavra riteneva meritevoli di un approfondimento individuale.
Il carattere di Zerby le era pressocché sconosciuto, eppure la affascinava. Non si era lasciata abbattere da quell'unico scivolone nel suo lungo percorso, ma si era anzi rialzata in fretta. I suoi esiti scolastici non davano prova, anzi, di alcun tentennamento, di alcun ripensamento. Mentre la Preside osservava la diciassettenne impegnata nella sua prima prova, cercando comunque di non farle pesare quello scrutinio, non poteva fare a meno di chiedersi se l'alunna fosse consapevole di quanto quel corso avrebbe scavato nella sua psiche, nei suoi pensieri e in tutto ciò che era.
Se hai nascosto qualcosa a te stessa per continuare a essere la migliore, per concentrarti sul presente per non guardarti indietro, quel qualcosa tornerà a galla. E lo farà qui dentro.
Quando anche l'ultima serie di parole fu scomparsa dalla lavagna, la Preside attese qualche secondo per permettere a Zerby di ricontrollare, quindi si alzò dalla cattedra e si spostò davanti al suo banco.

-Posso?

Le chiese, prima di prendere delicatamente la pergamena. La lesse con rapidità. Del resto, la Decodifica Istantanea era poco più che un lavoro mnemonico, a malapena l'appropriarsi di uno strumento essenziale. Era come un pittore che andasse a procurarsi tele e pennelli. L'arte doveva ancora iniziare.

-Bene.

Annuì, restituendole la pergamena. Indietreggiò poi, impercettibilmente, appoggiandosi alla cattedra. Per quelle prime fasi, era opportuno concedere a Zerby un po' di spazio.

-Con il tempo, tradurrai in numeri così tante lettere che diventerà qualcosa di automatico. Per quanto riguarda il resto, vorrei poterti dire di non preoccuparti...- sollevò le sopracciglia con un sorrisetto -Ma ho preparato un programma abbastanza impegnativo. Non si tratta soltanto di Tabelle Aritmantiche e Somme, come avrai immaginato. Vorrei che tu arrivassi molto oltre, e che questo corso ti doni qualcosa che rimanga con te per sempre.

Si inumidì le labbra, tentando di non suonare troppo definitiva.

-Affronteremo un argomento enormemente discusso tra gli Aritmanti -- uno di quelli che avvicinano all'Aritmanzia anche maghi e streghe che dell'Aritmanzia non si interessano affatto. Prima di arrivare al punto, però, dovremo compiere una piccola deviazione teorica su terreni giù battuti. Parleremo, naturalmente, di Aritmanzia degli Incantesimi in particolare e di Aritmanzia Avanzata in generale -- andremo proprio a eviscerare questo concetto, ne coglieremo la natura più intima e autentica. Innanzitutto, quindi...- batté le mani tra loro e indicò nuovamente la pergamena -Vediamo di trovare la tua Propensione. L'hai sicuramente già calcolata nel corso dell'undicesima e della dodicesima lezione. Vorrei che tu ora rifacessi il primo calcolo che ci serve, quello di Aritmanzia degli Incantesimi di Strato I. Mentre te ne occupi, con calma, ti sarà utile spiegare a voce alta quello che stai facendo. Non è una verifica, perché visti i tuoi risultati, non ci sono dubbi che tu abbia familiarità con queste procedure. Vorrei però vedere come rifletti sui vari passaggi e quali significati vi attribuisci.

Questa volta, la Preside sollevò lo sguardo su Zerby e fissò il viso della ragazza con maggiore intensità.

-Kedavra
 
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La correttezza del suo lavoro fu accolta da una reazione minima da parte della Preside. Zerby si era impegnata molto durante quella settimana e aveva cercato di rendere semplice quel tipo di operazione. Si rendeva conto che per Kedavra la Decodifica era qualcosa di assolutamente banale, ma avrebbe sperato in una reazione un po' più incoraggiante. Ciononostante, non rimase delusa, né si sentì ferita. Osservò la donna che sedeva poco distante da lei e si chiese cosa le passasse per la testa. In maniera del tutto inaspettata, quel semplice cenno di assenso ebbe un effetto positivo per Zerby. Una Decodifica non era niente di speciale. Stavano salendo i primi gradini di una lunga scala: ogni passo già fatto era importante, ma era comunque nulla in confronto a quello successivo.
Dunque, invece che rimuginare sull'esercizio fatto pochi istanti prima, Zerby Maranta si raddrizzò sulla sedia e si concentrò sulle parole successive della sua insegnante. Era il momento di fare il salto di qualità, di abbandonare la mentalità da studentessa a caccia di un bel voto. Non poteva aspettarsi un biscottino ogni volta che faceva qualcosa di giusto.

Il gradino successivo della scala le portò a parlare di Aritmanzia degli Incantesimi. Era uno degli ultimi argomenti trattati da Kedavra a lezione, dunque Zerby lo ricordava molto bene. Ricordava anche il risultato che aveva ottenuto, qual era stato il suo commento e quale quello della docente.
Quando le fu richiesto di eseguire nuovamente quel calcolo, Zerby annuì. Tornò a guardare la pergamena, intinse la piuma nell'inchiostro e si schiarì la voce.
"L'Aritmanzia degli Incantesimi di Strato I è in grado di rivelarci qual è la categoria di Incantesimi verso cui siamo più portati." Cominciò a parlare, tenendo la piuma sollevata a qualche centimetro dal foglio. Guardava ancora in basso, ma poi alzò gli occhi sulla professoressa. Quelle prime parole avevano avuto un effetto benefico: sapeva di cosa stavano parlando e in qualche modo si sentiva al sicuro. "Il calcolo si effettua utilizzando il Numero del Carattere del Cognome e il Numero del Cuore del Nome."
Pronunciate quelle parole, la Corvonero portò lo sguardo sul foglio di pergamena e cominciò a scrivere.

CITAZIONE

NCC: 4+1+9+1+5+2+1 = 23 -> 2+3 = 5

NCuN: 5


"Il Numero del Carattere del Cognome si ottiene sommando le cifre corrispondenti alle lettere del proprio cognome, fino ad ottenere un numero solo. Il Numero del Cuore del Nome, invece, si ottiene sommando soltanto i numeri corrispondenti alle vocali del proprio nome. Nel mio caso c'è soltanto la E, dal momento che non considero la Y come vocale."
Spiegò ciò che aveva tratteggiato sul foglio, spostando i suoi occhi dal calcolo al volto di Kedavra. Non si concentrò particolarmente sulle espressioni della donna e in parte questo la stupì. Non cercava la sua approvazione, ma semplicemente esplicava ad alta voce i ragionamenti che stava facendo. Ancora una volta erano lei, pergamena, piuma e inchiostro. Persino i battiti cardiaci accelerati avevano levato le tende.
"A questo punto non mi resta che eseguire il calcolo vero e proprio."

CITAZIONE

NCC - NCuN = 5 - 5 = 0


Zerby osservò perplessa il suo risultato. Ricordava di aver ottenuto una risposta diversa la prima volta che aveva eseguito quel calcolo. Pensò di aver commesso un errore e ricontrollò in silenzio, ma solo per giungere alla medesima conclusione. Decise di non dire nulla a riguardo e si limitò ad analizzare ciò che l'Aritmanzia degli Incantesimi di Strato I le aveva mostrato.
"Un numero positivo avrebbe indicato propensione per gli Incantesimi Offensivi, mentre un numero negativo sarebbe stato indice di propensione per gli Incantesimi Difensivi." Questa volta, mentre parlava, mantenne lo sguardo sul foglio, fisso sul tondeggiante risultato che aveva ottenuto. "Lo zero è un risultato interessante, perché rivela un'inclinazione duplice. Posso dedurne che, se mi esercitassi con la stessa costanza e dedizione nell'esecuzione di Incantesimi di ambo le categorie, arriverei ad ottimi risultati in entrambi." Dichiarò.
Si trattenne dal fare affermazioni di altro genere. Durante la lezione su quel tipo di calcolo, era giunta a nette conclusioni circa la concordanza tra il risultato ottenuto e la sua realtà di ogni giorno. Kedavra le aveva consigliato di non ricercare subito conseguenze concrete ed era buffo rendersi conto, a posteriori, che aveva ragione in più di un modo. Oltre alla poca esperienza magica di Zerby, c'era da considerare il fatto che in passato doveva aver commesso uno sbaglio: ricordava chiaramente che la propensione che si era delineata allora riguardava gli Incantesimi Difensivi. Propensione ben diversa da quella indicata dallo zero tracciato ora sul suo foglio.
Dunque, tacque e portò i suoi occhi sulla professoressa.
Sicuramente si era trattato di un banale errore di calcolo, oppure di una Decodifica sbagliata. Eppure, per Zerby quello era una specie di segno. Aveva pensato di conoscere il suo carattere alla perfezione e ciò che Kedavra le aveva detto in quell'occasione era sembrato come un consiglio superfluo. Era ovvio che fosse meno portata per gli Incantesimi Offensivi. Lei non era da attacco. Forse non era nemmeno da difesa. In passato aveva creduto che l'Aritmanzia le stesse parlando, confermando ciò che già pensava di sé. Ora, però, sembrava che persino le cifre Aritmantiche la sbeffeggiassero, sottolineando il fatto che in lei poteva esserci di più. Aveva delle potenzialità che, forse inconsciamente, stava cercando di nascondere persino a se stessa.
 
