Hogwarts: Harry Potter Gioco di Ruolo

Smells like teen spirit, Privata

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view post Posted on 6/12/2013, 04:08
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«Jenny would dance with her ghosts».

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Jelonek non rispose alla sua domanda. Evey lo sentì dire che non era ciò a cui era destinata lei, ma non era una risposta.
Non voleva essere destinata a nulla. Ma ormai aveva scelto, aveva preso una maschera d'argento a ricoprirle gli occhi, aveva agito perchè doveva. Era destinata, a cosa ancora non lo sapeva.
Come faceva Jelonek a sapere cosa lei volesse davvero? A tratti, sembrava che nemmeno lei lo sapesse. E perchè non avrebbe dovuto volere provare nulla?
Evey abbassò lo sguardo, la fronte poggiata alla sua. Chiuse gli occhi sentendo le sue dita nei capelli e lasciò che quel tatto allontanasse quei pensieri da lei come se lui le stesse estraendo i ricordi per metterli in un Pensatoio.
E' questo che sei? Un'urna per i miei pensieri? Vuoi liberarmi da ciò che è superfluo?

Ma non puoi averne la certezza.
Non sei destinata al vuoto.
E non ha importanza.
Non è quello che vuoi davvero.


Sorrise, divertita, quasi sollevata.
- Niente torte in faccia, professore. - ribadì con tono basso, ma abbastanza irriverente. Non era una cosa su cui transigeva, non avrebbe accettato altra crema pasticcera tra le chiome. E di certo non sul volto, sul prezioso trucco su cui Evey stava cominciando a cimentarsi. C'era un mondo meraviglioso da scoprire e che poteva essere distrutto da quelle odiose torte, non aveva nessuna intenzione ad essere costretta a mettere da parte i preziosi trucchi delle compagne di dormitorio e quei pochi che lei poteva permettersi per paura di doverseli lavare via ogni volta che girava l'angolo, a causa di Jelonek pronto a lanciarle dietro qualche torta a tradimento.
- Ho molta più voce in capitolo di lei! - disse ancora, con lo stesso tono e con tanto di forma di rispetto, anche se era chiaro che di rispetto, nelle sue parole, ce n'era davvero gran poco - Per ogni torta in faccia che tenterà di spiaccicare, Zeboim sbranerà un poncho. O una balestra, dipende da quello che troverà prima. -
Lei era leale ed onesta, e lo informava prima delle sue mosse di combattimento. Occhio per occhio, Evey non avrebbe accettato una simile umiliazione senza ripagarlo; era una persona vendicativa, un suo grande difetto, ma a volte poteva essere estremamente utile, nonchè divertente.
- Anche se non le dispiacerebbe liberarla di questi orribili pantaloni con le stelline. Sul serio, si è dimenticato di togliersi il pigiama questa mattina? - domandò, fissando in modo del tutto disapprovante i pantaloni orribili che Jelonek aveva scelto di indossare quel giorno. Si chiese quale trauma avesse vissuto per essere indotto a vestirsi in un modo così improponibile. Non poteva accettare che fosse soltanto cattivo gusto.
Ridacchiò appena a quel pensiero, il pollice che sfiorò il dorso della sua mano, che aveva continuato a voler intrecciata alla propria, passando da un argomento ad un altro, dal disagio alla risata, dalla paura alla battuta.

Come può non avere importanza dove ti porterà quel treno?

 
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view post Posted on 6/12/2013, 05:02
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Ogni volta che Evey lo guardava negli occhi, Jelonek poteva scorgervi una domanda, sbalzata via da un'altra domanda, accavallata da un'altra domanda. La vita di Evey Atkinson sembrava un grande interrogativo senza risposte. In effetti, forse questo la rendeva umana quanto lui.
Le risposte che poi si trovavano erano sempre inaccettabili - le si spacciavano quindi per sbagliate, ma erano soltanto un preludio alla follia. Mandy le aveva trovate quando era ancora molto giovane e ora se ne stava amaramente pentendo. Era ricaduta in una scatola troppo stretta, con etichette troppo appiccicose; qualcosa che assomigliava sempre di più a una bara, calata in una fossa che si era scavata da sola, con tanta foga da farsi sanguinare le mani.
Evey non voleva quelle risposte, ma sarebbero arrivate lo stesso. Forse sarebbe stato lui stesso a portargliele.
Ma non ora, non quando la sua guancia destra era stata sottratta dal gelo statico della Sala Trofei, portata a un'ebollizione lenta e impietosa. (Le gote di lei ancora arrossate dal vento della strada per Hogsmeade... ) Era giovane sì, ma non era piccola. Non aveva nulla di indifeso. Era un'arma inconsapevole, silenziosa e infida proprio come la sua Legilimanzia. Goffa come la sua Legilimanzia.
Senza averla conosciuta si era aspettato che lei avesse un'idea dei sentimenti molto più chiara di quella che aveva lui. Si sbagliava. Evey era completamente miope quando si trattava di individuare qualche emozione che fosse al di fuori della sua ripetitiva gamma; ma questo non significava che non provasse quelle cose. Provava un arcobaleno di emozioni, qualcosa che talvolta assomigliava più a una tempesta elettrica. Alcuni sentimenti erano respinti, altri lasciati entrare con riluttanza. Non cambiava molto. Li provava tutti comunque.
Si chiedeva quale fosse il suo ruolo. Perché si ritrovavano insieme. Cosa sarebbe venuto dopo. Tutte le domande facevano insomma capo a una sola.
Perché me?
La risposta era la chiave. La risposta era lo schiaffo. L'acqua ghiacciata sulla testa.
(Perché tu? Esiste davvero una risposta?)

-Non c'è niente che io, Eloise o il mio poncho temiamo- la informò, mantenendo quell'insulsa distanza dalla sua pelle (dalle sue labbra) -Ci sono tante torte in arrivo. Lo vedrai-

Dopo averla vista reagire in quel modo, al pub, non poteva certo esimersi dal risvegliare il drago qualche altra volta. Non dopo quello spettacolo spiritoso.

-Riconosco l'invidia quando la vedo- dichiarò orgogliosamente, e con la sinistra si lisciò la stoffa al di sopra del ginocchio -Aspetta ancora qualche ora e queste stelline saranno tutto ciò che desideri nella vita-

C'era qualcosa che non le aveva mai chiesto. Qualcosa che invero si sarebbe aspettato. Ma il suo vedere tra i suoi pensieri non gli permetteva di sapere quello che avrebbe detto, in risposta, e a volte la scelta delle parole era la cosa più interessante.

-Non mi hai mai interrogato su un qualche... segreto o episodio imbarazzante che posso avere scoperto- si inumidì le labbra, vagamente divertito -O magari su quello che uno qualsiasi degli abitanti di questo castello pensa di te. Ammesso che pensino qualcosa, non sei così popolare in realtà-

Ok, l'approccio è giusto!

-Chiedimi qualcosa su qualcuno. Lo so che lo vuoi-

Chi non lo vorrebbe?
Non importava il fatto che lui non avrebbe mai potuto dirle la verità su quello che veramente leggeva nei pensieri delle persone di Hogwarts. Era comunque un'ottima occasione per diffondere malelingue. E lui aveva sempre sognato essere pettegolo.

J. F.
 
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view post Posted on 7/12/2013, 00:38
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Evey sollevò l'angolo destro delle labbra, decisamente divertita dalla dichiarazione di sicurezza e orgoglio. Molto bene, ci avrebbe pensato lei a distruggere quella decisione e quella fierezza, punto per punto, pezzo per pezzo, brandello per brandello, corda per corda, freccia per freccia. Non si poteva dire che non l'avesse avvisato, lei restituiva sempre i favori.
Alzò le sopracciglia, raccogliendo la sfida: ad ognuno le sue armi, Jelonek avrebbe avuto Eloise ed il pocho e lei aveva Zeboim.
- I have an army.
- I have a Zeboim.

