Un giovane vecchio.
Solo pochi erano riusciti a capire davvero l'introspezione di Anselm, racchiusa in quelle due parole. Congiunzione perfetta: due aggettivi che uniti assieme in quell'ossimorica locuzione riuscivano a definire Octavious per quello che era.
I giovani facevano comunella, lui la rifuggiva. I vecchi si chiedevano come e quando sarebbero morti, Anselm a malapena pensava al presente, figurarsi al futuro. No. La sua vita era un perenne limbo, anche se oramai la sua coscienza sembrava pendere decisamente a favore delle tenebre. Ma non perché avesse subito un torto, non un trauma del passato che lo avesse segnato profondamente: pura noia.
Quella stessa noia che, fintantoché il serpino rimaneva fra le mura scolastiche, tentava di sfogare nello studio, nel ripasso di cose già viste e assodate, nelle sue interminabili passeggiate da girovago.
Una di quelle la stava compiendo in un sereno giorno di primavera: non era ora di lezione, e mentre i suoi passi lo trascinavano per i corridoi petrosi del castello, lo Slangman si trovava, come tante altre volte, ad un bivio. Tirare dritto per la biblioteca oppure svoltare?
Sarà stato il clima, forse particolarmente sereno rispetto al solito, il sole che accoltellava le finestre... ma quel giorno aveva deciso di non andare a rifugiarsi nel silenzio.
Anselm non era in un limbo solo nella sua coscienza, ma anche nei suoi rapporti col mondo. Era fiero di essere un uomo, dotato di intelletto, ma rifuggiva i suoi simili. Odiava il confronto. Ma di tanto in tanto... sentiva di volersi avvicinare a quelle entità percepite come aliene, per capire quale fosse il suo nesso con loro. Puntualmente ne usciva deluso, eppure non smetteva di provarci.
Primo ostacolo superato: la biblioteca era ben lontana. Ma ora si poneva un nuovo dilemma... dove avrebbero potuto portarlo le sue gambe? In verità non aveva voglia di camminare troppo, per intendersi, era uno di quei momenti dove la pigrite prendeva il sopravvento. Quindi decise di immergersi nella quiete del cortile interno, meno affollato del lago ma che comunque gli avrebbe permesso di cercare quella lontana vicinanza all'umanità che gli permetteva di determinarsi in quanto umano.
Ma quando Anselm fu lì, non vide nessuno nei paraggi. La sua testa ruotò prima a destra, poi a sinistra, i suoi occhioni celesti spalancati dalla sorpresa. "Questa è nuova..." pensò, muovendo qualche passo incerto come se lì fosse avvenuto qualche tipo di cataclisma. Ma che era preso a tutti quanti? C'era per caso qualcosa di interessante altrove che lui si stava perdendo. Si bloccò prima di girarsi, rassegnato al fatto di aver compiuto una scelta infelice: lì non c'era quasi nessuno, mentre altrove sarebbero stati troppi per l'incontentabile Lambert. Giunto più o meno al centro del piccolo spazio verde all'interno delle mura dell'istituto, che sembrava voler combattere contro il grigiore delle viscere della scuola, dopo un'ultima occhiata in giro si sedette sull'erba, rassegnato. Non ricordava di aver vissuto un tale senso di vuoto da quando...
*
Tac.* uno schiocco della lingua, quasi involontario, risuonò stranamente forte nelle sue stesse orecchie. *
Tac* ancora una volta. E ancora, sempre più rapido. Improvvisamente, si illuminò insieme alla giornata: aveva trovato qualcosa con cui riempire quel tempo libero. Memore dei pomeriggi passati a far finta di studiare con i suoi amici nella West Coast, Anselm si stava cimentando nel beatbox, riproducendo un intrico di rumori abbastanza rapido ma regolare, aiutandosi anche con le mani come cassa di risonanza. Sì... era così che riempiva il vuoto quando questo si manifestava anche in quei giorni che mai sarebbero tornati. E dato che il beatbox da fermi era da sfigati, lo Slangman si alzò, ed iniziò a muovere qualche passo per darsi un po' di carica. Del resto, non c'era nessuno che poteva osservarl...
*Ohh.*
Risuonò più a lungo del previsto quell'esclamazione di sorpresa, compressa dai palmi delle mani, che Anselm si affrettò a scansare dal suo viso per andare a metterseli piuttosto nelle tasche della divisa, assumendo il suo cipiglio da crip. Ma perché si era bruscamente interrotto? Beh... semplice: non era solo.
Non si era accorto della femminile presenza dai capelli aurei che sedeva sotto gli archi che delimitavano la zona svago con in mano Il Quidditch attraverso i Secoli, tant'era preso dal far prendere forma al suo ego attraverso il beatbox. E oltretutto, nel muovere i passi che aveva mosso, si era anche avvicinato parecchio quasi senza rendersene conto. Quindi sì, lei doveva aver sentito tutto, e presumibilmente la stava disturbando. Almeno, se qualcuno si fosse avvicinato rumoreggiando mentre lui leggeva al sole in una giornata come quella, lui si sarebbe sentito parecchio disturbato, nel senso che avrebbe volentieri potuto fare qualcosa di diversamente sano al disturbatore di turno. Come si chiamava quella? Empatia? Anselm non conosceva il significato di quella parola, eppure era quello che, per un istante, aveva provato. Non sapeva che dire... ma ormai le era capitato davanti, e non poteva rimanere in silenzio... che fare dunque? "Proviamo ad andare sul classico." pensò, risoluto, mentre con un sorriso tirato, le mani sempre nelle tasche e le gambe larghe come a voler darsi un tono esclamava:
*Ehm... ohé, zia! Giornata stratosferica, non credi?*
Non poteva andare peggio di così, tranne la proverbiale pioggia che seguiva, nei cartoni animati che guardava da piccolo, quell'affermazione. Aveva disturbato una perfetta sconosciuta, per giunta Giallo-nera, che quindi per natura poteva covare veleno nei confronti degli adepti della Casa di Salazar, e l'aveva salutata con il suo solito slang. Ma d'altro canto, diversamente non sarebbe stato Anselm Octavious ma soltanto un comune inglesino amante degli standard e della quiete. Il che strideva con la forte componente americana della sua essenza... per quanto poco senili potevano essere quelle parole, quel tipo di approccio non poteva che confermare quanto detto sopra: Anselm era un giovane vecchio.