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Erano soltanto all'inizio, anzi, per certi versi non avevano ancora cominciato; eppure, Kedavra sapeva di essere in un punto cruciale di quel percorso e dalla leggera perplessità che aveva notato nell'espressione di Zerby, lo avvertiva anche lei. L'Aritmante non aveva bisogno di ricontrollare i calcoli di Zerby; li aveva eseguiti non appena la scelta del Pupillo era ricaduta su di lei.
(Certo, poteva raccontarsela in quel modo. La realtà era che uno dei brutti vizi collaterali dell'Aritmanzia era quello di non essere, dopotutto, più in grado di compiere scelte importanti senza eseguire montagne di calcoli. Arrivati al punto a cui era approdata lei, diventava automatico come leggere una parola quando la si guarda. Era più difficile distinguere le lettere e non attribuirvi alcun senso, era meno spontaneo guardare negli occhi una persona e considerarla soltanto tale, piuttosto che misurarne immediatamente il potenziale. Quei calcoli erano diventati la base del suo modo di affrontare il mondo. I suoi occhiali sicuri. Ciò che era la Legilimanzia per Jelonek. )
Questa volta, invece che abbassare lo sguardo sulla pergamena, la Preside lo fissò nel volto della ragazza, con una vaga curiosità e l'accenno di un sorrisetto consapevole. Aveva voluto tenere bene a mente il fatto che Zerby avesse frequentato il pre-corso di Occlumanzia, che a quanto pareva aveva dato i suoi frutti; la Corvonero si comportava con una impercettibile ma coerente cautela e non incrociava i suoi occhi troppo spesso. Kedavra non aveva intenzione di spiegare a Zerby che non aveva nulla da temere in quella circostanza, malgrado la sua fama da Legilimens; se Jelonek le aveva insegnato bene - e dalla propria esperienza, Kedavra aveva pochi dubbi in merito - tali spiegazioni non sarebbero servite. Non si trattava, infatti, di sicurezza, bensì di volontà di tenere i propri pensieri privati.
Il resto - cioè, che molti dei pensieri di Zerby non sarebbero più stati privati, in quella stanza - non poteva essere illustrato a parole. La studentessa lo avrebbe capito per tempo.
Così, per il momento Kedavra concesse gli spazi che la ragazza, implicitamente, pretendeva. Prestò enorme attenzione alla scelta delle parole che accompagnavano il procedimento; anche in quelle, Zerby continuava a non sbilanciarsi, rimanendo in tutto e per tutto abbottonata.
Quando si trattava di trovarsi faccia a faccia con qualcuno, in una situazione come quella - che fosse una lezione, un compito, una punizione, Jelonek - interveniva inoltre una sorta di deformazione professionale che rischiava di trasformare un qualsiasi scambio in qualcosa di molto simile a un interrogatorio. La Preside dovette selezionare con cura le frasi con cui comunicare con la giovane, misurare i propri gesti e atteggiamenti, per evitare che il dialogo assumesse un'impronta troppo inquisitoria.

-Quello che hai appena trovato non credo sia il risultato che hai ottenuto in classe, la prima volta.

Non aveva una memoria precisa di ciò che Zerby aveva fatto nel corso di quella lezione: si era riguardata soltanto i compiti scritti, che ancora conservava nel proprio archivio. Tuttavia, l'esitazione nel comportamento di Zerby nell'eseguire i calcoli, oltre al minimo contatto visivo che era riuscita a ottenere con lei, in cui aveva inevitabilmente esercitato la propria Legilimanzia, le suggerivano che fosse quello il caso. A lezione, ricordava di avere parlato diffusamente di ciò che significasse ottenere 0 come risultato di quel tipo di calcolo, e la Corvonero era riuscita a ripetere quelle nozioni correttamente. La sua Pupilla aveva dimostrato di non soffrire troppo di ansia da prestazione, e di avere conservato integra la propria capacità di concentrazione dopo una frustrazione più o meno rilevante. Neanche la relativa mancanza di gratificazioni, che Kedavra aveva sperimentato dopo la prova della Decodifica Istantanea, aveva scalfito la determinazione della bronzo-blu.
No, quell'incertezza non aveva niente a che vedere con questioni emotive di superficie. Si trattava di una vera e propria incongruenza con quanto Zerby aveva già avuto modo di trovare, qualcosa che probabilmente aveva già messo in moto i meccanismi della sua razionalità. Il che portava alla domanda più interessante.

-Quello che hai ottenuto qui è un risultato piuttosto... ambito, non credi?

Scrollò le spalle.

-Una doppia Propensione è la possibilità di arrivare a praticamente qualunque cosa. Si tratta di un esito molto richiesto per carriere incentrate sul lancio di Incantesimi Difensivi e Offensivi. - strinse appena le labbra, modulando il sorriso con un'espressione allusiva -La carriera da Auror, per esempio.

Indietreggiò di mezzo passo, appoggiandosi alla cattedra. Zerby avrebbe senz'altro pensato al fascicolo ministeriale sugli Addestramenti Auror, dopo quel riferimento.

-Il tuo calcolo è corretto, ma non hai l'aria di qualcuno che ha appena ricevuto una buona notizia. Puoi respirare tranquillamente, Zerby! Avere una doppia Propensione non significa essere obbligati a svilupparla. Puoi essere quello che vuoi, esattamente come potevi prima di compiere questo calcolo. A proposito...- valutò attentamente come esprimersi -Avevi già fatto questi calcoli, immagino? In classe, o per prepararti a questo corso?

La osservò con casualità, sottintendendo una leggera perplessità nell'averla vista reagire come se quella fosse stata la prima volta in cui incontrava quei risultati.

-Vorrei farti anche un'altra domanda, avvertendoti che non mi aspetto una risposta completa perché, forse, sarebbe impossibile da dare. Abbiamo parlato brevemente di Aritmanzia degli Incantesimi e sappiamo che si tratta di una branca dell'Aritmanzia Avanzata. La cosa più importante per quest'ultima, ciò che la rend davvero immensamente più complessa rispetto all'Aritmanzia Semplice, sono le variabili che prende in considerazione, quelle variabili che formano un contesto e lo rendono unico e irripetibile. Ora, prendendo in prestito questo concetto di variabile, e applicandolo a un ambito diverso, ma collegato al nostro, mi diresti -- secondo la tua opinione, ciò che ti viene in mente ora, pensandoci qualche secondo -- quali variabili fondamentali influenzano la resa di un Incantesimo?

Dopo avere gesticolato brevemente, la Preside appoggiò entrambe le mani ai lati del corpo, sul bordo della cattedra. Era probabilmente ancora difficile, per Zerby, comprendere dove stesse andando a parare, ma vi si sarebbero avvicinati. Un passo per volta.

-Kedavra
 
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Non appena quello zero aveva fatto la sua comparsa sul foglio, come conseguenza nitida di un calcolo molto semplice, l'atmosfera nell'aula era profondamente mutata. Zerby ci mise qualche istante a percepirlo, concentrata com'era sulle sue emozioni contrastanti.
A volte non era semplice nascondere l'ambizione, cercare di camuffare con la razionalità il desiderio - sicuramente insito in ogni persona - di essere speciale, di poter spiccare tra gli altri. Tempo prima, la Notte Rossa aveva messo Zerby di fronte ad una verità scomoda: non c'era niente di speciale in lei. Questa scoperta l'aveva scioccata profondamente e, d'altro canto, la sua reazione l'aveva stupita. Sì, anche lei aveva covato il desiderio di essere qualcosa di più, di potersi erigere sopra la normalità, ma si era anche resa rapidamente conto di quanto quel desiderio fosse assurdo e insensato. La delusione seguita agli eventi della Notte Rossa era stata sorprendente. La sua mente era molto più complessa di quanto pensasse, organizzata in diversi livelli in cui desiderio e razionalità combattevano per avere la meglio. E quando pensava che la parte logica fosse preponderante, ecco che i fatti scoprivano emozioni molto diverse, strettamente legate a quei desideri che consapevolmente aveva definito privi di senso. Sembrava che Zerby Maranta avesse passato lungo tempo a mentire a se stessa.
Quando aveva ottenuto il risultato negativo, durante la lezione in cui Kedavra aveva spiegato l'Aritmanzia degli Incantesimi di Strato I, Zerby era rimasta delusa. Quella era una prova del fatto che, in effetti, non era così speciale. Razionalmente si rendeva conto del fatto che quella rivelazione non rappresentava una condanna, ma solo un suggerimento su come avrebbe potuto agire per ottenere un determinato risultato. Ma quel tipo di delusione c'entrava poco con la ragione. E Zerby era riuscita a camuffare la sua reazione, annuendo convinta e dichiarando che sì, quel risultato era molto veritiero.
Gli eventi successivi erano stati una controprova decisiva. La delusione era tornata e la razionalità aveva cercato di metterci una pezza, tamponando le emozioni e coprendo il tutto con un velo di cinismo. Era chiaro che avrebbe regito così: non era una coraggiosa Grifondoro, un'astuta Serpeverde, o una generosa Tassorosso; era solo una cordarda, portata per la difesa e per l'egoismo, buona soltato a proteggere se stessa.
Alla fine si era quasi abituata all'idea di una Zerby normale, che doveva darsi da fare come tutti - e anche di più - per spiccare in qualcosa. La sua natura non le avrebbe concesso favori o agevolazioni. Erano solo lei e il lavoro duro.
O almeno così aveva pensato finché nel suo mondo non era comparso quello zero. Senza rendersene conto, continuando a chiedersi se avesse sbagliato qualcosa, Zerby aveva lasciato che una lucina di speranza cominciasse a brillare dentro di lei.

"Quello che hai appena trovato non credo sia il risultato che hai ottenuto in classe, la prima volta."


Improvvisamente memore di non essere sola, la diciassettenne sollevò leggermente il capo dal foglio di pergamena, dove il suo sguardo si era perso per lunghi istanti. Alzò gli occhi su Kedavra, per poi tornare ad abbassarli. Respirò profondamente, incerta su cosa dire. Non sapeva se sarebbe riuscita a spiegare cosa le stava accadendo in quel momento - non sapeva se voleva farlo. Era come se le speranze che aveva per se stessa si fossero incrinate col risultato negativo ottenuto durante quella famosa lezione, per poi infrangersi irrimediabilmente durante la Notte Rossa. La vita, però, va sempre avanti, senza aspettare niente e nessuno e il trascorrere dei giorni aveva portato una nuova calma nell'animo tormentato di Zerby. L'abitudine l'aveva avuta vinta. E ora tutto tornava a ribaltarsi.

"Quello che hai ottenuto qui è un risultato piuttosto... ambito, non credi?"


