Rushing through thirty
Getting older every day
Oh, certamente Evey Atkinson non avrebbe saputo cosa farsene, di un ombretto arancione. Questo perché non aveva mai guardato le immagini-tutorial di Frishelle Mhan su
Trucchi e Parrucchi Magici, dove ti insegnavano a trasformare un ombretto in eye-liner con un po' di sputo (o era collirio? Ma allora che senso aveva? Si faceva prima a comprarsi un eye-liner nuovo, no? Doveva essere sputo) o in uno smalto colorato utilizzando... vernice trasparente? Insomma, Frishelle (che lui chiamava amichevolmente "Frish" anche se in realtà non l'aveva mai chiamata... purtroppo) sapeva il fatto suo, Evey Atkinson no. E i colori caldi come l'arancione facevano faville nella stagione invernale, visto che fuori era freddo. Un po' di ombretto di quella tonalità avrebbe risollevato l'umore di chiunque, in quei tempi oscuri.
Non le avrebbe regalato la
Dressed 3, decise. Non se la meritava proprio e, cosa ancora più grave, non avrebbe saputo sfruttarla a dovere.
Immerso in quel buio, si sentiva oscillare, come sul ponte di una nave che si avvicinava inesorabile all'occhio del ciclone. Ma non lo avrebbe interrotto, non si sarebbe sottratto.
Doveva rivivere il trauma, se lo era imposto. Con ogni secondo che passava così, sentiva le viscere contrarsi, certo che stesse per trafiggerlo una lama di dolore, che il sangue stesse per sgorgare, che un dente stesse per essere sradicato con violenza mentre qualcuno rideva. Doveva continuare a parlare. Ma lui parlava anche
lì dentro, dicendo praticamente le stesse cose che stava dicendo in quel momento, e ciò non provava assolutamente che...
(
La sua mano. Nessuno ti teneva stretta la mano, di certo non in questo modo, di certo non una mano così piccola, così giovane.)
Drawing pictures of innocent times
Can you add color inside these lines?
-Non è un semplice medicinale- le parole gli uscirono dalle labbra, ma non erano più confortanti, e anche la mano di lei perdeva calore a contatto con la sua, e la Sala Trof... no,
non erano nella Sala Trofei, erano
LA' DENTRO, la stanza, quella con la pietra color antracite e la luce che proveniva da dietro le sue spalle, perché la sedia era sempre rivolta in modo che lui non vedesse il giorno, non traesse alcun sollievo da...
(-Sa di mango. E non sgonfia affatto le tonsille-)
La mano di lui condusse quella di Evey sotto al pastrano, tra il suo maglione e la stoffa. Il buio dietro le sue palpebre stava partorendo nuovi mostri, e faceva più freddo e...
Stava per riaprire gli occhi, quando l'essenza cipriata dei capelli di Evey si fece molto più vicina, invadente. I sensi restanti si acuivano in quel modo osceno, quando la facile scorciatoia della vista - e della Legilimanzia - veniva meno; era come se gli odori, le percezioni tattili, i rumori e... il dolore diventassero degli spilli incandescenti che gli penetravano direttamente nel cervello. Il dolore diventava
Dolore. Il nome proprio di un serpente che si dibatteva tra i suoi intestini e di tanto in tanto gli avvelenava le meningi con i suoi denti affilati, portandolo a nuovi picchi di rosso.
I suoi muscoli si irrigidirono ancora, in un modo che era impossibile non notare. Sapeva che stava arrivando. Tramavano qualcosa - lui non sapeva cosa, non poteva saperlo, questa volta - e avevano trovato un altro modo per farlo urlare, e stava per arrivare, stava per scoprirlo prima con la pelle che con...
La mano di lei (?) abbandonò le sue orbite, dove gli occhi erano stretti, in un inutile riflesso di protezione con cui tentava di incassarli tra fronte e zigomo. Si posò tra i suoi capelli, che lisciò, pronta probabilmente a strapparglieli. Qualcosa venne premuto sulle sue labbra, che si strinsero istintivamente - ancora quel loro veleno, quella pozione che gli aveva fatto vomitare sangue per tre giorni o forse tre ore? - prima di capire che non era una pozione, lei non era Eloise, non era l'Uomo Simpatico e nemmeno l'Uomo Silenzioso, la sua mano si era insinuata tra i suoi capelli per aggrapparsi a lui mentre la stretta dell'altra gli confermava, in maniera non verbale, che
era fuori di lì.
-Acqua, professor Fedoryen-
Non aveva mai sentito quel profumo, là dentro; neanche quella voce. Non gli stavano facendo bere la Pozione Spaccabudella - come la chiamava lui, come la definivano loro nella loro mente. Quelle appoggiate sulle sue labbra erano altre labbra.
