| Anche la tenda dell'ultima finestra venne chiusa, lasciando solo alcuni piccoli spiragli di luce a illuminare la stanza. Non si sarebbe fatto sfuggire nulla; nemmeno il più pallido dei luccichii, nemmeno la più timida delle evocazioni. Dopo aver lasciato che sprofondasse in una semi oscurità, Alexander Grayson si posizionò al centro dell'aula e sfoderò la bacchetta, deciso a portare a termine l'unico obiettivo di quel giorno: evocare un Patronus corporeo. Era finalmente giunto il momento di vedere se le ricerche che aveva fatto in biblioteca, durante uno dei suoi ultimi turni, avrebbero prodotto risultati concreti o se sarebbe dovuto tornare lì e dar fuoco a libri che aveva scelto di consultare, cosi che la loro inutilità non nuocesse più a nessuno. Senza perdere tempo, il diciassettenne si abbandonò dunque a una serie di respiri profondi e, mentre serrava lentamente le palpebre, iniziò a sciogliere i muscoli del corpo, cosi da compiere movimenti fluidi e precisi. Avrebbe perciò mosso il collo prima verso destra e poi verso sinistra, cosi da allentare la pressione sui nervi e contribuire all'alleggerimento delle spalle, che avrebbe rotato in senso orario per qualche secondo, prima di lasciarle rilassate. Non appena avesse ritenuto i muscoli sufficientemente sciolti, avrebbe prontamente lasciato scivolare il piede destro in avanti, distanziandolo dal sinistro e lasciando quest'ultimo indietro; a quel punto avrebbe sfregato la pianta del piede destro contro il pavimento dell'aula, in modo da avere un attrito maggiore, per poi inchiodarla di prepotenza al suolo, mentre posizionava anche il gemello, alla ricerca dell'equilibrio perfetto. Avrebbe perciò lasciato il piede sinistro leggermente sollevato dal pavimento, ancorandolo ad esso solo tramite la punta, cosi che attutisse un eventuale contraccolpo e lo aiutasse a distribuire meglio il peso del corpo; a tale scopo, avrebbe anche abbassato di poco il baricentro e piegato leggermente le ginocchia, cosi da bilanciare completamente la parte inferiore e raggiungere l'equilibrio necessario al lancio, chiamando in causa anche i polpacci. Senza indugiare oltre, ma prestando ben attenzione ad ogni piccolo movimento del corpo, Alexander si sarebbe poi occupato di posizionare al meglio anche gli arti superiori, prima di dedicarsi alla fase più ostica della preparazione: quella mentale. Avrebbe perciò girato la sua figura di profilo, com'era abituato a fare per offrire al nemico un bersaglio quanto più piccolo possibile, e avrebbe disteso il braccio destro in avanti, quello recante la bacchetta, piegandone leggermente il gomito, mentre aumentava la presa delle falangi sul catalizzatore. Con le iridi avrebbe poi fissato un punto vuoto d'innanzi a se, verso il quale avrebbe repentinamente puntato la bacchetta e nel quale, sperava, si sarebbe presto materializzato il suo Patronus, per poi allargare i braccio sinistro lungo il fianco, cosi che fungesse da contrappeso. Dopo aver piegato lievemente anche il gomito del braccio sinistro, il diciassettenne avrebbe raddrizzato la schiena e allargato le spalle, senza però irrigidire troppo il busto, cosi da non gettare al vento i risultati ottenuti fino a quel momento. Soddisfatto, si sarebbe rinchiuso in una metaforica bolla, cosi da estraniarsi completamente dall'ambiente che lo circondava e concentrarsi al meglio sulla seconda fase della preparazione. Con le palpebre ancora chiuse si sarebbe dunque abbandonato a una nuova serie di respiri profondi, provando a percepire l'aria che entrava e usciva dai suoi polmoni, mentre i rumori molesti si infrangevano contro la bolla in cui si immaginava rinchiuso, proteggendolo da qualsiasi distrazione. All'improvviso, non vi sarebbe stata più traccia del rumore dei passi che, fino a qualche minuto prima, rimbombava dal corridoio, o del vento che soffiava funesto fuori dal castello; sarebbero rimasti solo lui e il suo catalizzatore. Consapevole però che isolarsi dall'ambiente esterno non sarebbe bastato a ottenere il risultato a cui aspirava, Alexander si premurò di visualizzare nella sua mente una nuvola più nera della pace, che avrebbe setacciato il suo cervello alla ricerca di qualsiasi pensiero nocivo o inutile, per poi estirparlo come la peggiore delle erbacce e lasciare spazio all'unica cosa su cui doveva concentrarsi: l'incantesimo. Si