Si sentì in dovere di guardare la professoressa, cercando di rimanere tranquilla. A Kedavra non sarebbe interessato sapere cosa le passava per la testa: le crisi interiori di un'adolescente dovevano sembrare bazzecole agli occhi di una donna come lei.
Dopo qualche istante di silenzio, Zerby parlò, tentando di mantenere il suo tono adeguato a quello di una lezione scolastica.
"E' così." Dichiarò. "Come già detto, il valore ottenuto indica una propensione naturale. Sicuramente non va preso come un verdetto finale, perché al soggetto basterà impegnarsi leggermente di più nella pratica per cui non è portato per ottenere comunque buoni risultati." Cercava di prendere tempo, evitando di parlare direttamente di sé. "In ogni caso lo zero pone l'individuo ad un punto di partenza decisamente più favorevole."
Quando Kedavra accennò alla carriera di Auror, Zerby si irrigidì lievemente. Le sarebbe piaciuto diventare un Auror, ma aveva escluso quell'opzione già da tempo. Si era resa conto che la sua stessa personalità avrebbe costituito un ostacolo non indifferente alla realizzazione di quel progetto. Eppure, da quando la lezione era cominciata, era già la seconda volta che la Preside faceva riferimento in modo più o meno diretto agli Auror. Ma doveva trattarsi di deformazione professionale, perché lei - Zerby - non c'entrava proprio niente con quel mondo.
Era chiaro che Kedavra aveva notato che qualcosa non andava nell'espressione della sua Pupilla.
"Avevo già fatto questi calcoli, sì." Rispose, riportando gli occhi sulla pergamena. "Li ho fatti in classe, ma non li ho mai più ripetuti." Non si dilungò a spiegare il motivo per cui non l'aveva fatto. Non le sarebbe piaciuto rivedere un risultato che di primo acchito aveva giudicato deludente. "Sono abbastanza certa, però, di non aver ottenuto zero, la prima volta. Evidentemente avevo commesso un errore." Non che un numero, per quanto rilevante dal punto di vista aritmantico, avrebbe potuto cambiare qualcosa degli avvenimenti che erano seguiti.
Tornò a guardare Kedavra, chiedendosi come avrebbe replicato. Era la prima volta che, seppur in briciole, si esponeva. Certo, la Preside aveva molti altri modi per scoprire a cosa stesse pensando, ma quello era ciò che lei aveva scelto di dirle per il momento. In qualche modo sembrava importante.
La domanda successiva della docente sembrò trasferire il discorso altrove. Per un attimo Zerby smise di rimuginare e si mise a riflettere su ciò che le era stato chiesto.
"Bè, secondo me, possiamo distinguere due tipi di variabili che influenzano la resa di un Incantesimo, quelle esterne e quelle interne." Cominciò. Mentre parlava corrugò leggermente la fronte, cercando di concentrarsi e di ignorare lo zero. "Le variabili esterne sono di tipo ambientale. E quando parlo di ambiente intendo ogni fattore che sia esterno al castatore, come la sua posizione, la distanza dal bersaglio, il luogo in cui si trova. Possiamo inserire in questa categoria l'intera situazione in cui si colloca il mago." Spiegò. Quell'argomento le sembrava distante anni luce rispetto al precedente: si trattava sempre di Incantesimi, ma la completa oggettività di quel discorso lo rendeva di tutt'altro tipo. C'era pochissima Zerby in quelle parole. "Le variabili interne comprendono tutti quegli elementi che riguardano strettamente il mago che sta scagliando l'Incantesimo. La sua esperienza magica, la capacità innata di essere lucido in ogni situazione, la sua concentrazione. A loro volta, elementi esterni possono influenzare quelli interni." Fece una pausa, deglutì, poi riprese a parlare, spiegandosi meglio. "Mi viene in mente, ad esempio, una situazione di duello, in cui il mago bersaglio si stia preparando a contrattaccare. Il castatore deve riuscire a restare concentrato, ma deve anche agire velocemente, o verrà colpito. Un altro esempio, può essere quello in cui il mago sia ferito. Deve riuscire ad escludere il dolore dalla sua mente, rimandendo focalizzato sul suo obbiettivo." Non sapeva se aveva centrato il punto, né se era riuscita a spiegarsi nel modo giusto. Per una volta scelse di non farsi tormentare da quei dubbi e tacque, in pace con se stessa.

Edited by Zerby Maranta - 15/3/2015, 22:44
 
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Per qualche attimo, la Preside rimpianse di non essere più seduta alla cattedra, con i gomiti appoggiati e la possibilità di puntellarsi l'indice sulle labbra. Per quanto fosse (o fosse stata, come avrebbe precisato Jelonek) una Legilimens estremamente abile, come Occlumante rientrava del tutto nella media; per i suoi standard, si riteneva in realtà alquanto carente. Il fatto era che difficilmente, in situazioni che non fossero controllate come poteva essere un Interrogatorio, riusciva a non esprimere con qualche gesto fisico il processo di pensiero che stava compiendo. Aveva sempre sentito il bisogno di incrociare le dita, muovere impercettibilmente il capo, stringere o separare le labbra, battere le mani quando si cambiava argomento. Il fatto di trovarsi in piedi, una posizione che adottava spesso quando si trovava in quell'Aula, serviva a focalizzare l'attenzione dell'interlocutore e la propria, eliminando qualunque ostacolo che si trovasse tra la spiegazione (che provenisse da lei o dall'alunno) e l'interlocutore che doveva riflettervi; tuttavia, era una postura che limitava molto la sua possibilità di tamburellare le dita o manipolare oggetti. Incrociò le braccia mentre annuiva, in risposta a quanto Zerby aveva appena spiegato.
La leggera esitazione nel tono con cui la ragazza aveva parlato dei propri risultati indicava un chiaro conflitto al riguardo. Kedavra non poteva immaginare di cosa si trattasse, ma era piuttosto sicura che all'interno di quell'Aula sarebbe emerso, più o meno velatamente. Sembrava concernere le capacità della Corvonero, probabilmente le sue ambizioni, visto che lei stessa ne aveva fatto cenno, o magari il suo stesso futuro e la possibilità di svilupparle. Decise attivamente di non toccare oltre l'argomento, per non spezzare il sottile filo di confidenza che si era creato. Rispettò il suo riserbo evitando di esaminarla con la Legilimanzia; del resto, da quando aveva perso i suoi poteri le era fin troppo facile rinunciare a mettere in pratica quello che aveva recuperato.
Si concentrò, invece sulla sua risposta. Prevedibilmente, un braccio sfuggì al nodo in cui l'aveva assicurato, e un indice prese a fare su e giù verso la ragazza.

-Una buona risposta. E una distinzione interessante che, credo, possa applicarsi anche all'Aritmanzia Avanzata. I fattori che hai definito "esterni" possono riferirsi a quel contesto che in qualsiasi analisi Aritmantica è imprescindibile. I fattori "interni" potrebbero corrispondere a tutti i discorsi relativi all'Aritmanzia Semplice: la natura dell'individuo, il suo Stato Originario, ciò che è destinato a essere. Se ci pensiamo, il concetto stesso di Propensione, preso in prestito dall'Aritmanzia degli Incantesimi, sembra unire queste due tipologie di fattori: qualcosa a cui si è predestinati, ma che si avvererà soltanto con l'impegno attivo dell'individuo.

Gli occhi verde-azzurri della donna esitarono qualche secondo in quelli di Zerby, in un accenno che poteva essere allusivo o del tutto casuale.

-Mi hai dato una risposta che dimostra una certa riflessione sull'argomento, e avvenuta anche piuttosto rapidamente. Ma è una risposta alquanto teorica, quasi erudita. La risposta che immagino credessi che io mi stessi aspettando, in quanto Aritmante. Dopotutto, in quest'Aula l'esercizio più pratico a cui siamo approdati riguardava comunque pergamene, numeri e tabelle. Facciamo un salto nella pratica, e un passo indietro da questi concetti complessi. Molti passi indietro, in effetti. Torna all'inizio della tua carriera magica, a un momento che sono sicura sia ancora bene impresso nella tua memoria. Con l'Aritmanzia Avanzata analizziamo contesti unici e irripetibili. Applicando l'Aritmanzia Avanzata all'essere umano, troviamo che qualunque uomo o donna è unico e irripetibile, e il modo in cui l'Aritmanzia Avanzata si applica a qualcuno è diverso da quello a cui si applica a chiunque altro. Ebbene, Zerby...- anche il secondo braccio sfuggì alla presa, e le mani si allargarono appena ai lati del corpo -La Propensione di un individuo è unica e irripetibile. Certo, potranno esistere più individui con la Propensione per la stessa categoria di Incantesimi, ma sappiamo che le scelte di chiunque -- se sfruttare la propria Propensione, se indagarla addirittura, quali Incantesimi di quella data categoria prediligere negli esercizi, se e quanto esercitarsi, e in che condizioni -- le modelleranno in una maniera unica e irripetibile. Se sono unici e irripetibili i risultati di Aritmanzia degli Incantesimi, se lo è la loro esplicazione e il modo in cui verranno sfruttati, sempre che lo siano, si potrebbe compiere un piccolo balzo speculativo e giungere a una conclusione tutto sommato davvero banale. Questa conclusione è: che la magia stessa funziona in un modo unico e irripetibile, diverso da mago a mago, da strega a strega.

Si portò la lingua dietro i molari, prima di tornare a incrociare le braccia davanti al petto.

-Essere d'accordo con questa affermazione significa accettare che il mio utilizzo di un Incantesimo qualsiasi, per esempio un Incantesimo di Levitazione, eseguito su un oggetto qualunque come questo calamaio, e il tuo utilizzo dello stesso Incantesimo sullo stesso oggetto, otterranno effetti lievemente diversi. Questa differenza può essere infinitesimale, ma ci sarà sempre. Così come sarà diverso il mio utilizzo di un Incantesimo in un momento A dal mio lancio dello stesso Incantesimo in un momento B, anche se questo momento B segue A di solo un secondo. - strinse appena le labbra, sollevando il mento -Sei d'accordo con questo punto di vista? Sia che tu lo sia o non lo sia, prova a pensare a qualche esempio, anche teorico, a sostegno della tua ipotesi. E inizia a chiederti cosa possa esistere alla base di queste fondamentali e imprescindibili differenze. Per il momento ti do un solo indizio: non c'entra con l'Aritmanzia, o meglio, c'entra moltissimo con l'Aritmanzia, ma non con quella che hai affrontato finora, non con quella che hanno appreso i tuoi compagni. Ed è una cosa molto banale, macroscopica, e di importanza cruciale.

Sorrise, sinceramente intrigata dalla mente di Zerby al lavoro.

-Avanti. Sono curiosa di sapere cosa ne pensi.

