Hogwarts: Harry Potter Gioco di Ruolo

Cat-stello

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view post Posted on 10/7/2023, 22:44
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D I R T Y H A N D S

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Arredare casa non era il suo forte e ormai l'aveva appurato. Non gli interessava nemmeno farlo, la sua abitazione ad High Street era un luogo di passaggio per poter dormire qualche ora e recarsi a lavoro il giorno dopo, niente di più. Trascorreva poco tempo in quell'abitazione, le sue giornate erano occupate dal lavoro e da bevute in ogni pub che gli capitava a tiro. Nonostante ciò ci teneva che i propri animali fossero a loro agio, lui non aveva bisogno di mobili e di ridipingere le pareti ( aveva comunque un bellissimo appartamento a Parigi che, ovviamente, aveva comprato già arredato ) ma gli animali richiedevano attenzioni che lui non avrebbe mai negato loro. Per quella ragione, dopo aver comprato la cuccia di Cookie, mesi prima, avendo sistemato Randall nel suo terrario, aveva intenzione di garantire anche a Sky la comodità di una "casa", oltre il cuscino che gli aveva comprato anni prima.
Trovandosi a lavoro, quel lunedì mattina, aveva chiesto a Charlotte di poter terminare il turno prima della chiusura. La sua idea era di raggiungere il Serraglio e comprare a Sky un Cat-stello, approfittando di una promozione che conosceva già e che aveva potuto ottenere dopo il suo ultimo acquisto.
Sistemati gli occhiali da sole ( rubati a Anselm un anno prima ) salutò l'ex docente raccomandandosi con lei di non sbattere la testa contro qualche scaffale ( o bancone ) dopo uno dei suoi soliti starnuti. Promise, inoltre, di aiutarla a ordinare alcuni libri, l'indomani, che dei clienti avevano riposizionato sugli scaffali mischiandoli per colore e grandezza... vedendoli, ad entrambi, era venuto mal di testa.
Raggiunta la porta del Serraglio attese qualche istante prima di mettere la mano sulla maniglia e aprirla. Non aveva alcuna voglia di incontrare Ècate e le sue espressioni da "sono superiore, tu sei un nessuno ed io sono la Reginetta" anche perché non riusciva a comprendere il comportamento della Caposcuola nei suoi confronti. Non era certo di voler vedere Morgana, temeva che il suo corpo potesse reagire alla sola vista di Morgana e che la sete di nettare avrebbe finito con il fargli seccare la gola. Quale scelta aveva? Nessuna, per quel motivo spinse la porta in avanti, varcando la soglia del negozio. Richiuse la porta alle proprie spalle avanzando verso il bancone, tolse gli occhiali da sole piegando una delle due stanghette nere e agganciando l'altra allo scollo della camicia nera.
« Buongiorno. Sono qui per la promozione di questo mese. » Parlò, mantenendosi distaccato, per quanto possibile, poggiandosi con i gomiti sul bancone dopo aver inclinato il busto in avanti. Avrebbe cercato di inchiodare lo sguardo di Morgana al proprio, di ghiaccio. Le sue labbra si tesero in un sorriso, malizioso, le lunghe dita della mano sinistra ( indice e medio ) a battere mediamente piano sul bancone. Una, due, tre volte... prima di fermarsi e osservare Morgana in completo silenzio. Gli eventi della soffitta si ripresentarono, cosa che accadeva già più volte al giorno. Si chiese come sarebbe stata Morgana, mezza stesa su quel bancone con lui a troneggiare su di lei.
Avvertì nuovamente quella voglia, la tensione che aleggiava tra di loro e l'attrazione... due calamite, opposte e uguali, capaci di attrarsi e respingersi... poi attrarsi nuovamente. Cercò di scacciare via quelle scene concentrandosi solo sull'acquisto da fare. « Un Cat-stello, giusto? »
Calamite.