- Bene, ti farò trovare un pezzo del poncho per ogni tentativo che farai. - disse, placidamente minacciosa, ben sapendo che questo non sarebbe bastato per fermarlo, anzi. Jelonek sembrava avere un debole per le sfide e le scommesse (da bravo sedicente giocatore d'azzardo), probabilmente Evey si era data la zappa sui piedi da sola, ma questo già lo sapeva. Ora doveva solo dimostrargli quanto lei fosse un osso duro quando si parlava di sfide.
- Invidiosissima - confessò sarcastica, sollevando un lembo di stoffa vicino al ginocchio di lui, con l'indice ed il pollice - non vedo l'ora di indossare... pigiami di dubbia qualità. L'hai preso al mercatino delle pulci di Nocturn Alley, di' la verità. -
Di tutti gli eventi della sua vita, Evey non si sarebbe mai rassegnata al non poter partecipare al leggendario mercatino della zona più malfamata di Diagon Alley. Correvano strane leggende su quel posto, dubbi sulla sua effettiva esistenza, ma tutte concordavano con una sola verità: il mercatino era pericoloso e vendeva delle cose orribili. Proprio come quei pantaloni. Evey doveva assolutamente farci un salto prima o poi.
La sua domanda successiva la sorprese: non aveva mai pensato di chiedergli qualcosa di simile o di approfittare della sua capacità in quel modo. No, in realtà ci aveva pensato, ma non le era sembrato giusto per una serie di motivi morali ed etici. Evey era una donna d'onore, in fondo, molto in fondo.
Scrollò le spalle, un po' a disagio, senza saper bene cosa dire.
- Non mi importa quel che la gente pensa di me. - disse con estrema semplicità. Di certo non gli avrebbe domandato qualcosa di simile, anzi, era un bene sapere di non essere assolutamente popolare. Più rimaneva nell'ombra, meglio sarebbe stato.
Tuttavia decise di stare al gioco e di trasformarsi in Comare Per un Pomeriggio. A quanto sembrava, lui era abbastanza preso da quel nuovo gioco, quindi avrebbe avanzato un tentativo.
Contrasse le labbra, pensierosa: cosa le importava sapere di chi le stava intorno?
Assolutamente niente.
I Tre Elementi erano da scartare. Non aveva voglia di rimanere a rimuginare su di loro, e poi quel gioco era leggero, divertente. I Tre l'avrebbero trasformato, sicuramente, in qualcosa di pesante e non gradito, dunque Evey doveva abbassare le proprie priorità, magari informandosi su qualcuno di più estraneo e che le sarebbe stato molto più utile.
- Uhm... ok. - decise infine - Daisy Hall. E' il mio Capitano, potrebbe essermi utile sapere qualcosa per ricattarla quando vorrà uccidermi o, peggio, sbattermi fuori dalla squadra. - riflettè rapidamente, sistemandosi a gambe incrociate davanti a lui, pronta ad ascoltare ciò che Jelonek poteva aver saputo incrociando lo sguardo della mora Capitana.
C'era anche da dire che, a parte la sua squadra di Quidditch, la Rose e la Miroset, Sesy e i Tre Elementi, Evey non conosceva assolutamente nessuno ad Hogwarts. Era una cosa davvero triste da realizzare, così vicina ai M.A.G.O.
- Ah! E Meredith Collins! Sono sicura che il mio Scadente ai G.U.F.O. non fosse affatto uno Scadente, ma piuttosto una vendetta perchè non riesce mai a farmi goal! - si ricordò, vendicativa. Quel voto, in una delle sole due materie che le piacevano tra tutte, non riusciva proprio ad andarle giù.
 
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view post Posted on 7/12/2013, 06:20
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Erano anni che Jelonek ci aveva a che fare, anni che quel tizio continuava a volergli mettere i brividi (talvolta, riuscendoci pure) ma ancora aveva difficoltà a ricordare altro che non fossero i suoi baffetti unti e il pancione enorme che rischiava di fare esplodere camicia, panciotto e giacca - gusto nel vestire... almeno quello lo aveva. Il suo nome era sempre preceduto da un punto interrogativo, poi emergeva piano dalle nebbie argentee della sua memoria. Morris. Il nome era qualcosa che iniziava per A, oppure era proprio Morris il cognome. Comunque, Morris era il Buonuomo del Ministero che gli affidava gli incarichi, passandosi la mano inanellata sulle sparute striscioline di capelli superstiti e facendosi tremolare il labbro inferiore mentre pensava a Dansy, la sua segreteria "hot" - termine estratto dalla mente di Morris A. stesso.
Morris era stato cristallino su quello che avrebbe comportato una sua eccessiva allegria nel rivelare quello che vedeva tramite la Legilimanzia, o per meglio dire, una sua eccessiva allegria in generale.

"Alla prima stronzata, torni là dentro, Fedoryen. E ci rimani."



Il tedesco di Jelonek lasciava ancora molto a desiderare, ma l'immagine che si era formata nella mente del Direttore alle parole "là dentro" era quella di un'inequivocabile fortezza molto, molto familiare. Quella in cui dormiva ogni notte, anche se il suo corpo si trovava altrove.
Naturalmente nessuno avrebbe creduto alla sua parola, accontentandosi della sua fama da uomo d'onore (forse perché non ce l'aveva). Ecco perché ora girava con un collare-bracciale, impaziente di stringersi intorno al suo polso sinistro al minimo segnale che Jelonek stesse per "fare lo spiritoso" con i suoi poteri o... fare lo spiritoso in generale, appunto.
Il vantaggio, naturalmente, era che Evey Atkinson non era Legilimens. Non ancora, almeno. E lui era un bugiardo - nonché interprete - con i controfiocchi.

-Daisy Hall è una giornalista, Evey- le mosse un dito ammonitore davanti alla faccia -È lei che ricatta le persone. Ma se proprio vuoi saperlo, è...-

Malata terminale di vaiolo di drago? Innamorata di Evey? Incapace in cucina? Appassionata di escursioni?

-... incinta-

Strinse le labbra e annuì con aria grave.

-Tre gemelli... Ha un Incantesimo... Nascondi-Pancia per non sollevare scandali-

Valerius Von Valentine, da qui in avanti detto "The Inseminator". Indipendentemente dal sesso, li chiameranno Atropo, Cloto e Lachesi. Urgh.
Aveva ben capito come nascevano i bambini? Il libro di sua madre era disgustoso. Decise di non citare Von Valentine comunque. A ricattare un Professore sarebbe finita certamente nei guai.
E... Meredith Collins? Bé, lei essendo la ricercata Lily Malfoy nonché una delle due persone che a Hogwarts vivevano sotto falsa identità, aveva una bella valigia di notizie ricattabili. Ma era pur sempre una sua collega.

-Ah, i tuoi G.U.F.O.... Bé, purtroppo quella era una T. La tua prova l'ha fatta ridere fino alle lacrime, ogni tanto a cena ci ripensa e si sbrodola con il succo di zucca sui vestiti. Proprio per il suo valore umoristico ha deciso comunque di premiarti con uno Scadente-

Ora si sentiva un vero e proprio pozzo di conoscenza. Non solo era un fighissimo Legilimens, ma aiutava anche le persone a scorgere la verità intorno a loro. Avrebbe dovuto aprire una rubrica... o no, proprio un giornale.
Evey si sarebbe potuta occupare della posta del... non quella del cuore, sicuramente, forse la Posta dell'Odio e del Risentimento. Qualcosa gli diceva che poteva avere proprio successo.

-Ma dovresti ricattare gente più ricca, Evey. Perché non ricatti me?-

Ehi, minacciandolo di spifferare a Mandy della gita clandestina al Lago Nero avrebbe fatto una fortuna, senza contare che Jelonek reagiva malissimo alle minacce. Preferiva dare tutto e subito. In effetti, avrebbe regalato a Evey quattrocento galeoni seduta stante, tanto era il suo timore.
Ma i soldi non facevano la felicità, e la Serpeverde si sarebbe depressa subito comunque. Era la sua natura, come la sua era quella di essere un raggio di sole. Avrebbe risposto al ricatto con un grande insegnamento di vita; valeva molto di più del volgare denaro.

-Quando insegnerò Occlumanzia- Jelonek si schiarì la voce, corrugando le sopracciglia con aria professionale -Sarà una cosa molto seria-

Avrebbe voluto dire che in qualche modo avrebbe finto che lei fosse la signorina Gingerson e che non le avrebbe dato la mano, no no, niente contatti fisici di quel tipo, ma per qualche motivo poté solo ribadire la serietà del suo ruolo. La ragione c'entrava con la sua vicinanza, con quel profumo che cambiava ogni volta ma rimaneva sempre lo stesso, con il fatto che le loro mani fossero, in effetti, intrecciate. Sarebbe passato un po' di tempo, comunque. E le cose sarebbero soltanto peggiorate.

-Vorrei del tè-

Dichiarò, mantenendo l'aria sussiegosa. Il luculliano spuntino di Hogsmeade era ormai storia dimenticata. Avevano bruciato tutte le calorie della cioccolata e delle zucche fritte camminando, rabbrividendo e rattristandosi.
Perché in quel pomeriggio era successo questo, no?