-Kedavra
 
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Anni addietro, quando aveva fatto il suo ingresso tra le mura di Hogwarts, Zerby temeva la diversità. Sapeva di non essere totalmente comparabile agli altri, vuoi per il suo carattere particolare, vuoi per l'educazione ricevuta in una famiglia alquanto singolare. Non era completamente Babbana, non era completamente una strega. Persino i suoi genitori erano diversi da lei in questo. Avrebbe dato qualsiasi cosa per appiattire le particolarità, così da conformarsi al resto dei ragazzi della sua età. Invece che spiccare, avrebbe preferito diventare un tutt'uno con gli altri, scomparire nel mare di cloni che qualunque tipo di società offriva. Crescendo tutto questo era cambiato e aveva scoperto l'altro lato della medaglia. Volente o nolente, non si sarebbe uniformata. Non sarebbe mai riuscita a sopprimere tutta quella Zerby che voleva prendere il controllo della sua vita. No, non avrebbe agito come la maggior parte delle ragazze adolescenti. Sì, avrebbe sempre amato i maglioni pelosi con le renne e avrebbe sempre parlato al suo gatto. Nessuno poteva plasmare il suo carattere e renderla un guscio vuoto da riempire con stereotipi o frasi fatte. Si sarebbe distinta, ma sarebbe rimasta autentica.
Ed era quella la nuova verità che Zerby Maranta cercava di perseguire: l'autenticità. Si era documentata, aveva chiesto pareri; era risalita all'etimologia della parola, aveva riflettuto a fondo sul suo significato. Trascorso del tempo aveva capito ciò che doveva fare e l'aveva fatto. Una fonte babbana di tutto rispetto le aveva suggerito un mantra, cioè uno strumento col quale poteva sempre ricordare a se stessa come voleva vivere: Hakuna matata, senza pensieri.

La lezione proseguiva. Kedavra tirò fuori quello che alla mente inesperta della sua studentessa sembrò un nuovo argomento. Spiegò concetti molto sensati e fece discorsi inconfutabili. Zerby si stupì, quando alla fine la docente le chiese se era d'accordo con quanto detto oppure no. Rimase per un istante interdetta, poi capì che effettivamente la Preside attendeva una risposta, dunque si mise a pensarci.
Ponderò la questione per pochi secondi, certa della sua idea a riguardo, meno sicura di come avrebbe esposto ciò che pensava. Alla fine si schiarì la voce.
"Sono d'accordo con quanto ha detto." Dichiarò. "Per quanto due persone possano somigliarsi, non saranno mai uguali." Si rendeva conto che quelle due frasi non spiegavano ancora niente, ma voleva evitare di riversare sulla professoressa un flusso caotico di parole. "La magia funziona in un modo unico e irripetibile, diverso da mago a mago, da strega a strega." Citò le parole che aveva udito qualche istante prima. "Io credo che questo sia assolutamente condivisibile, proprio in luce del fatto che le persone non sono dei cloni. La magia è parte integrante del mago o della strega. E' scritta nei suoi geni." Le sue conoscenze di biologia non erano molto accurate e l'argomento non rientrava nella materia in esame in quel momento, però poteva supporre con relativa certezza che DNA e geni dei maghi recavano qualche caratteristica peculiare, rispetto a quelli dei Babbani. "Forse non riesco a spiegarmi bene, in questo modo. Però è piuttosto semplice intuire che la magia, così come molti altri aspetti della vita di un mago, risulti influenzata dalla personalità del mago stesso. Forse 'personalità' è un termine improprio, ma se esiste una parola migliore, al momento non riesco a trovarla." Le dispiaceva ammettere i suoi limiti davanti alla Preside, ma preferiva spiegare il perché aveva scelto proprio quel lemma. "Con personalità intendo più che altro l'essenza di quell'individuo. Ciò che è." Le venne in mente di fare un esempio, forse abbastanza calzante. "Se prendiamo due persone molto diverse, cresciute in ambienti differenti, che magari non si conoscono nemmeno, ma che hanno la stessa esperienza magica, risulta intuitivamente chiaro che uno stesso incantesimo otterrà effetti lievemente diversi se castato da uno piuttosto che dall'altro. Diventa meno facile se si tratta, per esempio, di due gemelli, cresciuti insieme, nello stesso ambiente." L'esempio dei gemelli poteva sembrare una fregatura, se usato nel modo sbagliato. "Due gemelli condividono moltissimo l'uno dell'altro. Eppure, le differenze saranno comunque presenti. Sono simili, magari anche uguali in qualcosa, ma non sono la stessa persona."
Tacque per un attimo, osservando il volto di Kedavra. Non capiva se stava andando fuori strada rispetto al loro discorso. Era frustrata dal fatto che non riusciva a spiegarsi come desiderava.
"Certo, poi c'è da considerare un ulteriore aspetto." Le venne in mente ciò che aveva detto la donna sui due incantesimi scagliati nei momenti A e B dalla stessa persona. "Al di là della Magi Genetica o quel che è, possiamo dire che una persona non è soltanto ciò che dicono i suoi geni. Il mondo in cui cresce e vive influenza la sua essenza. La situazione va sempre ad interferire, influisce e condiziona."
Sollevò la mano destra, posando il gomito sul piano e guardandosi la punta delle dita. Riflettè per un attimo, poi sollevò l'indice.
"Nel momento A, un mago esegue un incantesimo. La buona riuscita di quell'incantesimo sarà influenzata da tutti i fattori citati prima." Riportò alla mente la parola che Kedavra aveva usato per dare un nome agli elementi esterni. "Il contesto." Sollevò anche il medio della mano destra a mimare un due, cioè il secondo momento. "Un secondo incatesimo, lo stesso scagliato nel momento A, potrebbe essere sensibilmente diverso dal primo. La sua riuscita tiene conto del contesto, che sicuramente sarà leggermente mutato dal momento A. Il mago potrebbe essere più stanco, meno concentrato. Oppure potrebbe aver capito un errore fatto in precedenza e magari il secondo incantesimo avrebbe una resa migliore del primo."
Zerby abbassò la mano destra sul banco. Ripensò a cosa le aveva detto Kedavra sulla Propensione di ogni individuo.
"Se diamo due fogli di carta identici a due bambini, non è detto che ne faranno la stessa cosa." L'esempio poteva sembrare banale, ma calzava perfettamente con l'accostamento metaforico che aveva fatto. "Uno potrebbe prendere una matita colorata e fare un disegno sul foglio, mentre l'altro potrebbe piegare la carta e farne un aeroplanino."
Lei cosa avrebbe fatto del suo zero? Un bel disegno o un aeroplanino? Dove l'avrebbe condotta la strada intrapresa? E, soprattutto, come faceva ad essere certa di averla già intrapresa quella strada?
"Il contesto influenza ciò che una persona è, sempre e comunque." Disse alla fine, cercando di tirare le somme di tutto. "E la personalità del mago, a sua volta, è strettamente legata alla magia del mago stesso." Fece una piccola pausa, per rendere chiaro a se stessa se stava dicendo cose coerenti. "Dunque, seguendo questo ragionamento, l'essenza di un mago - comprendente anche la magia che un mago è in grado di esprimere - è unica e influenzabile dal contesto." Si ricordò di una piccola precisazione che voleva fare e non esitò. "Ritengo che un uguale contesto, però, influenzi in maniera diversa due persone che vi si trovano. Quindi, forse è possibile asserire che anche il contesto - o meglio come lo si percepisce - sia influenzato dalla personalità dell'individuo."
Tacque, leggermente stupita dalla quantità di parole che aveva messo insieme. Non era la prima volta che faceva pensieri simili, anche se solitamente erano più generali e fini a se stessi. Riprese fiato, chiedendosi come avrebbe replicato la Preside. Riusciva a seguire il collegamento che avevano fatto per arrivare fino a quel punto, ma ancora non aveva ben chiaro dove sarebbero andate a parare.
 
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La Preside inclinò la testa da un lato mentre ascoltava Zerby, in un gesto di pura curiosità. Il discorso era strutturato come una sorta di brain-storming, ma ancora una volta Kedavra ebbe la netta impressione che quelle riflessioni non fossero del tutto fresche: si trattava di temi che la mente che aveva di fronte aveva già visitato, forse spesso, all'interno di un contesto più ampio e generalizzato. Gli adolescenti a Hogwarts vivevano una serie di cambiamenti che andavano ben oltre quelli che affrontavano i coetanei babbani; di fianco alla crescita corporea, all'introduzione di nuovi ideali e di un pensiero astratto sempre più complesso, vi era lo sviluppo di una personalità indipendente, sempre più individuale e originale, lontana dall'abbraccio della famiglia, in un ambiente in cui il potenziale magico di ciascuno vedeva la più intensa evoluzione. Zerby Maranta si trovava, senza dubbio, nel bel mezzo di un percorso di rivisitazione di sé stessa. Nel guardarla, Kedavra poteva quasi vedere le sue dita flessuose imbrattate di creta e la statua di argilla con le sue fattezze che lentamente prendeva forma. Negli ultimi anni, la Corvonero aveva afferrato un martello distruggendo tutto ciò che aveva costruito, e lo aveva fatto almeno due volte: di quella prima creazione, ne rimaneva soltanto la base. Ora, il lavoro era quasi completo. Ma la Preside poteva scorgere il dubbio nel suo sguardo combattuto (come avrebbe definito gli ultimi dettagli? Per quanto ancora la creta sarebbe rimasta fresca, modellabile?) così come la determinazione di finire, e di raggiungere un risultato di cui andare fiera, qualcosa da mostrare con orgoglio agli altri. Zerby Maranta stava plasmando il proprio capolavoro, e quel capolavoro era lei stessa.
Il risultato ottenuto dalla ragazza aggiungeva qualche particolare imprevisto alla sua creazione: un'uniforme, forse, e sicuramente una bacchetta stretta nel pugno. Forse Zerby non aveva osato sperarlo, o forse le sue speranze erano state rivolte in una direzione completamente diversa. Ma quella era una realtà che la pergamena che aveva di fronte, vergata con la sua scrittura, non le permetteva più di ignorare.
L'Insegnante di Aritmanzia aveva le sue teorie in merito, ma quello poteva non essere il momento più adatto per esplorarle. Le barriere che separavano l'essenza intima della ragazza, i suoi segreti, i suoi difetti, e lo sguardo indagatore della Preside, sarebbe rimasta al suo posto, anche se ancora per poco. Vi erano della teoria da sondare e riflessioni da compiere.