Edited by Xavier Bertrand - 12/7/2023, 21:05
 
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view post Posted on 16/7/2023, 18:20
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Ella distrugge per ricreare


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La seconda lezione del Corso Pupillo di Babbanologia s'era conclusa da qualche giorno e Morgana, entusiasta per i risultati ottenuti, non aveva perso tempo a sbatterli orgogliosamente in faccia a coloro che, settimane addietro, avevano cercato in tutti i modi di rallentare il proprio lavoro. Estremamente scettici, gli esperti a cui s'era dovuta rivolgere per recuperare tutto il materiale necessario a organizzare il ciclo d'incontri con Desmond l'avevano accontentata per sfinimento e spesso, ritenendo tutt'altro che rilevanti le proprie intenzioni, avevano lasciato i propri gufi senza risposta per una quantità di tempo imbarazzante; ma non quel giorno.
Quella mattina la docente non aveva fatto in tempo a mettere piede al Serraglio Stregato, a rifornire ciotole e beverini svuotatisi durante la notte e a mettersi al bancone per occuparsi della corrispondenza – che comprendeva anche l'invio del resoconto alla Comunità di Babbanologi scozzese – che un gufo reale aveva fatto scivolare all'interno della bottega una lettera sigillata con un timbro in ceralacca dorato che avrebbe riconosciuto, a quel punto, tra mille.
Purtroppo non aveva avuto tempo, tra un cliente e l'altro, di leggerla subito ma l'aveva immaginata contenere la richiesta di un incontro per accertarsi che quanto inviato loro non fosse che un disperato tentativo per continuare a godere del loro supporto; non ne avrebbe avuto bisogno, lei, non quanto loro avrebbero desiderato il proprio non appena si fossero trovati davanti ai risultati pratici di studi che nessuno aveva ritenuto abbastanza importanti da proseguire.
Impaziente di poter riprendere in mano la missiva aveva cercato di occuparsi delle varie adozioni, o dei semplici acquisti, della mattinata in maniera più sbrigativa del solito e quando finalmente, dopo quella che l'era sembrata un'eternità, la campanella all'ingresso aveva smesso di tintinnare per più di un quarto d'ora filato aveva potuto approfittare degli ultimi minuti a precedere la chiusura per la pausa pranzo per aprirla.
La ceralacca era saltata via accompagnata da un trillo metallico che l'aveva costretta a sollevare lo sguardo dalla busta e a maledire chiunque avesse osato, oltre che presentarsi a quell'ora, interrompere quel momento. Si ritrovò, ahilèi, a maledirlo per tutt'altro. Per il fatto di aver tolto gli occhiali da sole e aver costretto i propri occhi ad agganciare i suoi, ad esempio, o per il modo in cui la stanghetta degli stessi sembrò scivolare tanto naturalmente nello scollo della sua camicia da farle venire voglia di scoprire se anche le proprie dita sarebbero state in grado di farlo alla stessa maniera.
Era la prima volta che si vedevano, da soli, dopo quanto accaduto in soffitta e Morgana ricordò improvvisamente perché avesse tentato d'evitarlo in ogni modo nei giorni successivi. Si sentì scorrere addosso tutta la furia ch'erano stati capaci di scatenare con un tocco e per un attimo ebbe l'impressione che potesse essere capace di bruciare, risalendole dalle mani, ogni centimetro del lungo abito viola indossato quel giorno; ecco perché le allontanò dal bancone quando vide lui poggiarvisi.
«Xavier.» Pronunciò il suo nome a mo' di saluto, forse aggiungendovi un pizzico di avvertimento. Glielo lesse in faccia, il desiderio. Spudorato, indecente, vivo. Fu come si sentì lei immaginando le dita intente a battere ritmicamente sul bancone farlo altrove. La propria espressione rispose fin troppo eloquentemente alla sua.
