Hogwarts: Harry Potter Gioco di Ruolo

Smells like teen spirit, Privata

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J. F.
view post Posted on 14/11/2013, 06:08 by: J. F.
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La mano di Jelonek, intenta a giocherellare con qualche bottone allentato sul pastrano, si immobilizzò quando Evey la coprì con la propria. Ormai si era fatta così vicina... Ormai lo toccava, e l'indagine dei suoi polpastrelli sul dorso segnato sembrava voler estrapolare tutta la verità dalla sua pelle. Jelonek combatté l'impulso di compiere qualcosa di imperdonabile; si stupì in realtà di trovarlo, ben delineato tra le proprie intenzioni. Non tra quelle mura. Non dove il Piano rischiava di essere compromesso da una qualche arida regola per mano di uno zelante Prefetto affamato di gloria. Non in quel momento, quando tutto era in bilico. O almeno, lui doveva comportarsi come se lo fosse.
L'idea che Evey potesse denunciarlo lo stuzzicava. Il terrore di finire di nuovo lì dentro era talmente titanico da non avere neppure un nome; non riusciva a vederlo in volto, non era in grado di delimitarlo, era troppo, per lui. Non avrebbe mai potuto provare un sentimento di quella portata, né gli apparteneva più l'istinto tipicamente animalesco di voler sopravvivere a ogni costo. Non poteva formulare un pensiero riguardo al suo annullamento. Nessuno aveva quella facoltà. Così, ciò che gli restava era un vago eccitamento, non dissimile da quello che infiniti vortici spazio-temporali prima lo aveva trattenuto al tavolo da gioco. Non credeva che lei avrebbe potuto veramente farlo, ma non era quello il punto.
La realtà era che non stava bluffando. Aveva sempre pensato alla fiducia come alla pagliacciata degli scambi, la pantomima dell'affidabilità. Un Trauma per un Trauma. Un Segreto per un Segreto.
(Era solo sicuro che lui l'avrebbe compresa. Una parte di lui l'avrebbe persino ringraziata. La paura era un terreno fertile per tutto, ma non per i legami. )
E' questo che siamo? Un legame?
La mano che era ancora nella tasca si arrischiò a sollevarsi e portarsi al di sotto della guancia di lei. La sfiorò appena, come in equilibrio tra forze contrastanti tra le quali nessuna riusciva veramente ad avere la meglio.

-A chi hai fatto del male?-



Un Trauma per un Trauma, un Segreto per un Segreto. Ma quello era un po' entrambe le cose e lui non aveva ricevuto niente in cambio. Poteva permettersi di essere così cinico, con lei? La sua fiducia aveva le gambe molli, ma era giusto che fosse così. Non avrebbe mai potuto fare affidamento su di lei se l'avesse vista ciecamente devota a qualcosa. Le incertezze erano i suoi punti di appoggio in quella scalata.
(Eppure, dietro la coltre di espressioni vagamente beffarde prefabbricate, al di là dei gesti controllati e gli impulsi soffocati quasi senza sforzo, la sua voce tremò di esitazione.)

-Non...-

Deglutì, quando non avrebbe dovuto. Si riprese.

-... non lo so. Quando era lì mi hanno fatto qualcosa. Si divertivano a...-

Il filo con il suo sguardo si spezzò definitivamente. Jelonek abbassò la mano che aveva portato al viso di lei, che era quasi arrivata a toccarlo. Emise uno sbuffo, come una risata morta sul nascere. Poi i suoi occhi tornarono su di lei.

-... non so cosa ho fatto e cosa no. I miei ricordi non sono tutti veri-

Si era spinto troppo avanti. Questo era ciò che Mandy gli aveva chiesto proprio quel giorno, nella stanza da letto attigua all'Ufficio del Preside, dopo averlo trovato con Evey. Era questo ciò che Mandy temeva più di ogni altra cosa. Che i rapporti sui suoi crimini, redatti dal Ministero della Magia, fossero veritieri.
Ma non lo sono. NON LO SONO.
(Però ti ricordi, vero? Ti ricordi anche troppo bene... come faceva quella vena?)
No.
(... faceva PUMP PUMP PUMP sotto i tuoi pollici, gli stessi che lei sta toccando in questo momento, e ti piace pensare di poterlo fare ancora, ti piace pensare che quell'animale sia ancora dentro di te, si sia risvegliato in quella cella e sia venuto alla luce quando sei uscito di lì, ammesso che tu sia uscito di lì, vero? Perché di questo non possiamo essere sicuri, questo potrebbe essere un altro dei loro scherzetti, giusto?)
... pulsava, sì pulsava, e il suo collo era così piccolo, e le sue braccia non potevano fare niente perché...
Si riscosse. Del resto, la sua espressione era rimasta immutata.
Perché sono tutte menzogne.

-Ho ucciso delle persone. Questo dev'essere vero. In maniera diretta o meno, le ho uccise. Ne ho ferite molte altre-

Feeling claustrophobic
Like the walls are closing in
Blood stains on my hands
And I don't know where I've been



E non è nulla rispetto a quello che sto per fare.

-Non credo che tu ti aspetti una rivoluzione pulita. E' qualcosa che non esiste-

Il Gioco della Verità forse gli aveva fatto ammettere troppo. Era stato come scalare una libreria non molto stabile per tentare di prendere uno dei libri sull'ultimo scaffale; si era sporto, e ora oscillava per capire se il libro sarebbe caduto, se la libreria avesse ceduto, o se le cose potevano tornare al loro posto.
Il loro doveva essere un mondo davvero strano se confessare di avere spezzato delle vite poteva aumentare la fiducia altrui nei propri riguardi. E quello non era un Trauma, quello non era un Segreto. Era un Peccato. Un peso che lo dilaniava e che smuoveva pensieri radicati troppo in profondità, cose che non voleva sentire la propria voce pronunciare.
Era qualcosa che avevano in comune? Apparteneva al suo passato e al futuro di lei? E chi poteva saperlo, se non loro?
La sua mano tornò sul suo viso, e questa volta fu una carezza lenta, che era a metà tra un tentativo e un'invasione impropria, di cui avvertiva un insolito bisogno. Forse era sceso troppo a fondo, era inciampato dove non doveva e lì sotto era assolutamente solo. Quell'angoscia lo aveva isolato da allora.

(Perché non c'è niente di più terrificante di ritrovarsi con le mani sporche di sangue e non ricordarsi dove si è stati.)

J. F.
 
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