-Il ruolo dei fattori che hai definito "genetici" e ambientali è un argomento centrale in tutta l'Aritmanzia. Hai parlato di "personalità", e per inserire questo concetto nell'ampio bacino di interesse dell'Aritmanzia, potremmo definirla come il risultato dell'incontro tra lo Stato Originario -- i tuoi "fattori genetici", sei d'accordo? -- la storia dell'individuo e il contesto attuale da cui lo estraiamo.

Congiunse le mani, continuando a riflettere ad alta voce su come ricondurre le elucubrazioni di Zerby agli argomenti di quel corso.

-"Personalità" diventa così, nel nostro ragionamento, un termine decisamente affascinante e pregno di significato, perché racchiude in sé lo Stato Originario dell'individuo e ciò in cui il contesto lo ha modellato. - i suoi occhi brillarono nel tornare a guardare la ragazza -In parole povere, è l'oggetto d'indagine dell'Aritmanzia Avanzata, in contrasto con l'Aritmanzia Semplice che riguarda soltanto lo Stato Originario di una persona. Per cominciare a utilizzare i termini specifici della materia, e per introdurre già qualcosa di nuovo, posso anticiparti che il lemma "personalità" in Aritmanzia Avanzata viene tradotto come Stato Attuale. Useremo quindi questa espressione d'ora in avanti.

Annuì lentamente, picchiettandosi un indice sul labbro inferiore.

-Torniamo all'Aritmanzia degli Incantesimi. Quello di "Propensione" è un concetto problematico, un concetto limite che si situa a metà strada tra lo Stato Originario -- poiché la Propensione è unica e in un certo senso determinata dall'inizio della storia individuale -- e Stato Attuale. Perché? Perché sebbene sia qualcosa di in-scritto nell'individuo, rappresenta uno sviluppo incerto e in tutto e per tutto potenziale, con una fortissima dipendenza dalle scelte personali, dalle inclinazioni proprie, e dalle vicende vissute. Ci siamo, fin qui? Bene. Ora, definita in questo modo, la Propensione è legatissima allo Stato Attuale, collegata direttamente a ciò che hai chiamato "personalità". Nella tua digressione, hai parlato di quanto la personalità, quindi lo Stato Attuale, influenzi gli esiti della magia, rendendo la magia di un mago o di una strega diversa da quella prodotta da qualsiasi altra persona dotata di poteri. Da Aritmante, non potrei essere più d'accordo. Tuttavia, rispondere alla domanda "Cosa c'è alla base di queste differenze nella magia di ciascuno?" con lo "Stato Attuale" è una tautologia, perché lo Stato Attuale è la differenza della magia prodotta da me e la magia prodotta da te, o da qualche altro mago o strega.

L'Aritmante sorrise, sollevando di nuovo la testa per guardare la studentessa negli occhi.

-Qual è il punto di incontro tra magia e Stato Attuale, Zerby? Cosa mi rende, come strega, diversa da te, e cosa ti rende differente da qualunque altro mago o strega che incontrerai? Posso aiutarti dicendo che è qualcosa di evidente, banale, macroscopico. Qualcosa che sai già, e che ti è risultato chiaro per la prima volta un giorno di sette anni fa, quando eri soltanto una strega undicenne sul punto di iniziare i propri studi magici.

Rasoio di Occam: la soluzione preferibile è sempre la più semplice.

-Kedavra
 
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Stato Originario più Contesto uguale Personalità, uguale Stato Attuale.
Più volte durante quella lezione si era ritrovata a pensare - era solo un pensiero di sfondo, niente di troppo accentuato, ma comunque ben presente - a quanto la mente umana fosse complessa. Parte della sua testa era concentrata sulle parole che Kedavra stava utilizzando, cercava di assimilarle e di estrapolare ogni concetto utile ad una rapida comprensione. D'altro canto, un'altra parte della sua testa seguiva ragionamenti paralleli, prendendo in mano gli argomenti trattatati e guidandoli verso strade che esulavano dall'Aritmanzia. In realtà, cominciava a sospettare che ogni discorso fatto dalla Preside fosse in qualche modo legato alla sua stessa essenza. Improvvisamente le sembrava impossibile studiare quella materia senza farsi coinvolgere in prima persona. Cosa c'entrava con lei tutto quello? O meglio, cosa non c'entrava?
Rimase in silenzio ad ascoltare la professoressa. La guardava ma non la vedeva. Percepiva le sue parole, ma pensava anche a tutt'altro.
Ogni domanda che si era posta in passato, ogni certezza di cui aveva dubitato, ogni verità che era vacillata. Tutto quello era tornato su di lei in quel momento, come se fosse rimasto dietro l'angolo aspettando il momento adatto per farle 'cucù'. La lezione come Pupilla di Kedavra sembrava l'ultimo momento adatto a far tornare a galla questioni passate, eppure qualcosa stava succedendo e lei non riusciva proprio a fermarlo.
Cercò di scansare quei pensieri, convinta di non poterli evitare ancora per molto, ma bisognosa di restituire una parvenza di normalità al momento attuale. Come se quella fosse una lezione come un'altra. Come se lì dentro non ci fosse in gioco molto di più. [Ma molto di più cosa?]

"Il punto di incontro tra magia e Stato Attuale..." Mormorò, riflettendo sulla domanda. Tacque qualche istante, non del tutto convinta di quel che stava pensando. Da una parte desiderava rispondere senza esitare troppo, ma dall'altra, non si sentiva per niente sicura di ciò che avrebbe detto. Decise che avrebbe comunque rischiato. "Potrebbe essere qualcosa di concreto." Accennò. Abbassò gli occhi sulle sue mani, posate sul piano di fronte a lei. Nonostante l'atmosfera fosse molto particolare, Zerby non riusciva ancora a parlare liberamente, senza paura di fare figuracce. Non sapeva esattamente di cosa aveva paura, né capiva se quella paura fosse negativa, se paragonata alla matassa ingarbugliata di dilemmi che presto sarebbe tornata a fare la sua comparsa. "Visto che si tratta di qualcosa di macroscopico, qualcosa di ovvio..." Alzò gli occhi su Kedavra, cercando un cenno di assenso o un'indicazione che le facesse capire se la strada era corretta. Non vi trovò nulla, ma continuò a guardare, speranzosa. "Potrebbe essere la bacchetta magica?"
Si zittì immediatamente, impedendo ad altri suoni di uscire dalla bocca. Poteva aver avuto una qualche intuizione geniale o forse aveva detto una gigantesca cipolla scemenza.
 
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Quello dell'illuminazione era un momento a cui la Preside aveva ormai assistito molte volte, ma questo non lo rendeva meno emozionante. Prediligeva le spiegazioni in cui pochi indizi venivano forniti di volta in volta, e si accompagnava lo studente nella giusta direzione, fino a che il ragionamento non lo faceva approdare alla soluzione. Da studentessa, aveva sempre avuto qualche difficoltà nel memorizzare, specialmente concetti diversi appartenenti a differenti domini; ma gli argomenti a cui si arrivava con le sole proprie forze tendevano a rimanere necessariamente più impressi. In classe, per motivi di tempo doveva talvolta tagliare corto questo procedimento e limitarsi a scrivere un titolo sulla lavagna. In quel tète a tète fatto di scambi e riflessioni, Kedavra lo riteneva un passaggio irrinunciabile.
Tanto con i propri allievi, quanto con le sue reclute Auror, arrivava a un punto in cui si ritrovava parca nel distribuire gratificazioni. Permettere a qualcuno di impiegare le proprie energie psichiche e le proprie conoscenze per costruirsi un proprio percorso gnoseologico senza imposizioni dall'alto coadiuvava anche quella condizione: era la ragione stessa ad attivarsi e a fornirsi un'auto-gratificazione con la realizzazione della scoperta. Era esattamente ciò che stava succedendo con Zerby.
L'Aritmante annuì muovendo il capo lentamente, e lasciandosi andare a un sorriso. Se la Corvonero aveva, anche se in misura minima, sofferto della mancanza di riconoscimenti, ora si sarebbe trovata ben oltre quel punto. Anche se avevano appena iniziato, la Maranta arrivata abbastanza lontano per provare in prima persona l'eccitazione della conoscenza, senza che questa le dovesse essere trasmessa da altri. Naturalmente, ciò poteva capitare soltanto con chi era pronto a passare a quel livello.

-Precisamente. La bacchetta. La nostra bacchetta, quella che a undici anni sceglie ciascuno di noi sulla base di caratteristiche estremamente peculiari, specifiche, e personali.

Incrociò le braccia. Erano sull'orlo di un argomento estremamente vasto, una grande voragine che rischiava di inghiottirle entrambe, se non avessero imparato subito dove mettere i piedi.

-La bacchetta è il punto di incontro tra Stato Attuale, ciò che siamo diventati -- una conseguenza spuria di ciò che eravamo all'inizio e ciò che eravamo destinati a diventare, si legga: Stato Originario -- e la magia. Un sinonimo di bacchetta, che sicuramente ti è capitato di incontrare in qualche libro, è catalizzatore. Hai mai riflettuto sull'origine di questo termine?

Alzò una mano, come se quel semplice gesto potesse frenare il brain storming che, era sicura, si stava scatenando nella mente della ragazza.

-Abbiamo moltissimo da dire sulle bacchette. La Bacchettologia è una branca della magia potenzialmente infinita, e parzialmente oscura: alcuni segreti dell'arte della fabbricazione delle bacchette vengono trasmesse da costruttore a costruttore, e non esistono volumi che ne parlino, nemmeno nella nostra amata Biblioteca. Noi non andremo a penetrare quei segreti, rispettando il riserbo di cui i fabbricanti necessitano per poterci fornire strumenti magici di prima qualità. Il rapporto tra caster, colui che lancia l'Incantesimo, e quella bacchetta che lo ha scelto, però, si dà il caso che ricada quasi alla perfezione sotto il dominio della nostra materia. Una branca davvero particolare dell'Aritmanzia, una che spesso si accompagna alle conoscenze di Aritmanzia degli Incantesimi, ma che richiede un tale livello di impegno, sacrificio e determinazione, che il suo insegnamento nelle aule sarebbe pressocché inutile, se non addirittura impossibile. A questo c'è da aggiungere che a differenza delle conoscenze base di Aritmanzia degli Incantesimi, prettamente teoriche, il tipo di Aritmanzia di cui parleremo e i procedimenti che ti illustrerò richiedono una preparazione unica e particolareggiata nell'arte del duello, e una certa dimestichezza con le tecniche di addestramento.