A trascinarla fuori da quel labirinto di bramosia e smania di cui, irrazionalmente parlando, non avrebbe voluto trovare l'uscita fu, ancor prima della sua specifica riguardo il prodotto per il quale aveva fatto visita al Serraglio Stregato, Sgàile: il felino balzò sul bancone con fare prepotente e si frappose tra i due occupandone l'intera superficie. Non gli soffiò contro, a differenza di quanto era successo la prima volta ch'era stato nel suo territorio – forse perché durante l'ultima l'aveva visto salvarlo dalla propria ira –, ma aveva comunque ritenuto necessario mettere concreta distanza tra i due. Un po' la fece sorridere, un po' la spinse a fissare il mago come aveva fatto in soffitta quando l'aveva sfidato ad andare oltre. «Mhmh.» Commentò soltanto, affermativa.
Quindi sfilò oltre il bancone per dirigersi verso la zona dedicata agli habitat, che all'apertura aveva rifornito delle strutture vendute il giorno precedente, e nel farlo si assicurò di non passare troppo distante dalla sua figura, quasi fingendo di sfiorarla per sbaglio.
Con le dita della mano sinistra a reggere una copia del Catalogo, nel caso in cui ne avesse necessitato per qualche aggiunta, e quelle della destra a indicargli gli habitat in questione la proprietaria rimase in attesa della sua scelta, più che altro in merito al colore dei tessuti a comporre il Cat-stello, fin quando la pendola non comunicò a entrambi la chiusura al pubblico dell'emporio. Morgana trascinò lo sguardo in quella direzione solo per un attimo, poi lo riportò su di lui.
«Dovrei mandarti via. - Il tempismo avrebbe potuto far credere a chiunque altro che si stesse semplicemente riferendo al fatto che il tempo per gli acquisti fosse terminato e che lui fosse arrivato troppo tardi per concluderli, ma non a loro. Quando si schiarì la voce, e lo fece nella speranza che potesse avere la stessa conseguenza che aveva avuto l'irruzione del Maine Coon poco prima, accennò con un lieve movimento del capo alle strutture davanti a loro. - La promozione ti permette di averlo a 4 galeoni.» Una specifica non necessaria, era certa che conoscesse i termini della scontistica a cui aveva avuto accesso, ma che il proprio autocontrollo ritenne oltremodo fondamentale.
 
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view post Posted on 19/7/2023, 16:27
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Il proprio nome, pronunciato da Morgana, gli provocava sempre un po' di fastidio misto ad ilarità a causa della pronuncia sbagliata. Non l'aveva mai corretta, per puro divertimento, ultimamente l'effetto che gli causava differiva dai precedenti a causa della situazione venutasi a creare tra di loro.
Aveva cercato di auto convincersi a lasciare da parte gli eventi che si erano susseguiti, in particolar modo il loro ultimo incontro... ma non riuscì a farlo. Evitare di pensare al giorno in soffitta si rivelò impossibile nell'istante in cui aveva visto la rossa di Inverness dietro al bancone. Più precisamente erano stati gli occhi di Morgana - e forse anche le sue labbra - oltre l'abito da lei indossato. Aveva notato anche il movimento delle sue mani, gesto che aveva fatto curvare le sue labbra in un sorriso, anche se appena accennato. Bertrand non era l'unico a fremere, in quel momento, e come lui neppure lei sembrava essere in grado di non immaginare di replicare ciò che era successo quel giorno e magari di andare anche oltre. Lo sguardo di ghiaccio sfilò verso il basso fermandosi ad altezza del petto di Morgana e immaginò di poter osservare quello scollo da una distanza minore, di far scorrere la punta delle dita al centro partendo dalla gola. Quel pensiero gli causò un brivido lungo la schiena e gli fece inumidire le labbra con la punta della lingua. L'avrebbe fatto, in realtà, ma l'arrivo di Sgàile mise fine a ogni tentativo di avvicinamento. La serpe fu costretta a spostare lo sguardo dal vestito di Morgana al felino, senza nemmeno provare a nascondere la voglia di incenerirlo. Sollevò entrambe le sopracciglia fermando anche il battere della dita sul bancone, ignorò il Maine Coon raddrizzando la schiena nel momento in cui vide Morgana spostarsi dal bancone.
