Il diciassettenne stava tenendo fissato al tavolo il libro con il dorso di entrambe le mani e ogni volta che si trovava costretto a cambiare la pagina, utilizzava la stretta della mano destra per poi tornare alla posizione originaria di partenza bloccando i fogli. Come fosse una macchina, automatico e simile ad un automa. Intento nella sua lettura il Corvonero non notò inizialmente nemmeno l’arrivo di Nora Foster, la quale fatto un primo passaggio di ronda al proprio tavolo di casa si posizionò alla fine sostanzialmente di fronte a lui. Alla domanda posta, ascoltato il nome (o meglio il cognome), il mago alzò semplicemente la testa troncando un periodo di lettura abbastanza statico ed in fase di stallo. In un punto diverso della pagina o del capitolo, forse, le avrebbe anche risposto male ignorandola fino a poter arrivare al punto o alla prima pausa ritenuta idonea. Ciò non accadde. Inoltre non essendo mai riuscito a fare due cose insieme e contemporaneamente, l’indice ed il pollice della mano destra andarono a creare una piccola linguetta o piega che si voglia sull’angolo alto della pagina, richiudendo di conseguenza il manoscritto. Sospirò rilassando i muscoli costantemente contratti per mantenere la fermezza e la compostezza nel bloccare il libro ed impedire alle pagine di tornare allo stato di quiete, le une verso le altre a ventaglio. I palmi di entrambi gli arti andarono ad accarezzare quasi la copertina del libro prima di spostarlo, defilato di poco, sulla destra, dalla parte opposta alla scacchiera. Ad un’attenta analisi da parte della Caposcuola, si sarebbe potuto leggere, seppur al contrario – chiaramente – rispetto alla sua posizione il nome dell’autore ed il titolo: “Andy J.J. Shay / Settembre di sangue.” Immediatamente sotto, un commento di uno dei giornalisti dei quotidiani più influenti del Canada che definivano il libro quale “Meraviglioso e mozzafiato per i contenuti storici”. Che fosse vero, per ora non lo si poteva confermare. L’intrigo politico, la storia di spionaggio tra stati confinanti del Nord-America, magia nera e nuclei di maghi in lotta gli uni contro gli altri in un periodo di storia del passato, stava però emergendo lentamente. -Ciao, Nora- Disse il mangiamorte tenendo un tono di voce basso ma udibile, la distanza tra i due infatti non era tale e giustificata né per essere scorbutico né per essere dal tono di voce imperiale e scontroso. -No, non aspetto nessuno. Non di questi tempi.- Rispose lasciando anche un commento che poteva voler dire tutto e niente. Tutto ciò mentre il volto, la faccia, i tratti e i lineamenti del viso erano volutamente quanto più neutri possibili, una sorta di quiete ricercate e voluta a distanza di giorni. Respirò più profondamente sentendola avanzare la seconda domanda, seguita dalla sua frase di spiegazione; come se fosse necessaria. Il mangiamorte di tutta risposta inarcò il sopracciglio sinistro, più che evidentemente stupito per quella confessione. -Come mi comporto quando ci sono delle persone la cui presenza non riesco a mandar giù? Tzè.- Ripetè la frase praticamente tornando a ghignare alla fine, la bocca a formare un sorriso di sfida. -Il rancore è il miglior motore del mondo. Magari certi comportamenti si possono pur perdonare ma come gli elefanti, non si deve mai e dico mai dimenticare.- Piccola pausa di riflessione per poi continuare. -Ad ogni modo, io non faccio altro che eliminarle.- Il verbo giusto per quell’occasione era proprio eliminare, che fosse dalla testa, dalle interazioni o dal quotidiano non aveva tanta importanza. Sarebbe, prima o dopol arrivato anche il momento dell’eliminazione fisica; era quello a cui il mago aspirava e il rancore era, insieme al covare vendetta, la miglior miscela per immaginarli con gli occhi sbarrati, privi di essenza, movimento polmonare o battito cardiaco. Con magia o senza magia. Sorrise, malvagio ed oscuro. -Di chi si tratta, Nora?- Domandò mantenendo un certo contegno, le dita della mano destra ad accavallarsi sopra la sinistra. Ma il dialogo tra i due venne spezzato dall’arrivo in cavalleria di Angus MacEwan ed il sorriso precedentemente pesato, sparì. Svanì proprio di colpo mentre il collo girava verso il connazionale, compagno di camerata ed ex-compagno di squadra di quidditch. -Il fatto che tu non capisca è un paradosso, Mac.- La voce risultò ancora più bassa di quella destinata poco prima a Nora Foster. La postura non venne modificata né mutata di un solo millimetro. -Che fine ho fatto? In che senso che fine ho fatto?- Replicò mentre la vena che scorreva a destra lungo il collo si stava ingrossando. -Ho proprio fatto la mia fine, rotto. Punto e fine.- Vomitò fuori quella parole in un flusso di coscienza, guardandolo diretto negli occhi. Istintivamente la mano destra cercò di prendere la prima pedina della scacchiera, una torre bianca. Venne portata verso il centro del corridoio che divideva un tavolo dall’altro e mantenne la presa portando il braccio parallelo fino a che, fisicamente, non ne potè più. Un arco riflesso, un istintivo gemito di dolore accompagnato dalla caduta del pezzo che rotolò grazie alla rotazione e all’angolazione ricevuta sotto la panca dell’altro tavolo. -Ebbene?- Chiese alzando questa volta di poco la voce rispetto a prima, guardandolo negli occhi senza paura o alcun cenno di timore. -Non voglio mai più sentire la parola Quidditch giocato per il resto della mia vita ed essere sincero, fa male, fa molto male. Fa male perché era l’unico barlume di libertà che mi era rimasto. Dal coma, l’assenza della bacchetta e tutto il resto, tutto il resto che non ti riguarda.- Avrebbe tanto voluto scoppiare a piangere, alzarsi e prendere a pugni il nato babbano ed insultarlo perché lui, lui poteva fare quello che normalmente sarebbe dovuto essere un diritto di nascita di uno nato, cresciuto ed istruito in una famiglia di maghi da generazioni. Fargli veramente male, tanto male. Ma finì tutto in una tirata di naso e gli occhi lucidi ed un sorriso sforzato, di facciata pura questa volta. -Ma va bene così, darò i M.A.G.O. e troverete altre persone dopo di me capaci di volare, impugnare una mazza e respingere uno stracazzo di bolide.- Il tutto prima che la mano destra cercò, ancora, di prendere il libro su cui prima stava dando le dovute attenzioni, riaprendolo al punto dove era stato segnato.
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