Le labbra di Evey Atkinson, intenta ancora una volta a sfidare i rovi. E a bussare alla porta dei suoi ricordi, chiedendo di entrare.
La porta della sua cella.
Jelonek dischiuse le labbra, lasciando che quelle della studentessa accarezzassero le sue. Non le
lasciò fare altro. Fu lui a stringere le dita attorno alle sue, sotto il pastrano, così forte da farle male, mentre la pelle ispida del suo viso strisciava sulle guance lisce di lei e la sua lingua incontrava la sua a metà strada, prima di ricacciarla nella bocca di lei ed esplorarla con forza. Con necessità. Con
gratitudine.
"
Sono fuori di lì", diceva il suo corpo. E si aggrappava a lei per una conferma definitiva, per ricordi che sradicassero quelli che lo visitavano dietro gli occhi chiusi e anzi li sostituissero, come se fosse possibile (
e non lo era, no che non lo era, come avrebbe potuto esserlo?).
Era sbagliato. Non c'era mai stato niente di così sbagliato.
Respirò a fondo sulla sua pelle, sentendo che la sua bocca non sapeva di Cella Grigia, non sapeva di sangue e ferro, di denti spezzati. Sapeva di Hogsmeade. Di Lago Nero. Di amaretti sbriciolati.
Poteva avere pensato, con un un ultimo sobbalzo di ottimismo, che fosse stata anche la Legilimanzia ad averlo privato della sua umanità. Trovandosi senza, però, poteva capire che le cose stavano diversamente.
Senza Legilimanzia diventava qualcosa di molto peggio. Diventava
un animale. Accecato dalla paura, senza più niente da perdere.
Riaprì gli occhi, e per un attimo la guardò da così vicino. I pensieri ricomparvero, in volute vorticanti, ma non erano quelli che vedeva. Osservava il suo viso, le sue iridi turchesi. Un viso destinato ad altro. Ad
altri.
Era un vero peccato.
Tra la barba non curata si aprì un sorriso.
-Anche
tu sei capace di barare, a quanto sembra, singorina Fletcherson-
Si portò la lingua dietro i molari mentre continuava a sorridere, vagamente. Non c'era alcuna traccia, nella sua espressione, della discesa negli inferi che aveva compiuto, con andata e ritorno, mentre i suoi occhi erano chiusi.
-Basta tentare la fortuna. Non le piace essere messa alla prova-
Accennò vagamente all'entrata della stanza, ma l'arrivo di un Prefetto, in quel momento, era un rischio di cui non si preoccupava nella maniera più assoluta. Ammesso che se ne fosse mai veramente preoccupato.
Si abbassò, tirando l'Amantello giù con sé, costringendola a piegarsi a sua volta. Sedette a gambe incrociate, quindi, come se si trattasse della cosa più naturale del mondo, si tolse entrambi gli stivali spaiati, insieme ai calzini (color cachi, con una grande scritta gialla sulla pianta che diceva
BUON LUNEDI'!) - si affrettò a nasconderli, potevano confondere un Prefetto sul fatto che in realtà fosse domenica e Evey non indossasse la monacale divisa - e stese un piede verso di lei.
Per Jelonek, non esisteva passatempo più entusiasmante del lisciarsi i calli con un'apposita lametta. In realtà, sapeva che esisteva uno strumento apposito, chiamato proprio "levacalli", ma ogni volta che lo vedeva appeso da qualche parte lo faceva rabbrividire; aveva tutta l'aria di essere qualcosa che potesse tagliare di netto un osso e non lo aveva mai comprato - non che riceverlo per Natale gli avrebbe fatto tanto schifo, intendiamoci.
In realtà, a parte le cicatrici, i calli inamovibili e la perenne unghia incarnita al mignolino destro, Jelonek sapeva di avere dei piedi invidiabili. Un po' troppo grandi, forse, e con le dita un tantino bitorzolute, e magari fin troppo pallidi, ma a parte ciò, di gran lunga meglio messi delle sue mani.
Comunque, da entrambi gli alluci spuntavano delle minuscole puntine scure.
-Le schegge del parquet scadente nella camera da letto di Mandy-
Le spiegò con tono cupo.
-Anche Eloise se n'è beccata qualcuna, ma dice che non le danno fastidio. Non so come toglierle... è vero che si possono spezzare e rimanere dentro la tua pelle per sempre?-
La prospettiva lo affascinava.
-Se riuscirai nell'impresa, non ti spiaccicherò una torta in faccia-
Soltanto un pasticcino.-Inoltre, questo è il miglior diversivo anti-Prefetti che mi sia mai venuto in mente-
Dopotutto, cosa c'era di strano in un Insegnante di Occlumanzia con un piede in grembo a una studentessa? Il peggio che si poteva pensare era che lei gli stesse facendo un massaggio sul pavimento della Sala Trofei.
Il che andava bene... no?
J. F.