Lei gli passò accanto, sfiorandolo, e lui la desiderò ancora una volta. Allungò la mano sfiorandole il fianco con le dita e la seguì verso la zona dedicata ai vari oggetti, tra cui il castello per i felini. Le rimase accanto prestando davvero poca attenzione ai Cat-stelli a disposizione, trovando decisamente più interessante la proprietaria del negozio. Le si avvicinò ancora di più fino a mettersi al lato destro di Morgana, il petto a sfiorare la spalla della docente e la mancina sollevata, sul punto di spostarle i capelli rossi all'indietro.
La pendola bloccò la mano a mezz'aria e, in quell'istante, ebbe la completa attenzione di Morgana. Lui non aveva mai spostato lo sguardo da lei e ora, grazie a quel suono che trovò particolarmente fastidioso ma anche allettante - la chiusura del negozio poteva significare una sola cosa - i loro occhi tornarono a incrociarsi.
« Dovresti. » Confermò, a voce bassa, riprendendo da dove aveva interrotto. La mano, spostando i capelli rossi dietro la spalla, sfiorò il lobo dell'orecchio di Morgana. Le lunghe dita accarezzarono anche il retro ed il collo mentre lui, lento e bramoso, si posizionò dietro di lei facendo aderire il proprio petto alla schiena di Morgana... e non solo. Fremente di desiderio, affamato e colmo d'ira ( la loro ), sollevò anche la destra accarezzando le restanti ciocche dei suoi lunghi capelli rossi portandoli dietro la schiena e poi solo da un lato, il sinistro, con la mancina. La mano opposta, invece, si fermò sul lato destro del caldo collo di Morgana prima di far scivolare la dita più in avanti ad altezza della gola.
« Sceglilo tu per me. » Soffiò, contro l'orecchio sinistro, toccando il lobo con la punta della lingua prima di gettare un'ultima occhiata alla porta di ingresso.
« Poi chiudi e togliamoci da qui. » Abbassò ancora di più il tono di voce rendendolo pari al sussurro del demonio, lascivo e ipnotico. Avrebbe lasciato libera interpretazione a Morgana sul luogo nel quale spostarsi, se lontano dalla porta e dalle vetrine, magari tra gli scaffali e dietro al bancone o nel retrobottega.
 
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view post Posted on 9/8/2023, 18:10
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Aveva avuto l'impressione, muovendosi tra gli scaffali, che l'ombra del francese si fosse sovrapposta alla propria obbligando i passi della proprietaria a farsi terribilmente pesanti, ad arrestarsi, quasi, per permettere ai suoi di raggiungerla quanto prima, di trascinarla di nuovo dove le sarebbero parsi estremamente più leggeri. E quando l'aveva fatto, fermarsi, Morgana s'era scontrata con tutta la prepotenza di quella volontà, quella ch'era di entrambi.
Aveva sentito il suo petto sollevarsi ritmicamente contro la propria spalla, il battito del suo cuore – calmo, di una calma che covava tempesta – riecheggiarle sulla pelle, il movimento delle sue dita alla ricerca di parti di sé che avevano già stretto, che avevano già reclamato.
L'acuto rintocco della pendola era stato un pretesto, uno qualunque per sollevare lo sguardo su di lui dando l'impressione che non lo avesse fatto semplicemente perché volesse... perché ne avesse necessità. Se la sua voce era aleggiata tra le pareti color panna come una minaccia, una che la Babbanologa aveva scoperto di aver non solo immaginato ma desiderato – come lo aveva fatto quando aveva guidato le sue dita lì dove presero posto da sole l'istante successivo – le sue mani erano state immediata tortura. Così come lo fu il suo fiato contro il proprio orecchio, il suo petto contro la propria schiena o la sua eccitazione.
Ne ricordò la sensazione a contatto con la propria, il bisogno di assecondarla e quanto l'era costato non farlo. Lo avete già fatto?
"Non puoi... non vuoi."

