| Il corso si stava rivelando meno negativo di quanto la platinata avesse immaginato. In fondo, pensò, doveva essere tutto merito del Responsabile Pike che non la stava trattando come una menomata, ma come una strega. Le stava lasciando spazio e in qualche modo le stava lasciando l'opportunità di esprimersi, di dimostrare che poteva ancora vivere all'interno di un contesto che l'aveva ospitata per sei interi anni. Mouna estrasse nuovamente la bacchetta dalla tasca del proprio mantello, ricercando una concentrazione che le sarebbe servita sia per richiamare il potenziale magico che avrebbe poi convogliato verso il catalizzatore, sia per ricostruire il percorso indicato dal Guaritore all'interno della propria mente. La Sala Grande è vasta: lo dice il nome stesso. Occupa quattro tavoli lunghi - uno riservato agli studenti di ciascuna casa - disposti in profondità rispetto all'ingresso. Davanti al muro opposto, invece, è situato il palchetto rialzato con l'unico tavolo posizionato nel verso della lunghezza della stanza: quello del personale di Hogwarts - oltre il quale, centralmente, era situato lo scranno dorato del Preside. All'incirca quattro metri più avanti allo stesso, invece, avrebbe dovuto trovarsi la parte terminale della piattaforma rialzata: la stessa dove, il primo di ogni settembre, le matricole venivano invitate a indossare il Cappello Parlante durante la Cerimonia dello Smistamento. Quelli erano i suoi principali ostacoli, se si escludeva l'eventuale presenza di seconde persone. C'erano poi i dettagli, quelli che poteva riportare alla mente grazie ai ricordi creati con gli anni all'interno di quelle quattro mura, ma non le interessavano tanto le candele sospese o il soffitto incantato in modonda riflettere il cielo secondo i dati metereologici di ciascuna giornata. Avrebbe quindi cercato di riportare alla mente unicamente ciò su cui poteva fare riferimento, come gli arazzi, i quadri, le nicchie, i tavoli, i metri delle lunghezze perimetrali e il numero dei passi annotato durante le sue visite alla Sala Grande in compagnia di Grace. Anche quella mattina vi si erano recate e non certo per fare colazione. Entrambe, d'altronde, soffrivano di Morbo Bianco. Espirò e inspirò profondamente, per non lasciare spazio ad altro se non alla mappa costruita mentalmente e alla sua volontà di far nuovamente ricorso alla magia, di lasciare che il proprio corpo fosse percorso da un altro fremito, nella speranza che il battito del suo cuore non accelerasse troppo. Quello sarebbe stato il terzo incantesimo della sua giornata, ma ringraziando Merlino il Responsabile le aveva concesso una pausa e forse il lasso di tempo intervallante il primo e il secondo colpo di bacchetta sarebbe bastato a limitare tutti i problemi annessi agli accessi causati dal misterioso Morbo Bianco. Portati i piedi su due binari coincidenti all'apertura delle scapole, la ragazza avrebbe sollevato il braccio sinistro per scandire la formula dell'Incantesimo Quattro Punti non apoena sarebbe riuscita a convogliare il potere innato precedentemente richiamato verso la bacchetta di pino e quella sarebbe tornata a puntare il nord. - Certo. Vediamo… la sala è lunga trentacinque metri, su per giù. Sono cento otto passi in tutto. Almeno dei miei. Ci troviamo però al centro della parete, per cui le distanze si dimezzano. Come la porta d'ingresso anche il tavolo dei Docenti dovrebbe trovarsi a est, mentre a nord dovrei trovare il tavolo dei Serpeverde. Io mi dirigerò quindi verso il punto cardinale opposto a quello puntato dalla bacchetta: il sud, dove si trova il tavolo dei Grifondoro. Percorrerò il perimetro della stanza iniziando dalla parete alla mia destra attuale e una volta compiuti cinquantaquattro passi dovrei trovare il muro successivo, che mi costringerà a proseguire verso sinistra. Quello è lungo quasi cinquanta metri (centottanta passi), ma non dovrò percorrerli tutti tornando a camminare verso est. Soprattutto per raggiungere il tavolo dei Grifondoro, l'ultimo in successione. Per farlo dovrei voltarmi in direzione nord, dopo aver percorso i primi cinque metri (diciassette passi). Una volta toccato il tavolo tornerei indietro, ripercorrendo gli ultimi tre metri (dieci passi) verso sud. Allora svolterò nuovamente a sinistra, per tornare a percorrere la parete sud, spostandomi però verso est. Anche il palco è profondo. Direi almeno otto metri (ventisei passi), per cui compiuti gli ultimi trentasette metri (centotrentanove passi) dovrei poter girare nuovamente a sinistra per compiere i cinque metri (diciassette passi) che dovrebbero portare ai due scalini della piattaforma. Risaliti gli stessi dovrei svoltare nuovamente a destra per percorrere quattro metri (tredici passi). A quel punto girererei ancora a sinistra, anche se devo ammettere di non sapere esattamente quanti metri mi separerebbero dal tavolo del personale scolastico: tre? chiese sperando che la sua descrizione risultasse sufficientemente dettagliata. Avrebbe quindi atteso eventuali correzioni prima di riprendere a saggiare il pavimento di pietra con il bastone, al fine ultimo di raggiungere il palchetto indicato dal Guaritore. Si sarebbe quindi girata verso destra, muovendo il bastone in modo che potesse battere contro la parete che avrebbe affiancato, continuando a