“Non che mi aspettassi di vederti mandare giù l’intera bottiglia.”
Nives arricciò le labbra in una smorfia veloce, incassando il colpo senza controbattere. Un’eventuale risposta l’avrebbe fatta tossire violentemente, e nei suoi piani non c’era quello di alimentare il sarcasmo del compagno. Lasciò che la conversazione proseguisse naturalmente. Tom sembrava inaspettatamente in vena di chiacchiere, o forse cercava risposte e conferme sulla vacanza appena conclusa. Ma Nives non aveva nessun verdetto da riportare, invero era tutto nuovo anche per lei. Avrebbe preso per buono tutto ciò che sarebbe venuto e sperato, semplicemente. La successiva rivelazione, giunta a bruciapelo, sull’incontro fra Tom e Anton colse di sorpresa la russa che non aveva osato domandare di cosa avessero parlato i due uomini. Anton Ivanov teneva alla discrezione più di chiunque altro conoscesse e ficcanasare, per lei, significava mancare di rispetto alla volontà del padre. Tuttavia, la sua indole spietatamente curiosa le impediva di invitare l’altro a fermarsi. Dopotutto, quelli non erano anche affari suo essendo l’anello di congiunzione tra i due?
«Mio padre è molto cose… di sicuro una compagnia coinvolgente, se lo desidera.»
Confermò, favorevole alla consecutio della conversazione che senza dubbio l’appassionava. Portò nuovamente il calice di vino alle labbra, bevendo un lungo sorso senza considerarne i potenziali successivi effetti. Voleva dare spazio all’altro per parlare e rivelarle l’argomento della loro discussione. Ma Tom tornò a parlare di intrugli, pozioni e G.U.F.O. e Nives cominciò a sentirsi nervosa, picchiettando le unghie curate sul vetro curvo del bicchiere. Vuoto.
«Ancora un po’, per favore.»
Chiese posando l’oggetto sul tavolo con un pizzico di veemenza di troppo. Apparentemente si sentiva lucida, ma iniziava ad avvertire qualcosa di differente dentro di sé, un misto fra sproporzionata invincibilità (del tutto innecessaria in quel momento) e assoluta attenzione a tutto ciò che la circondava. Era come se, tutto a un tratto, il mondo intorno a lei avesse preso a scorrere più veloce e più lento al medesimo tempo. Poteva vedere i singoli fiocchi di neve cadere fuori dalla finestra, poteva quasi sentirne il rumore ovattato quando si infrangevano sul manto bianco del pianerottolo; eppure, le sembrava di battere le palpebre con una lentezza di secoli e così per ogni movimento che faceva.
«Quindi, avete parlato solo di pozioni?»
La domanda le uscì con spontanea seccatura, la voce inacidita dall’uva fermentata che le aveva riempito la bocca. Buona parte della cena ancora non era stata toccata dal piatto. Cominciava a prendere coscienza del progressivo cambiamento psico-fisico. Le guance erano in fiamme e il battito cardiaco era accelerato, eppure si sentiva più leggera di una piuma ed era ancora in grado di pensare lucidamente e comportarsi come di consueto. O almeno così le sembrava, Tom stava notando qualcosa di diverso in lei forse? La verità era che non le importava in quel momento, quella sensazione di leggerezza era così piacevole e inconsueta da oscurare (quasi) tutto il resto.
“Mi ha chiesto quanto siano serie le mie intenzioni con te.”
«Eheh… hic! – singhiozzò – che bastardo.»
Disse a pieno volume, sicura in realtà di essersi limitata a pensarlo. Ovviamente l’ultima cosa che voleva era che la sua famiglia si immischiasse nei suoi affari… sentimentali. L’unica a cui avrebbe potuto perdonare la ficcanasaggine era la madre, di indole troppo buona (seppure tutt’altro che ingenua) per permettersi di mettere becco. Buttò giù un altro rapido sorso di quel liquido fiammante nella gola, domandandosi per quale stramaledetto motivo Tom stesse aspettando così tanto a proseguire la frase, o magari era solo lei che percepiva tutto troppo lentamente? Lei continuava a guardarlo, a volerne carpire la risposta anzitempo.
“Gli ho risposto che se c’è qualcuno che può tenermi testa quel qualcuno sei tu.”
L’aveva seguito con lo sguardo mentre si alzava dalla sedia e veniva a sistemarsi davanti a lei, prendendole la mano fra le sue per baciarle con un gesto di una galanteria che sembrava non appartenere più ai loro tempi. Il calore delle sue labbra sulla pelle le scosse un brivido.
«Mmh…»
Mugolò, posando a propria volta le labbra inumidite sulle mani del compagno. Fece per tirarsi su, mancava di stabilità eppure riuscì per grazia divina a non barcollare, ma un po’ le girava la testa.
«… menomale che ci sono io, allora.»
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