Eppure il collo della strega favorì ognuno dei movimenti compiuti dalle dita di Xavier, li accompagno, li rese più semplici. Quello sembrava era più semplice. Sollevò appena il mento, accogliendo la sua mano destra, e il sussurro che convinse le proprie palpebre a chiudersi, seppur solo per un istante, fu sufficiente a far credere al proprio corpo che sarebbe stato sicuro appoggiarsi a lui. Di nuovo. Come sempre.
Si mosse appena contro di lui, poi allungò la mano dominante verso il Cat-stello più vicino: una sorta di cactus, una cuccia centrale e due ripiani sorretti da aste adatte come tiragraffi, fu a una di esse che le proprie dita si strinsero. «Questa è molto robusta... - Roteò appena il palmo della mano, la lasciò scivolare lentamente verso il basso. - ...l'imbottitura dei pali è studiata per usurarsi lentamente. - Riportò le dita verso l'alto facendole scivolare per tutta la lunghezza dell'asta in corda. Si stava ovviamente riferendo al logoramento a cui, con il tempo, le unghie del gatto avrebbero costretto l'habitat.
La mano si mosse ancora una volta verso il basso, raggiungendo uno dei ripiani che fungeva da cuscino per il felino, la propria nuca cozzò contro la base della sua gola. - Due soffici cuscini... - Vi trascinò i polpastrelli sfiorandone le pieghe come aveva fatto con le sue vene in rilievo in soffitta. - ...e una comoda cuccia.» Infilò la mano nell'apertura rotonda, quindi ne strinse tra le falangi il fondo imbottito come aveva stretto, tempo addietro, i suoi capelli. Non cercò nemmeno lontanamente di rendere meno palese quanto stava facendo o ciò a cui stava alludendo con i propri gesti, anzi, respirò pesantemente.
 
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view post Posted on 31/8/2023, 20:49
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Era forse un reato non prestare attenzione? L'ex Serpeverde non lo stava facendo, non nel modo giusto. La sua mano ancora poggiata sul collo di Morgana assecondata dai movimenti della proprietaria. Non aveva incontrato resistenza e nemmeno un accenno di tentennamento, aveva fatto in tempo a sfiorarla e poi a toccarla in maniera più decisa e nel giro di un istante lei era nuovamente sua tra le sue mani. Osservò il profilo della giovane strega, le sue labbra che lente si muovevano e per qualche istante le trovò bellissime oltre che invitanti, provocanti... sbagliate.
Inspirò in maniera quasi silenziosa, gonfiando il petto che andò a scontrarsi contro la schiena della Capitana. Indurì i tratti del viso inclinando il capo di lato per poter arrivare a sfiorare con le labbra il suo orecchio dopo aver flesso le gambe e aver diminuito un po' la differenza di altezza. Lo sguardo di ghiaccio saettò verso l'oggetto che Morgana stava indicando, illustrandolo nei minimi dettagli ma la mente di Bertrand era completamente offuscata dal desiderio. Osservò la mano di Morgana stringersi ad una delle aste di cui era datato il Cat-stello, il modo in cui essa accarezzava l'oggetto e l'imbottitura arrivando fino alla base. Il corpo di Xavier si protese in avanti e il suo petto finì a poggiarsi completamente alla schiena di Morgana. La mano libera trovò appiglio prima sul fianco della strega poi l'intero braccio avvolse la sua vita e adagiando la mano sul suo ventre. Premette l'arto in quel punto costringendo la rossa di Inverness a spingersi maggiormente indietro verso di lui e a quel punto Bertrand fu libero di sfiorare la spalla scoperta con le labbra. Non parlò, la voce di Morgana era l'unico suono presente all'interno del negozio oltre ai loro respiri.
