| Quel giovedì pomeriggio sarebbe stato sicuramente più movimentato del giorno precedente. Tom era arrivato al San Mungo subito nell'orario post-pranzo, infatti per quel turno avrebbe servito direttamente dall'Accettazione. Dopo aver indossato un camice e dopo aver salutato il Guaritore di turno, Tom si era posto vicino al bancone in attesa di visitatori. Infatti, quel pomeriggio non avrebbe avuto a che fare con relazioni statistiche e fascicoli dell'Archivio, ma avrebbe gentilmente accompagnato i visitatori ai reparti di ricovero dei propri cari. L'avvicinarsi delle festività natalizie aveva da sempre incrementato il numero di visite all'Ospedale poiché - si sa - tutti, almeno in queste occasioni, volevano far visita a chi era meno fortunato di loro ed era ricoverato in Ospedale, specie se poi si trattava di persone care. Tom immaginava già il tipo di visitatori con cui avrebbe avuto a che fare anche se, essendo nuovo in quel contesto, non poteva sapere fino in fondo cosa quel pomeriggio gli avrebbe riservato. Immaginava che molti dei visitatori avrebbero avuto come meta il Reparto di lungodegenza del San Mungo, il Reparto Janus Thickey che conteneva tutti i pazienti ormai perlopiù non autosufficienti che quindi necessitavano di cure particolari a forme morbose croniche o debilitanti. In un certo senso, si trattava di pazienti per i quali non c'era molto da fare, per cui erano tenuti in lungodegenza in un reparto dedicato dell'Ospedale. I suoi presentimenti erano stati confermati dall'arrivo dei primi visitatori. Tom era stato attento a non intralciare il percorso di ingresso, per cui si trovava nelle immediate vicinanze del bancone dell'Accettazione senza tuttavia bloccare i passaggi principali. Si sarebbe tenuto pronto all'occorrenza. I primi visitatori erano una coppia, marito e moglie, abbastanza avanzati in età, probabilmente sulla settantina, giunti al San Mungo per visitare un figlio ricoverato in lungodegenza. Dopo le pratiche di riconoscimento e autorizzazione, Tom si avvicinò ai due e con fare cortese si rivolse loro:
-Prego, signori. Seguitemi...
Avrebbe detto stendendo subito la mano destra in avanti verso le scale che conducevano al Quarto Piano, per indicare loro il percorso. Mentre Tom saliva le scale in compagnia dei due, sperò dentro di sé che non si trattasse di un figlio troppo giovane. Era già doloroso sapere di due genitori che visitavano un figlio gravemente malato per il quale non si poteva fare più nulla. Non conosceva e non aveva mai visto i pazienti in quel reparto, guardava tra le sue mani il bigliettino lasciato dall'Accettazione con il numero di stanza riferito al paziente. I secondi che divisero le parole iniziali di Tom ai due e il loro arrivo alla stanza, trascorsero nel silenzio. Non voleva essere inopportuno e dire qualcosa magari di fuori luogo, perciò si limitava a svolgere il suo lavoro. Arrivati alla stanza indicata dal biglietto, Tom aprì la porta e si rivolse nuovamente ai coniugi che già alla vista del figlio fremevano di un pizzico di gioia visibile dai loro volti.
-Potete accomodarvi, quando avrete finito mi troverete qui. Se avete bisogno di qualcosa, rimango a vostra disposizione.
Avrebbe lasciato entrare i due e avrebbe poi chiuso la porta. Dal vetro esterno poteva osservare la scena. Lo fece in silenzio. Il figlio non era troppo giovane ma nemmeno tanto vecchio e, a giudicare dall'aspetto che aveva, probabilmente soffriva di qualche patologia mentale che non gli permetteva di essere autosufficiente. Evidentemente nessuna terapia era bastata per riportare la mente dell'uomo in condizioni normali, per cui viveva ora un vita quasi da vegetale. Tom notò la posizione sempre aperta della bocca, il fatto che non rispondesse con parole ma con semplici gesti erano sicuramente segni di gravi compromissioni. Una storia davvero triste, chissà come e quante volte quell'uomo si sentiva solo. Sbattendo velocemente le palpebre per evitare di affossare la sua mente, già piena di pensieri non molto belli in quel periodo, cercò di scacciare qualsiasi pensiero triste e cercò di pensare ad altro. Mentre il tempo trascorreva, Tom guardò il suo orologio da polso per accertarsi che il tempo impiegato dai genitori del paziente non sforasse alcun limite degli orari concessi di visita. Quando i due ebbero finito, Tom sorrise loro. Era un sorriso di rassicurazione, di vicinanza. Accompagnò i due dove li aveva presi in carico, all'ingresso e, dopo averli salutati cordialmente, rimase in attesa di eventuali nuovi visitatori.
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