J. F.
 
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view post Posted on 7/12/2013, 07:05
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Evey aprì la bocca, sbalordita: Daisy Hall era incinta. Evey sapeva che la moretta aveva un segreto, ci avrebbe scommesso un piede, non gliela raccontava giusta. A chi gliela voleva dare a bere, lei con la sua aria guardinga, che imponeva loro duecento flessioni ad ogni allenamento? Di sicuro qualcuno aveva scoperto il suo segreto e aveva provato a ricattarla in anonimo, ragion per cui il Capitano di Serpeverde stava cercando di ucciderli tutti.
- Lo sapevo! - esclamò, con aria trionfante - Ultimamente la vedevo spesso traballare sulla scopa, credo sia per via della nausea, e poi tre gemelli pesano. Scommetto che non sa chi sia il padre! Oppure è Moody! Ho sentito dire che si diverte con una studentessa diversa ogni notte. -
Evey era rimasta disgustata dalle attività notturne di Edward Moody, l'Erbologo Ministro. Era chiaro che Kedavra lo copriva (magari nella speranza di visitare le Serre di notte anche lei); dunque erano vere le voci che giravano intorno al Capitano di Tassorosso, la Ellis, assidua frequentatrice notturna dell'ufficio di Edward Moody. Si chiese se la Hall e la Ellis sarebbero venute alle mani, una volta che la Hall non avesse più potuto nascondere la gravidanza, sfornando i bebè sul Campo di Quidditch durante una delle sue sessioni di addominali. Evey si sarebbe goduta lo spettacolo dall'alto, poco ma sicuro.
Fare la Comare non era così male, in fondo.
- Quella...bagascia! -
Evey era furente; sapeva che Meredith Collins le aveva falsificato il voto, ma addirittura l'intenzione di darle Troll... era decisamente troppo. L'incompetenza degli insegnanti di Hogwarts sfiorava i limiti dell'assurdo, anzi! Li oltrepassava, in modo prepotente.
- Uno sbrodolamento non è sufficiente, ho bisogno di qualcosa di più consistente! Non posso fargliela passare liscia, lo sapevo che ce l'aveva con me, scommetto che si è pentita di avermi presa in squadra! - berciò vendicativa, già bramando la volta successiva in cui Daisy avesse voluto provare uno di quegli assurdi allenamenti stile Corvonero in cui Evey si sarebbe ritrovata Battitrice. Peccato che con i Bolidi facesse schifo, avrebbe usato soltanto la mazza e sarebbe stata l'ombra della Collins per tutto il tempo. Protettiva. Tanto protettiva da volerla proteggere anche dall'aria stessa; che maledetta, le avrebbe dato Troll su un compito palesemente da Oltre Ogni Previsione. Il destino di Evey era quello di diventare un'archeologa addestratrice di Draghi, un Animagus Drago che avrebbe riscoperto Avalon, riportato alla luce Atlantide, volato con le proprie ali fino ad Ilio, e quell'illusa della Collins... si sbrodolava pensando alla sua T?
Oh no, you didn't!
Corrugò perplessa le sopracciglia quando Jelonek si offrì volontario per essere ricattato. Era già chiaro che avesse qualche rotella fuoriposto, ma visto che insisteva tanto e che in effetti Evey aveva bisogno di soldi...
- Buona idea. Regalami la collezione completa delle uova di drago di Mielandia e io non riferirò alla Preside che mi hai costretta a rammendare il poncho. - disse annuendo concorde. Il minimo, per ora, Evey avrebbe calcolato i propri guadagni per tutte le violazioni del regolamento che Jelonek l'aveva indotta a fare, alla fine sarebbe stata milionaria e sarebbe partita per Atlantide il mese successivo. Inoltre, sarebbe stata tanto generosa da regalargli le uova; non le interessava mangiarle, lei voleva soltanto i draghi in miniatura che c'erano al loro interno. Aveva già predisposto un nome per ognuno di loro.
- Scommetto che nessuno dei tuoi allievi riuscirà a diventare un bel niente! Sarai un insegnante pessimo! - ghignò al suo indirizzo, divertita dall'aria pomposa che lui cercava di darsi, come se qualcuno potesse davvero crederci - Anzi, farei prima ad imparare da sola, in biblioteca. L'unica cosa che farai sarà parlare dei tuoi bruttissimi calzini! -
Era bello schernirlo, era liberatorio, le dava soddisfazione. Gli sorrise, affabile ed angelica, attendendo la sua contromossa con grande tranquillità. Sapeva di potersi aspettare solamente previsioni di torte in faccia, Jelonek era minaccioso quanto i pezzettini di legno che Evey gli aveva estratto poco prima, e che ora giacevano dimenticati sul pavimento.
- Vuoi prendere il tè? - domandò, perplessa. Sarebbero dovuti andare in Sala Grande, dove la merenda era servita, Jelonek si sarebbe dovuto sedere al tavolo degli insegnanti e lei a quello dei Serpeverde, e Evey non era una Legilimens: non potevano ancora conversare a distanza.
- Uhm... d'accordo, se proprio vuoi... ma dovremo stare nella Sala Grande, non possiamo portarci in giro le tazze bollenti. - disse, scrollando le spalle, senza lasciare la sua mano. I biscotti potevano tranquillamente sgraffignarli (questa volta se ne sarebbe occupata lei, non aveva intenzione di becchettare altre briciole di amaretti passate per la sua tasca), ma sarebbe stato davvero complicato giustificare il tentato rapimento del tè.
 
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view post Posted on 9/12/2013, 08:22
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Rammendare il poncho? Rammendare il...?
Jelonek aveva un'idea molto chiara dell'aspetto che aveva la sua fedina penale. In realtà, soltanto i rapporti delle Espulsioni e i necrologi potevano essere letture più divertenti di una fedina penale. O le biografie. Ridurre un'esistenza in righe o lapidarie espressioni addirittura prive di soggetto o altri imprescindibili elementi di analisi logica - o comunque andassero chiamati.
Capi d'accusa. Grandi gesta. Il "fin dei conti", il "tirare le somme", qualsiasi cosa significasse. In fin dei conti, insomma, alla fine, in conclusione, secondo l'opinione di Evey Atkinson la cosa più discutibile che le avesse fatto era l'averle dato il suo poncho affinché lo riparasse. Il poncho apparteneva alla sua tremolante quotidianità. Chi non ci aveva messo le mani sopra, dopotutto?
No, nel suo Necrologio Penale Ricattabile c'erano molte altre voci prima, per esempio:

-Contatto Anomalo in: Foresta Proibita, Lago Nero, Bagno del Pub "I Tre Manici di Scopa", Sala Trofei;
-Volo di Prodotto di Pasticceria con Impatto su Faccia;
-Regalo Scandaloso acquistato in Diagon Alley e consegnato in detta Sala Trofei;
-Rimozione Schegge;
-Falsificazione di Pettegolezzi;
-Corruzione di Aitante Prefetto;
-Giro di Scommesse Illegali per fine secondario;
-Malelingue sulla più Alta Carica di sempre.


Come aveva immaginato, non era ricattabile, dopotutto. Tuttavia, il suo candido desiderio sulle uova di drago di Mielandia gli toccò il cuore. Ovunque si trovasse.
Era sempre stato il compagno a cui tutti chiedevano i soldi per lo shopping a Hogsmeade; all'epoca, purtroppo, non li aveva. Ma non si era mai opposto al resto impartitogli in scazzottate. Era importante essere picchiati quando si andava a scuola. Forgiava il... boh, probabilmente forgiava qualcosa. Bastava guardare lui, no? Era o non era incredibilmente forgiato?
Sorrise vagamente al pensiero, mentre lanciava un'occhiata furtiva al proprio Trofeo, troneggiante al di sopra di tutte le loro teste, al di sopra di tutti gli altri. Un monumento agli ultimi che diventavano primi - in un qualche senso che non a tutti era facile cogliere.
(Nemmeno a lui.)

-Resterai a bocca aperta quando vedrai quanto velocemente riesco a scrivere alla lavagna. Con entrambe le mani-

Il suo ambidestrismo su superficie verticale gli aveva salvato la vita in più occasioni. Era uno di quei rari talenti che fanno la differenza. Non aveva granché da annotare sulla lavagna, in realtà, ma avrebbe comunque scritto qualcosa come "LEZIONE DI OCCLUMANZIA" tanto per mostrare il suo potere e impressionare i primi banchi. Gli studenti seduti ai primi banchi, ovviamente, non le tavole di legno.
Quell'idea era così eccitante che gli fece lamentare lo stomaco. In Polonia non si saltava mai l'ora del té. Non che ci fosse mai stato abbastanza tempo da saperlo.

-Resta qui- le impose coraggiosamente, alzandosi in piedi e stiracchiandosi le braccia -Se non vuoi usare quel tuo Accidentaccio per fare arrivare qui il cibo, dovrò andarci io-

Era naturalmente portato al sacrificio. E alla galanteria, come a Evey doveva ormai essere ben noto.
Il suo pastrano attirava troppa attenzione, non come la sua discreta e inseparabile sciarpa di Grifondoro. Si tolse il cappotto, rimanendo con un maglione di lana in stile tartan, come non li facevano più (davvero non li facevano più: aveva ripescato quell'ultimo esemplare da un cassonetto dietro la fabbrica, disgraziatamente fallita). La lasciò ammirare per qualche secondo l'abbinamento delle righe della sciarpa mandyesca con il natalizio motivo scozzese, senza dare troppo nell'occhio, quindi si avviò scalzo all'ingresso della Sala Trofei, tenendo il petto in fuori e ravviandosi la sciarpona più e più volte.

I'm going on an Adventure!

###



Fu di ritorno molto prima del previsto. Le Cucine erano il suo punto di riferimento in quel castello, la sua Rosa dei Venti. Non poteva fallire. La sua principale difficoltà era stata la realizzazione agghiacciante di avere lasciato i suoi calzini "BUON LUNEDI'!" in mano a Evey. Non che vagare a piedi nudi fosse un problema; la sua apprensione derivava invece dall'averli lasciati in ostaggio alla pericolosa Mangiamorte, che non li apprezzava come avrebbe dovuto fare qualsiasi persona con un briciolo di gusto.
Jelonek fece il suo ingresso con una teiera fumante in una mano e un piatto di biscotti nell'altra. Gli elfi si erano rifiutati di dagli qualcosa di più eccitante dei classici pasticcini da tè con allegri cuoricini di glassa; sostenevano che il cioccolato fosse finito, in tutte le sue forme. Una sporca bugia, ma aveva troppa fame per procedere con un interrogatorio formale. Per strada, J. F. aveva offerto un biscotto a una bambina del primo anno che piangeva per una caduta dalla scopa, ma lei era scappata appena lo aveva visto. Troppo Natale in un colpo solo, forse.
Senza altri ostacoli, dopo avere chiesto qualche indicazione sulla strada e avere realizzato che stava raggiungendo l'Aula di Incantesimi, era finalmente riuscito a trovare la Sala Trofei.
Si avvicinò all'Amantello con gran sussiego e appoggiò prima i biscotti, poi la teiera (d'accordo, qualche goccia bollente si riversò fuori, ma ehi...). L'incredulità di Evey sulla riuscita della sua quest era palpabile.
Fu solo quando stava per tornare seduto che si accorse di quello che si era dimenticato. Del motivo per cui gli elfi ridacchiavano alle sue spalle.
Le tazzine!
Non si lasciò prendere dal panico nemmeno per un secondo. Quello non sarebbe stato un altro Tè Incompleto, come quello nella Foresta Proibita. Non quella volta, quando erano circondati da potenziali tazzine.