Le respirò contro, addosso, inspirò il suo profumo sfiorando il retro del suo orecchio destro con il naso risalendo verso la sua testa sfiorando i capelli, lasciando che gli solleticassero le labbra prima di poggiare il mento sulla sua testa. Guardò dall'alto, ristabilita la sua altezza, la struttura che aveva già deciso di acquistare e, quando vide le dita della proprietaria stringere il fondo dell'apertura di cui era dotato il Cat-stello, lui strinse il tessuto del suo vestito sollevandolo lentamente verso l'alto lasciando scoperte le gambe fino alle ginocchia. « Lo prendo. » Non aggiunse altro rispetto all'acquisto da fare, bramando prendere altro e quanto stava succedendo - ciò a cui entrambi stavano alludendo - non lasciava spazio ad interpretazioni di altro genere.
La mano attorno alla gola di Morgana si strinse ancora un po', i flashback di quanto accaduto in soffitta causarono a Xavier un respiro più profondo di tutti gli altri, un leggero gemito che si tramutò in ringhio mentre la mano che sorreggeva il vestito di Morgana sviò verso l'interno sparendo sotto il tessuto. Accarezzò la sua coscia e poi gli interni risalendo verso l'alto, sempre più verso il centro, sempre più vicino a lei.
« Non deve più succedere. » Ripeté le parole che lei gli aveva detto in soffitta ma senza nessuna convinzione nel tono di voce e nei gesti, nella mano che sfiorò il suo calore più intimo e le labbra ferme dietro la sua nuca, poi di nuovo sulla sua spalla. Avanzò, assieme a lei, scontrandosi con il Cat-stello e bloccandola tra la struttura ed il proprio corpo. La toccò ancora, con più decisione, l'insano quanto perverso desiderio di superare la stoffa più sottile con le dita ed insinuarsi al suo interno... la brama di veleno, la sete disperata di cui entrambi soffrivano e che riuscivano a far tacere solo bevendo l'uno dall'altra il liquido cremisi pari al nettare degli Dei... dannati, per l'eternità.

Edited by Xavier Bertrand - 1/9/2023, 10:45
 
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view post Posted on 24/9/2023, 20:12
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Il modo con cui i polmoni della scozzese avevano preso a gonfiarsi per coordinarsi ai suoi, che aveva sentito a contatto con i propri come se non ci fossero stati strati di pelle, carne ed ossa a separarli, lo si sarebbe dovuto interpretare come uno dei tanti avvertimenti che, per quanto ricorrenti, entrambi sembravano aver deciso di comune accordo di ignorare quasi attratti dalle conseguenze che farlo avrebbe, più prima che poi, comportato loro. Perché si sarebbero salvati insieme, continuavano a dirsi con uno sguardo, senza rendersi conto – o semplicemente ignorando anche quello – di starsi spingendo a vicenda verso il precipizio.
C’era stato un momento, tra l’istante in cui il suo fiato l’era scivolato nei timpani e quello in cui le sue dita avevano ritrovato i solchi che le avevano precedentemente scavato sul fianco, in cui aveva addirittura avuto l’impressione che i propri avessero smesso di farlo per permettere ai suoi di vivere anche del proprio ossigeno.
Era stata una straziante presa di coscienza riguardo ciò che avrebbe fatto per lui…
Quello sarebbe dovuto essere un avvertimento da ignorare ancora meno degli altri. Ciò che non era riuscita a ignorare, invece, era stata la stretta allo stomaco che aveva percepito quando la mano del Vice-Capitano le si era aperta sull’addome ed era stata catapultata indietro di mesi, a quando le sue braccia violentemente avvinghiate al proprio corpo le avevano fatto credere che per quanto doloroso fosse rappresentasse anche l’unica maniera per tenerne insieme i pezzi.
Da lì la propria voce s’era fatta più incerta, intervallata dai sospiri indecenti di cui il gelo a strisciare sulla propria pelle costringeva le proprie labbra a macchiarsi, ma aveva comunque continuato a descrivere l’oggetto – a cui nessuno dei due stava prestando la minima attenzione – immaginando di toccare lui. Aveva percepito la volontà dolorosa dei propri pori di dilatarsi più di quanto fosse consentito, di farsi attraversare da quanto più fiato il francese fosse in grado di soffiare loro contro, di memorizzarlo e schiudersi, in futuro, solo e unicamente per il suo.
