In profonda e totale contemplazione della sua persona, Lyonel Whittaker aveva studiato attentamente il riflesso che lo specchio gli aveva restituito, dopo un'accurata e meticolosa operazione di vestizione. Soltanto pochissime occasioni erano in grado di intensificare in lui un interesse così allettante negli abiti e nei capi d'abbigliamento (interesse che, per la stragrande maggioranza del tempo, rimaneva segretamente in letargo fino all'arrivo del momento propizio), e la Vigilia di Ognissanti costituiva quel periodo dell'anno in cui i dettami e le regole della moda venivano sovvertiti in favore di stili pomposi, originali e bizzarri, senza che si corresse il rischio di divenire oggetto di sghignazzate per le chiacchiere di boriosi modaioli. E la fantasia del Grifondoro, quando si trattava di travestimenti e maschere, conosceva assai pochi confini. La scelta stessa del costume si era rivelata infinita e travagliata. Alla fine era giunto faticosamente a un compromesso che potesse controbilanciare, in egual misura, eleganza e teatralità, senza scivolare in uno smodato eccesso di grottesca creatività. Il contesto, d'altronde, richiedeva un certo grado di decoro da rispettare, e Lyonel voleva evitare di guadagnarsi occhiate di sdegno sia da parte dei suoi compagni, sia anche da parte del Corpo Docenti. Tuttavia, non si sarebbe risparmiato su nient'altro. Partendo dal basso, calzava dei semplici stivali in cuoio nero al ginocchio con chiusura a laccio, debitamente lucidati. Seguiva un pantalone di puro cotone della stessa cromia delle calzature, mediamente aderenti, con fibbia doppia frontale. Aveva evitato il soprabito, temendo di accaldarsi troppo nel tepore della Sala Grande, dunque aveva ripiegato su un gilet in pelle color antracite, dall'orlo appuntito, con abbottonatura asimmetrica e sfarzosi bottoni argentati, dotato di un ampio bavero in pelliccia scura e indossato sopra un'elegante camicia color liquirizia. Le mani erano bardate da guanti rivettati, sul cui dorso recavano un accenno di pelliccia grigio scuro. Il coronamento finale di tutto l'addobbo, e che conferiva identità al completo, era collocato sul viso e sul capo: una rudimentale maschera in legno d'ebano incisa che riproduceva, con uno stile piuttosto caricaturale, le fattezze di un feroce cane ringhiante, incorniciata da una specie di parrucca dall'acconciatura arruffata e selvaggia, che scendeva fino alle spalle. Al di sotto della copertura facciale, tra le fessure per gli occhi, si notava un leggero e approssimato tocco d'ombretto scuro, il quale serviva per garantire continuità cromatica con l'accessorio. L'effetto complessivo, secondo l'idea dell'irlandese, doveva ricordare una rappresentazione antropomorfica del "Gramo". Quantunque si ritenesse soddisfatto del risultato, avrebbe lasciato ad altri il giudizio sulla bontà del suo tentativo. Varcando i portoni della Sala Grande, Lyonel si rese conto che l'atmosfera d'attorno rispettava in pieno il carattere della festività celebrata: sghignazzanti zucche levitavano sopra i partecipanti al Ballo, stagliate su uno sfondo magistralmente incantato e gremito di candele fluttuanti. Si soffermò sommariamente sui presenti, giacché dubitava di doversi cimentare in chissà quali dinamiche sociali, data la flemma da elusivo solitario. Si sarebbe colloquialmente limitato a scambiare saluti con chiunque si fosse preso la briga di appropinquarsi. Invece, si concesse del tempo per osservare i costumi che avrebbero caratterizzato il fulcro delle Sfilate, scorgendone alcuni davvero meritevoli di apprezzamenti. Il motivo principale che l'aveva condotto al Ballo era, sostanzialmente, la gara per la maschera più terrificante, non tanto per la voglia di primeggiarvi, più per appagare gli occhi e la curiosità per il grottesco che, sperava, sarebbe emerso dall'originalità dei partecipanti. Evitò di addentrarsi nel cuore del vasto salone, preferendo invece spostarsi lungo i margini della stanza, costeggiando i banchetti e aggiustandosi di tanto in tanto il pelo finto. Prese una bottiglietta di Burrobirra dalla tavolata lì vicino, e finì per acquattarsi sotto la colonna del leone che sorreggeva il braciere. Come un'ombra furtiva, o in pieno carattere col presagio di sventura simboleggiato dal suo travestimento, Lyonel rimase in disparte a osservare l'evolversi della situazione.
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