sarebbe perciò liberato di futili preoccupazioni come gli impegni al Ministero, e di altre più serie come la situazione in cui versava il suo corpo a seguito dell'attacco dei Negromanti; in quel momento non c'era posto per nulla, neanche per l'ossessiva ricerca della persona che aveva osato ferirlo, c'era spazio solo per il Patronus. Fu in quel momento, proprio dopo aver sgomberato la sua mente da pensieri superflui, che Alexander iniziò a pensare al suo ricordo felice. Ricordava perfettamente il luogo in cui si trovava quel giorno, quando sua madre e suo padre gli rivelarono la notizia che avrebbe cambiato la sua vita per sempre. Ricordava il profumo dei gelsomini del giardino di casa sua e l'espressione orgogliosa di suo padre quando, a seguito di un'allegra festa ricca di regali, a fine serata gli fece dono del regalo più grande di tutti, vuotando il sacco sulla sua natura di mago. All'epoca aveva solo sei anni ma, probabilmente, già sapeva che quella sensazione di felicità non l'avrebbe abbandonato mai e che, invece, sarebbe diventata motivo d'orgoglio e causa di una forte ambizione. Di tutti i bei momenti passati durante la sua infanzia e parte della sua adolescenza, la scoperta dei poteri magici, che lo aveva automaticamente elevato a un gradino più alto dallo status di semplice uomo, era indubbiamente quello che gli aveva provocato la scarica di felicità più forte, mandandolo quasi in uno stato di overdose; il solo pensiero di quello che avrebbe potuto fare era capace di riempirgli le giornate, nulla l'avrebbe mai sostituito, ne era sicuro! Con quell'immagine marchiata a fuoco nella mente, Alexander avrebbe quindi iniziato a visualizzare gli effetti del suo incantesimo, mentre badava bene a non perdere la concentrazione. Avrebbe quindi visualizzato un fascio di luce quasi abbagliante spuntare dalla punta della sua bacchetta e assumere, in pochi attimi, le sembianze di un animale, dando cosi forma al suo Patronus. Consapevole però di dover fare di più, il diciassettenne si sarebbe impegnato particolarmente sulla visualizzazione del suo Patronus, immaginando e delineando ogni piccolo tratto e particolare dell'animale, cosi da rendere più efficace e nitida la scena che si stava svolgendo nella sua mente. Infine, prima di ripassare mentalmente la formula, il serpeverde avrebbe evocato il suo potenziale magico, cosi da rafforzare la potenza dell'incantesimo e assicurarsi un'ottimo risultato - o almeno cosi sperava. Senza perdere tempo avrebbe dunque visualizzato quell'ormai famigliare onda anomala, che tanto rappresentava il suo PM , nascere dal profondo del suo essere e irrigare con violenza tutto il suo corpo, per poi concentrarsi e dirigersi, tramite degli appositi canali scavati dentro di se, che si sarebbe premurato di creare e visualizzare, verso un unico punto: la mano destra. Provando a percepire l'immenso potere del suo PM, Alexander avrebbe quindi provato a concentrare tutta la sua energia nella mano dominate, cosi che fluisse fino al catalizzatore e desse vita al suo incantesimo. Avrebbe dunque visualizzato l'acqua scorrere in tutte e cinque le dita, per poi convogliare nella bacchetta e fondersi con il nucleo, in attesa solo della pronuncia della formula. Dopo averla ripetuta mentalmente un paio di volte, il diciassettenne avrebbe provato a legare il suo ricordo felice all'incantesimo, provando a percepire la stessa sensazione di felicità che lo colse quando scoprì di essere un mago e lasciando che quest'ultima lo inebriasse, nel tentativo di fonderla con il suo potenziale magico. Avrebbe a quel punto riaperto gli occhi, il polso morbido e pronto alla stoccata.
- Expecto Patronum!
Alexander avrebbe scandito meticolosamente ogni singola lettera, in contemporanea con il movimento circolare del polso, che avrebbe bloccato poco prima di raggiungere il punto di partenza per poi farlo scivolare verso il centro, lasciando cosi incompleto il cerchio immaginario che aveva creato e terminando il movimento appreso dal libro di Eva. Avrebbe a quel punto lasciato che il suo PM scorresse attraverso la bacchetta, senza deviare nemmeno per un attimo l'attenzione dal suo ricordo felice, da quel particolare che lo rendeva speciale, mentre immaginava il suo Patronus prendere forma davanti ai suoi occhi.
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