E a conferma di quanto deleterio fosse l’insensato eccesso con cui ogni parte di sé reagiva alla sua vicinanza c’era stato il desiderio di percepire le sue dita stringersi al centro del proprio petto con la stessa voracità con cui avevano stropicciato il proprio abito.
"Lo prendo."
Annuì contro la sua gola, lì dove la propria nuca aveva continuato a premere, e le unghie a conficcarsi nel suo polso destro urlarono tutta la disperazione con cui avrebbe voluto dirgli di prendere qualunque cosa: il proprio corpo, i propri incubi, le proprie colpe e, ancora, le proprie contraddizioni, la propria anima, la propria verginità. Dirgli che se anche le avesse masticate fino a ridurle in poltiglia e gliele avesse risputate contro avrebbe fatto meno male che viverle senza che le facesse sue almeno una volta.
Una follia che le sgusciò dentro come l’eco del gemito che risalì dalla sua gola, un ribollire di lava pronta a riversarlesi addosso. Lo fece a partire dalle proprie gambe, che la Babbanologa strinse incapace di capire se con l’intenzione di fermare le sue dita o di trattenerle lì per sempre, e continuò nei propri timpani quando la voce del francese – ma soprattutto quanto le ricordò – vi scivolò attraverso portando con sé tutto il terrore che in fondo covava di perdersi nel mortale labirinto di ciò che erano. Dentro di lui.
Si rese conto di essere finita contro la struttura descritta poco prima solo quando, nel disperato tentativo di trovare un’uscita dalle alte pareti di sangue del dedalo a cui avevano dato forma cedendo ai loro istinti, aveva dovuto spingersi con più forza contro di lui per riuscire a voltarsi.
Incrociare il suo sguardo e trovarlo carico della stessa lussuria che aveva dilatato i propri ebbe il gusto di una visione proibita.
Glielo chiese per la prima volta. «Che stiamo facendo?»
Entrambe le mani poggiate sul suo petto in attesa di capire quanto veritiera sarebbe stata la sua risposta, aspettandosi la menzogna che si stavano raccontando un tocco dopo l’altro.
 
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La bocca del Vice-Capitano trovò con facilità il collo della strega, già martoriato poco prima e quello stesso giorno in soffitta. Si mossero sulla sua pelle catturandone una porzione e stringendola tra i denti con la stessa violenza con cui lei gli stava graffiando il polso, conficcandogli le unghie nella carne. Lo fece volenteroso di lasciare un segno su quella candida pelle, nuovamente catapultato nella loro bolla totalmente instabile, eppure così tanto vera alla realtà. Il Serraglio smise di esistere, attorno a loro due, non c'era altro se non due corpi che desideravano esplorarsi e appartenersi, anche solo per un'unica volta. Avrebbe dovuto prevederlo, prima o poi, che quel giorno sarebbe potuto arrivare: l'aveva sempre sentita quella strana attrazione verso qualcosa di pericoloso, folle, velenoso ma non ci aveva mai dato peso credendo che niente e nessuno avrebbe mai potuto davvero capire quella sua realtà. Ma poi la situazione era degenerata quando, entrambi, erano caduti mentre erano in volo sulle proprie scope, quando lui aveva messo Morgana al primo posto rischiando il proprio pur di non vederla perdere qualcosa a cui teneva al punto tale da lottare con le unghie e con i denti.