-Non temere-

Sorrise con grande fiducia di sé. Quindi si diresse alla teca più vicina e girò la piccola chiave. Le sue mani si strinsero subito sulla Coppa del Quidditch vinta da Tassorosso nel lontano 1897 (grande annata) e sul Premio per Qualcosa di un certo Patus Kakus, di un paio di anni prima.
Sedette con soddisfazione e le porse la seconda coppa, prima di iniziare a versarsi il tè nella propria.
Nessuna serie di trionfi poteva definirsi tale senza una morale degna. Jelonek si schiarì la voce mentre alzava la Coppa del Quidditch, come proponendo un brindisi.

-Se la montagna non va da... Thorin, Thorin va dalla montagna-

Le allusioni a grandi successi letterari babbani degli anni Cinquanta non potevano mai andare sprecate.
Si chiuda il sipario. Applausi.

J. F.
 
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view post Posted on 9/12/2013, 20:01
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- Sono sicura che riuscirò a diventare una Legilimens migliore di te solo guardandoti scarabocchiare alla lavagna, certo! -
Ghignò in faccia alla sua sicurezza. Sul serio, non aveva mai visto un insegnante meno insegnante, superava addirittura Sidney Welsh in quanto a credibilità. Non sapeva imporsi ed era troppo sicuro delle sue idiozie.
Per questo ti piace.
- In ogni caso.. nessuno ci riesce. Ci crederò quando lo vedrò! - lo informò dignitosamente scettica. Non esisteva al mondo una persona con una capacità del genere, era matematicamente impossibile; una volta ci aveva provato, nell'aula di Antiche Rune, in modo da essere coperta nel caso qualcuno l'avesse rimproverata di usare il gesso per niente (Mi sto esercitando nella scrittura di due complicatissime Rune aramaiche), ma aveva ottenuto soltanto linee confuse, simili ad un encefalogramma dalle punte non-punte, rotonde. Era così che aveva scoperto un nuovo modo per scrivere Io sono un Drago.
Lo osservò alzarsi, perplessa; aveva davvero intenzione di andare a derubare la Sala Grande nell'ora del tè? Non ne sarebbe assolutamente uscito vivo, i Prefetti e i Capiscuola lo avrebbero sbranato prima di poter raggiungere l'uscita con un muffin in tasca. Scrollò le spalle: sarebbe tornato trascinando su di sè i segni della battaglia e Zeboim l'avrebbe soccorso, mentre lei si sarebbe goduta lo spettacolo con quelle poche scorte che sarebbe stato in grado di sgraffignare.
- Fallo tu, sei un insegnante! Io sono una studentessa, non posso fare magie! - disse angelica, sempre più convinta che Jelonek fosse un Magonò. Sul serio, non l'aveva mai visto fare Magie, se non fosse stato un Legilimens di certo Evey avrebbe pensato che fosse nato senza magia.
- Buona fortuna! - gli augurò mentre usciva.
Torna con il tè o su di esso.
Sentì gli occhi che le sanguinavano alla vista di quell'orrendo maglione che si allontanava, come fosse una presenza del tutto indipendente da Jelonek, tanto era brutto che non ci si poteva accorgere di nient'altro, nemmeno di chi lo indossava. Per recuperare la vista, fu costretta a cercare il bel monotono dell'Amantello, che stese sotto di lei per avere un caldo rifugio dal freddo della pietra, mentre Zeboim faceva un giaciglio con il pastrano abbandonato, ricoprendolo di peli rossi.

**



Era accucciata sull'Amantello, il mento appoggiato ad un braccio, mentre, svogliatamente, infilava e sfilava i calzini di Jelonek alle zampe di Zeboim. Era stato divertente, all'inizio, vederla traballare confusa, cercando di strapparseli di dosso con le piccole zanne e quindi tornare da lei per farsi aiutare. Evey glieli aveva messi, dunque, sulle zampe posteriori, ma la cosa era, se possibile, peggiorata. Zeboim sollevava teatralmente le zampe cercando di capire cos'avessero i propri arti che non andavano, rivolgendo sguardi stupiti a lei e ai calzini. Dunque, sconfitta, si era accomodata sconfortata sul pastrano mentre Evey le sfilava i calzini e glieli metteva sulle orecchie; Zeboim l'aveva ignorata e si era addormentata, così ora, Evey non poteva fare altro, per ingannare il tempo, che provare i vari accostamenti sulle zampe della volpe.
Alzò lo sguardo quando vide che era tornato con il tè vero e proprio. Si mise a sedere, ammirata; non si aspettava di vederlo tornare vivo, con il tè e non su di esso.
- Sapevo che ti saresti dimenticato qualcosa! - disse divertita, sistemando l'Amantello e prendendo la coppa che lui le porgeva. Controllò, con la punta delle dita, che non vi fossero gomme da masticare attaccate e dunque soffiò via la polvere. Accettò il tè e brindò a sua volta, con aria solenne.
- A Smaug! - disse. Sapeva perfettamente di cosa stesse parlando Jelonek, Evey l'aveva studiato in Babbanologia: rapporto dei Babbani con la magia (o fantasia, come loro lo chiamavano). Evey si era imbattuta in numerose letture consigliate e aveva letteralmente divorate tutte quelle che parlavano di Draghi imponenti, arrivando a saccheggiare la libreria personale di Sidney Welsh. I Babbani erano messi anche peggio di lei ad immaginare come potesse essere un Drago, addirittura arrivando ad ipotizzare che potessero parlare. Incontrare un Drago che parlava... Evey non avrebbe chiesto altro nella vita.
Si portò la coppa di Pakku Pinku alle labbra e bevve un sorso di tè caldo; era buono, doveva ammettere che Jelonek aveva scelto bene
- Sono stupita di vederti vivo! Che biscotti hai preso? - chiese, afferrandone uno e sollevandolo davanti a lei per guardarlo meglio. Non voleva di certo mangiare l'impasto all'origano un'altra volta, aveva passato due giorni interi a starnutire l'anima; Zeboim si alzò dalla sua cuccia di pastrano e, traballando obliquamente, si avvicinò pericolosamente ai biscotti, il naso fremente e avido.
 
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Certo che era sorpresa. Eppure, si gustava il tè con aria esperta meditando altre citazioni colte e... cercando difetti immaginari nei suoi biscotti. Era come una di quelle mogli di periferia che raggiunge il marito al tramonto di una giornata da lui trascorsa a imbiancare la staccionata e si china alla minuziosa ricerca di minuscole discromie, mentre il poveretto si terge la fronte e sogna limonate mai spremute. Finestre su altri mondi. Vignette aliene ma divertenti.
Evey non era così. Forse un giorno lo sarebbe diventata, però. Le premesse c'erano.
Cosa si poteva dire di qualcuno che non si accontenta mai e che vive per mettere in evidenza uno a uno i tuoi difetti? Che era un personaggio della sua vita. Che era destinato a diventare un suo caro amico prima, un suo rimpianto dopo.
Come doveva essere? Ripensò alla sua teoria sui fili che collegano le persone, ai nodi da marinaio che si erano creati in quello che impediva ai loro di andarsene ciascuno per la propria strada. Alla palla di piombo che lui trasportava, tramite una corda nascosta; qualcosa che Evey avrebbe intuito, ma mai scorto completamente. C'erano altri nodi. Jelonek lo capì quando la vide sollevare quella coppa brindando a un drago babbano, seguendolo nel suo gesto. (Quando desiderò prenderle di nuovo la mano e dirle qualcosa di vero.)

-Oh, sono di alta pasticceria, hanno un nome francese pieno di "uà" e "ì"- fece un gesto a mezz'aria, come se stesse presentando uno spettacolo che vedeva per protagonista il raffinato dolciume. Le porse il piatto colpendole la mano bruscamente, per fare cadere il biscotto al suo posto. Doveva prenderlo mentre lui glielo offriva. Che razza di tè galante era? Tanto valeva ruttare.
Lui non sapeva farlo, ma sicuramente poteva fingerlo in maniera efficace, se tale era il livello di informalità da ghetto che stava assumendo quell'altrimenti impeccabile omaggio alle tradizioni.

-Il nome significa "testa di colomba". O qualcosa che c'entra con la parte superiore delle colombe. Potrebbero anche essere i becchi o gli occhi-

Era lecito che in francese tutti quei termini si assomigliassero.
Ovviamente, i biscotti erano i resti della colazione, modellati e infornati da elfi domestici senza alcuna nozione culinaria che servivano Hogwarts più o meno in qualità di schiavi. Anche senza più o meno.