La mano si appoggiò sulla superficie della cattedra alle sue spalle, mentre l'indice tamburellava sulla copertina del fascicolo ministeriale.

-Non può essere quindi insegnata a tutti, e non può essere insegnata da tutti.

Sollevò le sopracciglia.

-Pensi di essere pronta? Andiamo con ordine e torniamo alla domanda che ti ho accennato prima. In quest'aula indagheremo a fondo la natura della tua bacchetta, contemporaneamente alla natura della sua padrona. - gli occhi dell'Insegnante brillarono -Le due cose vanno di pari passo, specialmente quando si parla di Aritmanzia Avanzata. Prima di tutto quindi, proviamo a smontare le nostre bacchette... senza toccarle, naturalmente. Riflettiamo.

Estrasse, con cautela, la bacchetta dalla propria tasca.

-Che cosa catalizza, esattamente, la bacchetta magica?

-Kedavra
 
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Fino a quel momento Zerby Maranta era stata tesa ed emozionata per il suo ruolo di Pupilla. Dentro di lei si erano combattute battaglie tra emozioni contrastanti, ma nessuna era riuscita a prevalere in maniera netta sull'altra. Si era sentita onorata, poi a disagio, molto insicura, delusa dalla mancanza di rassicurazioni, felice della mancanza di rassicurazioni, un po' fuori luogo, decisamente confusa. Non era ancora riuscita veramente a concentrarsi su un semplice dettaglio. Ora, però, qualcosa aveva attirato la sua attenzione - non l'attenzione da studentessa, che era catalizzata sugli argomenti aritmantici, ma l'attenzione da persona curiosa, desiderosa di sapere.
La donna che le parlava così appassionatamente di quei temi tanto complessi. La donna che aveva imparato a conoscere per vie traverse, un'entità stabile, sempre presente ma lontana. Preside, professoressa, Auror. Ma c'era un aspetto curiosamente non noto, un lato di lei così ovvio eppure così oscuro. Che persona era?
Aveva sentimenti, aveva paure? Cosa nascondeva dietro quella compostezza? Le era mai capitato di dubitare di se stessa? Era mai stata confusa?
La studentessa ascoltò le parole della docente, parte della sua mente attenta alle questioni aritmantiche, parte persa in un attento studio dell'aritmante.
L'argomento della lezione, in ogni caso, diventava sempre più interessante. La Bacchettologia incuriosiva moltissimo Zerby. Probabilmente ogni giovane mago, in situazioni particolari, attribuiva più potere alla propria bacchetta, piuttosto che al proprio sangue freddo o alla propria destrezza. La diciassettenne non era da meno. Perfettamente convinta che fosse la prontezza del suo catalizzatore ad agire, si affidava a lei molto spesso, anche soltanto per un tocco confortevole.

"Che cosa catalizza, esattamente, la bacchetta magica?"


Ma qual era il vero potere racchiuso nella sua bacchetta? La strega era lei, dunque perché non avrebbe potuto ottenere un effetto magico anche utilizzando un bastoncino per esprimere la sua magia? Perché c'era quello stretto rapporto tra mago e bacchetta?
"Catalizza la magia del mago che la utilizza." Rispose. "Ho sempre immaginato che la magia, in ognuno di noi, fosse qualcosa di informe, qualcosa di presente in potenza. La bacchetta è ciò che può dare una forma alla nostra magia, rendendola atto."
Espresso quel concetto, Zerby fece una lunga pausa. Non aveva mai riflettuto molto su come funzionasse la sua amata bacchetta. Sapeva che c'era, sapeva che ci sarebbe stata. Forse l'aveva un po' data per scontata.
Momentaneamente dimentica della presenza di Kedavra, la ragazza trasse la sua bacchetta magica dalla tasca dei pantaloni. La rigirò tra le dita, con delicatezza, osservandola attentamente.
"Un catalizzatore è qualcosa che favorisce un dato processo. E' come se la magia fosse un fluido e la bacchetta fosse il canale in cui questo fluido scorre." La metafora poteva essere fuorviante, forse, ma Zerby riusciva perfettamente a visualizzare la scena. "Forse la magia del mago, incontrata quella della bacchetta, si modifica, si concretizza e genera, all'esterno, un dato fenomeno."
Come per quanto riguardava la biologia, Zerby Maranta non era un'esperta di chimica. Eppure conosceva il concetto di catalizzatore e pensava che probabilmente non sarebbe stato del tutto sbagliato provare a trovare un collegamento tra le due cose.
"La bacchetta è in grado di mettere ordine, di dare un senso ad un'entità altrimenti caotica." Aggiunse, sempre preda delle sue riflessioni. "Prima degli undici anni ogni mago o strega esplica in qualche modo i suoi poteri magici. Eppure non è in grado di controllarli." Quello era un fenomeno che non necessitava di particolari spiegazioni, visto che, bene o male, capitava ad ogni bambino. "La bacchetta magica permette al mago di controllare la magia. La incanala, per così dire, e la guida nella giusta direzione."
Tacque. Probabilmente avrebbe creato solo più confusione, ma le sue riflessioni l'avevano condotta lì e non temeva più di fare brutte figure. La determinazione sul volto di Kedavra - la donna, non la Preside - era chiara, persino ai suoi occhi. Erano lì per un motivo e sarebbero arrivate al dunque, in un modo o nell'altro.
 
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Dalla risposta della studentessa, fu subito evidente l'abitudine di quest'ultima ad adottare un approccio multi-disciplinare ai problemi che venivano incontrati. La domanda che le era stata posta non era di elevata di difficoltà, ed era servita a Kedavra proprio per indagare il modo in cui l'avrebbe affrontata. Il tutto confermò alla Preside che la Corvonero disponeva di una qualità tanto rara nella popolazione umana quanto ricercata in chi poteva vantare un qualche successo nella sua materia. Aveva una mentalità aperta, e prendeva spesso in prestito strumenti e concetti da domini conoscitivi diversi, applicandoli all'Aritmanzia - e viceversa, il che, se possibile, era ancora più importante.
Questa volta, Kedavra annuì con aria meditabonda, come unica reazione alla sua risposta. In qualche modo, l'Aritmante sentiva che Zerby si stava lentamente abituando alla mancanza di gratificazioni, in casi come quello; di più, sentiva in verità che la ragazza stesse capendo. I mezzi per riflettere in quel modo, del resto, le erano appartenuti dal principio, o non si sarebbe trovata lì.
Il parallelismo tra i vari modi di pensare era un discorso delicato, quando si parlava di Aritmanzia. Non si trattava, come nel caso dell'Erbologia, per esempio, di disporre di un grado di intelligenza sufficiente a districarsi tra nozioni e procedure, facendo affidamento sulle proprie manualità e capacità di memorizzazione. Anche nell'Aritmanzia esistevano dei procedimenti da seguire, operazioni che non richiedevano fantasia o improvvisazione; ma ogni volta che si parlava di Aritmanzia Avanzata, era molto altro ciò che entrava in gioco. Vi era un numero incalcolabile di variabili che potevano essere immesse soltanto da una mente che fosse capace di coglierle, e una malleabilità a differenti circostanze che soltanto particolari personalità potevano seguire. Con gli anni, in quello che era stato un percorso tutt'altro che semplice o diretto, Kedavra aveva scoperto che le proprie caratteristiche personali si sposavano bene con quello studio. Era difficile dire se il suo modo di approcciare la realtà fosse compatibile con l'Aritmanzia, o se non fosse stata proprio quest'ultima a forgiarlo, quando non era che un'allieva di Hogwarts; restava il fatto innegabile che era perfettamente coerente con la maggior parte delle aree conoscitive che l'Aritmanzia offriva.
Forse, la sua scelta di Pupilli in cui riscontrava lo stesso modo di ragionare era più inconscio che inconsapevole; tuttavia, era ormai un dato di fatto assodato. L'ultima risposta di Zerby le fornì una conferma di questo. Mentre si allontanava dalla cattedra e camminava, fermandosi a metà strada tra i primi banchi e la parete principale dell'Aula, Kedavra si disse che le indagini preliminari potevano considerarsi concluse. Era il caso di entrare nel vivo.

-Ho particolarmente apprezzato la tua descrizione della funzione di una bacchetta magica.

Esordì con la Corvonero, tenendo tuttavia lo sguardo rivolto verso la lavagna.

-E la trovo davvero calzante con quanto stiamo per spiegare.

Si voltò, la mano sinistra che accarezzava impercettibilmente la superficie del proprio catalizzatore.

-"La magia presente in ognuno di noi è qualcosa di informe, qualcosa di presente in potenza. La bacchetta è ciò che può dare una forma alla nostra magia, rendendola atto." - ripeté lentamente in tono riflessivo -Possiamo dire la stessa cosa di Stato Originario e Stato Attuale. Lo Stato Originario è qualcosa che in noi è presente dalla nascita, e da allora rappresenta una possibilità -- una serie di possibilità, per essere esatti. È lo stato "potenziale" per eccellenza. Lo Stato Attuale, invece, è l'esplicazione di quelle possibilità, di quelle caratteristiche in potenza che vanno a incontrarsi con gli elementi del momento presente. Il concetto di Stato Attuale non può essere semplificato; si tratta in verità di qualcosa di una complessità pari alla realtà stessa.

La Preside sospirò, stringendosi nelle spalle.

-Lo Stato Attuale è l'insieme di ciò che una persona è, e include ovviamente anche tutte quelle potenzialità del suo Stato Originario. Ma come si colloca temporalmente? Lo Stato Originario ha una collocazione ben precisa: riguarda il "Tempo 0", associato generalmente alla nascita -- anche se alcuni Aritmanti sostengono che sia da collocarsi molto prima, che già la nascita in sé sia uno Stato Attuale, il che non può essere del tutto falso. Quello su cui vorrei che riflettessi è: lo Stato Attuale rappresenta l'insieme delle caratteristiche di un individuo in un dato momento, oppure è più la descrizione di quella serie di innumerevoli cambiamenti che avvengono dal "Tempo 1" in avanti?

Si puntellò l'indice sul mento.

