Irvine Dolus concedeva di rado interviste. All'inizio del suo incarico, si era detto che avrebbe interagito con i Giornalisti ogni volta che si fosse reso necessario, sempre nei limiti dei suoi doveri e con le modalità imposte dal suo ruolo, ma con il tempo erano stati proprio i suoi impegni a scongiurare occasioni simili. Si era ritrovato a rifiutare interviste vere e proprie con notevole frequenza negli ultimi due anni, limitandosi all'occasionale comunicazione ufficiale come Preside, di solito per smentire dicerie o fare annunci riguardanti particolari possibilità offerte dalla scuola. Ricevere il Gufo del Giornalista Tarabay era stata una sorpresa, anche se tardiva; Dolus aveva infatti aperto la corrispondenza solo una volta riemerso da una sessione di esperimenti aritmantici particolarmente intensa con Kedavra Mandylion. C'erano degli sviluppi al riguardo, ma ogni volta che usciva dai Sotterranei, Irvine trovava la sua mente occupata da altro. Il lavoro si era fatto troppo intenso, troppo invadente, e i suoi pensieri che pesavano come macigni mentre si destreggiava a piegare teorie, modificare formule fondamentali e tracciare infiniti Profili Aritmantici con la collega desideravano involarsi su qualcosa di più leggero. L'intervista del Settimanale non rientrava sicuramente nella categoria, se non, proprio come la reputazione della rivista, per un pubblico poco attento ancora legato a una direzione frivola che la rivista aveva assunto ormai molti anni prima, ma che aveva abbandonato sotto una nuova gestione. Il Settimanale non aveva rinunciato al gossip, ma trattava l'argomento con garbo e sempre fornendo a tutti gli interessati la possibilità di ribadire; inoltre, si occupava spesso di argomenti spinosi che stimolavano alla riflessione, e dedicava un notevole spazio alla cultura. Così, Dolus aveva fatto del proprio meglio per recuperare l'occasione persa con il ritardo alla lettera di Desmond Tarabay, che conosceva solo nella veste di Caposcuola, e il ragazzo era stato così gentile da concedergli un appuntamento alla Redazione. Si trattava dell'intervista di cui Charlotte gli aveva già accennato in un Gufo di qualche tempo prima; una missiva a cui aveva risposto sentendo quei pensieri involarsi, appunto, dopo una giornata estenuante - due giornate, a dirla tutta, rinchiuso in un Sotterranei a tentare di risolvere enigmi impossibili. Quel che conosceva di Charlotte gli diceva che lei non sarebbe stata affatto felice di essere una distrazione dal lavoro. Quello che lei non sapeva era che di tanto in tanto, Dolus si chiedeva se non fosse piuttosto il lavoro a essere una distrazione da lei. Non avrebbe mai (ancora?) avuto la disinvoltura di dirglielo, ovviamente. Prima avrebbe dovuto capirlo lui stesso, e finora, tutto ciò che aveva erano sospetti. Arrivò in Redazione usando la Metropolvere per Londra, raggiunse l'ufficio di Tarabay, bussò e si accomodò. Attese l'arrivo di Charlotte prima di rispondere, riflettendo per un secondo come quell'ambiente fosse agli antipodi rispetto alla sala sotterranea, priva di luce, in cui trascorreva la maggior parte delle sue giornate.
- Certo. La ringrazio, Caposcuola.
Accettò di buono spirito l'offerta del ragazzo. Bevve il tè e addentò un brownie, accorgendosi troppo tardi degli impedimenti pratici di quella situazione in cui doveva rispondere a delle domande mangiando e sorreggendo una tazza: due operazioni che sembravano difficili. Non erano difficili. Erano rese difficili dall'imbarazzo generale che credeva di avere lasciato a Hogwarts, quando aveva risposto alla lettera di Charlotte con tale slancio.
- No comment. Mmm. - ripeté Dolus, come se volesse testare quel potere, dopo la spiegazione di Desmond. Si schiarì la voce, appoggiò la tazza ancora fumante dove l'aveva presa e sorresse il brownie, pentendosi di averlo raccolto, visto che ora non poteva riporlo senza risultare molto maleducato, né poteva mangiarlo e insieme rispondere alle domande a bocca piena.
- Vuole un morso? - risolse, offrendolo a Charlotte. Forse avrebbe dovuto fare più attenzione agli occhi di Desmond: che genere di Giornalista era? Curioso, indiscreto? Per il momento, era apparso assolutamente professionale. Ma avrebbe tratto spunti strani da un gesto come quello? E... Charlotte? Aveva occhi rapaci, amava metterlo in imbarazzo per rifuggire al disagio lei stessa? Ma non c'era disagio... giusto? Tutto per un maledetto brownie. Merlino.
- L'idea dell'esibizione è stata mia. La fiaba dei Tre Fratelli è un tassello fondamentale della nostra cultura. Ho pensato che potesse essere una bella illustrazione delle virtù che premiamo come Scuola di Magia. Ridotta all'osso, è una storia di ambizione, ingegno, saggezza, e dell'inevitabile incombere del destino.
Pettegolezzi. Eccoci qui.
- Tra me e la professoressa Melankholiya c'è un rapporto professionale, innanzitutto, e questo è tutto ciò che posso dire per certo.
Si schiarì ancora la voce, guardando Charlotte.
- Sul resto posso fornire la mia versione, con il rischio di essere contraddetto. Un rischio che non mi rallegra, ma che sono pronto a correre.
Conoscendola. Perché la conosco, un poco, non è vero?
- Verso la professoressa Melankholiya provo stima e rispetto. Ho avuto la fortuna di godere della sua compagnia in occasione del Ballo di Halloween e ho trovato conferma di quelle qualità che avevo notato in lei. È una donna di cui ammiro creatività, disinvoltura, e vivacità.
Ma anche un lato nascosto. Qualcosa di cui non parlerei a una rivista, nemmeno se è la sua.
- E forza. Mi considero un accademico e sono attratto da due cose: ciò che non capisco e ciò da cui ritengo di poter imparare. Non so quanto ufficiale sia questa risposta, ma ritengo che la professoressa Melankholiya rientri in entrambe le categorie.
La guardò ancora.
- È misteriosa e ha molto da insegnare. Ritengo... di avere qualcosa da imparare da lei.
Riuscì poco a riflettere sull'ultima domanda. Non sarebbe stata una risposta elaborata.
- Impegni permettendo, sarei felice di godere della compagnia della professoressa in futuro. Non posso anticipare, al momento, se saranno organizzati eventi diversi da quelli annuali, ma è certo che sarei onorato ad averla come accompagnatrice.
Rimase fermo per qualche istante. Poi si piegò e recuperò la tazza di tè, anche se non riuscì bene a distinguere alcun sapore. Doveva uscire più spesso.
D.
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