-O... anche qualche altro tipo di uccello, come un piccione o... un'aragosta-

E dopo questa presentazione, come non farsi sedurre da quella glassa priva di imperfezioni? Si offrì un biscotto da solo e lo bagnò nel té bollente, prima di morderlo con grande educazione. Avevano la forma di piccole corolle e non ricordavano né uccelli né aragoste. Ma avevano un loro perché. Non resistette a infilarsene due all'indice. Avevano dei buchi, sarebbe stato stupido non approfittarne.

-Non troverai crepe nella glassa- affermò con orgoglio, come se stesse parlando di un proprio vanto -E puoi metterteli al dito per non... boh, per non perderli-

Appoggiò il piatto vanificando l'atto di galanteria dell'offerta e le prese la mano che prima aveva schiaffeggiato tra le sue. Non avrebbe potuto opporsi, nemmeno volendo. Raccolse il primo biscotto e glielo spinse su per l'indice. Superò la nocca con una certa sorpresa: era lì che si erano bloccati i suoi, aveva le mani troppo nodose. Le dita di lei erano affusolate, sottili; tra le sue, il suo palmo sembrava sempre più piccolo. Raccolse un secondo biscotto e lo fece scivolare lungo la sua falange. Il terzo fu l'ultimo; si mosse con estrema attenzione perché non si spezzasse, ma alla fine ci riuscì. Risollevò lo sguardo su di lei, apprezzando per la prima volta lo strano silenzio che era sceso intorno a loro.
[Finestre su altri mondi. Vignette aliene ma divertenti. ]
Le mostrò i biscotti attorno al proprio dito.

-Ora... ecco... appena li vorrai mangiare, saranno qui-

Spiegò, la fronte distesa e le labbra vagamente incurvate. Non c'era una vera utilità nell'impilarsi i biscotti su per le dita, per questo se ne potevano inventare molte. L'indice di Evey, poi, era immobilizzato.
Si poteva dire che lui fosse un individuo davvero pericoloso.

J. F.
 
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Fece una smorfia di disapprovazione quando lui le scacciò la mano. Non era propriamente la manina di un undicenne, Evey rischiò di ritrovarsi il braccio nella teca accanto alla loro, ma riuscì orgogliosamente a rimanere stabile sulla sua posizione. Era più forte di lui, poco ma sicuro! Lo fulminò con lo sguardo come a dire "che modi!", per poi farsi subito interrogativa quando lui le porse galantemente il piatto di biscotti. Ah, dunque, era questo il vero obbiettivo, dimostrare che sapeva essere un raffinato gentiluomo! Evey alzò le sopracciglia, trattenendo un sorriso irriverente; non voleva far crollare le sue convinzioni e il suo tentativo di galanteria.
- Come fai a sapere il francese? - domandò scettica, vedendo che, in effetti, non c'era la benchè minima traccia di qualsiasi cosa avesse a che fare con una colomba nella forma dei biscotti.
Evey aveva provato ad imparare il francese, una volta; sua nonna riteneva che fosse buon costume (od una cosa simile) che lei lo parlasse, diceva che fosse una lingua elegante in grado di trasmettere la propria raffinatezza. Ad Evey era sembrata solo stupida, piena di gorgheggi e di erre strane; la nonna la pronunciava come se stesse decantando la fine del mondo.
- L'aragosta, si sa... è la colomba del mare! - annuì come si annuisce ad un bambino per dargli soddisfazione. Non resistette oltre, abbassò lo sguardo sul piatto e si concesse di ridacchiare divertita - Oui, monsieur Candie. - ghignò, facendo un abile gioco di parole con il fatto che stessero mangiando biscotti (e quindi dolci) con la loro incapacità totale nei confronti della lingua francese. Evey era un vero asso con i giochi di parole.
Doveva ancora prendere un biscotto, mentre Zeboim era già riuscita a sgraffignarne due. La cosa non andava bene.
- Non hanno l'origano, vero? - domandò preoccupata, continuando a fissarli dopo aver bevuto due sorsi dalla coppa di Paku. Era sicura che Jelonek si sarebbe divertito quanto con le bolle a vederla produrre uno starnuto dietro l'altro. Una cosa che avrebbe fatto di tutto per evitare, poco ma sicuro!
Lo guardò incuriosita e divertita mentre prendeva ad infilarle i biscotti sul dito indice; ecco qualcos'altro che non si sarebbe aspettata. Ora, il suo dito sembrava decisamente uno di quei giocattoli per bambini, quei cilindri in cui il pupo si impegna ad accatastare un cerchio colorato dopo l'altro. Be', in quanto a livello di intelligenza, con il pupo, quello davanti a lei non ci si allontanava più di tanto, realizzò.
- I miei complimenti, Monsieur! - disse ammirata, portandosi l'indice davanti al volto e contemplando l'opera appena compiuta - Molto galante da parte sua, lo devo ammettere, sono colpita. -
Infine, Evey aveva avuto i suoi biscotti, offerti in modo invidiabilmente cortese da Monsieur Fedoryén (altra cosa che aveva imparato dal francese: tutti gli accenti andavano spostati e messi sulle sillabe più improbabili). Morse un pezzetto di biscotto da quello più vicino alla cima del dito, realizzando con sollievo che non aveva alcuna traccia di origano nell'impasto; era buono, doveva riconoscerglielo, aveva gusto nel scegliere i dolci. Un punto a suo favore.
Non potendo fare altro che tenere l'indice teso, Evey lo piegò orizzontalmente ed immerse parte del primo biscotto nel tè: così intinto le piaceva ancora di più, anche se una goccia di tè caldo le percorse il dito fino alla radice. Poco male, la goccia sarebbe stata fermata dagli altri due biscotti.
Si sforzò di non pensare a quello che le avrebbe detto la nonna: di sicuro si sarebbe scandalizzata per il modo improponibile con cui Evey si stava approcciando alla raffinata ora del tè. Le avrebbe strappato i biscotti dal dito, imponendole di pulirsi con il tovagliolo rigorosamente di stoffa (rimanendo bene attenta alla grazia impiegata anche nel pulirsi) e avrebbe pesantemente criticato quell'atteggiamento, comparandola ad una qualche scimmia.
Ti stai comportando come una scimmia Evey! E' così che ti ho cresciuta?
La nonna le tolse il biscotto dalla mano.
- Con l'indice e il pollice. Tutto con l'indice e il pollice. -
Evey prese il biscottino minuscolo con la punta delle due dita richieste, per poi condurlo alle labbra in un movimento di teatrale grazia, ma la nonna non sembrava ancora soddisfatta.
- Dritta con la schiena! Pulisciti con il tovagliolo... perchè il tuo tovagliolo non è sulle gambe? -
Evey si distese il tovagliolino di stoffa bianca sul grembo e la nonna annuì appena.
- Non ti capisco. Non vuoi essere una signorina? Le signorine si comportano così, chi vuoi che ti noti se ti atteggi come una scimmia? Te lo dico io: solo altre scimmie. -

Trattenne un altro sorriso mentre guardava Jelonek.
Non era giusto, dunque, sbrodolarsi da sola. Evey prese, a sua volta, la mano di Jelonek, attirando il mignolo verso di sé, l'unico dito che potesse avere qualche speranza di infilarsi due biscotti al di là della prima falange. Se non fosse stato per l'indice impalato, il tocco sarebbe potuto risultare come una carezza quasi casuale, gentile, come quello scambio di sfioramenti vari avuti ai Tre Manici. Purtroppo, però, i biscotti sul dito rendevano il tutto piuttosto comico, Evey doveva sforzarsi per non mettersi a ridere. Dunque, con grande disinvoltura, ricambiò la galanteria, riuscendo ad offrirgli ben due biscotti, nonostante il primo si fosse frantumato un po' all'avvicinarsi della nocca. Evey lo ritenne comunque un successo.
Gli sorrise, soddisfatta, dando un altro morso al proprio biscotto: ora tutti e due avevano la comodità di averli a portata di dita, ed ora entrambi avevano dimostrato reciprocamente le buone maniere di cui erano capaci.
- Sarà difficile non farlo cadere quando l'hai mangiato quasi tutto! - riflettè, osservando il proprio biscotto mordicchiato. Sarebbe successo il disastro di lì a poco, superata la metà; avrebbe dovuto mangiarlo lungo la circonferenza per evitare che crollasse su se stesso e farlo finire tra le fauci di Zeboim oppure, peggio ancora, a sciogliersi nel tè bollente.
 