-Può sembrare un quesito astratto, ma è fondamentale per il nostro argomento di indagine. La bacchetta sceglie il mago, lo sappiamo bene, è ormai diventato anche un modo di dire. Non esistono due maghi o due streghe uguali e non esistono due bacchette uguali. Tra lunghezza, anima, caratteristiche del legno, caratteristiche specifiche della pianta da cui il legno proviene, vi sono abbastanza variabili da assumere una diversità caratteristica e assoluta. Ma con quali criteri una bacchetta sceglie il mago, o in questo caso, la strega? - sollevò le sopracciglia -La bacchetta sceglie la strega in base a ciò che è in quel momento, a undici anni, o in previsione di ciò che diventerà? Questa scelta è maggiormente legata allo Stato Originario, che rimane fisso e immobile in quanto mai più perfettamente raggiungibile, oppure allo Stato Attuale, tipicamente mobile e variabile continuamente nel tempo?

Valutò l'espressione della studentessa dopo la cascata di quesiti.

-Lo Stato Attuale è quasi impossibile da definire, ma noi ci proveremo, aiutandoci proprio con il parallelismo con le bacchette. Non esistendo due bacchette perfettamente identiche, cosa succede quando la bacchetta che ci ha scelto quando avevamo undici anni si rompe irrimediabilmente, e dobbiamo tornare dal fabbricante per farci scegliere da un'altra? Immaginiamo che ciò accada molti anni dopo l'ingresso a Hogwarts. Per esempio, immaginiamo che capiti a vent'anni. La nuova bacchetta sarà simile a quella precedente? Avrà caratteristiche obbligatoriamente simili, o potrà essere completamente diversa? In base a cosa sarà più simile o più lontana dalla bacchetta originaria?

Dopo tutte quelle riflessioni, la domanda non risultava particolarmente difficile nemmeno in quel caso. Ma si trattava di una tappa irrinunciabile nel percorso che aveva scelto per quel corso, e non poteva sorvolarla.

-Kedavra
 
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view post Posted on 4/4/2015, 22:08
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La sua bacchetta magica era di legno di Frassino e il nucleo era costituito da una piuma di Fenice. Nel momento in cui l'aveva ricevuta - in cui era stata scelta dalla bacchetta -, Zerby Maranta si era sentita immensamente fortunata. Quello era il simbolo della sua appartenenza al mondo magico, era ciò che faceva di lei una vera strega, ancor più della lettera di ammissione ad Hogwarts. Mano a mano che gli anni passavano, Zerby apprendeva concetti e nozioni e si rendeva veramente conto di quanto la sua bacchetta fosse fondamentale, anche se non era certo quell'oggetto a renderla una vera strega. Molte volte aveva fatto affidamento su quel bastoncino ligneo, molte volte aveva sperato che potesse agire in autonomia, proteggendola o compiendo ciò che era necessario. Fino a quel momento non l'aveva mai delusa, anche se razionalmente sapeva che era stata lei e non la bacchetta ad agire. Ma paure e desideri non sono legati alla ragione e, per quanto concreta potesse essere, Zerby considerava la sua bacchetta magica come l'alleato più affidabile che avrebbe mai potuto avere. Anche in quel momento, nell'Aula di Aritmanzia, perfettamente al sicuro in presenza di Kedavra, la Corvonero trovava confortante il tocco delicato del legno e la vista del suo catalizzatore. Anche in quel frangente l'avrebbe aiutata, come sempre faceva.

La lezione si stava facendo sempre più interessante. Il discorso su Stato Originario e Stato Attuale intrigava moltissimo Zerby. Fu quasi tentata di intervenire senza essere interpellata, giusto per far sentire la sua idea riguardo quei quesiti su cui doveva riflettere. L'istinto le suggeriva delle possibili risposte e moriva dal desiderio di verificarle, ma si trattenne per non interrompere il ragionamento di Kedavra. Ascoltò e attese l'occasione giusta per prendere la parola. Quando la Preside richiese un suo contributo, però, Zerby aveva una nuova risposta da dare. La sua mente si stava comportando come un bambino il giorno di Natale: troppe cose, tutte insieme e non sapeva da che parte cominciare.
"Penso che la bacchetta nuova non sarebbe uguale a quella vecchia." Esordì, rendendosi però immediatamente conto di aver affermato qualcosa di impreciso. "E come potrebbe? Non esistono due bacchette uguali, così come non esistono due persone uguali." Fece una piccola pausa, giusto per riflettere sulle successive parole che avrebbe usato. "Io non sono la stessa persona che ero ad undici anni." Quello era un caso particolare, ma voleva essere un tentativo di esprimere un concetto più generale. "Nel corso del tempo una persona cambia e, vivendo a stretto contatto con lei, anche la bacchetta in qualche modo muta. Mi viene da pensare che sia un'entità viva in qualche modo." Usò un tono particolare per il termine 'viva', cercando di far capire che non pensava seriamente che la bacchetta fosse una specie di bestiolina, ma più che altro che possedesse una magia adattabile a quella del proprietario. "Come la persona cambia, anche la sua magia si modifica; e forse potremmo applicare lo stesso ragionamento anche alla magia della bacchetta." Finito di spiegarsi, Zerby cercò di giungere a conclusioni concrete che rispondessero alla domanda. "Una nuova bacchetta sarebbe diversa. Si adatterebbe al ventenne che è diventato e non all'undicenne che era." Dichiarò, mentre spostava i suoi occhi sulla figura della professoressa. "Magari alcuni aspetti rimarrebbero simili. Magari certe tendenze, certe propensioni che la persona aveva a undici anni, potrebbero essersi concretizzate, diventando caratteristiche proprie del ventenne. In qualche modo le caratteristiche della nuova bacchetta magica potrebbero somigliare a quelle della vecchia, ma in maniera evoluta." Cercò di pensare ad altre possibili somiglianze, ma non le venne in mente nulla. In fondo, pensava seriamente che la bacchetta nuova sarebbe stata diversa da quella vecchia, tanto quanto il ventenne era diverso dall'undicenne. "In ogni caso credo sia difficile che una persona non cambi nel corso del tempo e, dunque, se si trovasse nella necessità di procurarsi una nuova bacchetta, questa sarebbe diversa dalla precedente, almeno per gli aspetti in cui anche il mago è cambiato."
Che bacchetta sarebbe toccata a lei, se la sua si fosse spezzata? E con una bacchetta nuova, avrebbe potuto capire quali cose erano mutate in lei?
Rimase in silenzio, attendendo che Kedavra le svelasse il passo successivo. Cominciava a chiedersi se prima o poi la donna si sarebbe dedicata a rivelarle le risposte a tutti quei dubbi che erano sorti.
 
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view post Posted on 10/4/2015, 09:56
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Zerby Maranta non si era presentata a quella lezione con una tabula rasa al posto della mente: si era portata appresso le proprie conoscenze, le proprie convinzioni, e adesso le stava applicando via via che il discorso continuava e l'argomento prendeva forma. In qualche modo, Kedavra sentiva che quelle non erano le risposte che uno qualunque dei suoi studenti avrebbe potuto fornirle; in Zerby era evidente, più che in altri, quella commistione di Stato Originario e Stato Attuale che in altri era più celata, o addirittura negata. I suoi calcoli aritmantici sulla sua futura Pupilla si stavano rivelando coincidenti con la realtà delle cose, ma non era questo a stupirla. Se mai, la stupiva il fatto che avessero rivelato un'immagine infinitamente più semplice, bidimensionale, della complessità di Zerby, che in quel momento dimostrava quanto l'Aritmanzia stessa, per quanto complessa, si rivelasse comunque insufficiente a dipingere una persona nella sua interezza.
Poteva essere un concetto banale, ma dall'esperienza dell'Aritmante, ciò non valeva allo stesso modo con tutti.
La sua Pupilla non si limitava a sbrogliare i suoi quesiti, ma andava molto oltre. Era come se si trovassero entrambe su un torrente in piena che fosse possibile attraversare soltanto costruendo un percorso di rocce: la Preside aveva ben presto scoperto di non essere l'unica a poter posare quelle mattonelle. A dire la verità, anche lei camminava su quelle lasciate da Zerby, proprio come faceva l'altra; per avanzare, avevano bisogno dell'armonia delle loro menti.

-Se un Babbano si recasse nella nostra biblioteca e incontrasse uno dei libri della Sezione Probita, per esempio il Libro Saltellante o il Libro Dentato, potrebbe pensare di avere davanti qualcosa di vivo, non un semplice oggetto. Le cose, nel mondo dei Babbani, sono infatti inanimate, a meno che non venga immessa in esse l'elettricità. Noi, invece, sappiamo che uno di quei libri è esattamente come un computer: si muove, sembra avere una volontà propria, perché è animato dalla magia, come un aggeggio elettrico è animato dall'elettricità. Vi sono stati compiuti degli Incantesimi. Ovviamente esistono alcuni antichi manufatti che possiedono una magia propria, e possono essere considerati in un certo senso vivi; ma a parte queste eccezioni, tutto ciò che appare vivo nel mondo degli oggetti dei maghi è tale per via della magia. La stragrande maggioranza della magia viene compiuta per mezzo di una bacchetta. Capisci dove voglio arrivare?

Si strinse nelle spalle, giocherellando con il proprio catalizzatore.

-Se quasi tutto ciò che è magico è tale grazie agli Incantesimi compiuti da una bacchetta... da dove deriva la magia della bacchetta?

Allargò gli occhi.

-Questo è il corrispondente magico dell'indovinello dell'uovo e della gallina, nonché uno dei più grandi misteri della bacchettologia, se non il più grande. Cosa rese magica la prima bacchetta che venne mai costruita? Fu magia accidentale? Fu qualche altra forma di magia, oggi inesistente? Esisteva la magia prima delle bacchette? Certo, ovviamente esisteva. Abbiamo detto che la bacchetta è un catalizzatore, ma non bisogna dimenticare che si tratti comunque del punto di partenza di praticamente tutto ciò che di magico incontriamo ogni giorno. Le scale di Hogwarts si muovono perché i Fondatori hanno eseguito una serie di Incantesimi su di esse. Hogwarts risulta invisibile ai Babbani per lo stesso motivo. Hogwarts è protetta da un lungo elenco di Incantesimi che tutti i Presidi devono rinnovare periodicamente. Questa scuola è un luogo in cui si è concentrata così tanta magia nel corso di più di mille anni, che ormai può essere considerata magica di per sé. Ma è stata resa tale, probabilmente, da milioni di queste.

