Non le piaceva. Non gradiva una singola sillaba di ciò che lui le stava dicendo, senza alcun pudore e vergogna. Jelonek era la persona più contorta che avesse mai conosciuto; si avvicinava, le parlava di grandi cose, le confidava grandi cose, grandi intenzioni. E poi le diceva apertamente di non fidarsi, di non
legarsi credergli, che non era capace di mantenere promesse. ma Evey non gli aveva mai chiesto nulla del genere; c'era un abisso tra promesse e verità, e lei non era del tutto sicura che lui non avesse problemi con quest'ultima. L'abisso aveva pur sempre un fondo che univa le due pareti di roccia scura; le promesse potevano essere false così come la verità poteva essere manipolata. Era forse il caso di porre un filo sottile tra quelle due estremità? Una corda tessuta con il dubbio, un ponte sottile da percorrere per attraversare l'abisso?
- Sei un opportunista. -
Osservò con un bisbiglio, senza distogliersi da lui, senza cedere al tocco leggero del suo dito che s'intrecciava ai propri capelli. Rimase con lo sguardo piantato al suo, nonostante il suo corpo si fosse avvicinato ancora di più e la mano sulla sua scapola premeva con più forza.
Jelonek Fedoryen era un manipolatore. Fin qui nessun dubbio. Eppure non le sembrava lontanamente simile a tutti i manipolatori di quella scuola, di quel Ministero. Era molto peggio e al contempo mille volte meglio.
Ma se davvero non aveva bisogno di lei per andare dove avrebbe dovuto... era possibile che su una cosa non stesse mentendo?
Ricambiò lo sguardo indagatore, i loro volti distanziati da pochi centimetri l'uno dall'altro.
Era in momenti come quelli che Evey avrebbe voluto accettare il suo suggerimento di diventare una Legilimens; tuttavia, non era certa di compiacersi di ciò che avrebbe trovato nella sua mente, anzi. Era piuttosto sicura del contrario, tuttavia...
Tuttavia era ancora lì. Con le sue dita tra i capelli e il suo braccio a cingerlo.
- Nessuna. -
Replicò senza alcun dubbio, un sibilo ostile e caldo al contempo.
(
Non ne meriteresti nessuna.)
L'altra mano di Evey, quella ancora intrecciata alla sua, salì ad avvolgergli l'altra spalla. Non badava nemmeno più al linguaggio del proprio corpo, in perfetta contrapposizione rispetto a quello vocale. Jelonek non meritava nulla, non se non riusciva a dirle la verità.
(
Non se non riesce a mantenere le sue promesse.)
Ma poi... di quali promesse stavano parlando, in realtà?
Era la prima volta che quell'argomento veniva a galla, qualsiasi cosa riguardasse. Evey non l'aveva mai tirato in ballo, Jelonek nemmeno, come se avessero stretto una sorta di tacito accordo, come se fosse un argomento scomodo che entrambi non avevano voglia di affrontare.
(
Che tu hai paura di affrontare. Per questo non ne hai mai parlato.)
Perchè già sapeva la risposta. Di qualsiasi promessa si trattasse, qualcosa, dentro di lei, quella parte più scettica e che ancora non si arrendeva a quelle dita tra i capelli, l'aveva preparata.
- Devi sentirti molto solo... -
Mormorò. Una semplice osservazione, esattamente come quelle che lui le faceva sul fatto di non pettinarsi e di non avere amici. La sua voce era bassa, velata di impercettibile malinconia, familiare amarezza. Forse era proprio per quello che le si era avvicinato; lei era sola, al suo stesso modo, niente di più, niente di meno. Ma lei non mentiva. Lei non partiva dal presupposto di infrangere promesse. Non ne sentiva il bisogno, non solo perchè non aveva promesse da infrangere.
Lei non aveva paura. Lui si.Fastidio, si, questo aveva provato nel sentirlo parlare in quel modo. Fastidio nel sapere quanto fosse a fin troppo bendisposto nei confronti del falso, quando lui era stato in grado di farle provare qualcosa di vero in mezzo ad un vortice di menzogne e bugie. Qualcosa di vero ed incredibilmente bello.
(
Una risata. Il placido ondeggiare del legno sull'acqua. Quello era vero, quello era reale, ed era stato lui a crearlo.)
Ma poi... di quali promesse stavano parlando, in realtà?
Di non toglierti la vita?
Lo guardò fisso, l'espressione che diventava una maschera senza alcuna sfaccettatura. Era un semplice esempio, come quello di andare sulla luna, o qualcosa da cogliere tra le righe?
Ma lei sapeva che lui l'aveva intravisto. Sotto la fredda superficie del Lago Nero, quando ormai aveva cessato di lottare, una parte di Evey aveva
gioito. Quella parte che si era sentita, finalmente, fuori da lì, quella parte che...
Mettere fine a tutto questo.
E Jelonek l'aveva visto. Come vedeva sempre tutto, senza che Evey potesse impedirlo. Forse era per questo che stavano parlando di promesse, infine? Perchè lui aveva visto qualcosa che lei aveva subito seppellito?
(
E' solo un stupido esempio.)
Di non uccidere?
Non era una cosa così difficile da promettersi, e al contempo era la più ardua. Erano in guerra, prima o poi si sarebbe dovuta macchiare le mani, e lo avrebbe fatto. Ma solo con il sangue dei colpevoli, non di altri. Non c'era pensiero, sulla terra, che l'avrebbe dissuasa da ciò. Ma quello Jelonek lo sapeva già, non era vero? L'aveva visto. Come vedeva sempre tutto. Senza che lei riuscisse a tenerlo fuori.
- Perchè stai parlando di questo? - chiese quindi, allacciando entrambe le mani sull'orlo del pastrano, sotto il suo collo, intrecciandole con lo spesso materiale dell'indumento.
(
Perchè sei ancora qui, con lui?)
Perchè, nonostante tutto, non riusciva a non volersi fidare. Non riusciva a non fidarsi di lui, anche quand'era lui a dirle di non farlo. Evey voleva tutto quel dubbio, voleva quell'incertezza. Senza, avrebbe percorso quel corridoio senza voltarsi indietro.