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Nemmeno la sua Legilimanzia lo aiutò a comprendere quel gioco di parole. Non era un gioco di parole. Era come quando lui tirava con Eloise un quadrello verso le nuvole, per squarciarle e raggiungere il sole, e il più delle volte doveva spostarsi perché il dardo non gli ricadesse in testa. Non aveva senso, quindi poteva averne tantissimi. Come i buchi nei pasticcini.
La colomba del mare.
Jelonek la guardò, come valutando il collegamento tra quello che diceva e quello che pensava. Un cipiglio calcolatore, reso sempre più mistico dal vapore balsamico che risaliva dall'antica Coppa del Quidditch. Ora che ci pensava, non l'aveva nemmeno pulita; potevano esserci ragnatele, polvere, persino ruggine. YOLO.
La strada per la liberazione passava sempre per qualche peregrinazione in sentieri montani non ancora battuti. Forse era lì che Evey si trovava in questo momento. La Stradina del Disinvolto Oblio.
Si guardava spesso indietro. Pensava alla sua famiglia, di cui ricordava tutto. Nessuno strappo, nessuna cancellazione o brusca deviazione, nessuna traccia di botte in testa o... tabula rasa.
Un mosaico in cui non mancavano pezzi. Doveva essere bello.
(Ma allora perché si trova qui, con te?)
Perché i pezzi ci sono. Ma non combaciano.
Jelonek lasciò che lei gli prendesse il mignolo e lo impalasse a sua volta. Era forse il dito che si era rotto più volte. "Si era rotto", come se si fosse spezzato da solo, per noia; perché no? Le falangi si erano rinsaldate in maniera un po' storta. Era il suo dito preferito per questo motivo. Lei aveva ragione. Un po' per la forma vagamente a zig-zag, un po' perché la nocca era più piccola (ma comunque più larga di quelle di lei, notò con nuovo sbalordimento), i biscotti vi scivolarono senza intoppi.
Ora poteva avere anche lui due dita ingessate dalla pastafrolla.

-Oh, signorina... Oh!- l'esclamazione sostituì un qualsiasi cognome bislacco che al momento non gli sovveniva, non davanti alla disastrosa immagine della manovra effettuata da Evey -Non così-

Scosse la testa con manifesta disapprovazione.
Raddrizzò l'indice, poi, quando fu certo di avere la sua attenzione, lo mise a testa in giù e lo intinse nella Coppa dei Tassorosso. Il biscotto si inzuppò completamente, quindi Jelonek, tentando di ignorare le pulsazioni del polpastrello semi-ustionato, allargò la bocca e lo ingurgitò, masticando con passione, senza abbandonare l'aria istruttiva.

-Pensi spesso a tua nonna- osservò, rifornendo la propria scorta con un nuovo pasticcino, spinto a metà strada del suo indice -Ma mai in termini troppo positivi-

Non era una domanda. Sapeva che le aveva insegnato molto, e che Evey l'aveva fatta dannare. Si poteva intuire facilmente in ogni caso. Nonostante tutto, non riusciva a liberarsi di lei, praticamente in nessun momento. C'erano quelle persone che ti si attaccavano alle spalle come... come scimmie. La si poteva definire una dipendenza decennale? J. F. credeva di sì. Eccoli lì, entrambi. Il Gran Tè dei Fantasmi-dipendenti.
Il Gran Tè delle Scimmie.
(Ora. Avanti.)

-Sei una scimmia, non un canarino. Devo insegnarti proprio tutto sul tè, vero?-

Ecco qualcosa che suonava molto da nonna. Del resto, aveva letto abbastanza materiale redatto da signore di età avanzata per conoscere a fondo la loro psicologia e i loro saggi consigli sull'alimentazione.
Le prese la mano tra le sue, asciugando la goccia di tè caldo sfuggita al suo controllo. Per un secondo rimase così, sospeso, la mano di lei racchiusa tra le sue, in mezzo a loro. Quindi, Jelonek si avvicinò l'indice di lei alla bocca. Era rimasto solo mezzo biscotto. Scambiando uno sguardo con lei per dare un'occhiata tra i suoi pensieri, vedere se aveva intenzione di divincolarsi o lasciarlo fare, Jelonek le circondò il dito con la bocca. Le labbra si chiusero sui resti del dolce, con un fugace contatto del suo polpastrello sulla lingua di lui, prima di strisciare all'indietro finché non fu di nuovo a distanza da lei.
Si passò la lingua sulle labbra prima di leccarsi immaginarie briciole dal resto delle dita.

-È così che si fa, Evey-

Concluse nel tono più pratico del mondo.

J. F.
 
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Corrugò le sopracciglia guardandolo tuffare il polpastrello ricco di biscotto nel tè bollente. Inclinò leggermente la testa, guardandolo fisso come se si aspettasse di vederlo urlare di dolore. Lei avrebbe sicuramente urlato; il fumo continuava ad elevarsi imperterrito dalla bevanda, era una fortuna che avessero le coppe dotate di lungo manico e non le tazzine, di certo Evey non sarebbe stata in grado di sollevarle.
- Ma scotta! - protestò contrariata, guardandolo stupita - Come fai a non sentire niente? -
Jelonek sembrava davvero immune al dolore, com'era possibile? Forse la Coppa dei Tassorosso era più fredda di quella di Pakkus, ecco perchè il tè di Jelonek gli aveva permesso di eseguire quel rituale. La sua coppa, purtroppo non era stata così fortunata.
Tentò di imitarlo, ma appena toccò la superficie del tè, Evey dovrebbe ritrarre la mano quasi di scatto, compromettendo il delicato equilibrio dei biscotti intrappolati sul suo dito indice. No, decisamente, era troppo caldo, avrebbe dovuto aspettare.
Si strinse nelle spalle quando lui parlò della nonna; non ne era sorpresa, sapeva che l'aveva vista nel suo ricordo. Era una vera fortuna che lei non potesse vedere lui.
- Uhm... si. Mi ha cresciuta lei. - disse, lo sguardo basso sulla coppa, che improvvisamente era diventata molto interessante. Non le capitava spesso di parlare della sua famiglia e in realtà non c'era molto da dire. O meglio... era lei che non sapeva come raccontarlo.
- Non direi, no... è solo... diversa da me. - disse quindi, portandosi il calice alle labbra e bevendo un sorso di tè. Evey voleva bene alla nonna, era sempre stata il suo modello, come avrebbe voluto diventare lei: forte, tagliente, senza paura, sagace. A volte un po' triste e nostalgica, ma Evey supponeva che fosse una cosa che valeva per tutte le vecchiette della sua età. Nemmeno lei si era accorta della loro diversità fino a...
... un anno fa.
Evey si era spesso chiesta come la nonna avrebbe affrontato le situazioni in cui lei era stata posta, e le sembrava assai improbabile che avrebbe agito in quel modo. No, la nonna si sarebbe presa le sue responsabilità, avrebbe parlato in modo schietto, chiaro e tondo alle sue vittime, probabilmente si sarebbe fatta in quattro per ottenere le dimissioni della Preside.
Forse era un bene averla tenuta all'oscuro di tutto ciò che era successo.
- I canarini sono stupidi! - affermò con forza. Al Serraglio erano stati tra gli animali più odiosi di tutti, così apparentemente delicati, aggraziati, pieni di vita... doveva sempre fare attenzione alle loro dosi di cibo e acqua, a meno di non ritrovarli soffocati. Non era affatto vero che fossero delicati, i canarini erano famelici, molto più delle scimmie. Bestie assatanate alla ricerca del seme di miglio successivo, e poi quello dopo, e quello dopo ancora, insaziabili. I canarini erano ben più pericolosi delle scimmie.
Quello che avvenne dopo fu decisamente qualcosa che, Evey ne era certa, la nonna non avrebbe mai e poi mai approvato.
Le parve che il martellare nello sterno avesse improvvisamente rallentato il suo battito. Lo stupore si tramutò in... in qualcos'altro, qualcosa che le impedì di pensare o di fissare qualsiasi altra cosa quando Jelonek si portò il suo indice tra le labbra, sottraendo ciò che restava del biscotto. Avvertì le orecchie avvamparle inspiegabilmente, dietro i capelli, con la stessa tempistica per cui percepì il calore della sua lingua sul polpastrello.
E poi percepì l'aria del castello, ancora più fredda, sulla pelle dell'indice.
- Wow... - mormorò, fissandosi il dito, come se stentasse a credere a ciò che era appena successo - ... questo è stato molto... scimmiesco. -
Riportò lo sguardo su di lui, accorgendosi che il proprio respiro si era fatto più leggero. Merito del Gran Tè delle Scimmie e delle sue note proprietà tranquillanti. Senza dubbio.
Maybe I'll hold my breath and jump right in.
Non aveva niente a che vedere con una situazione curiosamente simile avvenuta tempo prima nell'aula di Babbanologia. No. E, quant'era vera Zeboim, Jelonek aveva appena immerso il proprio indice nel tè ustionante.
Lo sguardo le scivolò sulle sue labbra. Automaticamente.
NOPE.
- Certo, sarebbe più facile se il mio tè non fosse bollente. - borbottò quindi, abbassando gli occhi sulla propria coppa, decisamente contrariata dalla cosa. Se la portò alla bocca, sperando di trovare il tè intiepidito, a fu come cercare di bere lava bollente; di nuovo, rischiò di ustionarsi la lingua. Scosse la testa, depositando la coppa sul pavimento. Avrebbe dovuto aspettare ancora un po'.
- Niente da fare. - disse, cominciando a mordicchiare il secondo biscotto sul suo indice e fissando il Legilimens davanti a lei. Ma come aveva detto Jelonek? Non era quello il modo di farlo.
Sei un canarino o una scimmia?
Riportò lo sguardo sul biscotto, decisamente ridotto nelle sue dimensioni: non ce l'avrebbe mai fatta a contenerlo tutto, sarebbe dovuta essere una rana per avere qualche possibilità, quei biscotti non erano proprio piccoli. Dunque fissò di nuovo Jelonek. Senza porsi troppi problemi, Evey circondò, fino a metà, il proprio indice con le labbra, da brava allieva qual era, attirando la pastafrolla all'interno della bocca. Dunque estrasse il dito e riprese la coppa di Pakku, accostandola alle labbra, e accompagnando l'impasto nella sua bocca con un mezzo sorso, la quantità giusta per non scottarsi e al contempo inzuppare il biscotto in modo giustamente piacevole.
 