Le mostrò la propria bacchetta.

-La bacchetta è uno di quei rari oggetti, nel mondo magico, a non essere resa magica da nulla. La bacchetta diventa magica nel momento in cui viene creata. Questo la rende qualcosa di unico. Diciamo quindi che se un Babbano vedesse una bacchetta sprizzare scintille e arrivasse a credere di trovarsi davanti a qualcosa di vivo, avrebbe ragione.

Mosse il catalizzatore e sulla lavagna alle sue spalle comparvero alcune scritte argentate.

CITAZIONE

Aritmanzia delle Bacchette

Stato Attuale = Stato Originario + Contesto (=Incidenze/Variabili Aritmantiche/Variabili Contestuali, ecc.)

Resa di un Incantesimo = Propensione + Contesto


Si voltò a guardare quelle parole solo per un paio di secondi, prima di tornare a fissare Zerby.

-Esaurite le nostre premesse, ci manca un solo anello per congiungerle a come l'Aritmanzia possa avere qualcosa a che fare con le bacchette. Le bacchette sono, in qualche modo, vive. Hanno alcune cose in comune con un essere vivente: hanno ricordi, per esempio, capacità di adattamento, volontà di sopravvivere, una qualche modalità di riconoscimento delle persone e delle circostanze che hanno intorno, esprimono preferenze, possono essere danneggiate -- morire -- in modo irreparabile, e molto altro. Hanno qualcosa in meno rispetto a un essere vivente: non sono praticamente in grado di muoversi, non respirano, non hanno esigenze fisiologiche, non possono morire di vecchiaia... non parlano. Mmm.

Di nuovo, si puntellò il dito sul labbro inferiore.

-No, nessuno di noi ha mai sentito parlare la propria bacchetta. Eppure... eppure ho visto persone che ci parlano. Anche io, in alcuni situazioni, mi sono ritrovata a rivolgere alla mia bacchetta alcune parole di incoraggiamento, che sia stato per esortarmi o per trarre forza. Sicuramente sono molti i maghi che umanizzano i propri catalizzatori, specie quelli che si sono trovati in situazioni in cui la loro salvezza dipendeva proprio da questo strumento magico. Sappiamo che è più di una semplice arma, non è vero? Il suo utilizzo a fini offensivi o difensivi è secondario. Prima di tutto, la bacchetta accompagna il mago dagli undici anni in poi. Lo aiuta a fare tutto, lo fa esprimere, gli rende la vita più facile. Nelle emergenze sì, si rivela fondamentale come protezione. Molti di noi parlano alla nostra bacchetta, senza aspettarsi che risponda a parole. Ci aspettiamo un altro tipo di risposta, non è così? Anche se può sembrare sciocco, anche se a volte lo facciamo senza un vero motivo, come per scaramanzia.

Abbassò lo sguardo sul suo catalizzatore. Aveva colto, di sfuggita, le considerazioni che Zerby aveva fatto sul proprio, trovandole simili alle sue.

-Le persone che per caso si rivolgono alla propria bacchetta si aspettano che quelle parole di incoraggiamento ne migliorino la performance. Un po' come quei fantini che parlano nell'orecchio del cavallo prima di una gara. Naturalmente, a volte accade davvero che il risultato migliori, altre volte no... il che rende poco probabile che questi "rituali" siano effettivamente collegati all'esito. Perciò è del tutto inutile parlare alle proprie bacchette? Abbiamo detto che le bacchette non parlano, ma non è questa la domanda da porsi. Ciò su cui vorrei che riflettessi è... le bacchette ascoltano? - si passò la lingua sulle labbra -Ad oggi non esistono prove che rivolgersi alle bacchette porti dei veri e propri risultati. Una bacchetta a cui si dice "avanti, vecchia mia" prima di lanciare l'Incantesimo avrà la stessa resa della medesima bacchetta a cui non si è detto nulla. Tuttavia... un momento, abbiamo detto "Incantesimo". La maggior parte della magia intenzionale, in effetti, viene prodotta da un movimento preciso, una predisposizione magica e psicologica e... una formula.

Si ripose la bacchetta in tasca e incrociò le dita delle mani.

-Ti sei mai chiesta a cosa serva questa formula? Non possiamo addentrarci in queste tematiche, anche perché né io né probabilmente alcun mago o strega attualmente in vita potrà essere tanto competente da dare una risposta. Sta di fatto che un buon 95% degli Incantesimi esistenti non funziona se non è accompagnato da una precisa formula. Può essere un azzardo dire che le bacchette ascoltino la formula e catalizzino la magia nella forma adeguata e probabilmente non è corretto. Ciò che ci interessa, però, è che la formula non debba necessariamente essere esplicitata a voce: quasi tutti gli Incantesimi possono infatti essere scagliati in maniera non-Verbale. Proviamo un attimo, per assurdo, a supporre che le bacchette ascoltino le formule. Per quale motivo l'Incantesimo riesce comunque anche se la formula è non-Verbale?

Scosse lentamente la testa.

-Ci sono molte differenze tra una bacchetta e un essere umano. Ma ci sono anche molte somiglianze. Credere che parlare alla propria bacchetta possa servire a qualcosa è un po' da folli. Inoltre, parleremmo nella nostra lingua. Chi ci assicura che la bacchetta capisca l'inglese? Perché non il russo, il turco, l'islandese? Potresti dire che una bacchetta fabbricata in Inghilterra dovrebbe parlare inglese, ma chiunque conosca un minimo di bacchettologia dovrebbe dissentire. Non tutti i legni delle bacchette vendute da Olivander sono di provenienza inglese. E le anime? Esistono pochissime specie di draghi che siano autoctone inglesi; quanto a unicorni e fenici, sono rari in tutto il mondo. Legni e anime provengono da tutto il globo. Sarebbe un po' come assemblare un essere umano: magari il corpo e la maggior parte degli organi vengono presi dallo stesso posto, e il cervello invece proviene da un luogo completamente diverso, e noi parliamo, capiamo con il cervello, non certo con lo scheletro. Quindi no, è assurdo credere che si possa parlare ed essere capiti da una bacchetta le cui parti possono provenire da qualunque posto al mondo. Se le bacchette disponessero di un apparato per comprendere una lingua, sarebbe la loro lingua di provenienza, non è così?

Si lasciò andare a un cauto sorrisetto.

-Qui, però, incontriamo qualcosa di strano. Tornando alle formule, non possiamo fare a meno di notare che... be', sono le stesse in tutto il mondo. La maggior parte delle formule richiamano il latino, altre sono combinazioni di lettere senza alcuna chiara provenienza, esistono Maledizioni in aramaico, ma... qualunque popolo magico sulla faccia della Terra usa sempre le stesse. Le formule non vengono "tradotte". E una bacchetta fabbricata in Cina catalizza lo stesso, identico tipo di magia di una bacchetta fabbricata in Irlanda, se messa di fronte alla stessa formula.

La Preside fece una pausa, inclinando la testa da un lato.

-Non trovi che questo sia... particolare? Può essere in qualche modo legato alla natura stessa delle bacchette?

Lasciò la domanda in sospeso per una trentina di secondi. Quindi, riprese la parola.

-Le origini dell'Aritmanzia sono antiche quanto le origini della magia stessa. Le prime testimonianze dell'utilizzo dell'Aritmanzia risalgono alla stessa epoca in cui si hanno le prime testimonianze della magia. Alcuni studiosi hanno cominciato a elaborare una teoria al riguardo, una teoria che ora è considerata quasi un dato di fatto, almeno negli ambienti in cui si studia Aritmanzia. - sospirò -Anno 1774. Hodir Arcanum, Aritmante belga, dopo molte ricerche pubblica Il linguaggio delle bacchette, a oggi il testo fondamentale di Aritmanzia delle Bacchette e uno dei più importanti libri di bacchettologia attualmente in circolazione. Il concetto essenziale di questo studio può essere riassunto nella prima frase del libro stesso.

La mano di Kedavra era già sulla copertina consunta di uno dei volumi sulla cattedra. Lo prese, aprendone le pagine ingiallite, sfogliandole fino ad arrivare al primo capitolo. A quel punto, lesse ad alta voce.

-"Il linguaggio delle bacchette è un linguaggio aritmantico."

Tornò a sollevare lo sguardo su Zerby, aspettando che la ragazza cominciasse a prendere in seria considerazione l'idea.

-Arcanum si è posto tutte le nostre domande, giungendo ad alcune straordinarie risposte. Sì, le bacchette sono in grado di comprenderci, se parliamo loro nella lingua giusta. No, non è un tipo di comprensione simile a quella umana: include contemporaneamente parole, gesti e pensieri, ma soprattutto numeri. Sì, le formule magiche sono universali perché le formule Aritmantiche sono universali. Sì, è probabile, anche se non certo, che le formule, gli Incantesimi, le bacchette abbiano tutti una radice storica in comune, e quella radice può essere l'Aritmanzia. Possiamo dire questo perché esiste un modo per utilizzare -- sì, hai sentito bene! Utilizzare -- l'Aritmanzia per influenzare la resa delle bacchette. E questo modo è, in un certo senso, simile al parlare alla bacchetta, come alcuni di noi fanno ingenuamente, senza pensare. Questo modo è l'Aritmanzia delle Bacchette, una delle applicazioni più pratiche -- se non la più pratica -- dell'Aritmanzia Avanzata.

Riprese fiato, alzando appena il mento. Era emozionata all'idea di cominciare. Indicò la lavagna.

-Immagino che tu abbia molte domande. Per il momento, rimandiamole: abbiamo tantissimo lavoro da fare. Piuttosto, alla luce di queste conoscenze, prova tu a trovare una risposta a questo quesito. Nello schema che ho scritto, la parola "contesto" ti sarà saltata immediatamente all'occhio. Perché ho voluto renderla evidente? Prendi la seconda riga, che è forse quella più evidente. Abbiamo la resa di un Incantesimo, abbiamo la Propensione che sappiamo come calcolare. Che cos'ha il Contesto di diverso dagli altri elementi? Se vogliamo servirci dell'Aritmanzia delle Bacchette per migliorare la nostra resa, su cosa dobbiamo agire? Quale sarà il problema più grande che incontreremo?

-Kedavra
 
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