Non la fece scappare, non le diede la minima possibilità e quando avvertì i suoi gemiti non fece altro che spingerla ancora di più contro la struttura. La mano raggiunse la gemella sotto il vestito altrui sollevandoglielo senza pudore, tenendolo stretto sui fianchi morbidi della Celebrian mentre la sua lingua esplorava ancora quel collo. La mancina si spostò in avanti, sul tessuto del vestito, tenendolo in una sola mano e attorcigliandolo al polso come aveva fatto con i suoi capelli, quel giorno in soffitta. Con una mano, ora totalmente libera, raggiunse la parte più alta del vestito tirandolo verso il basso scoprendole ancora di più la spalla e una porzione di quel petto che era riuscito a intravedere soltanto. Dalla sua bocca uscì un ringhio feroce quanto eccitato e il desiderio di prenderla, contro quella misera struttura, lo fece fremere al punto tale da sentire il ventre contrarsi. Le strinse la spalla, lasciando scivolare l'indice e il medio lungo tutto il braccio fino alla mano che intrecciò alla propria prima di ripoggiare le labbra sul suo collo. Le strinse la mano, con forza e urgenza, bisogno, follia. Scosse il capo premendo il naso contro la mascella della Celebrian lasciandole il vestito e dandole modo di voltarsi. Faccia a faccia, occhi negli occhi. Gonfiò il petto incamerando tutta l'aria possibile e desiderò strapparglieli, gli occhi, dentro cui riusciva a leggerci la stessa lussuria e il medesimo desiderio proibito. Si leccò le labbra guardando poi le sue, era eccitato al punto tale da sentire quasi dolore, un urgente bisogno di mandare tutto a fanculo e prendersi qualcosa che desiderava già da qualche tempo, una voglia e un bisogno comune.
«Che stiamo facendo?»
« Non lo so. » Non lo sapeva o forse non voleva saperlo. Ma a quella domanda lasciò parlare anche le azioni, che in quel caso valevano più di mille parole. Le prese il viso tra le mani e la baciò, ancora, come quel giorno in cui si era appropriato ( per la prima volta ) delle sue labbra. Non riuscì a stare fermo, le mani si muovevano dal viso della Celebrian ai suoi capelli rossi, le morse il labbro inferiore costringendola a schiudere le labbra e insinuò la lingua al suo interno. Camminò in avanti e, per la seconda volta in quel giorno, la spinse ma questa volta contro il muro. Le mani di Xavier impattarono contro il muro, ai lati della testa della Celebrian, prima di accarezzarle le braccia fino alle mani. Le prese e la costrinse a sollevare le braccia sopra la sua testa, avvicinandole tra di loro. Le lasciò le labbra baciandole il mento, la mascella e la gola, poi di nuovo il collo mentre con le proprie mani percorreva la strada inversa e dai polsi della Celebrian raggiunse le spalle dopo averle carezzato le braccia. Sollevò il capo per guardarla negli occhi come pochi istanti prima, carico di desiderio e assetato, affamato, due bisogni primari che riusciva a scorgere anche nei suoi occhi.
Nutrirsi a vicenda del loro stesso male...
A mani aperte ritornò su, lentamente, raggiungendo quelle di Morgana e intrecciandole alle proprie. Le labbra impattarono nuovamente sulle sue, con inaudita violenza, esplorando la sua bocca calda con la lingua facendo danzare quei muscoli in un ballo sporco, proibito e totalmente sbagliato. Pressò il corpo contro il suo, desiderando strapparle ogni indumento di dosso e sprofondare in lei, forte, profondo... ma qualcosa lo fermò.
Quel bacio divenne più lento, le lasciò le mani dandole modo di riabbassare le braccia poi dopo un ultimo schiocco di labbra mise una minima distanza con lei. Raddrizzò la schiena recuperando l'altezza persa per baciarla e aprì gli occhi, niente era cambiato. « Ti auguro una buona giornata, Morgana. » Mormorò, la voce roca ridotta a un sussurro, il respiro caldo a infrangersi sulle labbra rosse della Capitana. Respirò profondamente trattenendosi dal baciarla ancora, ancora e ancora fino a non poterne più. Recuperò la struttura scelta dando le spalle alla rossa e andando verso la porta del locale, poggiata la mano libera sulla maniglia restò un paio di secondi fermo guardando fuori e solo dopo si decise ad uscire.
Erano l'errore l'uno dell'altra, uno sbaglio che avrebbero commesso ancora.
 
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