spostare la punta del legno per accertarsi dell'eventuale presenza di ostacoli lungo il proprio cammino. Al sesto passo uno sdon metallico avrebbe dovuto permetterle di aggiungere alla mappatura la presenza di un'armatura, al ventesimo una voce nasale avrebbe poi consentito alla ragazza di memorizzare la presenza di un ritratto. Salve Caposcuola! Lei è una di quelle che mangia? Non si vedono molti studenti quest'anno. Non in quest'ala del castello almeno attaccò bottone quello che le sembrò essere un uomo. Che si trattasse di Paracelso? - Salve a lei. Le dispiacerebbe presentarsi? Purtroppo non posso vederla e no, non sono qui per mangiare: sono una di quelli col Morbo Bianco. Voleva qualcosa? chiese Mh. Capisco: sono Cliodna. Volevo chiederle: non è che ha vis...sentito la signora Violet lì nell'anticamera? È da lì che viene giusto? Sbirciavo dall'altra parete le spiegò -Spiacente, non ho sentito alcuna voce provenire dai quadri dell'anticamera. Per quanto ne so potrebbe essere lì come altrove. Arrivederci tagliò corto, chiedendosi perché non si fosse spostata direttamente nell'anticamera. Che si fosse impigrita? D'altronde la sua vernice reggeva dal Medioevo:chissà. Comunque le aveva fatto perdere il conto dei passi. A quanto era arrivata? Venti? Non era certa, ma dovette compierne altri venticinque prima di raggiungere il primo l'angolo a sud-ovest della stanza. Girò verso sinistra, continuando a tendere le orecchie e a sondare l'area innanzi a sé, tornando a ogni passo a toccare la parete con la pinga del proprio bastone. Dal decimo al diciottesimo passo il suono attutito la portò a supporre che vi si trovasse l'arazzo raffigurante una delle ultime battaglie della seconda guerra magica. Non era molto lungo, ma acquisiva una certa importanza in altezza e - da quanto ricordasse - credeva fosse l'unico che arrivasse a toccare terra. Mosso il ventesimo passo sarebbe stata in grado di notare un dislivello tra le pietre del pavimento. Trovato un punto di riferimento decente si decise finalmente a svoltare in direzione del tavolo dei Grifondoro. Girò quindi sui tacchi per compiere i cinque metri che a suo dire avrebbero dovuto condurla innanzi alla lunga panca riservata ai grifondoro. Lo fece, continuando a sondare l'area in cui si sarebbe trovata a muovere con la punta del proprio bastone. Era perfettamente conscia che avrebbe potuto svoltare verso la sua prima meta anche dalla prima parete e che non stava rispettando alla lettera le indicazioni proferite verbalmente al Guaritore, ma aveva preferito spostarsi da lì, immaginando che durante l'ora dei pasti quella zona si sarebbe dovuta rivelare meno affollata. Inoltre il fatto di aver trovato quel dislivello nel pavimento avrebbe potuto risparmiare di contare i passi ogni santa volta. Certo, dubitava che sarebbe tornata a partecipare attivamente a qualsiasi pasto della giornata tanto presto, ma avrebbe comunque continuato a recarsi frequentemente in Sala Grande per non perdere la sua familiarità con il luogo. Trovato il legno della seduta con l'ausilio del bastone, avrebbe ripercorso a ritroso i diciassette passi appena compiuti. Si sarebbe quindi ritrovata al fianco della parete appena abbandonata per tornare a incedere verso est. Restando dietro al proprio bastone, avrebbe compiuto centotrentaquattro passi in avanti. A quel punto avrebbe cercato un ultimo punto di riferimento prima di svoltare in direzione del palco. Avendo entrambe le mani occupate, poggiò il bastone lungo il muro, prima di iniziare a tastare lo stesso alla ricerca di un qualcosa che potesse rivelarsi utile. Avrebbe prestato la massima cautela, per evitare di scottarsi o di tagliarsi con chissà cosa: torce? Punte di lance sbeccate di una qualche armatura? Ovviamente anche i sensi del tatto, dell'olfatto e dell'udito avrebbero potuto rivelarsi utili a imoedirle un viaggio in Infermeria. Non avvertendo alcuna sensazione di calore immaginò di potersi almeno risparmiare un'ustione, ma nulla toglieva a qualche oggetto affilato di ferirla. Cercò quindi di non esercitare una pressione elevata e alla fine, compiuto un altro mezzo passo in avanti trovò un elemento di suo interesse: un intarsio runico scolpito sulla roccia ad altezza spalla. Perfetto si disse, tornando mezzo passo indietro per recuperare il proprio bastone prima di muovere verso nord: la direzione verso la quale avrebbe dovuto continuare a puntare la sua bacchetta. Diciassette passi più tardi, individuando con il bastone i due scalini della piattaforma, si apprestò a risalirli per compiere un paio di passi in avanti prima di svoltare a dedtra. Avrebbe quindi continuato a cercare con il bastone il limitare della passerella e - come sempre - qualsiasi altro possibile ostacolo lungo la propria strada. Tenendosi a distanza dal limitare del rialzo, compiuti tredici passi, girò verso sinistra. A quel punto avrebbe ricominciato il conteggio da zero e non sapendo esattamente quanto il tavolo risultasse distante dal punto in cui si trovava avrebbe continuato ad affidarsi al proprio bastone, seguendo una linea retta verso la direzione puntata dal catalizzatore in pino. Oh Merlino pensò, non sapendo se il Professore di Antiche Rune avesse qualche altro esercizio da farle svolgere.
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