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Jelonek era molto fiero di come stessero andando le cose. Avevano mangiato ai Tre Manici, stavano mangiando in quel momento, e sempre per merito suo. Erano addirittura distesi sull'Amantello. Quanto tempo era passato dall'ultima volta che aveva fatto così tante cose utili in una volta? Estrasse un nuovo biscottino, attingendo questa volta dal mignolo e lo intinse nel tè. Le geishe non le avevano insegnato niente? Il tè doveva essere bollente. Sicuramente una qualche geisha lo aveva detto, qualche volta.
Che Evey non avesse alcuna cognizione delle usanze sociali non era sicuramente più in dubbio. L'aveva osservata per qualche secondo dopo che le aveva letteralmente rubato il dolce dal dito, scoprendo che non era stato il furto a turbarla. Le sue orecchie erano avvampate e chiaro, nella sua mente, si era stagliato il ricordo sensoriale del suo polpastrello a contatto con la sua lingua.
Jelonek masticava il terzo o il quarto biscotto pensando che quello preso da lei aveva un sapore diverso. Nel frattempo, la guardava al di sopra della Coppa, che di tanto in tanto risollevava per bere un sorso, con tempistiche eccezionalmente azzeccate. Pesava parecchio, quella roba, specialmente se riempita di tè e ragni - ormai si era rassegnato alla presenza di ospiti, era troppo ottimistico pensare che l'inesistente Custode di Hogwarts si fosse occupato di pulire, figuriamoci disinfestare. Proteine... ?

-E non ti ha insegnato a mangiare i biscotti con il buco?- manifestò disappunto, o per lo meno quello che pensava fosse il disappunto. Aprì leggermente la bocca mentre assottigliava gli occhi, riducendoli a fessure. Una specie di stupito sospetto con una traccia di imbarazzo, visto che con la mano libera tornò a grattarsi la barba sul mento. No, decisamente non aveva mai visto Mandy fare niente di simile. E non perché non avesse la barba.

-Quindi cosa ti avrebbe insegnato? Cosa merita di essere imparato più di questo, nella vita?-

Annuì con gravità, ma un sorriso vago ristagnava nel suo sguardo, come un brillio nascosto.
(Il biscotto che le aveva sfilato dal dito aveva un sapore diverso. Un sapore diverso...)

-Quanto al tè, deve essere bollente. La lingua ustionata è...- fece un gesto a mezz'aria, agitando i pasticcini impalati -Parte della tradizione-

Aggrottò le sopracciglia, rendendo gli occhi ancora più affossati.

-Dolore e piacere-

Suonava come la morale giusta con cui concludere la sua vignetta didascalica. Sollevò di nuovo la Coppa del Quidditch, brindando ai Tassorosso, al proprio, meritato incarico da Insegnante e alla lingua bruciata di Evey Atkinson.

J. F.
 
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Evey reclinò appena la testa di lato, osservando perplessa l'espressione di Jelonek. Sembrava che fosse stato punto da qualche strano insetto tra la barba e che, per qualche motivo, la puntura avesse avuto effetto sui nervi ottici. Non capì cosa volesse esprimere, ma non ebbe tempo di indagare, giunsero altre domande riguardo l'educazione che sua nonna le aveva impartito.
Non sapeva cosa rispondere, strano ma vero. Non sapeva se quelle domande dovessero essere classificate come troppo personali e dunque invasive o se invece potevano tranquillamente considerarsi legittime; in effetti nessuno le aveva mai chiesto una cosa simile, si supponeva che fossero cose scontate, cose che tutti avevano ricevuto, educazione, famiglia, legami. Nessuno si soffermava più di tanto a rifletterci sopra, nemmeno lei; ecco perchè era presa così in contropiede.
La nonna le aveva insegnato che i biscotti con il buco andavano intinti come tutti gli altri biscotti del pianeta, non c'era alcuna differenza; o meglio, non le aveva mai fatto notare il contrario.
- Ahm... - scrollò le spalle. Cosa le aveva insegnato la nonna?
Che non sei una scimmia. Che non dovresti essere una scimmia.
- ... le cose che insegnano tutti i genitori, suppongo. - rispose, piuttosto evasiva, dopo una breve riflessione. Educazione, valore della famiglia, buone maniere (!), e la passione per i Draghi. Specialmente per i Draghi.
- Io ho conosciuto un Drago! -
Evey sollevò lo sguardo, ammirata, dalle pagine di Draghi Oggi. La nonna le fece cenno di tornare dritta con la schiena, intransigente, ed Evey obbedì, pronta e avida di ascoltare la storia.
- Dove? Com'era? - domandò protendendosi verso di lei. La nonna alzò le sopracciglia, guardando in modo eloquente le gambe dondolanti di Evey. Lei si affrettò ad unirle e a tenerle ferme.
- Ad Hogwarts, quando andavo a scuola. Era bianco, molto bello e molto feroce. - rispose quindi la nonna. Evey era scettica.
- Non ci sono Draghi ad Hogwarts! - disse con disappunto. La nonna sembrava divertita.
- Una volta c'erano! -

- Il corretto utilizzo di tutte le posate da portata! - rispose quindi, prontamente. Avrebbe scommesso la sua mano sinistra che Jelonek non avrebbe saputo da dove cominciare ad usare tutte e nove le posate, probabilmente ne avrebbe usata solamente una (o nemmeno quella, si sarebbe servito delle proprie dita) e avrebbe usato le altre come catapulte per lanciare il cibo. Probabilmente addosso a lei.
- Quale tradizione? - domandò alzando le sopracciglia, decisamente divertita - Il Tè nelle Coppe della Sala Trofei? -
Del tutto rispettabile: un verbo che andava diffuso e tramandato fino a quando Prefetti e Capiscuola non l'avessero fatta fuori a suon di punizioni e colloqui disciplinari. Un vero peccato, quel tè si stava rivelando tanto piacevole quanto qualsiasi scommessa nella Foresta Proibita o sul Lago Nero...
- Se la lingua è ustionata, non puoi sentire il sapore! - osservò perplessa, fissando apprensiva il vapore che saliva dalla tazza e che non accennava a diminuire. Non avrebbe mai finito di bere quel tè, sarebbe rimasta ore sull'Amantello aspettando che si raffreddasse, avrebbe finito col portarselo in Sala Comune sollevando dubbi ed interrogativi tra i compagni di Casata. Sperò solo che i Prefetti di Serpeverde se ne importassero poco dei premi presi in prestito temporaneamente dalla Sala Trofei, ma il tè non poteva andare sprecato!
Dolore e piacere.
Nulla di meglio per riassumere il tutto. Abbassò lo sguardo di nuovo alla propria coppa, da cui prese un altro sorso: non aveva più voglia di mangiare, quei biscotti erano davvero pesanti, per quanto buoni fossero, aveva bisogno di prendersi una pausa se voleva avere la speranza di ritrovare l'appetito successivamente (fauci di Zeboim e Jelonek permettendo).
- Hai mai conosciuto i tuoi nonni? - domandò quindi, alzando di nuovo lo sguardo su di lui. Jelonek era un uomo di una certa età, bisognava ammetterlo, chissà se aveva ancora parenti in vita, oltre a sua madre. Si chiese come dovesse essere stato averne una: Evey non credeva ci fosse poi così tanta differenza dal legame che lei aveva con la nonna. Immaginava solo più giochi collettivi e più momenti insieme; la nonna aveva smesso presto di inseguirla e giocare a nascondino, le sue gambe non erano così forti.
- Un giorno rimpiangerai la solidità di due piedi giovani! - disse la nonna, stizzita, guardando l'orribile orologio da taschino verde bottiglia e contando, con disapprovazione, il tempo trascorso da Evey sul letto, a leggere.
Anche a Jelonek avevano provato a dire di non comportarsi come una scimmia? Evey suppose che ci avessero rinunciato, ad un certo punto.
 
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view post Posted on 13/12/2013, 09:17
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Quella delle catapulte con i cucchiai era un'ottima idea. Avrebbe trasformato le cene in Sala Grande in un'emozionante guerra di trincea; non appena avesse convinto gli Insegnanti, o almeno quelli più influenti, gli studenti si sarebbero lasciati coinvolgere. Non ci sarebbe stata tregua per nessuno.
Nel frattempo, Jelonek avrebbe aspettato l'occasione più plateale. Chissà, magari lui e Evey avrebbero potuto organizzarsi per avviare una vera rivoluzione al Gran Ballo. Forse avrebbe dovuto iniziare lui, limitandosi a prendere il mestolo del punch analcolico (?), immergerlo in una torta e lanciarglielo addosso urlando qualcosa tipo: "CONSEGNA AEREA SPECIALE PER LA SIGNORINA JEPPERSON".
Per mantenere l'effetto sorpresa: dopotutto non avrebbe certo mai voluto che risultasse come una cosa decisa a tavolino.
La negatività con cui Evey Atkinson avvolgeva i pensieri che riguardavano sua nonna non era dovuta all'arzilla vecchietta. Era semplicemente la patina di inquinamento che ricopre le fiancate delle case di città a partire dal giorno successivo alla riverniciata. Era iniziato tutto nella Stanza delle Catene. Fino ad allora, la Serpeverde aveva condotto una vita bianca, candida e immacolata anche nelle sue mire mascherate. Poi era arrivato lo strato di smog, di sporco; la cenere tossica che aveva seguito quell'esplosione nucleare, ricoprendo tutto silenziosa come apocalittica neve. Una cosa, Evey, non aveva ancora scoperto, cioè che allungando il dito sulle vetrate luride si poteva tracciare un disegno nella polvere. Era questo il ruolo di J. F., dopotutto: prenderle la mano e insegnarle la quieta armonia nella distruzione.
Senza che nel mondo di Evey avesse nevicato cenere, lui non avrebbe potuto farlo.

