Hogwarts: Harry Potter Gioco di Ruolo

Smells like teen spirit, Privata

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J. F.
view post Posted on 14/11/2013, 01:06 by: J. F.
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Il riflesso che Evey scorgeva sul vetro lucido e imperturbabile era quello che a lui era stato rubato, con una traccia di melanconia in più. C'era in lui un morbo da cui la Serpeverde non voleva essere contagiata, e forse era proprio quella mestizia con cui lui era arrivato a considerare la morte, e il sacrificio, come qualcosa di troppo banale. L'unico modo per rivivere il trauma era rivivere il trauma.
Ma quel trauma non apparteneva a lei, non interamente almeno. C'erano altre immagini stampate nei suoi occhi, fiamme più vivide che le avevano bruciato le cornee come raggi solari un po' troppo invadenti; risvolti che l'avevano cambiata più profondamente di quanto fosse disposta ad ammettere.
Per il peccato che Evey meditava non vi sarebbe stata grazia.
Lei cominciava a capirlo.
Mentre il fatuo calore umano della sua mano - perché, poi, l'aveva attratta a sé? Come se ci fosse speranza, quando nessuno meglio di lui poteva sapere che... - lo abbandonava in un modo così prevedibile da strappargli un sorriso consapevole ancora prima che lei si allontanasse, Jelonek la fissava. La Mangiamorte non stava scrutando necrologi con gli occhi dei ricordi. Da qualche parte sapeva che le parole veramente vuote e prive di significato erano quelle che lui le aveva rivolto come ammonimento, non quelle prima. Avrebbe potuto combattere, avrebbe potuto lottare; ma alla fine di quella strada la attendeva un epitaffio freddo come quelli, inciso sulla dura pietra. Parole generiche ricolme di un distacco che avrebbe mascherato la vergogna, allo stesso modo in cui lei aveva mascherato il proprio volto mentre imbracciava la sua bacchetta insanguinata, pronta a combattere in una battaglia che non le apparteneva.
Solo, nel suo caso non sarebbero stati in tanti a versare lacrime, a scandalizzarsi, a mostrare sdegno di fronte all'indifferenza. No, nel suo caso l'indifferenza era il massimo a cui potesse aspirare.
Erano entrambi soldati senza nome, pedine di poco conto in un gioco in cui erano venivano ritenuti sacrificabili in vista di mete più alte.

Dark the soul that saves me, you save from
With all your faith, the more we take away
In a daydream all along such fragile words



Questa volta, Jelonek non si avvicinò a lei. Si spostò invece verso la parete laterale e vi appoggiò contro la schiena, tenendo le mani appese alle tasche, i pollici fuori.
(Tasche vuote. Come sempre.)
Si concesse qualche secondo di contemplazione fantasiosa del profilo di lei. Quando Evey non ricambiava il suo sguardo direttamente, poteva fantasticare su quello che stava pensando, come qualsiasi altra persona. Era più facile. Era più difficile.

-Non basterà-

Le disse solo, mantenendo quella distanza che lei aveva cercato e preteso. Il suo tono non era pesante. Aveva superato la rassegnazione, e ora si beava di una serafica ignavia. Quella che lei non avrebbe mai avuto gli anni e le esperienze per raggiungere.

-Ma non c'è altro modo-

Avrebbe voluto dirle: Non avere paura. Finirà tutto presto.
Ma le sue labbra erano sigillate, il suo volto immobilizzato nel rispetto paziente che si poteva mostrare a un moribondo, un morto che cammina. Forse, donarle in quel momento la speranza era una crudeltà di cui non era ancora capace.

How old are you?
I'm older than you'll ever be
.



J. F.
 
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