-La lingua ustionata sente i sapori ancora meglio- Jelonek inventò di sana pianta: il trucco era sembrare abbastanza convinti, e si poteva facilmente dire che fosse una sua specialità -È come soffiare sulla pelle intatta o su una ferita-

Aveva una laurea in Feritologia e Fratturegravi, con specializzazione in Delizie dell'Insonnia, Simpatia degli Incubi e Ossessività di Pensieri Ricorrenti e Potenzialmente Nocivi. Anni accademici veramente sudati.
A un tè di cosa si poteva parlare, se non di draghi, parenti e serpenti?
Allacciate le cinture, il viaggio è lungo e tumultuoso. Non sono previste fermate. Capolinea: Prima Di.
Sperava proprio nella presenza dei sacchetti per il vomito.

-Non ricordo i genitori di mio padre. Sono di Gdynia, sul porto. C'è un gran bel mare, laggiù... questo sì. Ci passavo qualche estate, ma avevo meno di cinque anni. Credo che mio nonno sia ancora vivo, ma non so se abiti ancora lì- si strinse nelle spalle, rigirandosi l'antica la Coppa del Quidditch tra le mani -I parenti di mia madre li vedevo tutti i Natali. Prima di Hogwarts, poi... Bé, mia madre non voleva coinvolgerli in questa storia della magia. Non credeva avrebbero capito. Merlino... Morgana... qualcuno li benedica. Non ci capisco niente nemmeno io, sarebbe stato meglio...-

Non essere mai venuto qui. Non avere mai messo piede in questa fogna.
Lasciò morire la frase in un ghigno, mentre si tergeva le labbra con la lingua. Non era più abituato ai discorsi da tè, forse. Ma lui era così: bastava offrirgli qualche biscotto e perdeva il controllo. Anche se non glieli si offriva e se li doveva prendere da solo. Sì.

-Lanciavo polpette a chi non mi regalava trenini a Natale. Nessuno mi regalava mai trenini, e io lanciavo molte polpette-

Si era preso la sua dose di sculacciate, ma nemmeno la metà di quelle che si meritava. Suo padre aveva un cuore d'oro e tendeva a ridere con lui, mentre sua madre seppelliva la testa in qualche libro.
Lui credeva che la vita gli avrebbe impartito tutte le lezioni che gli servivano... "e anche di più". Nessuno gli aveva mai detto niente di più maledettamente profetico.

-Il giorno del mio undicesimo compleanno il mio vecchio mi portò a Diagon Alley- ricordò senza motivo, sentendosi come se uno scalpello stesse disegnando scarabocchi sul suo cuore di legno -Era convinto che mi sarebbe arrivata la lettera, anche se non aveva una vera ragione per sospettarlo. Era il primo posto... magico che vedevo ed ero sicuro che laggiù potessero solo vendere giocattoli fantastici, quindi ero davvero entusiasta. Ma lui mi portò lontano dai negozi di giochi, lontano da quelle favolose schifezze della Farmacia, fino a una bottega anonima e silenziosa. Mi regalò la mia prima bacchetta magica. Volevo un trenino e ottenni un bastoncino di legno. Non volli mostrarmi deluso, ma tornato a casa la lanciai contro tutte le pareti di camera mia. Ho dato fuoco al letto. Mio padre era orgoglioso, mia madre terrorizzata-

Si grattò dietro la nuca, alzando le sopracciglia.
Troppa verità, troppo Prima Di.

-Me ne ha dovute comprare altre quattro, di bacchette, prima che finissi la scuola. Le rompevo sbattendole sugli oggetti che dovevo Trasfigurare-

Sollevò la Coppa del Quidditch e bevve un lungo sorso.

-Non avevo il tuo... talento naturale- concluse con un sorrisetto ironico, passandosi di nuovo la lingua sulle labbra -Mangia quei biscotti. Ci sono gli elfi domestici che muoiono di fame, da qualche parte nel mondo... o nelle Cucine. Che differenza fa?-

J. F.
 
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view post Posted on 14/12/2013, 03:16
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«Jenny would dance with her ghosts».

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Evey si raccolse le ginocchia al petto, ascoltando interessata le parole di Jelonek. Sembrava aver avuto un'infanzia parecchio movimentata, specialmente dal fatto di essere la classica peste. Si spiegavano molte cose.
Rimase affascinata dal fatto che lui avesse trascorso le sue estati sul mare. Evey non aveva mai visto il mare, se non nei racconti e nei libri. Aveva supplicato la nonna di portarla a trovare il nonno, sulle Scogliere di Moher, e farle vedere il mare dall'alto, ma lei le rispondeva sempre che era troppo pericoloso, che non c'era nulla da vedere e che non fosse per niente interessante. Anzi, diceva, al nonno non sarebbe affatto piaciuto vederla così vicina al mare; perciò Evey lo aveva solamente immaginato, aveva osato chiedere al nonno una sola volta di portarle una conchiglia. Lui si era incupito e le aveva detto di smetterla con quelle sciocchezze, che oramai era cresciuta.
- Gdynia? Hai visto il mare? Com'è? - domandò, senza staccare lo sguardo da lui e portandosi la coppa alle labbra. Il tè si stava lentamente raffreddando, grazie al cielo.
Non aveva la più pallida idea di dove fosse Gdynia, non aveva mai sentito un nome simile. Ma c'era il mare: questo bastava ed avanzava. Evey se lo immaginava come il Lago Nero, solo salato e senza le montagne intorno. Insomma, qualcosa che non aveva nulla a che fare con il Lago Nero.
Da come parlava, le parve di capire che la madre di Jelonek fosse Babbana; ecco qualcosa che la sorprese. Poteva essere un Mezzosangue? La parte Serpeverdesca di lei le suggeriva che un'arte come la Legilimanzia non fosse così facilmente praticabile dai Mezzosangue. La parte Tassorossesca di lei le disse che non aveva alcuna importanza.
E tu sai giù a quale dare ascolto, vero?
Nascose il sorriso dietro il calice.
- Lanciavi già il cibo, bene. Mi sento sollevata. - disse, con ironia, alzando un sopracciglio. Come detto... peste. Lei aveva avuto un modo tutto suo di fare i capricci. Evey bambina tendeva a covare la propria rabbia quando la nonna le negava un giocattolo, la riservava per quando rientravano in casa. Dunque si precipitava nella camera della nonna e prendeva a lanciarle dalla finestra tutto ciò che la sua stanza da letto conteneva. Scarpe, vestiti, foto, candele, cuscini, lenzuola, album fotografici... tutto finiva in giardino.
Rise divertita all'idea di Jelonek che dava involontariamente fuoco al letto lanciando bacchette in giro. Forse era per quello che non l'aveva mai visto fare magie, o addirittura non possedeva una bacchetta: era totalmente negato. Però, almeno, Evey aveva avuto la conferma che non si trattasse di uno strano Magonò con il dono della Legilimanzia.
- Non ne dubito! Le cose non sono cambiate, con gli anni, vero? - domandò con un ghigno. Chissà come mai, non le riusciva tanto difficile immaginarsi Jelonek che rompeva le bacchette su qualche strano oggetto che una versione più vecchia e canuta di Elessar Godwin gli assegnava.
- Non mi va! Dopo! - disse con una piccola smorfia verso i biscotti - Adesso sono piena! -
E mi sono nutrita come una scimmia.
Appoggiò la coppa per terra, per aspettare che si raffreddasse ancora, dunque si allungò su di lui e si distese sull'Amantello. Appoggiò la testa sulla sua gamba destra e lo guardò, dal basso verso l'alto, le mani conserte sul grembo, estremamente rilassata. Merito del tè, senza ombra di dubbio. Non si preoccupava nemmeno dei possibili Prefetti in agguato dietro l'angolo, quelli che terrorizzavano tanto Jelonek.
Perchè, te ne sei mai preoccupata?
- Un trenino? - chiese dunque, divertita, reclinando la testa sulla sua coscia. Non capiva cos'avesse di così speciale un trenino per essere appetibile agli occhi di un bambino. Non ne aveva mai visti di trenini giocattoli da Zonko, o meglio, non si era mai interessata di accertarsi dell'esistenza. Di solito i bambini non sognavano il Quidditch? Un manico da scopa, una mazza da battitore, un boccino...
Cos'aveva avuto di tanto interessante quel trenino?
 
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100 replies since 10/11/2013, 20:28   1207 views
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